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I LIMITI MOSTRATI DAL SISTEMA BANCARIO ITALIANO

PARTE III – LIMITI ED OSTACOLI Capitolo 8 FINANZA

8.1 CRESCITA E MODALITA’ DI FINANZIAMENTO

8.1.4 I LIMITI MOSTRATI DAL SISTEMA BANCARIO ITALIANO

Lo scenario appena descritto conferma l’attuazione di una stretta creditizia che sta interessando l’intero sistema produttivo italiano. Al suo interno si è fatto rilevante il

fabbisogno di finanziamento soprattutto per le imprese di dimensioni ridotte che però con il mancato adeguamento dell’offerta non hanno ricevuto un supporto idoneo.

L’esistenza di un razionamento del credito non è conseguenza diretta del peggioramento delle performance indotte da fattori endogeni alle imprese che le conseguono, ma bensì la somma

250 Panetta F., Signoretti F.M., “Domanda e Offerta di credito in Italia durante la crisi finanziaria”, Banca d’Italia, Occasional Paper, Roma aprile 2010.

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di scelte intraprese da un sistema bancario, il quale ha fatto mancare il sostegno necessario alle aziende per far proseguire la propria attività economica.

Lo scenario appena descritto è solamente foriero dei molteplici limiti ed inadeguatezze che caratterizzano il sistema bancario italiano e che lo rendono non adatto a sostenere

l’evoluzione, verso un modello maggiormente competitivo, che sta interessando il sistema produttivo.

Per comprendere in maniera esaustiva tale situazione è necessario analizzare le variazioni di ordine quantitativo che hanno interessato la struttura proprietaria del sistema bancario italiano. Nonostante appaia chiaro il percorso intrapreso dallo Stato alla fine degli anni novanta nel dismettere le proprie partecipazioni all’interno del sistema bancario si mostra ancora forte il peso rivestito dalle fondazioni bancarie251 all’interno della proprietà dei maggiori gruppi italiani. Questo aspetto della struttura proprietaria ha avuto forti connessioni con l’efficienza allocativa delle risorse del sistema bancario. Ciò è stato comprovato da un’indagine effettuata da Paola Sapienza, la quale ha evidenziato come le ingerenze della politica, attraverso l’assegnazione di cariche di vertice, abbiano condizionato sensibilmente la qualità del credito erogato dagli stessi istituti bancari. Questi ultimi avrebbero privilegiato la grande dimensione e le imprese ubicate in aree arretrate, concedendo credito a tassi agevolati rispetto a quelli che sarebbero stati applicati nella stessa situazione da banche private. Ciò palesa una scarsa capacità selettiva e una mancanza di efficienza allocativa delle risorse da parte di quelle banche con una forte partecipazione pubblica252.

Ma negli ultimi anni, si è verificata una progressiva riduzione degli effetti prodotti dalla struttura proprietaria fortemente caratterizzata dalla componente pubblica, sulle modalità di gestione e sulla redditività dei gruppi bancari. La riorganizzazione che ha interessato questi istituti e l’emersione di un nuovo management, maggiormente focalizzato sulla qualità della gestione aziendale e sui risultati, hanno permesso ai singoli gruppi e al sistema in generale di attestarsi su livelli maggiori di efficienza253.

Inoltre, si sono accostati alle privatizzazioni dei processi di aggregazione che hanno prodotto un crescente riordino del sistema sia nei livelli di concentrazione degli intermediari sia in termini di numerosità. Tali processi di aggregazione hanno contribuito alla diminuzione del

251 Queste sono istituzioni in cui la proprietà e la governance sono composti da rappresentanti degli enti locali e delle business communities locali, nominati per via politica.

252

Sapienza P., “The effects of government ownership on bank lending”, Journal of Financial Economics, 72, pagg. 357-384, 2004.

253 Ciocca P., L’Economia italiana: un problema di crescita, Banca d’Italia, Salerno 25 ottobre 2003, in www.bancaditalia.it.

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numero di istituti attivi sul territorio nazionale. Il drastico calo è stato contenuto dal

sostanziale mantenimento delle posizioni da parte delle banche di credito cooperativo (Bcc) che vanno a formare in termini numerici circa il 70% del sistema. Nonostante questi istituti siano caratterizzati da una dimensione ridotta, il loro contributo durante la crisi è stato fondamentale continuando ad erogare credito per supportare le esigenze delle imprese. Essi hanno dimostrato di possedere un notevole peso nella dinamica interna del sistema e di ricoprire un ruolo attivo nei mercati locali.

La diminuzione del numero delle banche e le aggregazioni hanno contribuito ad incrementare il livello di concentrazione. Questi processi (aggregazione e concentrazione) hanno prodotto una tendenza verso l’aumento della dimensione media degli istituti bancari, in antitesi rispetto a quella delle imprese manifatturiere che dall’inizio degli anni settanta risulta essere in diminuzione costante.

