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3. LE PRIMAVERE ARABE E LE RISPOSTE INTERNAZIONALI NEI PAESI IN

3.3 La Libia

3.3.2. Guerra civile, intervento NATO e la caduta di Gheddafi

Alcune discusse ipotesi sostengono che nella rivolta contro Gheddafi, l‟insofferenza popolare per l‟oppressione del regime abbia affrettato un tentativo di colpo di Stato attuato da alcuni ex fedelissimi del Colonnello, supportati da forze speciali francesi e britanniche32.

Inizialmente gli scontri si concentrarono a Bengasi (poco fedele a Gheddafi), dove la confraternita senussita godeva di una tradizionale influenza. In poco tempo, però, si era diffusa una vera e propria guerra civile fra lealisti fedeli a Gheddafi, aiutati da soldati mercenari provenienti dall‟Africa sub sahariana, e ribelli sostenuti dalla comunità internazionale. Il 25 febbraio i rivoltosi conquistarono la città di Misurata e poco dopo dettero inizio alla battaglia per Tripoli.

Il 27 febbraio alcuni esponenti dell‟opposizione libica annunciarono la nascita di un Consiglio Nazionale Transitorio che avrebbe coordinato le attività dei ribelli e governato le aree strappate al controllo del regime33.

Nei primi giorni di marzo parve che una trattativa fosse stata avviata grazie all‟iniziativa e la mediazione di Hugo Chavez, ma, sebbene Gheddafi si fosse detto favorevole, Mustafa Gheryani, portavoce del CNT, declinò la proposta di trattativa34.

Il 26 Febbraio 2011 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approvò con voto

30

Ibidem.

31

Libya on brink as protests hit Tripoli, in “The Guardian”, 21 febbraio 2011, http://www.guardian.co.uk/world/2011/feb/20/libya-defiant-protesters-feared-dead.

32

L. Caracciolo, Islamismo e petrolio, in “Limes”, http://temi.repubblica.it/limes/islamismo-e- petrolio/28278.

33

Ventitré morti a Misurata, al-Zawiyah in mano a ribelli. A Bengasi opposizione forma il Consiglio nazionale, Adnkronos/Aki, 27 febbraio 2011, http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/Ventitre-morti-a- Misurata-al-Zawiyah-in-mano-a-ribelli-A-Bengasi-opposizione-forma-il-Consiglio-

nazionale_311733680609.html.

34

unanime la Risoluzione 1970 con la quale fu deciso: di deferire alla Corte Penale Internazionale la situazione libica; di imporre un embargo sulla vendita diretta e indiretta di armi e materiale a esse collegato o sulle forniture di personale armato; l‟interdizione per ciascun paese membro di comprare materiale bellico dalla Libia, da ogni suo cittadino o persona che ne utilizzi la bandiera. Veniva inoltre annessa la lista delle persone cui era applicato un divieto di viaggio e transito nei paesi membri e cui applicare il congelamento dei beni finanziari35.

Il 1 marzo 2011 la Libia fu sospesa dal Consiglio per i Diritti Umani36 e, il 17 marzo, fu approvata la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1973 che decideva l‟intervento armato in Libia a sostegno dei civili, stabiliva una No Fly Zone sui cieli libici, ribadiva l‟embargo sulle armi e ampliava i destinatari di restrizioni di viaggio e congelamento di beni finanziari all‟estero37

.

Ma ad aprile però, l‟intervento delle Nazioni Unite non aveva ancora prodotto un arretramento dei lealisti, così lo scontro tra l‟esercito di Gheddafi e le forze rivoluzionarie che controllavano gran parte della Cirenaica raggiunse una fase di stallo38.

