e il “non-migrante”
75 CLT-UFA, § 23.
5.3.3. Agli effetti della compensazione infragruppo delle perdite
Con il caso Oy AA81 si è posto alla Corte il problema del diverso
regime fiscale rispettivamente riservato dalla Finlandia alle società residenti facenti parte di un gruppo a seconda che la loro rispettiva società-madre fosse a sua volta residente o non-residente: mentre nel primo caso, i trasferimenti finanziari a favore della propria con- trollante (che detenesse almeno il 95% del capitale della controllata e nei cui confronti il trasferimento risultasse simmetricamente tassa- bile) erano fiscalmente deducibili, nel secondo caso no.
Lo scopo di tale regime era di eliminare gli svantaggi fiscali dei gruppi societari, permettendo una perequazione tra le società in utile e quelle in perdita82.
79 Aberdeen, § 54. 80 Id., § 55. 81 Causa C-231/05. 82 Oy AA, § 36.
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la “comparabIlIta” tra Il “mIgrante” e Il “non-mIgrante”
La fattispecie è di non facile inquadramento.
A un primo sguardo sembrerebbe un caso “origin”. In favore di una simile qualificazione milita il fatto che
(i) la questione pregiudiziale era stata sollevata da una società residente con riguardo a una restrizione – non-deducibilità dei tra- sferimenti finanziari – imposta nei suoi confronti e
(ii) la comparazione stessa è stata condotta dalla Corte avendo riguardo alla situazione, rispettivamente, di due società residenti:
“(…) la mera circostanza che le società madri con sede in un
altro Stato membro non siano soggette ad imposta in Finlandia non differenzia, in rapporto all’obiettivo perseguito dalla disciplina fin- landese dei trasferimenti finanziari intragruppo, le consociate di tali società madri dalle consociate delle società madri la cui sede si trova in Finlandia e non rende non comparabile la situazione di tali due categorie di consociate”83.
D’altra parte, non v’è dubbio che la “migrazione” e, dunque, l’esercizio del diritto di stabilimento sia da attribuire a una società non-residente:
“Una disparità di trattamento tra consociate residenti in fun-
zione del luogo della sede della loro società madre costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento in quanto scoraggia l’eserci- zio di tale libertà da parte delle società stabilite in altri Stati mem- bri, le quali potrebbero di conseguenza rinunciare all’acquisizione, alla creazione o al mantenimento di una consociata nello Stato membro che emana tale misura”84.
Quest’ultimo dato sembra decisivo perché indica la posizione – “host” – dalla quale lo Stato membro ha ostacolato la “migrazione” di un soggetto comunitario.
In effetti, è vero che la mancata estensione al non-residente del “trattamento nazionale” impattava in prima battuta sulla con- sociata residente – la quale non poteva dedurre il trasferimento finanziario –, ma la posizione giuridica soggettiva tutelata dal diritto comunitario faceva capo alla società-madre non-residente che ve- deva frustrato il proprio diritto a stabilirsi in Finlandia e a vedere il proprio “stabilimento” (esercitato nella forma della costituzione di una società controllata) trattato in modo non meno favorevole di un equipollente stabilimento attuato da una società-madre residente.
Detto in altri termini, la consociata residente che aveva eccepito la violazione del diritto comunitario da parte della Finlandia non
83 Id., § 38. 84 Id., § 81.
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IntegrazIone negatIva e fIscalItà dIretta
aveva – essa stessa – esercitato alcuna libertà fondamentale; onde, può dirsi che essa ha sostanzialmente fatto valere il diritto della propria controllante.
Un altro aspetto rilevante trattato in questa sentenza riguarda il tema della simmetria fiscale tra deduzione e imposizione.
La deducibilità fiscale dei trasferimenti finanziari a favore della propria società-madre era nel caso di specie condizionata alla circo- stanza che essi fossero imponibili in capo a quest’ultima. Ne è deri- vata la necessità di stabilire se la non-imponibilità in Finlandia del trasferimento stesso in presenza di una società-madre non-residente ridondasse:
(i) sulla comparabilità della situazione del “migrante” e del “non-migrante”, oppure
(ii) sulla “giustificabilità” della restrizione alla luce del Principio di ragionevolezza.
La Corte ha chiaramente – e anche correttamente – seguito la seconda strada.
Rinviando al prossimo capitolo l’analisi del percorso mediante il quale la Corte ha ritenuto la restrizione giustificata, vanno ora esaminate le ragioni che l’hanno determinata a non dare, invece, rilievo all’asimmetria tra deduzione e imposizione fiscale agli effetti della comparabilità tra “migrante” e “non-migrante”.
È vero, hanno preso atto i giudici, che in una situazione tran- sfrontaliera non è possibile garantire che l’obbiettivo della nor- ma sia raggiunto poiché “(…) quando il beneficiario non è sog-
getto all’imposta nello Stato membro dell’autore del trasferimento, quest’ultimo Stato membro non può garantire che il trasferimento sia considerato, per quanto concerne tale beneficiario, come reddito imponibile”85.
Tuttavia, è altrettanto vero che il rischio che alla deduzio- ne fiscale nello Stato della consociata non corrisponda una tas- sazione nello Stato della casa-madre è facilmente ovviabile su- bordinando “(…) la deducibilità del trasferimento finanziario
intragruppo dei redditi imponibili del suo autore a condizioni connesse al trattamento riservato a tale trasferimento dall’altro Stato membro”86.
Questo punto è importante: ai fini della comparabilità, la circostanza che alla deduzione nello Stato (A) di residenza del- la controllata corrisponda una tassazione nello Stato (B) di resi-
85 Id., § 36. 86 Id., § 37.
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denza della controllante è del tutto irrilevante. Ciò che, in effetti, rileva – affinché sia raggiunto lo scopo della norma – è che alla deduzione per la società controllata segua la tassazione per la società controllante, anche se le giurisdizioni ove avviene l’una e l’altra cosa sono diverse. Si tratta, evidentemente, di una conse- guenza dell’operatività del principio del “trattamento nazionale” che abbiamo ritrovato in tante altre situazioni: in Manninen dove, nella prospettiva dello Stato d’origine, non rilevava che l’imposta societaria fosse corrisposta in Svezia affinché spettasse il credito d’imposta finlandese; oppure in Commission v. Italy dove, nella prospettiva dello Stato ospitante, non rilevava che l’imposta sui dividendi fosse corrisposta in altri Stati membri affinchè spettasse la semi-esenzione in Italia.
Ne è conseguito, tornando al caso Oy AA, che “(…) la mera
circostanza che le società madri con sede in un altro Stato mem- bro non siano soggette ad imposta in Finlandia non differenzia, in rapporto all’obiettivo perseguito dalla disciplina finlandese dei trasferimenti finanziari intragruppo, le consociate di tali società madri dalle consociate delle società madri la cui sede si trova in Finlandia e non rende non comparabile la situazione di tali due categorie di consociate87.
5.3.4. Agli effetti della disciplina antielusiva di contrasto