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Il socio che “migra” (investendo in o mantenendo una partecipazione in una società non residente) è comparabile al

e il “non-migrante”

6. La comparazione tra il “residente-migrante” e il “residente non-migrante” (ottica “origin”)

6.2. Il socio che “migra” (investendo in o mantenendo una partecipazione in una società non residente) è comparabile al

socio che non “migra” (investendo in o mantenendo una parte- cipazione in una società residente)

6.2.1. Agli effetti dei trasferimenti infragruppo

In X AB & Y AB166 la Svezia negava l’applicabilità dello speciale

regime fiscale da essa riservato ai trasferimenti infragruppo di beni (in base al quale detti trasferimenti generavano componenti positive e negative di reddito rispettivamente per il cessionario ed il ceden- te) ad un trasferimento intercorso tra la società-madre residente (X

AB) e la propria consociata (Y AB), anch’essa residente, per ciò che

il capitale della seconda era, in parte, posseduto dalla prima per il tramite di sub-holdings stabilite in altri Stati membri167. La Corte, sei

anni prima di pronunciarsi nel “controverso” caso Marks & Spencer ha puntualmente rilevato quanto segue:

(i) “(…) la legislazione di cui trattasi nella causa principale

nega alle società svedesi che si siano servite della propria libertà di stabilimento per creare consociate in altri Stati membri il diritto di beneficiare di determinate agevolazioni fiscali (…)”168

e, dunque, essa

(ii) “(…) sancisce una disparità di trattamento tra diversi tipi

di trasferimento finanziario all’interno di un gruppo basandosi sul criterio della sede delle consociate. In assenza di giustificazione, questa disparità di trattamento è contraria alle disposizioni del Trattato in materia di libertà di stabilimento”169.

Da questi due passaggi emerge chiaramente come il confronto sia condotto tra la società residente (ossia X AB) che ha “migrato”, perché ha esercitato la libertà di stabilimento in un altro Stato mem- bro ivi costituendo una sub-holding, e un’altra società residente che non ha “migrato” perché la sub-holding l’ha costituita nel proprio Stato di residenza. Nel contesto di questo confronto la suddetta “dif- ferenza” – la residenza e la non-residenza della sub-holding – non è

166 Causa C-200/98. 167 X AB & Y AB, § 4. 168 Id., § 27. 169 Id., § 28.

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considerata come tale (ossia come una “differenza”) ed è quindi, in ultima analisi, volutamente disattesa.

6.2.2. Agli effetti dell’imposizione patrimoniale della par- tecipazione

In Baars170 il contribuente lamentava che la partecipazione to-

talitaria dal medesimo detenuta in una società stabilita in Irlanda non poteva beneficiare dell’esenzione o semi-esenzione (a seconda di taluni parametri) dall’imposta patrimoniale che il proprio Stato di residenza – i Paesi Bassi – concedeva rispetto alle c.d. “partecipazio- ni rilevanti” (ossia che superavano determinate soglie percentuali del capitale sociale); la ragione di tale preclusione essendo che il descritto regime di favore era applicabile esclusivamente alle parte- cipazioni detenute in società residenti nei Paesi Bassi stessi171.

Il paragrafo 30 della sentenza172, una volta individuato nella

residenza –  non olandese  – della società che aveva emesso le partecipazioni il fattore in funzione del quale la normativa na- zionale riconosceva o meno il beneficio fiscale al contribuente residente, e sul presupposto che tale fattore non incidesse sul- la comparabilità della fattispecie (transfrontaliera) caratterizzata dall’elemento di estraneità con quella (interna) che non vi era caratterizzata, ha prevedibilmente concluso che siffatta normati- va ammontava ad una restrizione al diritto di stabilimento vietata dal Trattato.