Il 10 ottobre 2011 il CNT annunciò che gran parte della città di Sirte (la città di Gheddafi) era in mano ai ribelli. Il 18 ottobre l‟intero territorio libico sarebbe stato completamente sotto controllo del Consiglio Nazionale di Transizione (a eccezione di alcune piccole aree nei dintorni di Sirte e Beni Walid, che avrebbero dovuto attendere il 20 ottobre, giorno della cattura e della morte del Colonnello Gheddafi. Anche il figlio Mutassim Gheddafi, che aveva guidato militarmente la difesa di Sirte, fu fatto prigioniero e sommariamente giustiziato, stessa sorte toccò al Ministro della Difesa, il Generale Abu Bakr Yunis Jabr. Trasferiti a Misurata, i corpi dei tre uomini furono esposti pubblicamente39.

La partecipazione alla crisi libica è stata sorprendentemente ampia. Come fa notare Aliboni la risoluzione 1973 è stata appoggiata anche dal Consiglio di Cooperazione del Golfo, dalla Lega Araba (con la sola astensione di Siria e Algeria) e dalla Conferenza Islamica. Una simile unione di intenti è sorprendente. Infatti, tale coalizione dei Paesi arabi, uniti a una missione guidata dall‟Occidente, è avvenuta non solo contro un paese arabo, ma anche,

35

Risoluzione 1970 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, op. cit..

36

Assemblea Generale delle Nazioni Unite, GA/11050. 1 marzo 2011,

http://www.un.org/News/Press/docs//2011/ga11050.doc.htm.

37

Risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, op. cit.. Durante il voto della Risoluzione 1973 si sono astenuti la Cina e Russia (poco inclini a legittimare un‟ingerenza esterna negli affari interni di uno Stato), ma anche Germania (su cui hanno pesato un incombente appuntamento elettorale e la diffidenza dell‟opinione pubblica verso un intervento armato anche di portata limitata) e i BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) a eccezione del Sudafrica che ha dato la sua approvazione.

38

L. Ricciardelli, «Come uscire dallo stallo libico?», in “The Post Internazionale”, http://www.thepostinternazionale.it/2011/04/come-uscire-dallo-stallo-libico/.

39

G. Cerruti, Gheddafi ucciso dai ribelli a Sirte, in “La Stampa”, 21 ottobre 2011, http://www3.lastampa.it/esteri/sezioni/articolo/lstp/425808/.

diversamente da quanto era avvenuto nel Kuwait dove si trattò di intervenire in occasione dell‟attacco da parte di un Paese terzo, contro «un governo arabo impegnato nella repressione di una rivolta interna, un caso cioè politicamente e legalmente molto più spinoso», afferma Aliboni. Secondo l‟autore ciò è stato possibile in quanto:

La Libia di Gheddafi non è amata in nessuna parte del mondo arabo. L‟attivismo del colonnello e la sua inframmettenza hanno sempre irritato gli altri leader arabi, a cominciare dal leader egiziano Nasser. Ogni iniziativa e aiuto di Gheddafi si sono sempre accompagnati alla pretesa di imporre le sue idee e i suoi programmi. Quando negli anni novanta si è trovato isolato fra gli arabi, ha preso a insultarli e disprezzarli [...]. Infine, i regimi arabi più religiosamente ortodossi, come appunto l‟Arabia Saudita, aborrono la pretesa di Gheddafi di fornire con il suo “Libro Verde” una versione cesarista dell‟Islam. Lungi da ogni principio laico di non-interferenza negli affari religiosi, il regime libico ha al contrario tentato di assoggettare l‟Islam, che è finito anch‟esso, almeno teoricamente, sotto il diretto controllo della Guida Gheddafi40.

Sicuramente però, i contrasti del passato non hanno determinato la presa di posizione internazionale della risoluzione 1973, seppure l‟abbiano certamente facilitata. Aliboni sostiene che tale coesione nella denuncia della situazione libica, fonda le proprie ragio ni nel fatto che lo tsunami delle rivolte arabe sarebbe frutto di una generale e temuta crisi di legittimità, «spesso ma non sempre acuita da gravi disagi socio-economici», che è andata traducendosi in una pressante domanda di libertà. Così, secondo l‟autore, a marzo i regimi arabi hanno approfittato di un opportunità di cooperazione che non solo ha dato loro nuova voce in capitolo nella regione, ma anche una possibilità di negoziazione e la gestione politica della crisi. La crisi libica «offre ai regimi arabi e ai paesi occidentali una piattaforma di collaborazione che può servire ad incanalare i caotici sviluppi in corso verso soluzioni condivise e sostenibili»41.

