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La disciplina contenuta nel codice del processo amministrativo e l’orientamento del Consiglio di Stato.

LA PROPOSIZIONE DEI MOTIVI AGGIUNT

4.7 La disciplina contenuta nel codice del processo amministrativo e l’orientamento del Consiglio di Stato.

Il codice del processo amministrativo dedica all’istituto dei motivi aggiunti una previsione specifica, significativamente inserita nell’art. 104 che disciplina le domande ed eccezioni nuove in appello. Il comma 3 d tale articolo, recependo la prevalente giurisprudenza formatasi dopo la Legge 205/2000, dispone in particolare che “ possono essere proposti motivi aggiunti qualora la parte

venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati”.

In fase applicativa, le pronunce successive all’entrata in vigore del c.p.a. hanno innanzitutto ribadito l’inammissibilità in appello di doglianze nuove in fatto e in diritto ( c.d. divieto dei nova), per violazione sia del sopravvenuto art. 104 c.p.a., sia dell’art. 345 c.p.c.; specificando che il thema decidendum dell’appello resta circoscritto ai motivi “ ritualmente “ sollevati in primo grado e “ criticamente e specificamente” riproposti nel giudizio di impugnazione in conformità all’art. 104 comma 1 c.p.a.265. Con specifico riguardo ai motivi aggiunti, tale impostazione comporta l’inammissibilità nel giudizio d’appello: delle censure nuove avverso i provvedimenti impugnati in primo grado, a meno che sia dimostrata l’impossibilità della loro proposizione, giustificandosi gli

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Cons. St. Sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8291; Cons. St. Sez. V, 22 marzo 2012, n. 1640; Cons. St. Sez. V, 23 febbraio 2012, n. 1054.

stessi solo a seguito di produzioni documentali eseguite in appello266. Con l’ulteriore precisazione che, in caso di inammissibilità delle originarie censure di primo grado, sono inammissibili anche motivi aggiunti in appello, poiché rivolti solo ad integrare contestazioni ritualmente introdotte i primo grado267; e dei motivi aggiunti diretti all’impugnazione di provvedimenti sopravvenuti, che comporterebbero un ampliamento non consentito dell’oggetto del giudizio, in contrasto sia con l’art. 43 c.p.a.268, sia con le ipotesi tassative fissate dall’art. 104 comma 3 c.p.a., sia con il principio del doppio grado di giudizio269.

La giurisprudenza amministrativa è dunque pervenuta ad una prima sistemazione dell’istituto, alla luce dell’art. 104 comma 3, c.p.a., affermando che tale norma ha codificato l’orientamento giurisprudenziale maggioritario e consente di proporre motivi aggiunti in appello solo per dedurre nuovi vizi degli atti già impugnati in primo grado, a seguito della conoscenza di documenti già esistenti, ma non prodotti in primo grado, e non per impugnare

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Cons. St. Sez. IV, 14 gennaio 2011, n. 185, in www.giustizia-amministrativa.it, che richiama la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato e l’art. 104 comma 3 c.p.a. sopravvenuto. Sul tema, si può osservare anche Cons. St. Sez. IV, 2 marzo 2011, n. 1357, che chiarisce cosa debba intendersi per novità del motivo: “ si ha una mutatio libelli quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un petitum diverso e più ampio oppure una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema di indagine e si spostino i termini della controversia, con l’effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo. Si ha invece, semplice emedatio quando si incida sulla causa petendi, sicché risulti modificata soltanto l’interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure del petitum, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere”.

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Cons. St. Sez. V, 30 marzo 2011, 1941.

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Interpretato, al pari dell’art. 21 della Legge TAR, come riferito solo al primo grado.

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atti nuovi270. La legittimazione a proporre motivi aggiunti in appello viene poi riconosciuta non soltanto all’appellante, ma anche alla parte appellata, ricorrente principale o incidentale in primo grado, che abbia interesse a dedure ulteriori vizi del provvedimento a suo tempo impugnato271.