6.2.3. Agli effetti dell’imposizione sui capital gains e della deducibilità delle svalutazioni delle partecipazioni

Nel caso X e Y173, due persone fisiche residenti in Svezia rappre-

sentavano alla competente autorità fiscale, tramite l’apposita proce- dura di ruling preventivo ivi operante, la loro intenzione di appor- tare alla società di diritto svedese Z AB le azioni da essi possedute

170 Causa C-251/98. 171 Baars, § 15.

172 Così, testualmente: “Negando la concessione del vantaggio fiscale costitu-

ito dall’esenzione d’impresa ai cittadini degli Stati membri residenti nei Paesi Bassi che, avvalendosi del loro diritto di libero stabilimento, gestiscano una so- cietà avente sede in uno Stato membro diverso dai Paesi Bassi, e concedendo in- vece tale vantaggio ai cittadini degli Stati membri residenti nei Paesi Bassi che detengano una partecipazione sostanziale in una società con sede sul territorio di tale Stato membro, la normativa nazionale in parola sancisce una disparità di trattamento tra i contribuenti fondandosi sul criterio della sede delle società di cui i contribuenti sono azionisti”.

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nella società di diritto svedese X AB e di beneficiare del regime di sospensione d’imposta previsto per le operazioni di riorganizzazio- ne societaria. Z AB era una consociata della società residente in Belgio Y SA, la quale era a sua volta posseduta in parti eguali da X e Y, dalle suddette persone fisiche.

Il parere negativo reso dall’autorità fiscale si basava sulla cir- costanza che il regime in questione –  per espressa previsione di legge – non si applicava nel caso in cui la cessione era effettuata a favore di una persona giuridica non residente nella quale il cedente deteneva direttamente o indirettamente una partecipazione, ovvero di una società per azioni svedese nella quale tale persona giuridica straniera deteneva, direttamente o indirettamente, una partecipa- zione.

È interessante notare che la Corte ha definito l’effetto determi- nato dalla norma nazionale nei confronti del residente “migrante” come uno “svantaggio in termini di liquidità”174 rispetto al residente

“non migrante”: mentre il primo era tenuto a corrispondere imme- diatamente le imposte sulle plusvalenze latenti realizzate per effetto dell’apporto, il secondo le avrebbe dovute corrispondere solo al momento della loro effettiva cessione dietro corrispettivo. È, questa, una tipologia di restrizione che si ritroverà poi – sia pure in una si- tuazione differente – in Marks & Spencer di cui, dunque, costituisce un’anticipazione.

La sentenza –  nel sancire l’incompatibilità (rispetto sia al di- ritto di stabilimento che alla libera circolazione dei capitali) della restrizione in entrambe le sue forme (trasferimento a società non residente e trasferimento a società residente partecipata da società non residente) – ha precisato come la violazione del Trattato fosse un portato del fatto che il diverso trattamento del “migrante” e del “non migrante” era direttamente collegato all’elemento di estraneità costituito dalla nazionalità estera della società beneficiaria dell’ap- porto o della società che la controllava, così immettendosi coeren- temente nel solco della precedente giurisprudenza “origin” e allo stesso tempo tracciando la strada che troverà in Marks & Spencer e

Cardbury Schweppes le sue riaffermazioni più note.

In Rewe Zentralfinanz175 il problema del diverso trattamento

della “società-madre-residente-non-migrante” e della “società-ma- dre-residente-migrante” rispetto alla fiscalità delle partecipazioni rispettivamente detenute in consociate residenti o non-residenti si

174 X e Y, § 36.

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è riproposto sotto il profilo della deducibilità delle svalutazioni ri- guardanti dette partecipazioni.

In particolare, mentre le svalutazioni delle partecipazioni in consociate residenti erano immediatamente deducibili, quelle su partecipazioni in consociate stabilite in un altro Stato membro – che non fossero impegnate nello svolgimento di effettiva attività com- merciale o industriale – potevano essere dedotte solo rispetto a “fu- turi redditi provenienti da quello stesso Stato”176.

