La previsione della gratuità della rinegoziazione si spiega al fine di incentivare il ricorso di un simile istituto da parte del mutuatario, dato che le principale ragione che si frapponeva al suo utilizzo era rappresentata dal rischio di dover sostenere costi eccessivi230.
Considerata la ratio dell’intervento, si segnala l’opportunità di interpretare estensivamente la locuzione “senza spese”, sì da comprendere qualsiasi tipo di costo amministrativo o commissioni bancarie aventi titolo nella rinegoziazione. Qualche dubbio può sorgere in relazione alle spese connesse al ministero notarile, posto che il legislatore del 2007 nel sancire la libertà di forma, non ha considerato la possibilità di un simile intervento231.
In attesa delle prime prassi applicative, sembra doversi escludere l’addebito del costo notarile in capo al cliente qualora l’intervento del pubblico ufficiale sia stato imposto dalla banca al fine di perfezionare il procedimento rinegoziativo.
Da ultimo, sul fronte fiscale, analogamente a quanto previsto in tema di portabilità, va segnalato che la rinegoziazione non comporta il venir meno dei benefici fiscali previsti per l’acquisto della prima casa (nuovo art. 8, comma 4, co. l. 40/2007) ossia la detraibilità degli interessi passivi del mutuo, ove previsti.
229
FIORUCCI, I mutui bancari, cit., 188.
230
PRESTI, La rinegoziazione dei mutui ipotecari, cit., 68.
231
CAPITOLO V
L’impatto sul mercato e sui “consumatori”
1. Premessa.
L’analisi condotta nel capitolo precedente, oltre a dar conto delle più importanti questioni esegetiche sollevate delle c.d. misure di liberalizzazione, ha messo in luce potenzialità e limiti dell’intervento; potenzialità che si colgono principalmente analizzando il congegno e le finalità dei nuovi strumenti e limiti che invece riguardano l’oggettiva difficoltà di dare attuazione alle nuove regole, in considerazione, da un lato, della scarsa chiarezza del dato normativo e, dall’altro, delle numerose deroghe apportate a principi civilistici tradizionali.
Il prosieguo della presente ricerca è volto ad accertare l’impatto che tali misure hanno avuto sul mercato e sui “consumatori”232 al fine di verificare se le misure prescelte per liberalizzare il mercato del credito siano idonee a perseguire gli obiettivi presi di mira e cioè aumentare la competitività e la protezione del consumatore.
Il punto di partenza dell’indagine è la constatazione che le nuove misure, pur essendo dichiaratamente volte a liberalizzare il mercato, si traducono, di fatto, nella previsione di forti limiti dell’autonomia privata attraverso diffusi divieti (di compensi, di penali, di clausole) e mediante tecniche di conformazione eteronoma del rapporto (nullità di protezione, sostituzione di
232
Si precisa che il termine “consumatori” viene utilizzato in questo contesto in una accezione assai più ampia di quella che risulta dall’articolo 3 del codice del consumo. Ed infatti vi rientra anche chi agisce al fine di soddisfare un bisogno connesso alla propria professione e non di consumo. Si è scelto, tuttavia, di utilizzare il termine “consumatori” non solo perché esso compare espressamente nella rubrica dell’intervento, ma anche al fine di designare una categoria di soggetti che, in relazione alla specifica operazione negoziale che pongono in essere, vengono comunque a trovarsi in una situazione di debolezza “strutturale” rispetto alla controparte professionale. Sull’evoluzione della nozione di consumatore cfr., da ultimo, L. ROSSI CARLEO, Consumatore, consumatore medio, investitore e cliente: frazionamento e
sintesi della disciplina delle pratiche commerciali scorrette, in Europa e diritto privato, 2010,
clausole nulle con norme imperative, riconduzione ad equità di clausole, rinegoziazioni obbligate nell’an e nel quomodo).
