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La nullità delle clausole che impediscono o rendono onerosa la

Il comma 3 dell’articolo 8 dispone la nullità di “ogni patto, anche

posteriore alla stipulazione del contratto, con il quale si impedisca o si renda oneroso per il debitore l'esercizio della facoltà di surrogazione” chiarendo

che “la nullità del patto non comporta la nullità del contratto”.

Con tale previsione il legislatore ha inteso incentivare il ricorso alla portabilità, impedendo alle banche di precludere al debitore – tramite l’inserzione di apposite clausole - la possibilità di valersi della facoltà di surrogare il nuovo creditore ex art. 1202 c.c.

La legge di conversione ha precisato, analogamente a quanto era avvenuto per l’articolo 7, che trattasi di un’ipotesi di nullità parziale necessaria.

Ciò significa che al giudice non è tenuto ad effettuare la c.d. prova di resistenza prevista dall’art. 1419 c.c. volta a verificare se la nullità della

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GIAMPIERI, Il decreto sulle liberalizzazioni. La portabilità del mutuo, le intenzioni del

legislatore e gli effetti forse indesiderati della norma, cit., 476; G. FALCONE, Le operazioni di credito fondiario alla luce delle disposizioni del decreto-legge n. 7 del 2007, convertito nella legge 40 del 2007 (c.d. “decreto Bersani-bis”), in Diritto fallimentare, 2007, 727. Per

una posizione intermedia cfr. FAUSTI, Anticipata estinzione e portabilità dell’ipoteca (articoli

7, 8 e 8-bis della legge 2 aprile 2007), cit., 12, il quale ritiene che la nuova disciplina in tema

singola clausola importi o meno la nullità dell’intero contratto, in ragione del fatto che “le parti non lo avrebbero concluso senza quella parte del contratto

che è affetta da nullità”.

La scelta di derogare al regime codicistico si spiega al fine di precludere al creditore la facoltà di far valere la nullità dell’intero contratto sul presupposto della essenzialità della clausola che impedisce al debitore il rifinanziamento; e dunque, in ultima analisi, al fine di incentivare il ricorso alla surrogazione92.

Non si precisa, tuttavia, se tale ipotesi di nullità sia a legittimazione relativa o assoluta. Tale questione verrà analizzata nel capitolo V, paragrafo 5.1.1 di questa parte, in cui si cercherà di ricostruire funzioni e caratteri della disciplina delle diverse ipotesi di nullità introdotte dal provvedimento in esame.

In questa sede interessa invece individuare le tipologie di clausole vietate dall’articolo 8.

Al riguardo vale distinguere tra clausole c.d. onerose, quelle clausole cioè che impongano oneri di varia natura in capo al debitore che intenda valersi della surrogazione e clausole c.d. impeditive che, più radicalmente, impediscono il ricorso al meccanismo di cui all’articolo 1202 c.c.

Quanto alle clausole onerose, vale anzitutto ricordare che il significato del divieto di cui al comma 2 è stato ulteriormente precisato dalla finanziaria per il 2008 la quale, introducendo un comma 3-bis nell’articolo 8, ha disposto che “non possono essere imposte al cliente spese o commissioni per la

concessione del nuovo mutuo, per l’istruttoria e per gli accertamenti catastali”.

La precisazione da ultimo introdotta, a ben vedere, non assume carattere innovativo, in quanto si limita a rendere esplicito quanto già discendeva da una corretta interpretazione dell’art. 7 e dell’art. 8 della l. 40/2007.

L’intervento chiarificatore del legislatore, tuttavia, si rendeva necessario, in considerazione delle prassi bancarie anche successive all’entrata in vigore del decreto Bersani bis. Molti istituti di credito, infatti, nonostante l’articolo 8,

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GIAMPIERI, Il decreto sulle liberalizzazioni. La portabilità del mutuo, le intenzioni del

continuavano a praticare la c.d. portabilità onerosa, adducendo, da un lato, la scarsa chiarezza del dettato normativo, dall’altro, che le norme relative alla surrogazione non imponevano la necessaria gratuità dell’operazione con il nuovo finanziatore (c.d. portabilità attiva) ma si limitavano a disporre la permanenza dei benefici fiscali93.

Una volta introdotta la precisazione che la prescrizione di gratuità non riguarda solo il rapporto con l’originario istituto di credito, ma anche quello con la nuova banca e che, del resto, essa va riferita non solo al profilo fiscale, ma più in generale alle varie spese connesse alla portabilità, l’unico aspetto che resta da chiarire è quali clausole siano da considerare nulle per contrasto all’articolo 8.

Senza pretese di completezza, di seguito verranno analizzate le clausole più ricorrenti, in relazione alle quali la dottrina, soprattutto notarile, ha già prospettato alcune soluzioni.

