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2. GLI ATTORI INTERNAZIONALI E LE PARTITE GEOPOLITICHE DELLO

2.5 I pilastri dell'edificio regionale

2.5.1 Turchia

La Turchia, grazie ai recenti tassi di crescita molto elevati si è trasformata in una delle economie più competitive del globo. Quando al primo ministro Erdoğan è divenuto chiaro di non essere il benvenuto nell'Unione Europea, egli ha iniziato a percorrere le strade alternative di politica estera che la propria forza economica gli aveva recentemente aperto57. Si avviarono così politiche, di cui è stato e continua ed essere regista il ministro degli Esteri Ahmet Davutoğlu, che aspiravano a fare di Ankara un nuovo punto di riferimento geopolitico, una super potenza regionale capace di estendere la propria influenza verso «almeno nove quadranti geopolitici: Balcani, Mar nero, Caucaso, Caspio, Golfo Persico/Arabico, Mar Rosso, Medio Oriente, Mediterraneo orientale e Adriatico». Tale strategia, ribattezzata neo-ottomanesimo (sebbene Davutoğlu rifiuti tale etichetta)58, ha come fondamento una politica di «zero problemi con i vicini» con la quale si è mirato a divenire un centro di gravità geopolitica59. Attualmente Ankara possiede un soft power maggiore di chiunque altro nel'area e si sta effettivamente consacrando quale potenza regionale in ascesa.

Affinché la Turchia potesse perseguire i propri obiettivi ha dovuto però smarcarsi dall'Occidente, nel senso che è diventata più riluttante a obbedirvi passivamente con l'intento di difendere i propri interessi60. Ciò non significa, come afferma Santoro, che l'Occidente abbia perso la Turchia, infatti entrambe le parti condividono numerosi interessi divergendo piuttosto sui metodi per perseguirli. Affinché Ankara consolidasse la sua posizione ha avuto bisogno di conservare certi equilibri senza rompere i rapporti con le

56

J. C. Hulsman, I Dilemmi di Washington nel Medio Oriente a geometrie variabili, in "Limes n 3, 2011", (Contro) Rivoluzioni in corso..., op. cit., p. 45.

57

Ibidem.

58

Egli ha invece battezzato la sua politica «Profondità Strategica» come emerge dal titolo dell'opera nella quale teorizza la propria visione geo-strategica. Cfr D. Santoro, La Turchia neogollista non è contro l'Occidente anzi lo aiuta, in "Limes”, n 3, 2011, (Contro) Rivoluzioni in corso..., op. cit., p. 163.

59

D. Santoro, op. cit, p. 163.

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altre potenze regionali e senza cedere a posizioni né apertamente antioccidentali, né apertamente filooccidentali. Emblematico è stato l'atteggiamento di Erdoğan nei confronti dell'Iran: egli (come gli Stati Uniti) non aveva nessun interesse a vedere Teheran dotarsi dell'arma nucleare che l‟avrebbe potuta consacrare come principale potenza regionale, ma sarebbe stata ancora meno avvantaggiata da un eventuale conflitto foriero di impreviste conseguenze sulla stabilità della regione. Inoltre, considerando il fatto che la Repubblica islamica era per la Turchia un fondamentale partner commerciale, come anche Iraq, Siria e Libano, si comprende il voto contrario di Ankara alle sanzioni che, nel giugno 2010, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu approvò contro l'Iran. «La posizione della Turchia sulla questione del nucleare iraniano più che dalla solidarietà islamica è influenzata dalla necessità di preservare la profondità economica raggiunta nell'ultimo decennio» e per questo, lungi dal sostenerne le ambizioni nucleari, Erdoğan ha privilegiato le relazioni diplomatiche con l'Iran61.

La presenza di un alleato del presidente iraniano Ahmadinejād a capo della Siria restava poi una questione scomoda per la Turchia che però, in linea con la propria dottrina “zero problemi con i vicini”, non poteva certo permettersi azioni unilaterali contro Damasco. «Nemmeno un intervento a fianco dei soli alleati NATO sarebbe stato funzionale alla strategia di Ankara [...] [che] ha cercato il più possibile di ritardare il momento di un intervento diretto nella crisi siriana, preferendo appoggiare politicamente i ribelli e mettendo a loro disposizione la propria logistica»62.

Durante una visita di Erdoğan in Cina però, l‟esercito siriano sparò alcuni proiettili che uccisero un cittadino turco oltre il confine. Ciò fece crescere tanto crescere la tensione che Davutoğlu ricordò che violare il confine turco significava violare un Paese NATO63

. «Si pensò seriamente se intervenire militarmente per creare una buffer zone in prossimità del proprio confine, da dove offrire appoggio militare ai ribelli e aiuti umanitari alla popolazione»64.

D‟altro canto, i rapporti turchi con il mondo arabo hanno ricevuto una forte spinta grazie al

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D. Santoro, op. cit., p. 167.

62

F. Ventura, La partita di Turchia e Arabia Saudita vs Iran si gioca in Siria, in "Meridiani Relazioni Internazionali", 25 aprile 2012, http://www.meridianionline.org/2012/04/25/la-partita-di-turchia-e-arabia- saudita-vs-iran-si-gioca-in-siria/.

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Simili tensioni si sono ripetute il 21 giugno 2012 quando un caccia F-4 turco, impegnato in operazioni di volo sul mare della provincia di Hatay, proprio al confine con la Siria, è stato abbattuto dalla difesa anti-area siriana. Questa, in propria difesa, aveva sostenuto che il velivolo fosse entrato nello spazio aereo siriano e fosse stato abbattuto in quanto oggetto non identificato. La Siria abbatte un caccia turco lungo il confine «Aveva invaso il nostro spazio aereo», in “Corriere Della Sera”, 22 giugno 2012, http://www.corriere.it/esteri/12_giugno_22/turchia-siria-tensione-aereo-ankara-abbattuto-damasco-

scusa_a5b81a88-bc8c-11e1-9b58-5a664080906b.shtml.

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fatto che Erdoğan non ha esitato a sfidare Israele sulla politica palestinese giungendo all'incrinatura dei rapporti a seguito dell‟incidente della Mavi Marmara del maggio 201065

. Tali posizioni turche hanno contribuito a fare del primo ministro una sorta di eroe delle piazze arabe66. In generale si potrebbe affermare che la Turchia non abbia mai goduto nel mondo arabo di un immagine migliore.

Gli Stati Uniti intanto osservavano preoccupati la nuova autonomia decisionale di Ankara, che però non metteva a repentaglio in nessun modo i rapporti con l'Occidente, basti pensare che essa è rimasta un membro strategico della NATO e la prova risiede nel consenso dato da Ankara 21 settembre 2011 per ospitare il sistema radar relativo al sistema scudo anti-missilistico dell'Alleanza Atlantica che, nonostante i militari turchi continuino a negarlo, potrebbe fungere da deterrente contro l'Iran. Infatti quel che la Turchia vorrebbe dimostrare è proprio:

«l‟evidente impossibilità di ogni rilevante attore del Medio Oriente di fare a meno della collaborazione turca in un verso o nell‟altro. [...] Questo vale sia per gli Stati Uniti sia per l‟Iran, perché l‟attuale offerta turca appare irrinunciabile per tutti: mediazione, protezione ed equilibrio, in cambio di visibilità e rilevanza geopolitica»67.