La Libia rappresentava il giusto scenario dove mettere in atto un‟azione internazionalmente condivisa, infatti, se da un lato sarebbero entrati in gioco interessi economici di grande rilevanza, le implicazioni regionali sarebbero state relativamente marginali, contrariamente a quanto sarebbe accaduto in qualsiasi altro paese del Mashreq o del Golfo, dove, come sappiamo, i conflitti regionali hanno una fortissima rilevanza geo- strategica sia per l‟Occidente sia per i Paesi Arabi.

Ecco quindi che subito la comunità nazionale si era mobilitata per il popolo libico, e però non batteva ciglio quando, quasi contemporaneamente (il 12 febbraio), «le truppe saudite

40

R. Aliboni, Verso una coalizione arabo-occidentale, in “Affari Internazionali”, 31 marzo 2011, http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=1709.

41

entrarono a bandiere spiegate nel Bahrein in rivolta» per il timore che cadesse in mani iraniane. Tale episodio non suscitò nemmeno la riprovazione delle democrazie occidentali. «Anzi, sospiri di sollievo a Washington come a Londra, a Pechino come a Berlino, a Tokyo come a Parigi»42.

Ad ogni modo non tutti erano inizialmente d‟accordo su un cambio di regime: Francia e Regno Unito si erano infatti posti tale obiettivo, mentre i Paesi arabi erano stati più cauti al riguardo. Per questi ultimi, infatti, un conto era agire per fermare violenze condotte contro i civili libici, un conto era sostenere un cambiamento di regime imposto dall‟esterno. Questa ultima ipotesi infatti, dice Aliboni, «era per loro un cattivo presagio». D‟altronde neanche in Occidente erano tutti convinti al riguardo, come la Germania e l‟Italia che impiegarono più tempo per assumere una posizione al riguardo43.

Ancora una volta, dopo la Tunisia e l‟Egitto, l‟Occidente ha reagito andando contro a un regime sulle quali violenze e violazioni dei diritti umani si era sempre taciuto, con il quale si erano conclusi proficui affari economici e con il quale si erano avviate condivise politiche economiche e di sicurezza (anche la Libia aveva ricevuto il plauso delle istituzioni finanziarie internazionali per le positive performance macroeconomiche).

Ora, in nome della libertà e della democrazia, «per difendere i civili della Cirenaica si bombardano i civili della Tripolitania»44.

Così Halimi, subito dopo l‟approvazione della risoluzione 1973, commentava:

Ecco che dopo aver ricevuto il dittatore libico nel 2007, quando la natura del suo regime era nota a tutti, il presidente francese fa bombardare il suo ex partner d‟affari. Detto questo, saremo comunque grati a Nicolas Sarkozy di non aver proposto a Gheddafi il «savoir faire» delle forze di sicurezza francesi, offerto nel gennaio scorso al presidente tunisino Zine El-Abidine Ben Ali. Dal canto suo Silvio Berlusconi, «amico intimo» della Guida dei libici, che lo ha visitato undici volte a Roma, si è accodato, benché a malincuore, alla coalizione virtuosa. […] La Lega araba si affianca al movimento dell‟Onu, per poi fingersi costernata non appena partono i primi missili americani. Russia e Cina avevano il potere di opporsi alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza, o di emendarla per ridurne la portata e i rischi di escalation. Bastava che lo avessero fatto per non dover poi «deplorare» l‟uso della forza45

.

