PARTE II – LE PERFORMANCE Capitolo 6 ANALISI SULLE DINAMICHE
Capitolo 7. ANALISI DELLA PRODUTTIVITA’ E DELLA REDDITIVITA’
7.3 RAPPORTO TRA IL VALORE AGGIUNTO ED IL FATTURATO
Analizzare la variazione del grado di integrazione verticale permette di capire l’orientamento delle modificazioni, a livello di rapporti di scambio tra le imprese
mutamento dell’organizzazione industriale. La variabile che viene utilizzata per misurare il grado di integrazione è il rapporto tra v
valutare il comportamento operativo dell’impresa. Tale
Adelman189, utilizzato per misurare il grado di integrazione verticale delle varie fasi della
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Coltorti F., Quarto Capitalismo, Fondazione Ugo La Malfa, 30 settembre 2010, in
189 Adelman M. A., “Vertical integration and market growth”, in National Bureau of Economic Research (a cura di), Business concentration and price policy
80 85 90 95 100 105 110 115 120 125 130 135 140 145 1999 2000 2001 2002 Medie Imprese 109
opposta le due diverse categorie dimensionali: se infatti le medie imprese han
variazione positiva, pari al 4,9%, di contro la categoria superiore si attesta su valori negativi, 5,1%, che ha, di fatto, ostacolato la produzione di ricchezza all’interno del nostro sistema
to a prezzi correnti.
7.3 RAPPORTO TRA IL VALORE AGGIUNTO ED IL FATTURATO
la variazione del grado di integrazione verticale permette di capire l’orientamento a livello di rapporti di scambio tra le imprese, che conducono ad un dell’organizzazione industriale. La variabile che viene utilizzata per misurare il integrazione è il rapporto tra valore aggiunto ed il fatturato. Questa è
to operativo dell’impresa. Tale indicatore è noto come
utilizzato per misurare il grado di integrazione verticale delle varie fasi della
, Fondazione Ugo La Malfa, 30 settembre 2010, in www.fulm.org
Adelman M. A., “Vertical integration and market growth”, in National Bureau of Economic Research (a cura Business concentration and price policy, Princeton University Press, New York 1955, pp. 281
2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Medie Imprese Grandi Imprese VA totale industria
opposta le due diverse categorie dimensionali: se infatti le medie imprese hanno registrato una variazione positiva, pari al 4,9%, di contro la categoria superiore si attesta su valori negativi,
5,1%, che ha, di fatto, ostacolato la produzione di ricchezza all’interno del nostro sistema
7.3 RAPPORTO TRA IL VALORE AGGIUNTO ED IL FATTURATO
la variazione del grado di integrazione verticale permette di capire l’orientamento che conducono ad un dell’organizzazione industriale. La variabile che viene utilizzata per misurare il
Questa è utile per indicatore è noto come indice di utilizzato per misurare il grado di integrazione verticale delle varie fasi della
www.fulm.org.
Adelman M. A., “Vertical integration and market growth”, in National Bureau of Economic Research (a cura 955, pp. 281-322.
2009 2010 VA totale industria
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filiera. Per valori elevati di tale indicatore corrisponde un’elevata verticalizzazione della struttura produttiva e quindi risulta elevata la quota di prodotti/servizi prodotti all’interno dell’impresa. Al contrario se tale indicatore assume bassi valori (salvo i casi di cattiva
gestione) ciò corrisponde ad un basso grado di integrazione della struttura industriale e quindi l’impresa sceglie di esternalizzare o acquistare presso terzi piuttosto che di produrre
internamente una quota più o meno rilevante di prodotti/servizi.
Indagini condotte sull’argomento190 portano a pensare che il processo di de-verticalizzazione si sia palesato nei primi anni settanta. Tale fenomeno, salvo alcune inversioni di tendenza dovute a fasi economiche recessive, ha mantenuto una andamento costante ma marcato per anni. L’indice di Aldeman riferito all’industria manifatturiera italiana passa da valori iniziali appena inferiori al 40%, nei primi anni settanta, fino a giungere a livelli superiori al 25% alla metà degli anni novanta, con una flessioni di più di 10 punti percentuali. Le caratteristiche di ampiezza e continuità proprie di questa tendenza sembrano attestare, che le trasformazioni avvenute sia nell’organizzazione dei processi interni alle imprese sia nella divisione del lavoro tra imprese, pervengano dal processo di de-verticalizzazione produttiva.
L’analisi in ottica dimensionale di tale processo mostra alcune divergenze nella tendenza: le imprese maggiori (oltre i 999 addetti) mostrano un andamento in linea con quello generale dell’industria manifatturiera e cioè un trend costante e marcato. Per le imprese medio-grandi (200-999) la tendenza alla de-verticalizzazione risulta essere più discontinua ma comunque significativa. Infine una maggiore variabilità caratterizza la piccola dimensione (20-199)191. I livelli marcati di disintegrazione che contraddistinguono la dimensione maggiore, rispetto a quelli delle imprese di piccole dimensioni, sono dovuti alla forte differenziazione nei livelli iniziali. Il minor livello di verticalizzazione delle piccole imprese non è correlato con
l’incapacità di sfruttare le economie di scala. Tale categoria dimensionale, infatti, ha ricoperto per anni un ruolo non marginale all’interno dell’industria, con un incremento sia nelle unità produttive sia nel numero di occupati. Quindi è possibile affermare che i minori livelli iniziali di integrazione siano riconducibili non a dei vincoli strutturali connessi alla dimensione, ma bensì all’adozione di un modello organizzativo della produzione basato sulla valorizzazione delle economie di specializzazione. Quest’ultime hanno reso vantaggioso per l’impresa trattenere al proprio interno quei processi considerati “critici” che presentano una maggiore
