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ALTRE CONSIDERAZIONI SULLA CRESCITA DIMENSIONALE

Capitolo 5. MOVIMENTI DIMENSIONAL

5.4 ALTRE CONSIDERAZIONI SULLA CRESCITA DIMENSIONALE

Appare comprensibile come il solo contesto esterno non possa esplicare le diversità che compongono la dinamicità delle imprese, soprattutto perché questa eterogeneità nei comportamenti risulta visibile non solo all’interno dello stesso paese, ma principalmente all’interno delle stesse classi dimensionali e negli stessi comparti.

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Diviene, quindi, vantaggioso elencare alcune conclusioni derivate dalla letteratura recente151. Quest’ultime sono fondamentali per giungere ad una valutazione dettagliata sulla convergenza delle unità produttive verso la dimensione intermedia, isolando delle caratterizzazioni insite nella tendenza alla crescita dimensionale:

a) l’esistenza di una dimensione ottima d’impresa (variabile per l’aspetto settoriale e per altri fattori, ma vincolante in riferimento alle economie di scala) non viene confermata da evidenze empiriche;

b) la dinamica di crescita risulta essere un fenomeno asimmetrico che va a coinvolgere selettivamente solo alcune delle imprese attive, soprattutto quelle che hanno accumulato risorse interne tecnologiche ed organizzative sufficienti per l’avvio del percorso di sviluppo; c) esiste una propensione soggettiva alla crescita da parte dell’imprenditore, legata alle

differenti abilità e alle attitudini personali di quest’ultimo. Gran parte delle imprese dopo aver superato gli squilibri iniziali caratteristici della fase di start-up tenderebbero a mantenere la dimensione inizialmente raggiunta.

d) il processo di crescita non è un processo lineare nel tempo ma è caratterizzato da accelerazioni repentine e da altrettanto rapide fasi di stasi.

Un ulteriore aspetto riguardante la crescita dimensionale sottolinea l’importanza non solo delle componenti quantitative e strutturali (che determinano quali imprese crescono e quali no), ma anche il ruolo fondamentale che ricopre la componente qualitativa e cioè la dotazione di risorse di un’impresa.

Un’elevata dotazione di risorse intangibili152 risulta essere condizione necessaria per sfruttare al meglio le opportunità esogene e conseguentemente catalizzare lo sviluppo interno, ma allo stesso tempo non viene garantita automaticamente la crescita dimensionale. In più

l’accumulazione di queste risorse, in un contesto di variabilità della domanda, peggiora la redditività dell’impresa in quanto incrementa l’incidenza dei costi fissi su quelli variabili. Da queste considerazioni si deduce che le dimensioni dell’impresa possono influenzare il livello di benefici e svantaggi ottenuti con l’accumulazione delle risorse intangibili e che essendo quest’ultima disomogenea tra le dimensioni è probabile che l’accesso alle opportunità di sviluppo sia legato alle dimensioni iniziali dell’impresa.

151 Arrighetti A. e Ninni A., “Dimensione dell’impresa e opportunità di crescita: una introduzione”, in A. Arrighetti e A. Ninni (a cura di), Dimensione e crescita nell’industria manifatturiere italiana, Franco Angeli, Milano 2008, pag. 21.

152Sono riconducibili a questa categoria le competenze organizzative e amministrative accumulate, l’ampiezza delle strutture di controllo e coordinamento, il livello del capitale umano, la qualità del sistema informativo interno, il modello di relazioni con i clienti e con i fornitori, la capacità di proteggere l’innovazione attraverso la formalizzazione dei diritti di proprietà.

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Queste considerazioni insieme a quelle fatte sui processi di downsizing portano a considerare la convergenza verso la dimensione intermedia come il risultato di due tendenze di segno opposto: le variabili che spingono la piccola impresa e quelle che influenzano l’abbandono della grande dimensione.

Quest’ultima categoria di variabili è già stata analizzata in precedenza mentre nella prima possiamo inserire l’accesso e la capacità di appropriazione delle risorse intangibili. È importante sottolineare come, negli anni, i significativi mutamenti accorsi alle imprese abbiano determinato un maggiore peso nello sfruttamento delle opportunità esterne per quest’ultima categoria di risorse rispetto a quelle fisiche153. In più, le risorse intangibili sono difficilmente imitabili rispetto a quelle fisiche e mostrano vincoli di indivisibilità che

incrementano la soglia minima di accesso. Le imprese più piccole, quindi, non potendo disporre di una scala produttiva ampia incontrano grosse difficoltà nell’internalizzazione. A ciò va aggiunto che la dimensione e il volume dell’attività dell’impresa influenzano

l’ottimizzazione dell’investimento intangibile: più grande è l’impresa maggiore è il volume di prodotto su cui distribuire i benefici dell’innovazione e minimizzare i costi unitari sostenuti nella ricerca e sviluppo154.

