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La diligenza dell’operatore bancario ed i limiti all’autonomia

3. La posizione della giurisprudenza

3.1. Un’interpretazione elusiva delle nuove regole?

3.1.1. I caratteri di slealtà di una pratica commerciale

3.1.1.1. La diligenza dell’operatore bancario ed i limiti all’autonomia

Nell’analizzare la posizione del TAR in merito alla valutazione delle condotte degli operatori bancari in tema di portabilità dei mutui, si era osservato come, solo una corretta definizione di ciò che deve intendersi per diligenza professionale, avrebbe consentito di esprimere un giudizio consapevole in merito alle pratiche poste in essere dalle banche in relazione alla vicenda della portabilità dei mutui.

L’analisi condotta nel paragrafo precedente ha mostrato come l’art. 18, comma 1, lett. h) del codice di consumo abbia introdotto una nozione di diligenza professionale particolarmente rigorosa, tale da imporre al professionista non soltanto il rispetto delle leges artis, ma anche l’adozione di una condotta corretta, conforme a buona fede o a ciò che ragionevolmente il consumatore può attendersi. In tale sede è stato inoltre sostenuto che in seno alla definizione di pratica scorretta, la contrarietà a diligenza professionale e l’idoneità a falsare la scelta del consumatore non sono aspetti separati, ma rappresentano diversi momenti di una medesima violazione.

Le conclusioni cui si è pervenuti in merito al ruolo e alla funzione della clausola di diligenza professionale inducono a prendere le distanza dall’affermazione del TAR secondo cui rientrerebbe nell’autonomia negoziale dell’impresa orientare le scelte dell’operatore verso un modulo negoziale piuttosto che un altro esclusivamente sulla base dei propri obiettivi di profitto.

Ed infatti la nozione di diligenza professionale accolta dall’art. 18, lett. h) cod. cons. ridisegna il limite stesso del concetto di autonomia privata alla quale ora si impone di arrestarsi al di quà della violazione degli obblighi di correttezza, buona fede e di tutela dell’aspettativa ragionevole del consumatore. Il professionista, infatti, come è stato chiarito nel paragrafo precedente, per il ruolo che riveste nel mercato e per l’affidamento che è in grado di suscitare nei consumatori, è tenuto al rispetto di regole più rigorose di qualsiasi altro agente economico.

Più in generale, si può dire che l’intera disciplina in tema di pratiche commerciali sleali, nell’imporre obblighi informativi e canoni di condotta, vada nella direzione di ridurre significativamente lo spazio lasciato ad un esercizio indiscriminato dell’autonomia privata.

Tale impostazione, che fa proprie le recenti acquisizioni del diritto privato europeo in merito al rapporto tra norme imperative ed autonomia privata, viene completamente rovesciata nella sentenza del TAR, ove il discorso sulla diligenza professionale fa solo da sfondo ad un inedito principio di autonomia contrattuale da considerarsi come valore in sé. Nel ragionamento del TAR pare quasi che il dovere di diligenza della banca debba cedere di fronte alla legittima perché naturale tendenza delle imprese a perseguire il proprio profitto, a scapito di scelte poco consapevoli della clientela. In tal senso significativa è l’affermazione secondo cui “in assenza di alcun obbligo legale

a contrarre (ed a contrarre esclusivamente mediante surrogazione del mutuo), ben avrebbe potuto qualunque istituto di credito, quand’anche in presenza di un chiaro quadro di riferimento, continuare a proporre alla clientela (esclusivamente) la sostituzione e non (anche) la surrogazione, ove ritenuta maggiormente conveniente sulla base di scelte di carattere imprenditoriale (forse censurabili, ma sicuramente) ex se non interpretabili in termini di (sanzionabile) scorrettezza”.

Contro tale conclusione, oltre a quanto già osservato in merito al ruolo che i principi di buona fede e correttezza rivestono nella disciplina del rapporto contrattuale, va osservato come sia lo stesso articolo 8 del decreto-legge 7/2007 a sancire in maniera inequivoca la nullità di “ogni patto, anche

posteriore alla stipulazione del contratto, con il quale si impedisca o si renda oneroso per il debitore l’esercizio della facoltà di surrogazione”.

