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Capitolo 2. IL NEMICO INVISIBILE

1. Ospiti indesiderati in ogni tempo e in ogni dove

2.2 Prodotti, usi e impatto

«L'acqua in bottiglie di plastica – ribadisce Antonella – va eliminata, soprattutto se è rimasta esposta al calore dei raggi del sole. E chissà quella del supermercato in che condizioni transita prima di finire lì». Minaccia di PFAS anche nella plastica delle bottiglie. Aggiunge: «... qualche capo di abbigliamento, tappeti e pentole. Via tutto!».15

Per comprendere in quale misura i PFAS siano presenti nella nostra quotidianità e conseguentemente quale il loro impatto nelle varie fasi di produzione, utilizzo e consumo, smaltimento e impatto, si rende necessaria la stesura di un dettagliato elenco. Ho individuato un buon riferimento a tal fine in un documento elaborato dal Programma Ambientale delle

Nazioni Unite (UNEP, United Nations Environmental Programme)16 e dalla OECD

(Organization for Economic Cooperation and Development). La premessa che sento di dover apporre riguarda la distinzione tra PFOS e PFOA nei prodotti di seguito elencati: puntualizzare la tipologia di composto presente o predominante in un articolo o in un altro richiederebbe un grado di conoscenze che purtroppo non rientrano nelle mie personali competenze e un livello di approfondimento che esula dagli obiettivi ultimi della tesi. I rimandi bibliografici sono sufficienti a sopperire alle mancanze del testo e a rispondere ad eventuali quesiti tecnici. Nel settore alimentare si incontrano i PFAS nei contenitori per alimenti, nei cartoni della pizza e nelle pentole antiaderenti in Teflon17; nell'ambito tessile non

mancano in tappeti, tappezzerie e tessuti, soprattutto nell'abbigliamento e nelle calzature

sportivi – ad esempio il Gore-Tex®, come accennato poco sopra a proposito delle alternative;

ancora, nei prodotti per igiene e pulizia, quali shampoo, detersivi e insetticidi; si trovano nelle schiume antincendio, ritardanti di fiamma, impregnanti, cere, vernici, mobili, carta e imballaggi; nelle attrezzature e nell'abbigliamento medico e chirurgico; in ultimo nel settore

15 Diario di campo 30 giugno 2017.

16 Nasce nel 1973 a seguito della Conferenza di Stoccolma dell'anno precedente, soprasseduta dalle Nazioni

unite (De Marchi, Pellizzoni, Ungaro 2001: 20).

17 Per quanto riguarda il teflon, come materiale prima che come marchio registrato della multinazionale

americana DuPont, alla base vi sono i PFOA da cui vengono prodotti i fluoropolimeri, tra cui il politetrafluoroetilene, ovvero il teflon stesso – questa è una delle denominazioni commerciali più comuni. Questo polimero determina le proprietà antiaderenti delle padelle, ma il suo utilizzo è esteso anche ad altri tipi di prodotti. Nel 2006 esplose, in Italia, il caso relativo alla nocività delle padelle in teflon, proprio perché contenenti PFOA, l'acido perfluoroottanoico, la cui nocività era ormai comprovata. Non a caso oggi è frequente trovare questi prodotti di uso comune sulla cui etichetta è specificato “PFOA free”.

automobilistico, aereo e aerospaziale. Non sono esclusi altri ambiti, quali l'elettronica, l'estrazione petrolifera e mineraria, l'utilizzo nelle pellicole fotografiche e radiografiche e nei pannelli solari. (OECD 2013: 10-17). Questa presenza ampia e diffusa è strettamente connessa alle peculiari caratteristiche di queste sostanze: idro e oleo repellenti, antimacchia, ignifughe.