Tale rilievo ha indotto alcuni autori a chiedersi - quasi a segnalare un ossimoro tra la finalità dichiarata e lo strumento giuridico prescelto - se il mercato si liberalizzasse dirigendolo, paventando il rischio che queste misure, a lungo termine, producano effetti negativi sul mercato, e dunque, in ultima analisi sull’utente finale, tramite un aumento generalizzato di tassi233.
L’interrogativo si giustifica anche alla luce delle recenti acquisizioni della scienza della regolazione la quale insegna che, specie quando si tratta di interventi che hanno un potenziale impatto sul mercato e sul consumatore, l’opzione zero, cioè il non intervento, vada tenuta in una privilegiata considerazione.
In particolare, secondo l’art. 5 del regolamento AIR234 (analisi di impatto della regolazione)235, adottato in attuazione dell'articolo 14, comma 5, della
233
Così GENTILI, Teoria e prassi nella portabilità dei contratti di finanziamento bancario, cit., 464 ss. Cfr. in particolare l’art. 471, ove l’autore si chiede. “che succederà dei mutui? la concorrenza realizzerà davvero la libera circolazione dei servizi di credito? o tenteranno le banche di fidelizzare o clienti recuperando più nel primo periodo e meno nel secondo? si avrà un continuo miglioramento delle condizioni offerte? o gli intermediari si copriranno dal rischio di abbandono riversandone per altra via il costo? (…) Non si può del tutto scacciare il sospetto che a volte anche i legislatori sappiano troppo poco dei rapporti tra le cause e gli effetti per poter liberalizzare il mercato dirigendolo”; FAUSTI, Anticipata estinzione del mutuo e
portabilità dell’ipoteca (articoli 7, 8 e 8-bis della legge 2 aprile 2007, n. 40), cit., 22-23;
FIORUCCI, I mutui ipotecari, cit., 196.
234
Si tratta del decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, 11 settembre 2008, n. 170 “Regolamento recante la disciplina attuativa dell'analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR), ai sensi dell'articolo 14, comma 5, della legge 28 novembre 2005, n. 246”. Tale regolamento dispone che tutti gli atti normativi del governo, i disegni di legge di iniziativa governativa, i decreti ministeriali ed interministeriali, prima di essere iscritti all’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri debbono essere stati sottoposti all’analisi di impatto di regolazione da parte del DAGL (Dipartimento Affari Giuridici e Legislativi).
235
L’AIR o analisi di impatto concorrenziale è uno strumento di better regulation che consente la valutazione preventiva degli effetti derivanti dalla introduzione di nuove norme sui cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni.
La valutazione effettuata tramite l’AIR è funzionale a garantire una maggiore efficacia alle iniziative legislative ed una riduzione dei costi della regolazione. L’AIR, in particolare, impone alle amministrazioni, prima di assumere iniziative normative nuove, di verificare se non sia possibile, quale alternativa all’intervento legislativo, migliorare l’applicazione delle norme vigenti, ricorrendo a strumenti di tipo amministrativo o comunque alternativi alla regolazione; l’AIR dunque serve ad indurre gli organi titolari del potere normativo a valutare quando la nuova regolazione sia effettivamente utile o necessaria.
Si differenzia dalla VIR che invece consente di valutare a posteriori gli effetti che le norme adottate hanno prodotto sui destinatari.
legge 28 novembre 2005, n. 246, gli interventi normativi che incidono sull’attività di impresa devono preventivamente essere sottoposte al vaglio dell’AIRC (analisi impatto concorrenziale)236, che potrà ritenersi superato solo
L’AIR è stata introdotta nel nostro ordinamento dall’articolo 5 della legge 8 marzo 1999, n. 50, recante “Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1998”, il quale ha previsto una fase sperimentale, avviata con la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 marzo 2000. Successivamente, dopo una serie di interventi formativi per i funzionari designati dalle amministrazioni e un’ulteriore sperimentazione con alcune amministrazioni prescelte, tale disciplina è stata modificata, con l’articolo 14, commi 1-11, della legge n. 246/2005, al fine di “mettere a regime” l’AIR. L’articolo 14 rinvia a successivi atti regolamentari e a direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri la disciplina puntuale dell’AIR e della VIR.