Anche il Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC) ha appoggiato la risoluzione Onu ed ha convinto la Lega Araba a fare altrettanto. Fra i Paesi del GCC, nel sostenere le politiche

42

L. Carcciolo, Islamismo e petrolio…, op. cit..

43

Ibidem.

44

K. Mezran, op. cit..

45

S. Halimi, Le trappole di una guerra, in “Le Monde Diplomatique”, aprile 2011, http://www.monde- diplomatique.it/LeMonde-archivio/Aprile-2011/pagina.php?cosa=1104lm01.01.html.

occidentali relative alla Libia, il Qatar ha ricoperto un ruolo di grande importanza (oltretutto è stato il secondo paese, dopo la Francia, a riconoscere il Consiglio Nazionale Transitorio). L‟emirato è molto impegnato nell‟esportare la democrazia dal proprio paese «in modo da tenercela lontana», come afferma ironicamente Caracciolo. Ha partecipato attivamente alla missione anche se con un esiguo apporto di uomini e mezzi, giocando dunque un ruolo di primo piano nel conflitto libico «in stretto coordinamento con Parigi, e con la benedizione di Washington»46. Oltre a fornire assistenza umanitaria ai ribelli, ci riferisce Iannuzzi, Doha vendeva sul mercato petrolio proveniente dalle regioni sotto controllo dei ribelli libici, in particolare dal giacimento del Sarir nella parte orientale della Libia, acquistando in cambio carburante per loro conto. Inoltre il Qatar ha fatto dono ai ribelli di un canale televisivo, Libya TV, attraverso cui potersi rivolgere al popolo libico trasmettendo da Doha attraverso un satellite francese.

L‟emirato è riuscito persino a rafforzare la propria influenza diplomatica durante le rivolte

arabe del 2011, come provato dal fatto che proprio in Qatar si sia riunito, il 13 aprile 2011, il primo Gruppo di contatto sulla Libia47, in cui si discusse la possibilità di fornire armi al Consiglio Nazionale Transitorio di Bengasi (CNT)48.

Anche i rapporti dell‟emirato con Washington hanno avuto un forte slancio dalla crisi libica, come ha confermato la visita dell‟emiro al-Thani alla Casa Bianca il 14 aprile 201149.

Le ragioni del supporto qatariano ai ribelli, oltre che nella volontà di diffusione e consolidamento dell‟influenza sunnita in Nord Africa, erano da ricercarsi nell‟ambito energetico: prima della guerra la Libia produceva 1,6 milioni di barili di petrolio al giorno (2% della produzione mondiale) e la British Petroleum aveva affermato che il paese possedeva risorse sufficienti per sostenere il livello di produzione per i successivi 77 anni. Il Qatar poteva quindi ambire a controllare una parte delle risorse energetiche della Libia e le relative esportazioni verso l‟Europa.

Controllare una percentuale della produzione energetica libica equivale a controllare una

46

R. Iannuzzi, L‟audace equilibrismo del Qatar, in “Affari Internazionali”, 27 aprile 2011, http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=1739.

47

Del Gruppo di contatto fanno parte 21 paesi, Onu, Nato, Ue, Lega Araba, Organizzazione della Conferenza islamica e Consiglio di Cooperazione del Golfo. Ibidem.

48

In realtà Doha aveva già iniziato a fornire armi anti-tank di fabbricazione francese. Il Qatar è infatti un importante cliente dell‟industria bellica francese, e le importazioni da Parigi superano il miliardo di euro l‟anno. Ibidem.

49«Un‟importante novità nella politica estera dell‟emirato. […] Sebbene il Qatar ospiti una gigantesca base

aerea americana ad al-Udeid, a pochi chilometri da Doha, in questi anni il brillante emiro Hamad bin Khalifa non si è fatto scrupolo di opporsi alle politiche americane e israeliane in Medio Oriente, sia strizzando l‟occhio alle posizioni panarabe del canale satellitare Al-Jazeera, sia impegnandosi in un‟azione diplomatica in varie aree di crisi». Ibidem.

percentuale del commercio nel Mediterraneo. Con un accesso diretto all'Europa, il Qatar avrebbe la possibilità di spartirsi il mercato del gas con la Russia, con cui intrattiene rapporti di amicizia sempre più stretti50.