Il risultato è stata una particolare struttura del sistema bancario caratterizzata si da un aumento dimensionale a cui è possibile attribuire in parte i recuperi avvenuti in materia di efficienza ma ha anche comportato una scarsa attenzione verso il cosiddetto “territorio”. Tale situazione viene ampiamente denunciata dalle imprese che riscontrano, soprattutto per quanto riguarda i maggiori gruppi bancari, una scarsa attenzione alle proprie esigenze ed uno spostamento graduale delle decisioni, relative alla concessione del credito, dall’ambito locale a quello centrale. Ciò conduce ad una mera applicazione dei parametri tecnico-finanziari con una sostanziale perdita del contatto diretto con le imprese localizzate in un determinato territorio. Questa peculiare struttura bancaria è frutto di una riorganizzazione del sistema fortemente condizionata dalle scelte attuate dalla Banca d’Italia, soprattutto in anni recenti. Durante il governatorato di Antonio Fazio, per esempio, si sono posti dei vincoli sulla scelta di quali gruppi bancari sostenere nella crescita dimensionale, attraverso fusioni. Nondimeno si è contribuito all’ascesa di soggetti non sempre in possesso di capacità adeguate alle funzioni e ai ruoli loro assegnati.

È possibile asserire che questa particolare situazione ha contribuito alla creazione di tendenze che hanno impedito il rafforzamento della struttura bancaria del paese. L’imposizione di vincoli da parte di Fazio ha coadiuvato il prosperare di gruppi bancari locali ma ha impedito a quelli più innovativi di crescere e svilupparsi all’interno del mercato domestico. Questa particolare politica solo in alcuni casi ha avuto effetti positivi incentivando il gruppo a ricercare possibilità di crescita oltre i confini nazionali.

È quindi possibile affermare che l’attuazione di politiche indirizzate ad un sostanziale riassetto del sistema bancario potrebbero velocizzare il riposizionamento dell’economia

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italiana su un nuovo sentiero di crescita o quanto meno potrebbero svolgere un ruolo di riequilibrio, grazie ai maggiori livelli di efficienza e redditività prodotti. Inoltre serve una riforma dell’autorità di vigilanza e la riattribuzione di poteri alle autorità di tutela della concorrenza, secondo un disegno volto ad evitare il ripetersi di queste condizioni.

Il sistema bancario italiano nella storia ha sempre dimostrato una notevole propensione nel concedere ampie linee di credito alle grandi imprese. Questa disponibilità sarebbe riconducile ad un ruolo difensivo che comporterebbe l’opportunità di tutelare quelle poche grandi imprese rimaste all’interno del nostro sistema industriale.

Nonostante i maggiori livelli di efficienza raggiunti dalla struttura finanziaria, il sistema bancario italiano ha dimostrato (soprattutto per i grandi gruppi) un’incapacità nel selezionare in maniera adeguata la clientela industriale, di discriminare in modo efficace i progetti di investimento e di gestire convenzionalmente i rischi relativi all’erogazione dei crediti. Questa situazione amplifica ancora di più uno dei maggiori difetti del sistema bancario

italiano e cioè quello di dare notevole importanza all’esistenza di garanzie reali all’interno del processo decisionale che conduce all’erogazione dei crediti richiesti, senza valutare aspetti qualitativi come la bontà di un determinato progetto, la capacità di gestione oppure

semplicemente la storia dell’impresa. Inoltre non sono stati eliminati quei meccanismi di concessione dei prestiti sulla scorta delle relazioni personali tra gli imprenditori ed i banchieri né si è imposta una separazione netta tra il capitale dell’impresa ed il patrimonio personale dell’imprenditore.

Questo particolare modello ha permesso alle imprese di maggiori dimensioni di ottenere linee di credito, nonostante la maggiore facilità di ricorre al mercato per reperire nuove fonti di finanziamento, mentre incentiva la piccola e la media dimensione a mantenere una struttura finanziaria debole, largamente fondata sull’indebitamento a breve (i dati mostrano come le garanzie personali degli imprenditori italiani incidessero ancora per l’80% dei fidi concessi alla piccola e media impresa).

Una possibile alternativa a questo modello di relazioni con il sistema produttivo può essere costituito da un modello di finanziamento che rafforzi le responsabilità proprietarie degli imprenditori. In questo senso una separazione tra il capitale dell’impresa ed il patrimonio personale può essere una premessa per incrementare i mezzi propri della società ma soprattutto per modificare la natura dei finanziamenti che diverrebbero a medio-lungo termine. Il sistema bancario, avendo la possibilità di negoziare il finanziamento sul mercato

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tramite strumenti come i derivati, può rinunciare alla richiesta di garanzie personali e quindi accrescere l’offerta di credito, i cui rischi sarebbero traslati al mercato.

Un’evoluzione dei criteri di concessione dei finanziamenti e degli strumenti sarebbe in linea con le tendenze evolutive che caratterizzano gli altri sistemi finanziari europei.