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Ammissibilità e limiti dei motivi aggiunti in appello a seguito della Legge n 205/

LA PROPOSIZIONE DEI MOTIVI AGGIUNT

4.6 Ammissibilità e limiti dei motivi aggiunti in appello a seguito della Legge n 205/

La nuova disciplina dei motivi aggiunti costituisce probabilmente l’innovazione più importante introdotta dall’art. 1 della L. 205/2000 che ha codificato l’istituto modificando l’art. 21 della Legge TAR. Il primo periodo del comma 1, dell’art. 1 Legge 205 prevede infatti che “ […] tutti i

provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi

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all’oggetto del ricorso stesso, sono impugnati mediante proposizione di motivi aggiunti.” ; è stato altresì previsto dall’art. 3, della suddetta Legge, che “ le

disposizioni dei precedenti commi si applicano anche nei giudizi avanti al Consiglio di Stato”, norma che va a modificare l’Art. 21, ultimo comma, della Legge TAR.

A seguito di tali novità normative , la giurisprudenza amministrativa si è occupata del tema in esame. Il Consiglio di Stato ha innanzitutto individuato l’elemento di novità, rispetto alla precedete disciplina, nella possibilità di ampliare non solo la causa petendi, introducendo ulteriori profili di illegittimità dell’atto impugnato; ma anche il petitum del gravame, impugnando altri provvedimenti, purché connessi a quello originariamente censurato e adottati tra le stesse parti245, realizzando cosi un processo simultaneo “ con riunione di azioni connesse”, senza alcuna lesione del diritto di difesa delle parti coinvolte 246 . La finalità dell’istituto è stata particolarmente ravvisata nell’esigenza di economia, concentrazione e speditezza del processo amministrativo247 e nella possibilità di sottoporre a critica l’intero esercizio del potere che ha comportato la lesione della situazione soggettiva nel suo insieme. Viene dunque compiuto un passo decisivo nell’individuazione dell’oggetto del giudizio di legittimità, non più coincidente con il singolo provvedimento amministrativo, ma esteso all’intero rapporto controverso tra PA e privato248. I

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Cons. Stato Sez. V, 21 novembre 2003, n. 7632 in www.lexitalia.it

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Cons. St. Sez. VI, 6 giugno 2003, n. 3187

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Cons. St. sez. V 26 settembre 2000, n. 5098; Cons. St. 7 ottobre 2003, n. 5917

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motivi aggiunti assumono dunque importanza centrale nel definire il nuovo sistema di tutela processuale.

Per quanto riguarda l’applicabilità dell’istituto al giudizio d’appello, la giurisprudenza nel periodo successivo alla Legge 205 ha assunto posizioni contrastanti; secondo l’orientamento più restrittivo, un primo ostacolo di ordine formale, alla proposizione di motivi ulteriori con un atto successivo all’appello, è rappresentato dal principio di acquiescenza alle parti della sentenza non impugnate249, ovvero dal principio di consumazione dell’impugnazione250, che ne impediscono l’ampliamento in appello dell’oggetto del giudizio, confinato all’esame della sentenza di primo grado251. Inoltre la giurisprudenza, ribadisce con fermezza, l’inammissibilità in appello di censure nuove contro i provvedimenti impugnati in primo grado, e in tale sede, già automaticamente deducibili, anche con specifico riferimento al divieto di jus novorum252.

Sulla scorta di tale orientamento, quando il Consiglio di Stato si trova ad esaminare motivi aggiunti, proposti direttamente in appello contro provvedimenti sopravvenuti alla sentenza di primo grado, l’orientamento prevalente è di negarne l’ammissibilità, per contrasto sia con il generale divieto

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art. 329, comma 2, c.p.c. “ l’impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della sentenza non impugnate”.

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Art. 387 c.p.c. : Non riproponibilità del ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile; “il ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile, non può essere riproposto, anche se non è scaduto il termine fissato dalla legge”.

251

Cons. St. Sez. IV, 8 luglio 2002, n. 3805; Cons. St. Sez. IV, 14 settembre 2004, 5915.