La stessa giurisprudenza si premura peraltro di precisare, che la sopravvenuta conoscenza dei vizi da far valere con i motivi aggiunti, non deve necessariamente dipendere dal deposito in giudizio di nuovi documenti, ai quali potrebbe ostare sia la nuova disciplina in materia di prove ex art. 104 comma 2, c.p.a.272, sia comunque la condotta processuale delle controparti, non interessate a fornire ulteriori spunti di contestazione; ma può anche essere acquisita con l’emersione di fatti o circostanze nuove e significative, in precedenza non conosciuti né conoscibili. Il presupposto necessario e sufficiente per la proposizione di tale mezzo è dunque l’ignoranza incolpevole dei vizi al momento dell’originaria impugnazione273 . La facoltà viene inquadrata tra le ristrette deroghe previste dal c.p.a. al divieto generale di jus

novorum, posto a presidio del principio traslatizio di immodificabilità del

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Cons. St. Sez. V, 21 settembre 2011, n. 5329; Cons. St. Sez. V, 8 ottobre 20122, n. 5497; Cons. St. IV, 23 febbraio 2012, n. 978, in www.giustizia-amministrativa.it

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Cons. St. Sez. V, 31 maggio 2012, n. 3251

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Cons. St. sez. IV, 27 agosto 2012, n. 4619, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo cui in forza dei principi codificati dall’art. 104 c.p.a. e ancor prima dall’art. 345 c.p.c., il divieto di ammissione di nuovi mezzi di prova deve ritenersi esteso anche alle prove precostituite, ossia i documenti, la cui produzione è subordinata, al pari delle prove cc.dd. costituende, alla verifica della sussistenza di una causa non imputabile alla parte che le produce, ovvero alla valutazione della loro indispensabilità da parte del giudice adito.

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La giurisprudenza ribadisce inoltre la necessità che i motivi aggiunti siano rispettosi delle ulteriori prescrizioni formali imposte dal c.p.a., relative ad esempio al termine di decadenza, alla proponibilità a mezzo di uno specifico atto di impugnazione e non con le memorie illustrative finali, all’obbligo di notifica, Cons. St. Sez. IV, n. 978/2012; Cons. St. Sez. V, n. 1640/2012; Cons. St. Sez. IV, 26 gennaio 2012, n. 351.

thema decidendum. Al fine di giustificarne l’ammissibilità, la giurisprudenza arriva a precisare che siffatti motivi aggiunti non costituiscono in realtà una domanda nuova, ma un’articolazione della medesima domanda proposta con il ricorso di primo grado, che risulta modificata nella sua “ ragione”, ma non nel suo “oggetto”274. Con tale ricostruzione, la norma supera eventuali dubbi di costituzionalità, perché bilancia correttamente il principio del doppio grado di giudizio con l’art. 24 Cost., che risulterebbe irrimediabilmente compromesso se non fosse possibile far valere profili di illegittimità incolpevolmente scoperti solo in secondo grado. Tale facoltà non è invece estensibile agli atti sopravvenuti, pur se meramente connessi e consequenziali, né sotto un profilo letterale, né sotto un profilo logico-sistematico, né avuto riguardo all’intenzione del legislatore 275 ; i provvedimenti nuovi vanno dunque necessariamente impugnati con un ricorso di primo grado, anche solo per far valere vizi di illegittimità derivata dal provvedimento in precedenza censurato; infine, quanto alle ragioni di ordine logico-sistematico, la Giurisprudenza amministrativa ha osservato in particolare che l’impugnazione con motivi aggiunti di un atto direttamente in secondo grado priverebbe l’altra parte di uno dei due gradi di giudizio, la priverebbe cioè di una garanzia e di un diritto che non possono essere rimessi alla volontà di una sola parte276.

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Cons. St. Sez. VI, 12 aprile 2011, n. 2257.

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Resta fermo il principio per cui nei confronti degli ulteriori provvedimenti amministrativi emessi o conosciuti nelle more del giudizio d’appello va proposto un separato ricorso di primo grado, vedi Cons. St. Sez. V, n. 3913/2011.

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