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Prima di procedere all’analisi delle principali problematiche interpretative risulta preliminare chiarire alcune questioni relative all’ambito applicativo della nuova disposizione.

Si è già osservato come nel nuovo testo dell’art. 118 del TUB si distingua tra “contratti a tempo indeterminato” e “contratti di durata”, stabilendo, nel primo caso, la possibilità di modificare “tassi, prezzi ed altre condizioni”; e nel secondo “esclusivamente le clausole non aventi ad oggetto i tassi di

interesse”.

La prima fattispecie non pone particolari problemi, né sotto il profilo della definizione dell’ambito applicativo – non essendovi incertezze in merito alla definizione dei contratti a tempo indeterminato - né per ciò che attiene la ratio della disposizione che appare quella di consentire agli istituti bancari di adeguare le condizioni contrattuali ad eventi sopravvenuti idonei ad aggravare il costo delle prestazioni cui è tenuto l’istituto.

La seconda ipotesi, invece, merita qualche precisazione.

Si tratta di comprendere, anzitutto, quale sia il significato della locuzione “contratti di durata”, cui fa riferimento il nuovo articolo 118 TUB, ai fini di verificare se la normativa de qua si applichi al mutuo.

Il compito è tutt’altro che agevole posto che il codice civile ignora la formula “contratti di durata” ed i risultati raggiunti dalla dottrina sul punto sono assai discordanti41.

Unico elemento su cui v’è concordia tra gli interpreti è che la categoria in esame ricomprenda i contratti che prevedono l’esecuzione continuata o periodica della prestazione; vi sono invece molte incertezze in merito alla individuazione delle singole tipologie contrattuali che vi rientrano, soprattutto per quel che concerne i contratti di finanziamento.

Autorevole dottrina42, con argomenti che sono apparsi insuperabili43, ha escluso che il contratto di mutuo possa essere annoverato tra i contratti di durata.

Tale impostazione muove dall’assunto che il contratto di durata si contraddistingua per l’attitudine e l’idoneità della prestazione continuata o periodica a soddisfare un bisogno di carattere durevole.

Sulla base di tale premessa si conclude che il mutuo non è un contratto di durata perché, stante l’efficacia traslativa immediata, esso è in grado di realizzare l’interesse del debitore, unu actu, al momento cioè della consegna della somma mutuata. Né varrebbe replicare che la restituzione della somma avviene nel tempo in quanto, nel mutuo gratuito, la consegna ripartita non risponde ad alcun interesse del creditore.

41

Per la tesi che configura il mutuo come contratto di durata cfr.: A. GRASSANI, voce Mutuo

(Diritto civile) in Novissimo Digesto italiano, X, Torino, 1964, 1053; E. SIMONETTO, voce Mutuo, in Enciclopedia giuridica, XX, Roma, 1990, 7; B. GARDELLA-TEDESCHI, voce Mutuo (contratto di) in Digesto discipline privatistiche, sezione commerciale, XI, Torino,

1994, 453; A. LUMINOSO, I contratti tipici e atipici, in Trattato di diritto privato, I, a cura di G. Iudica e P. Zatti, Milano, 1995, 708 ss.; P. GAGGERO, La disciplina del ius variandi nel

testo unico bancario, in Le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, a cura di

C. M. Bianca e G. Alpa, Padova, 1996, 394 ss., spec. 417-428; ID, La modificazione

unilaterale dei contratti bancari, Padova, 1999, 171 ss; ma contra G. OPPO, I contratti di durata, in Rivista di diritto commerciale 1943, I, 159; ID, Scritti giuridici, III, Obbligazione e negozio giuridico, Padova, 1992, 260 ss.. e in senso dubitativo M. PORZIO, I contratti di durata nel testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, in Banca borsa e titoli di credito 1998, I, 298 ss.

42

OPPO, Obbligazione e negozio giuridico, cit., 260 ss.

43

Sembrano insuperabili a P. SIRENA, Lo ius variandi delle banche nella disciplina della l. n.

