• Non ci sono risultati.

L’Appello sulle decisioni delle giunte provinciali amministrative.

Prima della Legge istitutiva dei T.A.R del 1971, l’istituto dell’Appello nel processo amministrativo non era sconosciuto; era infatti prevista l’impugnazione davanti al consiglio di Stato delle decisioni emesse dalle Giunte Provinciali Amministrative in sede giurisdizionale.

66

Il legislatore qui non dedica alla fase di gravame nel processo amministrativo che poche norme sparse in varie leggi, in particolare (in ordine di anzianità) ricordiamo: l’Art. 27 n. 16 e l’Art. 29 n. 9 e ultimo comma Testo Unico Cons. Stato; l’Art. 18 e l’Art. 22 del Testo Unico sulle Giunte Provinciali Amministrative, l’Art. 5, terzo e quarto comma D.L. C.p.S. 15 novembre 1946 n. 367; l’Art. 125 Cost.; Art. 5 secondo e terzo comma D.L. 6 maggio1948 n. 654; Art. 55, secondo comma, lett. c, l. 10 febbraio 1953 n, 62. Queste norme si possono dividere in tre gruppi: un primo gruppo, di origine più antica, comprendente le norme dei due testi unici, disciplina l’impugnativa delle decisioni delle Giunte provinciali amministrative avanti il Consiglio di Stato: di esso fa parte l’art. 22, che è la norma di gran lunga più ricca e importante di tutto l’apparato normativo in argomento; un secondo gruppo, comprendente l’art. 25 Cost., L’art.. 55 l. 10 febbraio 1953 n. 62, , e infine un terzo gruppo, comprendente le restanti norme. Problematico è stato il coordinamento dell’art. 22 t.u. G.P.A. con alcune norme del terzo gruppo, in particolare con l’art. 5, quarto comma, d.l. 15 novembre 1946 n. 367 e con l’art. 5 del d.l. 6 maggio 1948; il primo stabilisce, a proposito della Giunta amministrativa della valle d’Aosta, e per le materie non contabili, che “ i termini e le forme del

procedimento per i giudizi d’appello sono regolati dalle disposizioni vigenti in materia […] d’appello avverso le decisioni della Giunta Provinciale Amministrativa”; il secondo comma dell’art. 5 del d.l. 6 maggio 1948 si limita a disporre che “il Consiglio di giustizia amministrativa esercita, nella regione

siciliana, le funzioni in grado di appello che nel restante territorio italiano sono esercitate dal Consiglio di Stato”; il terzo comma della stessa norma, prevedendo il ricorso all’Adunanza Plenaria delle sezioni giurisprudenziali del Consiglio di Stato, avverso le decisioni del Consiglio di giustizia amministrativa sulle impugnative di atti e provvedimenti delle autorità amministrative dello Stato, che non siano pronunciate in grado di appello, stabilisce che “vanno osservate, in quanto applicabili, le norme sulle leggi del

Consiglio di Stato”. Richiamando per l’impugnativa delle decisioni della Giunta giurisdizionale amministrativa della Val d’Aosta i termini e le forme del processo d’appello contro le decisioni delle Giunte provinciali amministrative, il legislatore intese estendere integralmente il regime vigente per quest’ultimo. E, attribuendo al Consiglio di giustizia amministrativa le funzioni d’appello già spettanti al Consiglio di Stato, il legislatore le ha trasferite come se esse fossero esercitate da quest’ultimo organo, vale a dire come erano disciplinate dall’art. 22 TU sulle Giunte Provinciali Amministrative.

Il confronto andrebbe operato anche con riferimento all’interpretazione della formula di rinvio contenuta nell’art. 5 d.l. 6 maggio 1948 “ osservando in

quanto applicabili, le norme delle leggi sul Consiglio di Stato” e come si concilia tale formula con quella diversa dell’art. 22, terzo comma “ il Consiglio

di Stato in sede giurisdizionale pronuncia sul ricorso secondo le norme e per gli effetti determinati dalla legge sul Consiglio di Stato”; si tratta di sapere se il