190 Mediocredito Centrale, Istat, Mediobanca e Centrale dei Bilanci. 191 Dati tratti da elaborazioni ISTAT.
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efficienza relativa (incidendo in maniera maggiore sulla qualità del prodotto) e al contempo ricorrere all’esterno per gli input complementari192.
Tale indagine giunge alla conclusione che nonostante le differenze iniziali le imprese che compongono il sistema industriale italiano, indipendentemente dalle dimensioni, convergano verso un unico grado di integrazione verticale (appena inferiore al 0.30).
Per la grande dimensione, anche in tempi recenti, viene confutato l’andamento caratterizzato dalla disintegrazione del processo produttivo con incrementi nel livello di beni e servizi acquistati all’esterno dell’impresa, congiuntamente alle flessioni che si verificano nei livelli occupazionali.
Attraverso i dati di bilancio è possibile ricostruire l’andamento che caratterizza la media dimensione: nel periodo di tempo precedente la crisi, il rapporto tra fatturato e valore aggiunto segue un andamento discendente; da un valore pari al 25% (nel 1999) si giunge ad un rapporto percentuale di poco inferiore al 22% (nel 2008). Ciò che indica chiaramente che nell’intervallo in questione (1999-2008) si stanno diffondendo processi di outsourcing è il livello di crescita del fatturato. Nel periodo preso in considerazione ha superato quello del valore aggiunto (70,1% contro il 40%)193. Il contesto cambia considerevolmente nell’anno 2009: nel bilancio il rapporto fatturato/valore aggiunto registra un incremento di alcuni punti percentuali (21,9% nel 2008 a 23,2% nel 2009)194. In più le variazione degli indici di
sviluppo, nel biennio 2008-2009, indicano una variazione negativa maggiore per il fatturato rispetto quella del valore aggiunto (-15,0 contro -8,3)195. Questa situazione conduce quasi il 32% delle medie imprese a riportare all’interno fasi di lavorazione prima eseguite
all’esterno196.
Dai dati cumulativi197 è possibile osservare, per quanto riguarda il rapporto fatturato/valore aggiunto, un ritorno dei valori del 2010 in linea con quelli del 2009. Conseguentemente le strategie d’impresa si orientano verso un’esternalizzazione delle fasi di produzione (più di un
192 Arrighetti A., Integrazione verticale in Italia e in Europa. Tendenze e ipotesi interpretative, Università degli Studi di Parma luglio 1999, Working Paper, in http://economia.unipr.it/docenti/matdid.asp.
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Indagine Mediobanca-Unioncamere, Le medie imprese industriali italiane (Indici di sviluppo: variazioni % 1999-2008), Milano aprile 2012, in www.mbres.it.
194 Indagine Mediobanca-Unioncamere, Le medie imprese industriali italiane (Statistiche 2000-2009), Milano aprile 2012, in www.mbres.it.
195 Indagine Mediobanca-Unioncamere, Le medie imprese industriali italiane (Indici di sviluppo: variazioni % 1999-2008), Milano aprile 2012, in www.mbres.it.
196 Gagliardi C., Le medie imprese: il made in Italy che guida la ripresa, Centro Studi Unioncamere, Milano 11 marzo 2010, in www.mbres.it.
197 Mediobanca, Dati cumulativi di 2030 società italiane (tabelle statistiche 2001-2010, 2011), Milano 2011, in www.mbres.it.
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quarto delle imprese scelgono di affidare all’esterno una parte della produzione preferendo focalizzarsi, nel 75% dei casi, in attività strategiche di progettazione e produzione)198. Un andamento altalenante si verifica anche nel biennio 2011-2012: nel primo anno il 27% delle imprese potendo contare su una maggiore efficienza aziendale, opta per riportare all’interno fasi della lavorazione che prima erano state esternalizzate. Mentre la previsione relativa al 2012 vede una quota pari al 31% delle imprese intenzionata ad esternalizzare fasi della produzione con un minor contenuto strategico (con più del 80% delle aziende che cercherà di migliorare l’efficienza del processo produttivo)199.
Le modificazioni avvenute a livello di organizzazione produttiva hanno mostrato una certa correlazione con l’andamento dell’economia. Il modello della media impresa ha cercato di mantenere dei buoni livelli di competitività attraverso un ottimale rapporto qualità/prezzo. Anche se la domanda è differenziata e alquanto variabile (quindi meno soggetta alle
fluttuazioni dovute a congiunture negative), negli ultimi anni la crisi economica è stata così profonda e duratura da generare dei contraccolpi anche in queste produzioni. Quindi queste imprese sono state costrette ad intervenire sull’efficienza produttiva sia interna che esterna con la rimodulazione delle reti per attenuare gli effetti negativi200.