Alla contestazione che una simile differenziazione costituiva una restrizione alla libertà di stabilimento, la Germania obbiettava che, in realtà, ciò era contraddetto dal fatto che le consociate resi- denti e quelle non-residenti non potevano considerarsi comparabi- li177. Non può sfuggire, tuttavia, l’erroneità della prospettiva adottata

da tale Stato membro, il quale – invece di comparare il residente- migrante con il residente-non-migrante – aveva messo a confronto la consociata residente e quella non-residente svolgendo un tipo di ragionamento applicabile da una posizione “host” anziché “origin”, come invece richiedeva la natura del caso.

La risposta della Corte sul punto ha individuato in modo pun- tuale il vizio dell’impostazione dello Stato membro:

“(…) il differente trattamento fiscale in questione non riguarda

la situazione delle società consociate, a seconda che esse siano o meno stabilite in Germania, ma quella delle società-madre residen- ti in Germania, a seconda che esse abbiano o meno consociate in altri Stati membri”178.

In effetti, ha osservato quindi la Corte, il reale discrimen sulla base del quale il vantaggio fiscale era o non era applicato si lasciava identificare nell’elemento di estraneità contenuto nella fattispecie del “migrante” (che si era avvalso della libertà di stabilimento) ri- spetto al “non-migrante” (che non si era avvalso della libertà di stabilimento).

6.2.4. Agli effetti della deducibilità dei costi sopportati per l’acquisto e la gestione della partecipazione societaria

In Bosal, come abbiamo già visto, la Corte ha considerato con- traria al diritto di stabilimento una normativa olandese che consen- tiva a una società-madre residente nei Paesi Bassi di detrarre i costi sostenuti riguardo all’acquisizione di una partecipazione nel capi-

176 Rewe Zentralfinanz, § 18. 177 Id., § 32.

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tale di un’altra società solo se anch’essa era assoggettata a imposta nei Paesi Bassi.

6.2.5. Agli effetti dell’applicabilità dei metodi per l’elimina- zione della doppia imposizione sui dividendi

Conosciamo l’importanza sistematica del caso Manninen: in esso sono stati, infatti, fissati i riferimenti ai quali gli Stati devono attenersi quando disciplinano, da una posizione “origin”, le misure atte a eliminare la doppia imposizione economica soci-società nella dimensione del mercato interno.

In tale fattispecie, veniva come noto in rilievo il credito d’impo- sta. Analogo meccanismo, sempre riservato esclusivamente ai divi- dendi distribuiti da società residenti, si poneva all’attenzione della Corte in Meilicke179 e in Commission v. Greece180.

Nel caso Verkooijen181, di quattro anni precedente a Manninen,

le stesse conclusioni erano state raggiunte con riguardo al meccani- smo dell’esenzione.

La legislazione vigente nei Paesi Bassi prevedeva che i dividen- di pagati da società residenti a persone fisiche erano assoggettati a ritenuta alla fonte. Tale ritenuta era a titolo d’imposta per i soci non- residenti e a titolo d’acconto per quelli residenti. Per questi ultimi, dunque, la ritenuta fungeva generalmente da anticipo sull’imposta da essi dovuta a titolo definitivo in base alla propria dichiarazione fiscale182.

A certe condizioni, ma sempreché fosse stata eseguita la rite- nuta alla fonte, anche i soci residenti erano esentati dall’obbligo di includere nella propria dichiarazione fiscale i dividendi ricevuti e, dunque, la ritenuta esauriva il prelievo sui dividendi183. Tale “esen-

zione” aveva dichiaratamente due funzioni: da un lato, favorire la capitalizzazione delle società incoraggiando i risparmiatori a inve- stire nel loro capitale; dall’altro, attenuare la doppia imposizione economica socio-società nei confronti dei piccoli azionisti (ai quali il beneficio era riservato)184.

Il sig. Verkooijen, residente nei Paesi Bassi, aveva acquistato una partecipazione in una società residente in Belgio; partecipa- zione che soddisfaceva le condizioni per accedere al sopra descrit-

179 Causa C-292/04. 180 Causa C- 406/07. 181 Causa C-35/98. 182 Verkooijen, § 8. 183 Id., § 9. 184 Id., § 10.

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