Puntualizzato il vastissimo utilizzo dei PFAS, è opportuno ricostruire le forse a questo punto scontate conseguenze sull'ecosistema e sull'essere umano esposti e contaminati. In primo luogo, qualche riferimento cronologico che riprenderò in seguito. I composti perfluoroalchilici hanno fatto il loro ingresso nel mondo, tramite il settore dell'industria chimica, a partire dagli anni Quaranta e Cinquanta. I decenni successivi sono stati l'apice della produzione, spesso sfrenata e priva di regolamentazioni, limiti e normative su una lunga serie di lavorazioni e prodotti finiti, dagli Stati Uniti all'Italia. Solamente negli ultimi decenni, indicativamente tra la fine degli anni Novanta e gli inizi del Duemila si è assistito ad un accresciuto interesse per le ripercussioni sulla salute delle persone vulnerabili a tali sostanze, sia i cosiddetti esposti professionali, cioè chi lavora o ha lavorato a più o meno diretto contatto con i composti fluorurati, sia la comune cittadinanza. Prima dell'ambito medico, vorrei soffermarmi sulla questione ambientale, su cui l'attenzione era ricaduta periodicamente a seguito di episodi di contaminazioni.

I PFAS riscontrati nell'ambiente derivano principalmente da produzioni industriali, dalle fasi di smaltimento e secondariamente dal rilascio da parte di prodotti che li contengono. Nel campo industriale sono previsti processi di combustione degli scarti e di trattamento delle acque: in entrambi i casi tali procedimenti possono rivelarsi dannosi per l'ecosistema qualora non gestiti secondo le norme previste – quando esistenti – ovvero il controllo delle emissioni e del materiale incenerito e la destinazione dei reflui di lavorazione – Miteni docet. Un dato non trascurabile, prima di entrare nello specifico dell'inquinamento veneto, è che tracce di PFAS sono state individuate nelle matrici ambientali su scala globale, comprese le zone artiche, antartiche e le alte quote, come attestato da Greenpeace che da anni, con la campagna Detox,

si occupa di inquinamento da sostanze tossiche, in particolare i PFC, nel mondo.18 Dato il

carattere ubiquitario dei PFAS, la velocità di propagazione e la facilità di trasporto attraverso

elementi ecosistemici o fattori atmosferici, è difficile circoscriverli in maniera netta ad un unico contesto. Pressoché indistruttibili in natura, le sostanze chimiche entrano senza ostacoli nella catena alimentare che inevitabilmente raggiunge anche l'uomo. Nel momento in cui aria, suolo e acqua si trovano loro malgrado a dover ospitare agenti chimici tossici, ogni singola fase di vita dell'essere umano ne esce compromessa. I tempi di dimezzamento dei perfluoroalchilici nell'ambiente variano dai 41 anni per il PFOS agli 8 per il PFOA

(Devicienti 2014: 10), mentre per Arpa Veneto il PFOA ha un'emivita di 92 anni.19 Su questo

dettaglio non ho trovato risposte univoche e strutturate, ma riferimenti sporadici e variabili a seconda della fonte.

Per quanto riguarda la salute umana, la prima puntualizzazione necessaria è che tutt'oggi sono disponibili prove scientifiche che necessitano, però, di essere ulteriormente approfondite su più fronti: sulla reale tossicità dei PFAS e sull'effettivo incremento dei tassi di mortalità e malattie gravi nella popolazione esposta ad essi correlati. È stato riscontrato che le sostanze si depositano nel sangue e nel fegato, legandosi alle proteine, in minor misura negli altri tessuti. Le fonti principali connesse all'assunzione di PFAS nell'organismo umano sono quelle idriche e alimentari, secondariamente quelle aeree. Un primo caso di inquinamento da PFAS che ha avuto ampia diffusione e divenuto noto anche in Veneto in tempi recenti, è quello della multinazionale americana DuPont di cui dirò in seguito (v. cap. 2 §2.1). I primi e unici studi disponibili sugli effetti di queste sostanze sull'organismo umano sono stati prodotti proprio nel contesto d'oltreoceano, mentre in Italia si sono intensificati in questi anni, a seguito del caso di contaminazione veneto. Prima di entrare nel merito degli studi e delle normative prodotte e vigenti attualmente, vorrei introdurre sinteticamente le patologie che i PFAS potenzialmente possono arrecare. Sono innanzitutto considerati degli interferenti endocrini, ovvero queste sostanze sono in grado di interagire con il sistema che regola la produzione degli ormoni, creando conseguenti squilibri nel loro funzionamento; sono potenziali cancerogeni, soprattutto sul fronte dei tumori al rene e al testicolo; sono trasmissibili al feto in fase di gravidanza e nei primi mesi di vita del neonato tramite allattamento; comportano un aumento dei casi di ipertensione e preeclampsia in gravidanza; ancora, alterano le funzioni della tiroide; accrescono il rischio di malattie cardiovascolari; innalzano il tasso di infertilità maschile e femminile e infine causano il diabete.