Un cambio di regime avrebbe quindi potuto aprire il mercato energetico libico alle compagnie petrolifere africane ed arabe, ad esempio la Vitol del Qatar, che acquisirebbero così la possibilità di competere con le grandi rivali occidentali.

Un'altro possibile vantaggio economico che l'Emirato del Golfo potrebbe trarre dal legame con la Libia riguarda i fondi sovrani della Lybian Investment Authority (LIA). Tali fondi ammontano a 70 miliardi di dollari di beni capitali congelati in tutto il mondo. La LIA possedeva azioni della banca italiana Unicredit, della compagnia di difesa Finmeccanica, dell'editore inglese Pearson, che pubblica il Financial Times, e del gruppo finanziario belga Fortis, oggi conosciuto come Ageas51. Non si può poi non menzionare il ruolo di primo piano che ha svolto Al Jazeera nel promuovere l‟intervento in Libia. Già dai primi giorni della rivolta, a febbraio, l‟emittente si era dimostrata molto attiva riguardo alle cronache della rivolta, aveva infatti subito diffuso notizie su massacri perpetrati dalle forze di Gheddafi, alcuni dei quali rivelatisi poi infondati, e aveva omesso di dire che quella degli insorti si era da subito configurata come una rivolta armata. Queste notizie avevano da subito sostenuto e legittimato la tempestività di Sarkozy nel condannare Gheddafi come un criminale di guerra (sebbene i massacri perpetrati da quarant‟anni a danno del popolo libico fossero da tempo provati).

Perché la Francia e il Regno Unito hanno avuto interesse ad agire in modo tanto precipitoso? Probabilmente per impedire qualsiasi mediazione, soprattutto ad opera della diplomazia italiana, così da poter rovesciare un regime troppo sensibile al rapporto privilegiato con l‟Italia52, e cambiarlo con un‟altro più attento agli interessi francesi e

inglesi53.

L‟utilizzo interessato della copertura mediatica e della manipolazione delle notizie non è stata una prerogativa del Qatar, tale strumento è stato, infatti, ampiamente utilizzato anche in Occidente per convincere l‟opinione pubblica dell‟urgenza e necessità dell‟intervento

50

F. Merletti, L'ombra del Qatar sul conflitto libico, in “Ce.S..I”, http://www.cesi- italia.org/dettaglio.php?id_news=780.

51

Ibidem.

52

L‟Italia è infatti passata da un iniziale inattività dei primi giorni della rivolta, a un tardivo abbraccio con i membri del CNT. Anche Roma ha poi fortemente caldeggiato per un intervento NATO, forse per sopperire alle proprie iniziali mancanze. Per una rassegna delle dichiarazioni di presidenti, segretari di stato e ministri della difesa, e quindi, per un‟idea delle variazioni delle posizioni di alcuni paesi dell‟Alleanza Atlantica, si rimanda a L. De Vita, Cacofonie euro atlantiche, in “Limes” n 3, 2011, (Contro) Rivoluzioni in corso. Primavera araba o inverno mediterraneo? Dal Nord Africa al Mediterraneo la terra trema, pp. 191-195.

53

K. Mezran, Ora costringiamo Bengasi a rispettare i tripolitani, in “Limes n 3, 2011”, (Contro) Rivoluzioni in corso…, op. cit., pp. 187-191.

militare.

Anche il governo italiano aveva aderito al progetto – ha affermato Cadalanu – lo dimostrano per esempio i rimproveri irrituali del ministro degli esteri Frattini all‟incauto ambasciatore italiano a Tripoli. Vincenzo Schioppa aveva raccontato che nella capitale libica la situazione appariva del tutto tranquilla, dopo averla molto probabilmente osservata di persona uscendo dalla rappresentanza diplomatica. Ma Frattini lo bacchettò duramente, sottolineando che lui vedeva, da una finestra della Farnesina forse, una situazione drammatica54.