processo amministrativo conosce in questa fase due tipi di appello67: l’uno relativo alle decisioni delle Giunte Provinciali Amministrative e della Giunta per la Val d’Aosta, portato al Consiglio di Stato e al Consiglio di giustizia amministrativa e disciplinato dall’art. 22 T.U. G.P.A., dall’Art. 5 d.l. C.pS. 15 novembre 1946 n. 367, e dal primo comma dell’Art. 5 d.l. 6 maggio 1948 n. 654; l’altro, relativo alle decisioni di primo grado del Consiglio di giustizia amministrativa, portato al Consiglio di Stato, e disciplinato dal terzo comma dell’articolo citato per ultimo. La differenza, strutturale e funzionale, fra i due tipi sarebbe notevole; anzitutto non si applicherebbero al secondo le norme espressamente dettate per il primo dall’art. 22: e quindi, in particolare i poteri di cognizione dell’Adunanza Plenaria non sopporterebbero la limitazione ivi contenuta ( ritenuto il fatto stabilito dalla decisione impugnata), né l’Adunanza sarebbe tenuta al rinvio al primo giudice nei casi di annullamento formale previsti dalla norma68. In secondo luogo, la diversa portata del rinvio, previsto dal terzo comma dell’Art. 5 d.l. 6 maggio 1948 n. 654 e nell’Art. 22, alle norme disciplinanti il giudizio di primo grado avanti il Consiglio di Stato, condurrebbe addirittura alla costruzione di due sistemi processuali diversi. Infatti, mentre l’Art. 22 rinvia indiscriminatamente alle predette norme, l’Art. 5

67

L’opinione della dottrina, che non ha dedicato al problema espressa trattazione, non risulta molto chiara. Afferma l’integrale applicazione delle norme dei due testi unici al processo d’appello contro le decisioni del Consiglio di giustizia amministrativa; GARBAGNATI, La giurisdizione amministrativa, Milano, 1950.

68

Qui potrebbe addirittura giustificarsi l’applicazione dell’art. 73 del reg. proc. Cons. St. scritto per la rimessione da una sezione all’Adunanza: “ l’Adunanza Plenaria, quando si pronuncia a termini e per gli effetti dell’art. 45 della legge, decide in tutte le altre questioni della

rinvia ad esse solo in quanto applicabili. Le due espressioni comportano sul piano teorico una sensibile differenza; la prima conferisce alla normativa sul processo d’appello carattere eccezionale rispetto alla normativa sul processo di primo grado : esclude l’esistenza di lacune, perché si statuisce espressamente che tutte le situazioni non regolate dall’art. 22 sono regolate dalle norme sul processo di primo grado; la seconda, invece, esclude il carattere eccezionale della norma; offre maggiori possibilità di utilizzazione della normativa afferente ad altri sistemi processuali e in primo luogo delle norme e dei principi di diritto processuale comune, diminuisce viceversa l’influenza delle norme disciplinanti il processo di primo grado. Dopo attente considerazioni possiamo affermare, come la dottrina prevalente considera69, che per “ norme delle leggi

sul consiglio di stato” vanno correttamente intese non solo le norme del TU n. 1054 ma tutte le norme regolanti l’attività del Consiglio di Stato, il rinvio sembra estendersi anche all’art. 22 che regola l’attività del Consiglio anche se contenuto nel testo unico dedicato alle attribuzioni della Giunta. Può quindi affermarsi che l’art. 5, secondo e terzo comma, va considerato in connessione con l’art. 22, nel senso che salvo deroghe espresse, le norme di questo articolo si applicano alla fase di gravame davanti all’Adunanza Plenaria. Si nota come il sistema fa perno sull’Art. 22 che è la norma di gran lunga più ricca e importante; esso prevede tre modi di esercizio della funzione di gravame: uno è il modo che si può definire ordinario e generale di esercizio della funzione, e si

69

tratta del cd. Gravame ordinario; gli altri due attengono a ipotesi particolari, contemplati nel secondo periodo del terzo comma e si verificano quando la funzione è esercitata in relazione a violazione di forma70 o ad altra violazione di legge71, sono i c.d. gravami anomali o speciali72.

Per quanto riguarda il gravame ordinario, può dirsi anzitutto che esso è rinnovatorio ed appare disciplinato da due ordini normativi diversi: l’uno costituito dal nucleo fornito dall’art. 22; l’altro costituito dalle norme vigenti per il processo di primo grado.