La disciplina attuativa dell’AIR e della VIR è oggi contenuta nel DPCM 11 settembre 2008, n. 170. Per approfondire il tema dell’analisi di impatto della regolazione cfr. B. CAROTTI – E. CAVALIERI, La nuova semplificazione, Milano, 2009, 70 ss; A. GRECO, L’analisi di impatto
della regolamentazione: origini e tendenze recenti, 2009, in www.federalismi.it; A.
BOARDMAN, D.G. GREENBERG, A.R. VINING, D.L. WEIMER, Cost Benefit Analysis.
Concepts and Practice, Upper Saddle River, 2006; M.D. ADLER, E.A. POSNER, New foundation of cost-benefit Analysis, Cambridge, 2006; N. RANGONE, Impatto delle analisi delle regolazioni su procedimento, organizzazione e indipendenza delle Autorità, in Studi parlamentari di politica costituzionale, 2006, 79 ss.; R. PERNA, Alla ricerca della regulation economicamente perfetta – Dalla teoria all’analisi dell’impatto della regolamentazione, in Mercato, Concorrenza, Regole, 2003, 49 ss.; F. GIOVANETTI NUTI, La valutazione economica delle decisioni pubbliche. Dall’analisi costi benefici alle valutazioni contingenti,
Torino, 2001; A. ARCURI, R. VAN DEN BERGH, Metodologie di valutazione dell’impatto
della regolazione: il ruolo dei costi-benefici, in Mercato, Concorrenza, Regole, 2001, 223 ss.;
E. MIDENA, Analisi di impatto della regolamentazione e analisi tecnico-normativa, in
Giornale di diritto amministrativo, 2001, 88 ss.; A. LA SPINA, L’analisi di impatto della regolazione: i caratteri distintivi, le tecniche, la ricezione in Italia, in Rivista trimestrale della scienza amministrativa, 2000, 11 ss.
236
L’analisi di impatto concorrenziale è uno strumento di better regulation volta a verificare se la regolazione proposta introduce restrizioni alla concorrenza proporzionate rispetto agli obiettivi perseguiti. La misura è fortemente promossa dall’OCSE, la quale ha identificato un elenco-filtro (checklist) volto a individuare i provvedimenti potenzialmente restrittivi della concorrenza.
L’AIRC, in particolare, viene pensata per quelle proposte di intervento normativo, di carattere legislativo o regolamentare, che, indipendentemente dalle finalità di interesse generale perseguite, vadano ad incidere su divieti, obblighi, o altre restrizioni alla libertà di iniziativa economica, orientati alla regolazione delle condizioni di entrata e di uscita dai mercati interessati, dei processi di crescita delle imprese o delle modalità di organizzazione e di esercizio dell’attività economica.
Per tali tipi di provvedimenti si richiede una valutazione più approfondita rispetto a quella che consegue all’AIR, al fine di individuare il grado di restrizione della concorrenza ottimale nell’interesse generale, con un’impostazione analoga a quella adottata dalle Autorità di concorrenza nella loro attività di segnalazione.
Le restrizioni della regolazione individuate nell’elenco-filtro sono:
1) Restrizioni all’accesso: la norma/regolazione limita il numero o la tipologia dei fornitori di un determinato bene o servizio?
2) Restrizioni nell’ambito di attività delle imprese: la norma/regolazione riduce le possibilità competitive dei fornitori?
3) Restrizioni che facilitano le violazioni delle norme di concorrenza: la norma/regolazione riduce gli incentivi dei fornitori a competere?
