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Oltre il principio del “trattamento nazionale”: le “re strizioni assolute” nella prospettiva dello Stato d’origine

e non discriminatorie

5. Il principio del “trattamento nazionale” nella dimensione dello Stato ospitante e dello Stato d’origine

5.2. La dimensione “origin”

5.2.2. Oltre il principio del “trattamento nazionale”: le “re strizioni assolute” nella prospettiva dello Stato d’origine

Già dall’estensione del raggio d’azione delle libertà fondamen- tali alla dimensione “origin” della potestà impositiva degli Stati membri –  come detto inaugurata con Daily Mail – si è avuto un ridimensionamento della “discriminazione” quale perno principale dell’azione della Corte. In effetti, è facile costatare che la grande maggioranza dei casi più importanti e controversi degli ultimi quin- dici anni sono emersi proprio in tale prospettiva, dove come sappia- mo un problema di discriminazione sulla base della nazionalità (sia essa diretta o indiretta) non si pone in radice.

Inoltre ci siamo già imbattuti in restrizioni che, pur essendo imposte arrecate in una dimensione “host”, erano prive di carat- tere discriminatorio. In Futura e Truck Center la Corte ha invero indagato se la libertà di stabilimento trovasse ostacoli al di là della discriminazione, così dando evidenza della propria determinazione ad esercitare un sindacato anche sulle misure che, pur trattando analoghe situazioni nello stesso modo, si frappongono nondimeno alla piena attuazione del Mercato interno.

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Ebbene, la propaggine più avanzata di questa estensione del raggio di azione della Corte si è avuta quando essa ha ravvisato la sussistenza di una restrizione incompatibile con il Trattato in una situazione dove la normativa dello Stato membro, esaminata nella prospettiva “origin” di cui ci stiamo qui occupando, era rispettosa del principio del “trattamento nazionale” atteso che al residente che aveva “migrato” era applicato lo stesso regime fiscale cui sarebbe andato soggetto il residente che non avesse “migrato” pur compien- do la medesima azione (priva dell’elemento di estraneità).

Il caso paradigmatico a questo riguardo è Bosman162. La vi-

cenda – non fiscale – sottesa al rinvio pregiudiziale alla Corte ri- guardava i regolamenti sportivi sul trasferimento dei calciatori. Tali regolamenti consentivano alle società calcistiche di pretendere il pagamento di una “indennità di trasferimento” (a fronte dei costi sostenuti per l’allenamento e la carriera del calciatore) laddove un loro giocatore intendesse, alla fine del proprio contratto, farsi ingag- giare da un’altra società.

Si deve precisare che l’indennità in questione era dovuta nella stessa misura sia nel caso di trasferimenti da una società calcistica all’altra in seno allo stesso Stato (il Belgio, nel caso di specie) sia nel caso di trasferimenti verso società situate in altri Stati membri. Vuol dire, in altre parole, che comparando il trattamento applicabile al residente che non era “migrato” (perché trasferitosi ad un’altra società calcistica all’interno dello stesso Stato) ed il residente che era invece “migrato” (perché trasferitosi ad una società calcistica di un altro Stato) si evinceva che i due trattamenti erano equipollenti e che, dunque, il Belgio aveva fatto corretta applicazione del principio del “trattamento nazionale”.

La Corte, pur prendendo atto della “neutralità” delle previsioni in questione sotto il profilo appena esaminato163, ha altresì rilevato

che esse erano nondimeno “(…) idonee a limitare la libera circola-

zione dei calciatori che vogliono svolgere la loro attività in un altro Stato membro poiché impediscono loro di lasciare le società cui ap- partengono, o li dissuadono dal farlo, anche dopo la scadenza dei contratti di lavoro che li legano a esse”164.

162 Causa C-415/93.

163 “Ora, è vero che le norme sui trasferimenti contestate nelle cause a quibus

si applicano anche ai trasferimenti di calciatori fra società appartenenti a fe- derazioni nazionali diverse nell’ambito dello stesso Stato membro e che norme analoghe disciplinano i trasferimenti fra società appartenenti alla stessa fede- razione nazionale”; così il § 98.

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La sentenza, dunque, si articola sui consueti tre passaggi logici. La Corte:

(i) nel primo, ha inquadrato la fattispecie come un caso “origin” individuando la pertinente libertà fondamentale di cui poteva gode- re il cittadino intenzionato a “migrare”165;

(ii) nel secondo, ha verificato se lo Stato aveva garantito il “trat- tamento nazionale” al residente che si era avvalso della libera circo- lazione dei lavoratori166;

(iii) nel terzo –  accertato che lo Stato in questione aveva in effetti garantito il trattamento nazionale – ha verificato se quel trat- tamento costituisse comunque un ostacolo al godimento della li- bertà167.

È evidente che, come si è visto anche nei casi “host” Futura e

Truck Center, la seconda analisi è stata svolta in quanto la prima

aveva dato un esito negativo ché, altrimenti, l’incompatibilità con il Trattato sarebbe stata già di per sé una conseguenza del mancato rispetto del principio del “trattamento nazionale”.