L'impatto dei PFAS sulla salute dell'individuo esposto è dunque notevole, ma, per quanto indubbiamente prioritario nella sua gravità, non è l'unico. La persona che si trovi a vivere la propria quotidianità in un ambiente contaminato paga le conseguenze anche in relazione ai mutamenti del proprio stile di vita che la situazione impone, con ripercussioni sulla propria serenità emotiva. Questo dato è risultato centrale nel corso della mia ricerca, poiché si tratta di

uno sconvolgimento che intacca l'insieme delle pratiche che compongono il proprio habitus20

– concetto cui anche Deborah Lupton ritiene sia utile ricorrere per «analizzare la componente abitudinaria insita nelle reazioni ai rischi» (Lupton 2003 :129) –, il regolare svolgimento della vita secondo dei precisi punti di riferimento incorporati nel proprio bagaglio culturale. Oltre alla perdita di certezze, il diffuso senso di ansia e paura nel compiere i gesti abituali della personale routine. Caso emblematico di questi ulteriori effetti è stata l'iniziativa organizzata dalle Mamme di Lonigo svoltasi tra la fine del mese di luglio e agosto. Si è trattato di una raccolta di raccomandate indirizzate a Miteni, suddivise in tre tipologie di messa in mora, a seconda della motivazione addotta per la richiesta di risarcimento: inquinamento del proprio pozzo – quindi spese a proprio carico per l'allacciamento all'acquedotto, dove assente, o per l'installazione di filtri; risultati delle analisi del sangue dei figli non rientranti nei valori di norma; patema d'animo. Proprio quest'ultimo ha suscitato in me il maggior interesse, poiché chiama in causa non tanto un danno concreto, fisico o economico che sia, ma uno stato di insofferenza, di disagio e di profonda ansia, difficilmente quantificabile e circoscrivibile ad una determinata condizione e ad un arco di tempo specifico. Si tratta di un'angoscia che pervade il presente, che gonfia di risentimenti il passato, ma che soprattutto vigila già come un'ombra scura sopra gli anni a venire.

[...] 8. Ciò sta arrecando a me e ai miei familiari un grave stato d’ansia nonché la perdita dei piaceri della vita conseguenti alla consapevolezza di aver subito un’elevata e ingiusta esposizione a tali sostanze tossiche, nonché per il timore di sviluppare in futuro una delle malattie sopra elencate;

20 Il concetto di habitus è stato centrale in gran parte della produzione teorica di Pierre Bourdieu.

Continuamente rivisto e sviluppato, habitus è «inteso come un sistema di disposizioni durature e trasferibili che, integrando tutte le esperienze passate, funziona in ogni momento come matrice delle percezioni, delle

valutazioni e delle azioni, e rende possibile il compimento di compiti infinitamente differenziati» (Bourdieu

Tutto ciò premesso

Con la presente sono a chiedere il risarcimento dei danni subiti e subendi da me e dai miei familiari, per la grave sofferenza derivante dallo stato d’ansia causatomi dalla consapevolezza della contaminazione, riservandomi successivamente la precisa quantificazione.

Mi riservo inoltre un’autonoma e nuova domanda per il caso di emersione di ulteriori danni e nell’eventualità del manifestarsi di una malattia ricollegabile all’esposizione alle predette sostanze.

Tale comunicazione è da intendersi quale messa in mora a tutti gli effetti di legge.