A questi elementi potrebbero esserne aggiunti anche altri al fine di renderlo più completo e, in Indipendentemente dal contenuto dell’elenco/filtro, per quei provvedimenti che vengono identificati come “preoccupanti” nella prospettiva della concorrenza, l’analisi di impatto sulla regolazione impone di verificare se effettivamente le restrizioni identificate sono proporzionate agli interessi generali perseguiti.
Le linee guida per realizzare un’AIRC prevedono quattro fasi principali:
1. definizione preliminare dell’intervento legislativo per valutarne il grado di rilevanza in termini di impatto sulla concorrenza;
2. individuazione delle opzioni adottabili all’interno dell’intervento legislativo;
3. analisi delle opzioni, allo scopo di verificare l’esistenza di restrizioni alla concorrenza e di giustificazioni a tali restrizioni;
4. classificazione dell’insieme delle opzioni esaminate e ordinamento in funzione del loro minore o maggiore impatto sulla concorrenza.
La fase iniziale è finalizzata ad individuare gli elementi essenziali e costitutivi della proposta di intervento, con particolare riferimento agli ambiti oggettivi e soggettivi e alle sottostanti finalità di interesse pubblico.
Gli elementi minimi da acquisire devono essere tali da permettere di includere una sintetica descrizione di:
- oggetto (o materia) e ambito territoriale dell’intervento; - principali settori, attività e categorie economiche interessati; - esigenze rilevate e finalità perseguite;
- possibili opzioni in termini di modalità di configurazione e di realizzazione dell’intervento e corrispondenti risultati attesi.
Le informazioni raccolte in questa fase sono quindi necessarie a realizzare uno screening preliminare delle proposte di regolazione, allo scopo di individuare, sulla base di alcuni criteri generali di inclusione e di esclusione, le iniziative sicuramente rilevanti o non rilevanti ai fini della valutazione concorrenziale. Dopo aver individuato gli interventi che necessitano sicuramente di un’analisi di impatto sulla concorrenza, il governo (centrale o regionale) dovrebbe determinarne il grado di rilevanza, distinguendo tra alta, media o bassa rilevanza. Questa attività serve ad attribuire un livello di priorità all’AIRC sulle diverse proposte normative in essere, particolarmente utile qualora le risorse da dedicare all’analisi di impatto sulla concorrenza siano limitate.
La seconda fase, quella della specificazione delle opzioni. In base alle linee guida, il ventaglio delle possibili alternative dovrebbe essere mantenuto più ampio possibile e comprendere, in ogni caso, almeno come termine di confronto, la cosiddetta opzione “zero”, cioè quella che considera la possibilità di mantenere immutato l’assetto regolatorio esistente: in questo modo risulta possibile includere nel processo valutativo anche i benefici eventualmente collegati a interventi normativi che prevedono l’eliminazione o la riduzione di restrizioni concorrenziali già in essere. In questa fase, l’obiettivo principale è quello di rilevare se e in quali termini le diverse opzioni individuate intervengano su aspetti qualificanti della regolazione economica nei settori direttamente interessati, modificando la natura, il contenuto, l’intensità o l’ambito di applicazione dei vincoli imposti ai soggetti regolati e, come tali, presentino un’elevata probabilità di incidere in misura sensibile su fattori determinanti delle dinamiche concorrenziali quali la struttura e l’evoluzione dei mercati, gli incentivi all’efficienza produttiva e all’innovazione, la differenziazione dei prodotti e dei servizi e le possibilità di scelta dei consumatori intermedi e finali.
La terza fase è essenzialmente dedicata ad analizzare le singole restrizioni all’entrata o sui comportamenti di impresa previste da ciascuna delle opzioni così individuate e a valutare, caso per caso, se e in che misura tali restrizioni possano ritenersi giustificate in rapporto alle dichiarate finalità dell’intervento.
