• Non ci sono risultati.

4. PAESI IN CUI NON SONO AVVENUTI CAMBIAMENTI ISTITUZIONALI

4.2 Algeria

Per molti aspetti politico-economici l‟Algeria potrebbe essere accosta alla Tunisia e all‟Egitto, ma sebbene anch‟essa sia stata colpita dalle turbolenze della “primavera araba”, le mobilitazioni sono state meno intense e soprattutto non hanno causato gli sconvolgimenti di cui Tunisi e il Cairo sono state oggetto.

Successivamente alla drammatica crisi socio-economica che condusse il paese alla guerra civile degli anni Novanta, nei primi anni Duemila l‟economia algerina cominciò a mostrare segni di ripresa e un miglioramento degli indicatori macroeconomici, ma non furono risolte le debolezze strutturali dell‟economia che continuò a dipendere dalla produzione ed esportazione di idrocarburi14.

12

J. Charmelot, op. cit..

13

Ibidem.

14

Era infatti stato avviato un programma di aggiustamento strutturale finalizzato a all‟austerità fiscale. Ciò prevedeva una ristrutturazione delle imprese pubbliche in previsione di un processo di privatizzazione che però, nonostante tali politiche avessero causato un imponente numero di licenziamenti, non fu mai avviato in modo trasparente e andò ad esclusivo vantaggio di un ristretto gruppo di imprenditori vicini alle élite militari e di governo. Nei primi anni Duemila, sotto la presidenza di Bouteflika, si avviò la riforma del mercato promuovendo il settore privato, ma già nel 2006 ci fu un brusco cambiamento di rotta verso un forte protezionismo e un rinnovato interventismo dello stato. Intanto la dipendenza dagli idrocarburi non accennava a diminuire. Oggi tale settore, che è riuscito nell‟ultimo decennio a trainare la crescita economica, rappresenta il 98% delle esportazioni totali e contribuisce per il 40-45% al prodotto interno lordo e per due terzi alle entrate statali. Alle debolezze strutturali che derivano dal fatto che l‟Algeria è un rentier state, si aggiunge il fatto che il Paese sia costretto a importare generi alimentari per coprire la quasi totalità del proprio fabbisogno alimentare e che l‟iniziativa privata è fiaccata dalla persistenza di incertezza politica e da una rete di rapporti mafiosi che legano politica ed economia15. Quando nel 2009 si è assistito a un crollo del 42,5% delle entrate derivanti dagli idrocarburi, la crescita economica ha rallentato bruscamente, il Pil è sceso drasticamente ed è stato registrato un deficit di bilancio16.

Contrariamente a Tunisia ed Egitto, sin dai primi piani di aggiustamento strutturale, l‟Algeria ha drasticamente tagliato la spesa sociale, tanto che nel primo decennio degli anni Duemila il sistema del welfare versava in una condizione disastrata con scuole, università e ospedali in stato di completo abbandono e gravissima carenza di alloggi17.

A questa situazione socio-economica si è sommato il consolidamento dell‟autoritarismo avvenuto sotto la presidenza di Bouteflika, il quale, eletto nel 1999, ha spinto per una concentrazione del potere e dei processi decisionali nelle mani del presidente e una subordinazione del Parlamento all‟organo esecutivo. Nel 2008 furono perciò approvati emendamenti costituzionali che, oltre a rafforzare i poteri presidenziali, rimossero il limite di due mandati nell‟eleggibilità di un medesimo candidato alla carica di Presidente. Inoltre lo stato d‟emergenza, ancora in vigore dal 1992, forniva gli strumenti per contenere le forme di dissenso e cooptare e indebolire i partiti politici, stranamente e nonostante tutto numerosi.

Incoraggiati da quanto stava avvenendo in altre piazze del Maghreb, nel gennaio 2011 anche in Algeria furono organizzati dei movimenti di protesta. A differenza di altri paesi, 15 Ibidem. 16 Ibidem. 17

però, le rivendicazioni si concentrarono sulla richiesta di una serie di riforme e un ampliamento delle libertà politiche e civili piuttosto che manifestare una volontà di abbattere il regime. A tal riguardo deve sicuramente aver influito l‟eredità della guerra civile degli anni Novanta, troppo recente e vivida nella memoria degli algerini sui quali potrebbe aver pesato la paura di ripiombare nell‟estrema violenza di quegli anni18

.

Temendo un allargamento delle proteste il governo approvò immediatamente, aiutato dalle rendite petrolifere a disposizione, misure a breve termine volte a migliorare il potere d‟acquisto della popolazione. A febbraio il regime, deciso a non imitare l‟esperienza tunisina ed egiziana, abrogò lo stato d‟emergenza e ad aprile annunciò una serie di misure dirette all‟avvio di un processo di democratizzazione. Nonostante il governo avesse compreso che per scongiurare gravi sconvolgimenti avrebbe dovuto assecondare alcune esigenze di cambiamento della popolazione, furono concesse solo caute misure e nei mesi successivi non si arrivò a un‟effettiva apertura degli spazi di espressione. A seguito del perdurare delle proteste, la repressione del regime tornò anzi a intensificarsi. L‟Algeria ha forse conosciuto esiti diversi rispetto alla Tunisia e all‟Egitto, anche perché le parti politiche e sociali di opposizione non sono riuscite a costituire un fronte unico. La rivalità fra le forze di opposizione e le forti divisioni etniche e ideologiche, che ormai da un ventennio percorrono il paese, potrebbero aver influito molto19.

Il 12 febbraio giunse dai manifestanti una forte richiesta di riforme istituzionali, a seguito della quale il governo revocò lo stato d‟emergenza (in vigore ormai da 19 anni), promise nuove riforme e ridusse i prezzi dei generi alimentari. Il 19 aprile, inoltre, il presidente Abdelaziz Bouteflika annunciò di voler intraprendere ulteriori riforme nell‟ambito di un progetto di rafforzamento della democrazia, queste avrebbero compreso una revisione della legge elettorale e la costituzione di comitato per la riforma costituzionale. Affermò poi di volere una nuova legge sull‟informazione con il fine di sostituire le discipline sulla materia contenute nel Codice Penale (il reato di diffamazione del presidente e delle istituzioni dello Stato era punibile dalla legge con la detenzione).