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Cons. St. Sez. VI, 23 luglio 2008, n. 3649; Cons. St. Sez. VI, 16 febbraio 2005 in www.giustizia-amministrativa.it il Consiglio di Stato riafferma con espresso richiamo all’art. 345 c.p.c., che il thema decidendum nel giudizio d’appello è delimitato dalle censure dedotte in primo grado e nell’eventuale atto di motivi aggiunti, con conseguente inammissibilità, ex art. 345 c.p.c., di censure nuove dedotte per la prima volta con l’atto di appello”.

di domande nuove in appello, sia con l’obbligo per il giudice del gravame di tutelare “ il principio di piena eguaglianza processuale delle parti” nel giudizio di primo grado 253 . Secondo la giurisprudenza amministrativa dunque, all’ammissibilità dei motivi aggiunti in appello osta, in un’ottica generale, la stessa natura del giudizio innanzi al Consiglio di Stato, che si pone in linea di continuità con il giudizio di primo grado ed ha ad oggetto esclusivo la sentenza del primo giudice, anziché l’intero rapporto tra il privato e la PA254.

Alla luce di tale ricostruzione dei principi generali che governano il processo amministrativo, e in particolare il processo di secondo grado, il quadro normativo sopravvenuto, di cui all’art. 21 commi 1 e 15 della Legge TAR, modificati dalla Legge n. 205/2000, che, come detto, sembra consentire la proposizione dei motivi aggiunti in appello, viene interpretato come se fosse riferito esclusivamente al giudizio di primo grado255. La giurisprudenza ritiene infatti che le esigenze di economia e speditezza processuale alla base dell’istituto non possano consentire un’applicazione estensiva anche in grado di appello, pena l’introduzione di una impugnazione per saltum256.

253

Tale principio definito costituzionalmente fondato ( Cons. St. Sez. VI 7 aprile 2008, n. 1442) comporta che una delle parti non possa privare le altre, con una sua autonoma scelta, del primo grado di giudizio, poiché la garanzia dei due gradi è data a tutte le parti ed è un diritto che non può essere eliso dalla sola volontà di una di esse.

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Cons. St. Sez. VI, 25 luglio 2006, n. 4648; Cons. St. Sez. IV , 14 settembre 2004, n. 5915, in www.giustizia-amministrativa.it;

255

Cons. St. Sez. V, 11 ottobre 2005, n. 5498; Cons. St. 15 dicembre 2005, n. 7147; Cons. St. 16 ottobre 2006, n. 6136.

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Tale posizione è confermata da una pronuncia del Consiglio257, il quale ritiene, che lo strumento processuale dell’impugnazione, nello stesso giudizio, di atti connessi, di cui al nuovo art. 21 della Legge TAR, sia inammissibile in grado di appello, non potendosi consentire l’utilizzo di tale strumento in violazione del principio del doppio grado di giurisdizione nelle controversie circa la legittimità di atti amministrativi, della cui legittimità può conoscere in via diretta solo il TAR, con successiva facoltà di appello a questo Consiglio. Tali conclusioni peraltro non mutano qualora la proposizione dei motivi aggiunti sia sollecitata proprio dal deposito in appello dei nuovi atti258, ovvero qualora i motivi aggiunti siano proposti da altre parti rispetto all’appellante principale259. Accanto a tale orientamento, negli anni appena successivi alla legge 205/2000, se ne riscontra un altro che si attesta su posizioni di maggior favore per l’istituto. In primo luogo, alcune pronunce, affermano l’ammissibilità di nuove censure in grado di appello, contro gli stessi provvedimenti impugnati in primo grado, a seguito del deposito di nuovi documenti nel corso del giudizio di secondo grado. Tali “ motivi aggiunti d’appello”, distinti dai motivi c.d. “

257

Cons. St. Sez. IV, 25 maggio 2004, 2396

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ritenendosi al riguardo inammissibili le nuove allegazioni, in conformità alla natura di revisio prioris instantiae del giudizio di secondo grado e all’art. 345 c.p.c., Cons. St. Sez. V, n. 7147/2005