Una tesi adduce che alla base della relazione positiva che si instaura fra dimensione e spese in ricerca e sviluppo ci siano alcuni elementi come: l’imperfezione dei mercati di capitali (le grandi imprese usufruiscono di un accesso facilitato al credito); la possibilità di diversificare maggiormente l’investimento in ricerca (le imprese più grandi risultano maggiormente diversificate e quindi sono in grado di ripartire il rischio dell’innovazione su più progetti accrescendo la propensione per queste spese) e alla maggiore capacità di internalizzazione degli spillover155 tra prodotti rispetto alle unità produttive più piccole156.

Infine viene osservato come la crescita dimensionale, anche se non influisce sulla capacità innovativa e sull’efficienza produttiva, sia importante per attuare operazioni che richiedono un minimo di complessità organizzativa, come alcune procedure di produzione e di

153 Nakamura L., “What is the U.S. gross investment in intangibles? (at least) one trillion dollars a year”, Reserve Bank of Philadelphia, Working Paper, 2001.

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I benefici della ridistribuzione dei costi non sono dovuti alla grande dimensione in sé ma piuttosto dall’indivisibilità dell’innovazione dal prodotto.

155 Questo termine indica un fenomeno che produce effetti positivi oltre i confini di pertinenza di una determinata attività economica.

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Grossmann V., “Advertising, In-house R&D, and Growth”, Oxford Economic Papers, 60(1), pp. 145-168, 2008.

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esplorazione innovativa ma anche investimenti nella logistica, nella distribuzione, nei servizi post-vendita e nel marketing e nelle funzioni finanziarie più complesse157.

Queste ultime osservazioni sui fattori che influenzano l’abbandono della piccola dimensione, congiuntamente agli elementi che conducono ad un processo di ridimensionamento,

premettono di riscontrare delle difficoltà oggettive nella descrizione del processo evolutivo della categoria dimensionale intermedia. Quest’ultima infatti si differenzia, rispetto ai riassetti dimensionali del passato, perché è il prodotto di due tendenze di segno opposto.

La crescita risulta essere un fenomeno asimmetrico che coinvolge selettivamente solo un sottoinsieme delle unità produttive preesistenti e le rende soggette a nuovi vincoli e a diseconomie legate alla grande dimensione. Il pattern della crescita è garantito soprattutto dall’utilizzo delle risorse intangibili, attraverso l’accumulazione interna e l’attivazione in contesti operativi con caratteristiche diverse dal passato per ampiezza dei mercati, fattori competitivi e regimi di concorrenza.

Inoltre emerge un punto di rottura con lo sviluppo industriale tradizionale: la crescita non influenza la dimensione media degli impianti o modifica univocamente le strutture settoriali come accadeva nei decenni precedenti158.

Per quanto riguarda i processi di riduzione della classe dimensionale, le ricerche effettuate non hanno prodotto alcuna spiegazione sul motivo per cui in Italia si raddoppi la possibilità di un regresso dimensionale. Anche tenendo conto delle peculiarità che caratterizzano il sistema produttivo italiano (ampia diffusione della proprietà familiare, i membri della famiglia molto spesso ricoprono ruoli manageriali, un’età media maggiore per gli amministratori delegati, una struttura centralizzata per il processo decisionale) non è possibile risalire alle cause che sono alla base dell’elevata probabilità (90%) di subire un declassamento.

157 Dosi G., Riccaboni M. e Varaldo R., “La dinamica dei rapporti tra grandi e piccole imprese: alcune riflessioni tra teoria e analisi storica”, LEM WorkingPaper, Sant’Anna School of Advanced Studies, 2000.

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Arrighetti A. e Ninni A.,”Dimensione dell’impresa e opportunità di crescita: una introduzione”; Arrighetti A. e Traù F., “Struttura industriale e architetture organizzative: ipotesi sul “ritorno” della gerarchia”, in A.

Arrighetti e A. Ninni (a cura di), Dimensione e crescita nell’industria manifatturiere italiana, Franco Angeli, Milano 2008, pag. 24.

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PARTE II – LE PERFORMANCE