La raccolta delle raccomandate durò circa un mese, per un totale effettivo di 302 buste. Le occasioni furono i banchetti informativi delle Mamme NoPfas in piazza Garibaldi a Lonigo e presso il vicino Centro Giovanile della parrocchia. Le due occasioni in cui partecipai anch'io coincisero con l'evento organizzato dal Comune “I venerdì di Lonigo”, una sorta di “notte bianca” animata da musica, gazebo, negozi aperti e tantissima gente per le strade, ripetuta ogni venerdì del mese.

Al limitare della piazza centrale, quindi, un nuovo striscione delle mamme, una piccola bacheca con gli ultimi articoli di giornale, un foglio A4 per pubblicizzare la raccolta delle raccomandate e poi i tavoli uniti a formare un banchetto (v. fig. 10). Una cassetta per raccogliere i soldi per Robert Billot – il celebre avvocato americano, artefice della causa intentata conto la DuPont, il cui arrivo è previsto per ottobre – e tanti fogli: tre diversi tipi di raccomandate a seconda del caso, due petizioni con raccolta firme accompagnate da documento di identità. Alle spalle del banchetto, al limitare del portico, un filo teso a cui sono appese tre magliette21 e qualche immagine NoPfas ritagliata da giornali (v. fig. 11). La

partecipazione è stata complessivamente alta così come l'adesione alla campagna raccomandate, sebbene il costo sia di 6 euro l'una. Ho notato però con una vena di amarezza che le persone attirate dal banchetto erano parenti, amici o conoscenti, tutti più o meno già

21 Le magliette sono l'unico elemento distintivo del gruppo genitori NoPfas. Come si può notare dalle foto

delle pagine seguenti, si tratta di magliette bianche che riportano, per lo più, il nome del proprio figlio o della propria figlia accompagnato dalla quantità di PFOA rinvenuto nel loro sangue. A chiudere, la scritta “State avvelenando mio figlio”. La variante è priva del nome del figlio e del valore di PFOA: alcuni, come qualche genitore mi ha spiegato, non hanno riportato queste informazioni per volontà degli stessi figli, mentre altri, per quanto riguarda il valore, ne erano impossibilitati, non essendo stati sottoposti i più piccoli al biomonitoraggio e non disponendo quindi delle informazioni necessarie. Questo tipo di visibilità è importante, è l'unico segno che contraddistingue le mamme come gruppo. (Diario di campo 25 agosto 2017).

al corrente della dinamica dell'inquinamento in corso. Giovani assenti, come pure il gran numero di famiglie di origine straniera che godevano del passeggio serale. Ho ricollegato a questo una sorta di dinamica tipica dei piccoli centri, in cui “tutti conoscono tutti” e si agisce tramite un passaparola tra i propri contatti, aprendosi raramente e con difficoltà a chi è estraneo alla propria cerchia.22

La consegna del plico di buste avvenne una soleggiata mattina di fine agosto. Un cospicuo gruppo di genitori, con i propri figli, dai piccolissimi a qualche adolescente, la più parte con la maglietta NoPfas, si era riunito nel piazzale antistante l'edificio delle Poste Centrali di Lonigo. Un filo di agitazione, di entusiasmo e anche di orgoglio serpeggiava tra i presenti, in attesa dei giornalisti che immortalassero il momento. Le foto, la minuta delegazione che si reca allo sportello e l'arrivo dei carabinieri. Avvisati da qualche vicino o, come sospettarono i più, da qualche talpa presente nel gruppo Telegram, informavano dell'infrazione in corso: assembramento senza autorizzazione in luogo pubblico. Il carabiniere chiese i documenti ad una mamma NoPfas, trovandosi, per tutta risposta, sommerso da quelli di gran parte degli altri genitori presenti e solidali con la signora.

Fig. 10, Banchetto Mamme NoPfas-Lonigo, Piazza Garibaldi, Lonigo, 2017 (foto Lara Bettoni).

Fig. 11, Magliette NoPfas, Piazza Garibaldi, Lonigo, 2017 (foto Lara Bettoni).