Alla stessa conclusione si perviene anche analizzando il mutuo feneratizio, in considerazione della natura accessoria e non principale dell’obbligazione di restituire gli interessi44.

Tale impostazione è stata criticata dalla dottrina successiva45, soprattutto per quel che concerne il mutuo feneratizio. In particolare, non ha convinto l’idea che l’obbligazione di pagare gli interessi, soprattutto nell’ipotesi di mutuo concesso da un professionista, assuma carattere accessorio. Il pagamento degli interessi, infatti, ha la funzione di riequilibrare il sinallagma a favore del mutuante il quale, senza la remunerazione del prestito, non avrebbe alcun interesse al contratto.

Altra dottrina, nell’analizzare la norma in esame, ha ritenuto di risolvere la questione dell’applicabilità dell’art. 118 TUB al mutuo prescindendo dalla sua qualifica in termini di contratto di durata, e valorizzando di contro il presupposto logico dello ius variandi, e cioè la distanza temporale tra la stipulazione del contratto e la sua esecuzione: essendo tale presupposto riscontrabile anche nei contratti ad esecuzione istantanea, ma differita, pure il mutuo rientrerebbe entro l’ambito applicativo dell’art. 118 TUB46.

Prescindendo dalla complessa questione se il mutuo debba essere considerato o meno un contratto di durata, e se l’art. 118 TUB sia applicabile al mutuo, non può non esprimersi perplessità in merito alla scelta di consentire l’esercizio dello ius variandi anche nei contratti a tempo determinato.

La possibilità di modificare unilateralmente clausole del contratto, nei contratti bancari, invero, si giustifica in relazione all’esigenza di non gravare all’infinito la banca del peso di condizioni non più attuali e remunerative;

44

OPPO, Obbligazione e negozio giuridico, cit., 260 ss.

45

F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006, 1150; G. GIAMPICCOLO, voce

Mutuo (diritto privato), in Enciclopedia del diritto, XXVII, Milano, 1997, 452; E.

CAPOBIANCO, Contratto di mutuo bancario e ius variandi, in Studi in onore di Ugo Majello, I, a cura di M. Comporti e M. Ponticelli, Napoli, 2005, 292 ss; GAGGERO, La modificazione

unilaterale dei contratti bancari, cit., 171 ss; FAUSTI, Il mutuo, cit., 77 ss. 46

SIRENA, Lo ius variandi delle banche nella disciplina della l. n. 248 del 2006, cit., 270. In senso analogo BUSSOLETTI, La normativa sulla trasparenza: il ius variandi, in diritto

bancario e del mercato finanziario, cit., 478 ss., che analizza la problematica con riferimento ai

contratti di leasing, apertura di credito, deposito irregolare, mutuo. Ma vedi GAGGERO, La

modifica unilaterale dei contratti bancari, cit. 171 ss., il quale ritiene che le norme dettate

dall’art. 118 T.U.B. siano applicabili al mutuo e agli contratti di credito, sul presupposto che essi siano di durata.

esigenza che, evidentemente, non viene a porsi nei contratti a tempo determinato, soprattutto se la modifica attiene ad elementi diversi dal tasso di interesse per i quali non si pone un problema di eccessiva onerosità sopravvenuta e dunque non v’è ragione di derogare il principio dell’immodificabilità unilaterale dell’impegno contrattualmente assunto. Senza contare che gli istituti potrebbero riversare l’aumento del tasso di interesse sotto la diversa voce “altre condizioni”.

Per quanto riguarda l’ambito di applicazione soggettivo delle nuove disposizioni, poiché l’art. 118 TUB si riferisce genericamente ai contratti a tempo indeterminato e non contiene alcuna precisazione in merito alla qualifica soggettiva del cliente, si deve ritenere che la normativa in esame abbia carattere generale e non si applichi solo ai consumatori; il che induce a chiedersi quale sia l’effettivo scopo della norma47.