Nella quarta ed ultima fase, sulla base delle informazioni e degli elementi acquisiti nel corso delle fasi precedenti, si procede ad una classificazione dell’insieme delle opzioni esaminate, finalizzata a fornirne una rappresentazione ordinata in funzione della natura e rilevanza del rispettivo impatto potenziale sulle dinamiche concorrenziali e sui margini di libertà e di flessibilità consentiti all’iniziativa economica dei soggetti interessati.
qualora l’esame del testo normativo conduca ad una risposta negativa ai seguenti quesiti:
1) la norma/regolazione limita il numero o la tipologia dei fornitori di un determinato bene o servizio (restrizioni all'accesso)?
2) la norma/regolazione riduce le possibilità competitive dei fornitori (restrizioni dell'attività)?
3) la norma/regolazione riduce gli incentivi dei fornitori a competere (restrizioni delle possibilità competitive)?
L’esame di tale questione riporta all’attenzione dell’interprete il controverso tema del rapporto tra norme imperative ed autonomia privata che, nonostante il grado di approfondimento raggiunto grazie ai numerosi contributi della dottrina, continua a suscitare interesse, in considerazione, da un lato, della difficoltà di stabilire il giusto punto di equilibrio tra stato e mercato, legge e contratto, efficienza ed equità in un mercato in continua evoluzione per effetto della globalizzazione e, dall’altro, delle implicazioni pratiche che tale configurazione assume negli scambi economici.
I c.d. interventi di “liberalizzazioni” rappresentano un osservatorio privilegiato di tale contrasto, non solo in ragione della complessità e della potenziale confliggenza degli interessi coinvolti (stabilità finanziaria, trasparenza e competitività) - che spesso non lascia al regolatore altro margine che la scelta di quelli da privilegiare, e dunque sacrificare – ma anche per la specificità degli interventi in parola, che si propongono non già di mantenere assetti concorrenziali in un mercato già improntato al libero scambio, ma più radicalmente, di introdurre ex novo le regole della concorrenza in un settore, la circolazione delle operazioni di finanziamento, in cui tali regole erano del tutto assenti; e dunque creare un mercato dove mercato non c’era.
Da questo punto di vista l’opzione “zero”, che, come detto, rappresenta il mantenimento dell’assetto regolatorio esistente, dovrebbe costituire il parametro di riferimento rispetto al quale effettuare una prima distinzione tra le opzioni che comportano un rafforzamento, ovvero una diminuzione, dei vincoli imposti ai soggetti regolati.
Nel nostro ordinamento l’AIRC è stata introdotta dall’art. 5 del dpcm 11 settembre 2008. Per approfondimenti sul tema cfr. G. MAZZANTINI, L’AIR sulla concorrenza: «eppur si
muove!», in La tela di Penelope. Primo rapporto ASTRID sulla semplificazione legislativa e burocratica, a cura di A. Natalini, G. Tiberi, Bologna, 2010.
Ulteriormente, l’accentuata situazione di conflitto di interesse in cui le controparti di un contratto bancario vengono a trovarsi permette di verificare ancor più da vicino e nel concreto se la conclamata corrispondenza tra interessi del consumatore e della concorrenza sia dinamica concretamente verificabile, o al contrario, le regole, pur nel dichiarato scopo di perseguirli entrambi, di fatto risultino, più o meno consapevolmente, sbilanciate a favore dell’uno o dell’altro interesse.
Da un punto di vista metodologico la ricerca si articolerà in tre momenti. Dapprima, si analizzeranno le principali prassi bancarie come emerse nella giurisprudenza, al fine di verificare qual è stato l’impatto che le nuove misure hanno avuto sui soggetti coinvolti.
Secondariamente, si ripercorreranno brevemente le varie teorie elaborate in merito alla struttura del mercato, al fine di individuare quale sia (se vi sia) il livello necessario ed ottimale di intervento.
Da ultimo, si analizzeranno nello specifico gli istituti prescelti per liberalizzare il mercato del credito (norme imperative, regole di condotta, nullità di protezione), cercando di capire come essi abbiano inciso sui problemi evidenziati.
2. Le prassi bancarie nei provvedimenti dell’Autorità garante della