e il “non-migrante”
2. La rilevanza della situazione nell’“altro Stato”
Nel caso Schumacker14 la Corte ha incentrato il giudizio di
comparabilità sulla situazione nella quale si trovava il “migrante” nell’“altro Stato”, ossia il suo Stato di residenza: in particolare, essa ha dato rilievo decisivo alla circostanza che i redditi ivi imponibili erano insufficienti a consentire la deduzione delle spese personali e familiari; d’onde la necessità che tale deduzione avvenisse nello Stato dove il migrante aveva conseguito la maggior parte dei propri redditi.
Analogamente, la situazione del “migrante” nel suo Stato di re- sidenza era presa in considerazione nel poc’anzi ricordato caso As-
scher onde stabilire se esso era comparabile al “non-migrante” sotto
il profilo del carattere progressivo o non progressivo del prelievo fiscale al quale erano sottoposti i suoi redditi.
In altri casi, sempre “host”, tale situazione non è invece presa in considerazione. Si pensi ad Avoir Fiscal e ai successivi in termini: la Corte si è concentrata esclusivamente sulla situazione della stabile organizzazione nello Stato ospitante, non indagando in merito alla situazione della casa-madre nell’“altro Stato”.
Anche nella prospettiva “origin” si possono avere casi nei quali la situazione nell’“altro Stato” è presa ed altri nei quali essa, inve- ce, non è stata presa in considerazione per condurre il giudizio di comparazione.
In Cardbury Schweppes, per esempio, la Corte ha affermato espressamente che eventuali vantaggi fiscali conseguiti dalle società controllate estere di una società-madre residente non incidevano sulla sua comparabilità con una società-madre avente solo società controllate residenti.
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IntegrazIone negatIva e fIscalItà dIretta
In Manninen, come si è osservato da poco, la Corte ha invece preso chiaramente in considerazione la situazione della società par- tecipata estera nel suo Stato di residenza; e ciò, in particolare, per verificare se gli utili da essa distribuiti erano o non erano stati assog- gettati a tassazione nei suoi confronti e, quindi, poteva determinarsi una doppia imposizione economica a seguito della loro erogazione.
Gli esempi potrebbero continuare e così l’elencazione di casi nei quali la prospettiva d’analisi si è fermata allo Stato membro chia- mato in causa – sia esso ospitante o d’origine – e di altri nei quali invece essa ha abbracciato anche l’“altro Stato”.
La ragione di questo altalenarsi nello sviluppo del giudizio di comparazione non è da attribuirsi a un’incoerenza nella giurispru- denza della Corte; trattandosi, piuttosto, del riflesso della specificità dei casi di volta in volta esaminati.
Riprendendo gli esempi di cui sopra, si vede come in Schuma-
cker la necessità di esaminare la situazione del “migrante” nell’“altro
Stato” fosse un portato della circostanza che, di regola, spetta allo Stato della residenza prendere in considerazione la capacità contri- butiva complessiva del contribuente e, dunque, le sue spese perso- nali e familiari; se il sig. Schumacker, al di là dell’ammontare del suo reddito nello Stato della fonte, avesse avuto redditi nel suo Stato di residenza capienti a sufficienza per assorbire le predette spese personali e familiari, la Corte non lo avrebbe giudicato comparabile ai contribuenti residenti. Ecco, dunque, spiegata l’ottica “bi-statuale” adottata nel caso in commento e di tutti quelli che ne testimoniano ancora oggi la vitalità.
In Avoir Fiscal, invece, il trattamento fiscale controverso riguar- dava – non già la capacità contributiva complessiva del contribuen- te, ma – specificamente il diverso regime di tassazione riservato ai dividendi distribuiti rispettivamente a società residenti o a sedi secondarie di società non residenti.
Il fatto dirimente, a questo riguardo, è che lo scopo del credi- to d’imposta sui dividendi (avoir fiscal) era quello di prevenire la doppia imposizione economica soci-società. Si trattava, quindi, della stessa problematica in seguito esaminata in Manninen, solo da una prospettiva speculare.
Ebbene, se in Avoir Fiscal la doppia imposizione economica si consumava tutta nello stesso Stato ospitante (la Francia) essendo ivi tassati sia gli utili della società distributrice dei dividendi che i dividendi stessi, in Manninen essa costituiva la risultante della con- corrente giurisdizione fiscale di due Stati membri (la Finlandia e la Svezia), poiché uno (la Svezia) colpiva gli utili societari e l’altro (la Finlandia) i dividendi.
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la “comparabIlIta” tra Il “mIgrante” e Il “non-mIgrante”
La contrapposizione di questi due casi non potrebbe meglio porre in controluce le diverse necessità sottese al giudizio compara- tivo svolto in ciascuno di essi.
Considerazioni simili possono farsi per Gerritse, caso nel quale veniva in gioco una questione – la deducibilità delle spese sostenu- te da un non-residente per lo svolgimento di un’attività economica nello Stato della fonte – che esauriva la propria portata nello stesso Stato della fonte rendendo, così, irrilevante quale fosse la situazione di detto non-residente nel suo Stato d’origine. In altre parole, come in Avoir Fiscal, il fenomeno impositivo ritenuto restrittivo delle li- bertà fondamentali era da ricollegarsi all’operatività del solo Stato ospitante, onde è unicamente su questo che si è giustamente con- centrata l’attenzione della Corte.
Quanto precede vale anche, seppur nell’ottica rovesciata del caso “origin”, in Cardbury Schweppes: la Corte di Giustizia ha riba- dito l’irrilevanza della fiscalità vigente nello Stato di stabilimento della società-figlia ai fini della comparabilità della “società-madre- residente-non-migrante” con la “società-madre-residente-migrante” perché tale fiscalità non interagiva (se non al livello delle motiva- zioni del legislatore) con il meccanismo che determinava la restri- zione: in effetti quest’ultima non aveva quelle implicazioni obbiet- tive sul verificarsi o meno della restrizione che, invece, abbiamo poc’anzi visto in Manninen, dove l’esistenza o meno di un’imposta sugli utili distribuiti nell’“altro Stato” faceva la differenza tra avere e non avere una doppia imposizione sui dividendi. In sostanza, salvo il livello di tassazione vigente nell’“altro Stato” – fattore che, nella logica del Mercato unico, non incide sulla comparabilità del “migrante” e del “non-migrante” – la restrizione era autosufficien- te; il che spiega la ragione della visione “mono-statuale” che ha caratterizzato il giudizio di comparazione svolto in questo caso.
Merita evidenziare che le considerazioni svolte fino a qui sulla rilevanza della situazione nell’“altro Stato” valgono solo gli effetti della verifica circa la sussistenza in sé di una restrizione alle libertà fondamentali.
Il tema dell’“altro Stato” dovrà essere ripreso più avanti quando tratteremo delle giustificazioni invocabili rispetto ad una restrizione alla luce del principio di ragionevolezza15.
In Marks & Spencer, ad esempio, la Corte non darà rilievo alla situazione sussistente negli Stati membri di stabilimento delle con- sociate agli effetti del giudizio sull’esistenza di una restrizione nello
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IntegrazIone negatIva e fIscalItà dIretta
Stato di residenza della capogruppo (ossia del soggetto residente che aveva “migrato”), ma lo farà nel momento in cui si tratterà di verificare la proporzionalità della restrizione stessa rispetto agli sco- pi da essa perseguiti.