I legislatori del 1890 concepirono il ricorso di gravame al Consiglio di Stato come un ricorso di legittimità contro un atto, ossia la decisione della giunta provinciale amministrativa, che, pur giurisdizionale, essi ritennero di poter trattare alla stregua degli atti amministrativi nei cui confronti il Consiglio di Stato esercitava normalmente il controllo di legittimità73. L’art. 19 della legge 1 maggio 1890 n. 6837 riferisce infatti alla sentenza di primo grado i vizi tipici dell’atto amministrativo e costruisce il ricorso allo stesso modo della impugnativa di un atto amministrativo, la quale, nella intenzione del legislatore, aprirebbe un giudizio analogo a quello di primo grado.

70

“violazione di forma incorsa nella procedura o nella decisione della Giunta provinciale amministrativa” va intesa nel significato tecnico di nullità formali.

71

“violazione di legge” si riferisce ad un vizio inficiante gli elementi vincolanti dell’atto amministrativo.

72

La dottrina da il nome di procedimenti anomali o speciali a quelle forme atipiche di procedimento, che si discostano per proprie peculiarità dal procedimento tipo o normale.

73

CAMMEO, Il ricorso alla IV sezione contro le decisioni della giunta Provinciale Amministrativa, 1897.

Il più importante profilo impugnatorio del gravame sta nel fatto che la sentenza amministrativa di primo grado è imperativa nonostante la possibilità di proposizione del gravame o la sua effettiva proposizione74. Non tutta la dottrina concorda75, mentre la giurisprudenza fa, in questa fase, costante applicazione del principio affermando che il gravame non ha effetto sospensivo, e che la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata può essere disposta dal giudice del gravame76. L’affermazione dell’immediata imperatività della sentenza amministrativa soggetta a gravame trova fondamento in alcuni art del TU Consiglio di Stato, in particolare nell’art. 39 secondo il quale “ i ricorsi in

via contenziosa non hanno effetto sospensivo. Tuttavia, la esecuzione dell’atto o del provvedimento può essere sospesa per gravi ragioni con decreto motivato della sezione sopra istanza del ricorrente”, tale articolo si riferisce genericamente a tutti i ricorsi elencati negli articoli precedenti, vi rientrano quindi i ricorsi contro le decisioni della G.P.A. menzionati al n. 16 dell’art. 27 TU77, e al n. 9 dell’Art. 29 TU78.

Il gravame nasce con funzione rinnovatoria, funzione consistente in una attività diretta ad una nuova soluzione della lite circa l’atto impugnato, in sostituzione

74

LESSONA, La giustizia nell’amministrazione, Bologna, 1956; VITTA, diritto amministrativo, II, Torino, 1950; LANDI-POTENZA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 1960;

ALIOTTA, La sospensione delle decisioni della G.P.A. impugnate al Consiglio di Stato, 1948..

75

TANI, Note sull’effetto sospensivo dei ricorsi contro le decisioni della G.P.A. in sede giurisdizionale, 1957.

76

Cons. St., sez. V, 29 ottobre 1954 n. 1028; Cons. St. sez. V, 30 giugno 1956 n. 547

77

Art. 27 TU Cons. Stato, n. 16) “ dei ricorsi contro le decisioni pronunziate dalle giunte provinciali amministrative in sede giurisdizionale nei casi in cui le giunte stesse esercitano giurisdizione anche nel merito”.

78

Art. 29 TU Cons. Stato, n. 9) “ i ricorsi contro le decisioni delle giunte provinciali amministrative emesse in materia di loro esclusiva giurisdizione”.

di quella offerta dal primo giudice79. Già nel testo dell’Art. 22 sono rintracciabili elementi atti a dimostrare decisivamente la funzione rinnovatoria del gravame, infatti il terzo comma del suddetto articolo detta che “ Il

Consiglio di Stato in sede giurisdizionale pronuncia sul ricorso secondo le norme e per gli effetti determinati dalla legge sul consiglio di Stato” ; allora al di fuori dell’eccezione di ricorso per violazione di forma, dove il Consiglio di Stato annulla la decisione impugnata e rimette la controversia alla Giunta80, nel caso di altra violazione di legge il compito del giudice del gravame è di decidere la controversia senza alcun vincolo.