Il caso Deutsche Shell168 costituisce un ulteriore esempio.

La vicenda scaturiva dall’impossibilità per una società residente in Germania di dedurre la perdita valutaria (marco tedesco – lira) derivategli dal rimpatrio del capitale iniziale immesso in sede di costituzione di una stabile organizzazione all’estero (in Italia) dipoi messa in liquidazione.

165 Così il paragrafo 95: “I cittadini degli Stati membri dispongono, in partico-

lare, del diritto, conferito loro direttamente dal Trattato, di lasciare il paese d’ori- gine per entrare nel territorio di un altro Stato membro ed ivi soggiornare al fine di esercitare un’attività economica (v., in particolare, sentenze 5 febbraio 1991, causa C-363/89, Roux, Racc. p. I-273, punto 9, e Singh, citata, punto 17)”.

166 Così il paragrafo 98: “Ora, è vero che le norme sui trasferimenti contestate

nelle cause a quibus si applicano anche ai trasferimenti di calciatori fra società appartenenti a federazioni nazionali diverse nell’ambito dello stesso Stato mem- bro e che norme analoghe disciplinano i trasferimenti fra società appartenenti alla stessa federazione nazionale”.

167 Così i paragrafi 99 e 100: “(…) tali norme sono idonee a limitare la libera

circolazione dei calciatori che vogliono svolgere la loro attività in un altro Stato membro poiché impediscono loro di lasciare le società cui appartengono, o li dissuadono dal farlo, anche dopo la scadenza dei contratti di lavoro che li lega- no ad esse. In effetti, prevedendo, come fanno, che un calciatore professionista può esercitare la sua attività in una nuova società stabilita in un altro Stato membro solo se quest’ultima ha versato alla società di provenienza l’indennità di trasferimento il cui importo è stato convenuto fra di esse o determinato ai sensi dei regolamenti delle federazioni sportive, le dette norme costituiscono un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori.”

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Tale perdita non poteva essere dedotta né in Italia, poiché essa non emergeva dalla relativa contabilità (siccome espressa in lire), né in Germania, poiché in base alla convenzione contro le doppie imposizioni stipulata con l’Italia i redditi della stabile orga- nizzazione andavano ivi esenti dal prelievo e la normativa nazio- nale sanciva la indeducibilità delle componenti negative connesse a redditi esenti.

Si deve subito notare che la normativa nazionale non distin- gueva tra il residente “non-migrante” e quello “migrante”, e ciò per la semplice ragione che la deduzione delle perdite valutarie non era consentita in entrambi i casi: nel primo, perché in una situazio- ne puramente interna (ossia con una sede secondaria domestica) una perdita valutaria non poteva per definizione emergere (non essendovi l’utilizzo di due valute, nel secondo, perché lo preve- deva il combinato disposto della convenzione e delle normativa domestica.

Come si è appena visto nel caso Bosman, la Corte non si è però accontentata del fatto che il “trattamento nazionale” non di- stinguesse tra “migrante” e “non-migrante” e – seguendo sul punto le indicazioni della Commissione e dell’Avvocato generale169 – ha

proseguito l’indagine per verificare se sussisteva comunque una re- strizione alla libertà di stabilimento. Tale indagine è approdata alla seguente conclusione:

“(…) il regime tributario di cui alla causa principale aumenta

il rischio economico a cui è soggetta una società stabilita in uno Stato membro che intenda creare un’entità in un altro Stato mem- bro, qualora si utilizzi una valuta diversa da quella dello Stato di origine. In una tale situazione, la società madre deve affrontare non solo i rischi abituali relativi alla creazione di tale entità, ma altresì un rischio supplementare di natura fiscale in occasione del conferimento a quest’ultima del capitale iniziale”170.

169 L’Avvocato generale Sharpston si è innanzitutto posto la questione se il

caso dovesse essere svolto da una prospettiva di discriminazione (da intendersi qui in senso lato, poiché è ovvio che – trattandosi di una caso “origin” – non può esservi discriminazione sulla base della nazionalità) o in una prospettiva

di restrizione (non “discriminatoria”). Così il paragrafo 28 del suo parere: “Un

approccio al rinvio pregiudiziale consiste nel chiedersi se vi sia una discrimi- nazione contro società controllanti in una siffatta situazione rispetto al tratta- mento riservato ad un idoneo termine di confronto”.

170 In sostanza, quale che sia la prospettiva – “host” (come in Futura e Truck

Center) oppure “origin” (come in Bossmann o Deutsche Shell) – la Corte ha

fornito indicazioni chiare sulla propria intenzione di esercitare un sindacato che non si ferma alla verifica del rispetto del principio di uguaglianza. Questo signi-

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fica che gli Stati non possono limitarsi al rispetto del principio del “trattamento nazionale” nei confronti dei “migranti” (non residenti o residenti a seconda dei casi), essi dovendo altresì far si che siffatto trattamento non rappresenti – in ogni caso – un fattore idoneo a dissuadere le persone fisiche e giuridiche comu- nitarie dal trarre vantaggio dalle libertà fondamentali.

capitolo iv

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