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e cioè dall’interveniente adesivo, Cons. St. Sez. IV, n. 5915/04 o dall’appellante incidentale, Cons. St. Sez. VI, n. 1442/2008. La stessa giurisprudenza si pone peraltro il problema di come il privato possa tutelarsi contro i provvedimenti lesivi, intervenuti dopo la chiusura del giudizio di primo grado ed afferenti al medesimo rapporto oggetto di cognizione dinanzi al giudice amministrativo. Al riguardo, il rimedio viene individuato o nella proposizione di un nuovo ricorso dinanzi al TAR avverso l’atto sopravvenuto, con contestuale richiesta al giudice d’appello di opportune misure, quali l’eventuale differimento della trattazione della causa ivi pendente, fino alla decisione del giudizio di primo grado, sì da rendere possibile un simultaneus processus in secondo grado; ovvero nella possibilità di far valere, in sede di ottemperanza, la portata caducante del giudicato di annullamento degli atti originariamente impugnati, anche nei riguardi di atti sopravvenuti; Cons. St. Sez. V, n. 5915/2004.

estensivi”260 contro i provvedimenti nuovi, sono ammissibili proprio perché, e nella misura in cui, “ sia dimostrata l’impossibilità della loro presentazione in primo grado”, a causa della mancata acquisizione in precedenza della documentazione determinante, ovvero anche della mancata conoscenza di fatti nuovi, riportati per la prima volta nelle memorie di controparte261.

Tale filone giurisprudenziale, che poi darà origine alla positivizzazione dell’istituto contenuta nell’art. 104 c.p.a., ricollega dunque la proponibilità dei motivi aggiunti d’appello262alla produzione di nuovi documenti. Al contempo, la stessa corrente interpretativa nega con decisione l’impugnativa di nuovi provvedimenti in appello, a motivo della necessaria identità dell’atto avversato in primo e secondo grado, che consente all’appellante, già ricorrente in primo grado, di arricchire il novero delle censure contro i provvedimenti pregressi e non di indirizzarne di nuove contro provvedimenti sopravvenuti. Tale posizione ha il merito di riclassificare l’oggetto del giudizio d’appello, incentrandolo più che sulla sentenza di primo grado ( con conseguente accentuazione della natura di revisio prioris instantiae ) sull’atto impugnato, con conseguente preminenza del c.d. effetto devolutivo.

In isolate pronunce, il Consiglio di Stato si spinge oltre, sino ad ammettere la proposizione dei motivi aggiunti contro provvedimenti distinti; e in una nota

260

Cons. St. Sez. V, n. 5081/2006.

261

Cons. St. Sez. V, 29 aprile 2009, n. 2728.

262

Cons. St. Sez. V, n. 5081/2006; In dottrina, V. CASETTA, Manuele di diritto amministrativo, Milano, 2006, secondo cui la proposizione di motivi aggiunti in appello, a seguito della conoscenza extra o endoprocessuale di fatti rilevanti è rispettosa dell’esigenza di non frazionare il giudizio ed imposta dalla regola della tassatività delle ipotesi di rinvio al giudice di primo grado, ma frusta il principio del doppio grado.

sentenza del 2007263 la Sezione VI ne afferma l’ammissibilità, a condizione che: sia dimostrata l’impossibilità della loro presentazione in primo grado, “ per avere il TAR illegittimamente rifiutato il differimento dell’udienza in pendenza del termine per la notificazione dei motivi stessi o per essere questi determinati dalla conoscenza di atti sopravvenuta all’udienza de qua” e dunque, non avvenuta nel giudizio d’appello; e che tali motivi aggiunti siano proposti contro provvedimenti connessi all’oggetto del ricorso di primo grado. Un anno dopo, una sentenza della stessa Sezione264, con espresso richiamo al precedente del 2007, ribadisce la proponibilità di motivi aggiunti, ad opera dell’appellato ricorrente in primo grado, contro un provvedimento depositato in secondo grado e formato in pendenza del grado precedente. A tale fine, il Collegio esamina soprattutto la questione dell’ammissibilità della nuova produzione documentale, che viene risolta positivamente in considerazione del fatto che il provvedimento depositato è “ indispensabile ai fini della decisione” ed utile per tutte le parti. Una volta ammesso un mezzo di prova, al Consiglio non resta che consentire, conseguentemente, la proponibilità di apposite censure nello stesso giudizio d’appello, per non frustare il diritto di azione deconcentrando le iniziative processuali, con buona pace del principio del doppio grado di giudizio.

263

Cons. St. Sez. VI, 1 febbraio 2007, n. 416 in www.giustizia-amministrativa.it

4.7 La disciplina contenuta nel codice del processo