Connessa con la funzione rinnovatoria del gravame, è l’ampiezza dell’ambito congnitorio del giudice del gravame, che si realizza ed esprime soprattutto: o attraverso il funzionamento di alcuni caratteristici meccanismi diretti ad assicurare la corrispondenza fra oggetto del giudizio di primo grado e oggetto del giudizio di gravame, o attraverso la attribuzione al giudice del gravame del potere di utilizzare nuovo materiale di cognizione per una migliore soluzione della lite. Dunque possiamo dire che la condizione naturale del gravame rinnovatorio è la mancanza della cognitio, né dalla legge né da altri elementi strutturali si ricava che una volontà di limitare la cognitio causae, è quindi lecito ritenere che essa sia piena. A fondamento di quanto a pena detto è prevista la possibilità per il giudice del gravame di utilizzare nuovo materiale di cognizione per una migliore soluzione della lite, è dunque possibile nella

79

ALESSI, Sistema istituzionale del diritto amministrativo italiano, Milano, 1958.

80

La controversia che viene rinviata alla giunta, non è quella autonoma di secondo grado, , ossia quella sull’esistenza del vizio di forma, bensì la vera e propria controversa di merito.

fase di gravame la proposizione di nuove eccezioni e difese, e il giudice del gravame ha gli stessi poteri istruttori del giudice di primo grado, è ovvio che la nuova istruzione deve coordinarsi con l’istruzione di primo grado, in modo che vengano evitate ripetizioni di prove già esperite. Si manifesta quindi l’effetto devolutivo che discende nel processo amministrativo d’appello dal carattere rinnovatorio del gravame; esso tuttavia incontra un primo limite, comune a tutti i processi d’appello, della corrispondenza fra impugnativa e pronuncia del giudice del gravame, col conseguente divieto di reformatio in peius e di

reformatio in melius. Il processo amministrativo, in tutte le sue fasi, e quindi anche in quelle di gravame è processo in cui vige il principio dell’iniziativa di parte; il giudice d’appello non può dare all’appellante più di quanto abbia chiesto, e all’appellato quanto non abbia chiesto, avendo omesso di assumere l’iniziativa impugnatoria. L’effetto devolutivo opera quindi solo nell’ambito del

capo di sentenza impugnato. Ciò significa che il giudice non può conoscere di altri capi di sentenza non impugnati, né per ampliare la vittoria dell’appellante rispetto a quanto esso chiede, né per peggiorare la situazione rispetto al giudizio di primo grado; ma significa anche che nello stesso capo di sentenza, riemergono automaticamente tutte le richieste e affermazioni che lo riguardano e che pertengono alla decisione sulla questione che il giudice si è proposta o che gli è stata proposta. Tuttavia, sebbene il limite dell’affetto devolutivo, come appena detto, sia dato dalla necessità di non alterare la soccombenza, il giudice d’appello può passare anche all’esame di capi diversi da quello

impugnato, sui quali si sia pronunciato il primo giudice, quando ciò non importi per l’impugnato un aggravamento ma una mitigazione della soccombenza. Ciò si verifica quando il giudice di primo grado pur avendo accolto un capo di domanda principale, ha conosciuto un capo di domanda subordinato e lo ha respinto; in questo caso l’appello contro il capo principale porta all’esame del secondo giudice anche il capo subordinato, con la possibilità di accoglimento al posto del capo principale.

Il secondo luogo, l’effetto devolutivo incontra il limite della struttura impugnatoria del gravame , che si manifesta nell’onere di motivazione dell’atto introduttivo. Tale atto deve contenere l’esposizione dei motivi su cui si fonda, motivi che consistono nell’affermazione dei vizi della sentenza e che sono immodificabili nel corso del giudizio.

L’ambito di sviluppo dell’affetto devolutivo in questo processo risulta, dunque, fissato dall’influenza combinata di due limiti, derivanti: l’uno dal fatto che nell’appello amministrativo vige il principio dell’iniziativa di parte, l’altro dall’onere di motivazione del gravame.

2.5 L’appello dopo la legge istitutiva dei T.A.R. 1034