La previsione del rimedio della nullità (per di più di protezione) è un chiaro indice del fatto che l’intento del legislatore sia stato proprio quello di impedire quelle manifestazioni negoziali idonee ad indurre il consumatore ad assumere una decisione negoziale diversa da quella che avrebbe assunto in presenza di un’informazione consapevole.

Se questo è la ratio della nuova disciplina e se la diligenza professionale può essere considerata come fonte di obblighi ulteriori a quelli che derivano dal regolamento per le parti, ne deriva inevitabilmente una qualifica, in termini di scorrettezza, della pratica consistente nel proporre alla clientela la sostituzione onerosa in luogo della portabilità gratuita.

Le conclusioni cui si è pervenuti in tema di diligenza professionale inducono a prendere le distanze anche dalla conclusione secondo cui la scorrettezza della pratica non potrebbe dirsi sufficientemente provata.

A giudizio del Collegio, in particolare, la scorrettezza della condotta delle banche non potrebbe desumersi ex post dal rilievo che sia stato effettuato un numero decisamente superiore di sostituzioni di mutuo rispetto alle surrogazioni attive o dall’anomalia dei comportamenti dei clienti che optavano per la soluzione più onerosa.

Tale affermazione, infatti, non tiene conto di due elementi che invece assumono una rilevanza centrale.

In primo luogo, che nel giudizio davanti all’AGCM le banche non hanno negato l’omissione informativa in merito alla possibilità di valersi della portabilità gratuita, omissione di per se rilevante ex art. 22 cod. cons.

In secondo luogo, che la stessa definizione di pratica commerciale scorretta contiene tra i suoi elementi costitutivi l’idoneità a falsare in misura

apprezzabile il comportamento economico, la quale, come ampiamente

chiarito, non è requisito autonomo, ma il riflesso sul piano degli effetti dell’adozione di una condotta non conforme a diligenza. Da tale prospettiva la violazione della regola di diligenza ben potrebbe desumersi ex post, dall’avvenuta lesione della libertà di scelta del consumatore.

Sulla base delle considerazioni svolte, rispondendo al primo dei quesiti posti nel paragrafo 3.1., deve concludersi che l’idea che il rispetto del principio di autonomia privata consenta alle banche di indirizzare il cliente sempre e comunque verso la soluzione maggiormente conveniente sulla base di scelte di carattere imprenditoriale, oltre a non corrispondere all’idea di autonomia privata risultante dall’art. 41 Cost. - che, a ben vedere, impone di mediare il principio in parola con valori di superiore o pari rango - si scontra

con il quadro di interessi delineato dalla nuova disciplina sulle pratiche commerciali sleali, la quale, proprio al fine di consentire il rispetto della concorrenza e la tutela del consumatore, circoscrive gli spazi lasciati all’autonomia dei contraenti.

In termini più generali il principio di autonomia privata trova un limite nel dovere di diligenza professionale, il quale impone il rispetto dei principi di buona fede, correttezza e di tutela della ragionevole aspettativa della controparte.

La soluzione proposta dal TAR, inoltre, si pone in contrasto con la lettera e lo spirito dell’intervento normativo che è quello di incentivare la portabilità gratuita.

Se dunque, le conclusioni cui perviene il TAR non sono giustificabili alla luce del delineato quadro normativo, vale dunque chiedersi se le ragioni della crisi di rigetto, che ha coinvolto anche la giurisprudenza, possano ravvisarsi nella lamentata pervasività dell’intervento che forzerebbe meccanismi che sarebbe più efficiente lasciare al mercato.

In particolare, posto che molti autori, all’indomani dell’entrata in vigore delle nuove norme, hanno sollevato il quesito se il mercato si liberalizzasse dirigendolo, risulta opportuno ripercorrere, in estrema sintesi, i termini del dibattito tra regolazione e mercato al fine di chiarire se nella materia in esame un intervento di riforma del mercato si rendesse necessario.