In Italia si era anche tentato di usare in chiave interna lo spauracchio di un‟invasione da parte di oltre centomila disperati, uno tsunami umano pronto ad abbattersi sulle coste di Lampedusa.

Cadalanu ipotizza che i ribelli libici avessero con loro non solo consiglieri militari occidentali, ma persino tecnici della comunicazione, spin doctor in grado di manipolare i resoconti della stampa55.

Dopo qualche mese dall‟inizio delle rivolte quindi in molti avevano dovuto rivedere le proprie posizioni. A fine maggio la Russia uscì dalla sua neutralità aprendo verso gli insorti e mutando atteggiamento così da poter meglio tutelare gli interessi geopolitici ed economici del Cremlino, instaurando buone relazioni con Bengasi e magari meriti - ha affermato Agnoli56.

Nei primi giorni di giugno 2011, anche la Cina apriva in Qatar, tramite il suo ambasciatore, un canale diplomatico con gli insorti.

Il 31 maggio il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini stipulò un memorandum d‟intesa con il CNT con il fine di innalzare il livello delle relazioni diplomatiche ed estendere i rapporti alla fornitura di carburante e di denaro57. Il ministro britannico Hague a Bengasi parlò della necessità di sbloccare le risorse finanziarie del regime a favore del Consiglio Nazionale di Transizione58.

Se le vecchie concessioni petrolifere non parevano a rischio (anche per le rassicurazioni del CNT sull‟intenzione di tener fede agli accordi internazionali già esistenti) è sul terreno delle nuove concessioni che si dovrebbero misurare i «meriti di credito acquisiti nel corso

54

G. Caldalanu, La guerra sceneggiata per i media occidentali, in “Limes” n 3, 2011, (Contro) Rivoluzioni in corso, op. cit., pp. 209-214.

55

Ibidem.

56

S. Agnoli, La partita del petrolio, in “Limes” n 3, 2011, (Contro) Rivoluzioni in corso. Primavera araba o inverno mediterraneo? Dal Nord Africa al Mediterraneo la terra trema, pp. 215-222.

57

A marzo, colte di sorpresa dall‟iniziativa francese di riconoscere il CNT, Farnesina e Eni hanno provveduto anch‟esse a stringere i rapporti con i ribelli. «a partire da allora – dichiara Agnoli – il recupero dei rapporti con la parte giusta è proseguito spedito» e a fine maggio Eni e Unicredit erano impegnati in trattative serrate con il CNT. Ibidem

58

del conflitto e della guerra civile». Non si può infatti dimenticare che la Libia è uno dei paesi più appetibili dal punto di vista delle riserve petrolifere e con uno sfruttamento delle riserve di gas, seppure modeste, avviato e consolidato59.

Il 10 settembre 2011 la Libia ha partecipato come osservatore a un incontro del G8 a Marsiglia. In quell‟occasione Christine Lagarde, direttore esecutivo del FMI, ha annunciato il riconoscimento del CNT come legittimo governo del paese e ha dichiarato l‟istituzione finanziaria pronta ad aiutare le autorità libiche attraverso assistenza tecnica, consulenza politica e, se richiesto, sostegno finanziario per riavviare l‟economia e la ricostruzione del paese. L‟intervento del FMI in Libia rappresenterebbe un fatto nuovo, ma le condizioni restano sempre le medesime, riforme strutturali, maggiore liberalizzazione economica e una riduzione della spesa pubblica60.

La lentezza degli sviluppi nella creazione di una politica mediterranea che includesse la Libia da parte dell‟Unione Europea, aveva già da anni favorito l‟ingresso nell‟economia libica di nuovi attori internazionali.

La Cina, ad esempio, già prima della caduta di Gheddafi era un consolidato partner