Si è anzitutto chiarito che sono da considerare nulle tutte quelle clausole che pongono a carico del debitore spese per l’operazione di surrogazione, incluse quelle che prevedono un compenso per l’anticipata estinzione, non rientrante nel divieto di cui all’articolo 7, comma 1; è il caso, ad esempio, della clausola che stabilisce un compenso a favore della banca per l’ipotesi di anticipata estinzione di un mutuo stipulato per l’acquisto di un immobile adibito allo svolgimento di attività economica e professionale non propria ma di terzi. E ciò in ragione della formulazione significativamente più ampia del divieto di cui all’articolo 8, rispetto a quello dell’articolo 7, che prende in considerazione solo i compensi di anticipata estinzione di un mutuo contratto per l’acquisto dell’abitazione del mutuatario94.

Altra clausola analizzata dalla dottrina è quella che impone spese per “l’eventuale rinegoziazione”.

Prima dell’introduzione della disciplina della c.d. rinegoziazione convenzionata, parte della dottrina aveva ritenuto che tale clausola fosse valida

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Per l’analisi delle prassi bancarie successive all’entrata in vigore dell’art. 8 del d.l. 4/2007 come convertito dalla legge 40/2007 cfr. capitolo V, paragrafo 2 di questa parte.

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Così FAUSTI, Mutui e clausole vessatorie, cit., 538 e CEOLIN, La c.d. portabilità dei mutui

solo se se pattuita per la rinegoziazione con la banca originaria; escludendosi, al contrario, considerata la ratio della disciplina della portabilità, che essa fosse valida se pattuita con il nuovo istituto di credito95.

A ben vedere, tuttavia, ora che il legislatore, con la finanziaria per il 2008, ha previsto che anche la rinegoziazione con l’originario istituto di credito avvenga “senza spese” sembra più corretto considerare una simile clausola radicalmente nulla in entrambe le ipotesi.

Quanto alle clausole impeditive, ci si è chiesti, anzitutto, se il divieto di cui all’articolo 8 riguardi unicamente la surrogazione per volontà del debitore o anche quella per volontà del creditore e legale.

Nonostante il tenore letterale della disposizione che, a ben vedere, esclude qualsivoglia interpretazione estensiva, la dottrina ha concluso per l’inammissibilità anche delle clausole che precludono forme di surrogazione diverse da quella contemplata nell’art. 1202 c.c.

In particolare, quanto alla surrogazione ex art. 1201 c.c. si è rilevato come, da un lato, una clausola che prevedesse una limitazione della facoltà di valersi della surrogazione per volontà del creditore sarebbe inutile, poiché questa ha causa nella volontà del creditore stesso; quanto alla surrogazione ex art. 1203 c.c., invece, si è correttamente osservato come un divieto di limitazioni convenzionali per la surrogazione legale sia insito nello stesso articolo 1203 c.c. il quale, nello stabilire che la surrogazione “ha luogo di diritto”, escluderebbe la possibilità delle parti di prevedere la non operatività dell’istituto96.

Altra questione di particolare rilievo è se sia valida una clausola che precluda una surrogazione parziale.

Nonostante un’isolata voce contraria97, deve senz’altro concludersi per l’invalidità di una simile clausola, e ciò per tre ordini di ragioni.

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FAUSTI, Mutui e clausole vessatorie, cit., 537.

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Così FAUSTI, Mutui e clausole vessatorie, cit., 538.

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GIAMPIERI, Il decreto sulle liberalizzazioni. La portabilità del mutuo, le intenzioni del

legislatore e gli effetti (forse indesiderati) della norma, cit., 477. In senso dubitativo

sull’ammissibilità di una simile clausola FAUSTI, Mutui e clausole vessatorie, cit., 540 il quale rileva come “in linea teorica sembra del tutto ammissibile una surrogazione parziale per volontà del debitore il quale contragga un nuovo mutuo per estinguere solo parzialmente quello

In primo luogo, perché la norma non distingue tra surrogazione totale e parziale.

In secondo luogo, in considerazione della ratio dell’intervento che è quella di incentivare la circolazione delle operazioni di finanziamento. E tale esigenza viene a porsi anche in relazione a “parti” di finanziamento.

In terzo luogo, perché tale lettura risulta coerente con quanto disposto dall’articolo 7 del d.l. 7/07 che estende il divieto di compenso anche all’ipotesi di estinzione parziale del mutuo.

L’ultima ipotesi di clausole impeditive che vale la pena analizzare, considerata la sua diffusione nella prassi, è quella che vieta sia la surrogazione, che i pagamenti provenienti dai terzi.

Nonostante l’articolo 8 non vieti espressamente una clausola di questo tipo sembra preferibile l’interpretazione che nega la validità a tale pattuizione per la ragione che, dal punto di vista del creditore, è del tutto indifferente che il rimborso del prestito venga effettuato dal terzo piuttosto che dal debitore.

A sostegno di tale conclusione, parte della dottrina ha richiamato i principi desumibili dall’art. 1180 c.c., l’applicazione dei quali indurrebbe a ritenere che la banca non possa ex ante vietare l’adempimento del terzo, non potendosi considerare, nelle obbligazioni fungibili, meritevole di tutela l’interesse del creditore all’adempimento personale del debitore.98

7. I problemi teorici posti dalla surrogazione ex art. 1202 c.c. e i riflessi