DIVIETO DELLO JUS NOVORUM
3.4 La dottrina successiva all’entrata in vigore della Legge n 1034/
Qualche anno dopo l’istituzione dei Tribunali Amministrativi Regionali, è un noto giurista, Alfonso Quaranta, ad occuparsi dello jus novorum in appello nell’ambito di un più generale inquadramento dell’istituto nel sistema delle impugnazioni amministrative151. Egli afferma in primo luogo che dalla Legge n. 1034 si ricava che il giudizio d’appello rappresenta il tipico giudizio di riesame, caratterizzato dalla reformatio in peius e dall’effetto devolutivo pieno. Con specifico riguardo al divieto dei nova, Quaranta152si limita a prendere atto degli orientamenti giurisprudenziali che davano sostanzialmente per scontata l’applicabilità dell’art. 345 c.p.c. nel processo amministrativo: da qui il divieto di nuove domande, l’ammissibilità di nuove eccezioni, la rilevabilità d’ufficio,
151 A. QUARANTA, L’appello nel sistema dei mezzi di impugnazione delle sentenze dei tribunali
amministrativi regionali, in Studi per il centocinquantenario del Consiglio di Stato , Roma, 1981.
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anche in secondo grado, delle questioni pregiudiziali e l’ammissibilità di nuove prove, purché non già ritenute inammissibili dal primo giudice.
Anche altra parte della dottrina successiva a Quaranta, ha sostenuto che con riguardo allo jus novorum in appello, in linea di principio, il riesame da parte del giudice di secondo grado debba avere per oggetto la stessa materia che è stata precedentemente valutata nel corso del processo di primo grado; da qui il divieto di nuove domande in appello, essendo consentito al ricorrente soltanto argomentare meglio le censure già dedotte153. Riguardo alle nuove eccezioni tale orientamento affronta distinguendo a seconda dell’esito di del giudizio di primo grado: mentre non si ravvisano ostacoli alla proponibilità, per la prima volta in appello, di eccezioni pregiudiziali da parte dell’appellante già resistente in primo grado, la formulazione di nuove eccezioni da parte dell’appellato già resistente è ritenuta possibile solo attraverso l’appello incidentale, non essendo ritenuto all’uopo sufficiente l’effetto devolutivo. Successivamente anche Mario Nigro torna ad occuparsi dell’appello amministrativo per esaminare le nuove funzioni del Consiglio di Stato a seguito dell’istituzione dei Tribunali Amministrativi Regionali. Egli, quanto al doppio grado, per ammettendo che l’art. 125 Cost. non dice esplicitamente nulla in proposito, reputa preferibile un gravame con prevalenza appellatoria, nel quale il secondo giudice conosca direttamente della controversia e non soltanto della rappresentazione che ne ha dato la sentenza appellata, ed afferma
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che effettivamente tale è la natura del giudizio di secondo grado istituito dalla Legge n. 1034/1971. Egli ritiene che la tendenza della giurisprudenza ad ammettere i motivi aggiunti in appello nel caso di esibizione di nuove prove in appello da parte dell’amministrazione, sia sostanzialmente esatta, perché, secondo l’Autore, se l’amministrazione che la detiene esibisce le prove non in primo grado ma solo in appello, la impossibilità di proporre motivi nuovi in relazione ad esse prove creerebbe al ricorrente un pregiudizio insanabile premiando la negligenza o la furbizia dell’amministrazione154.
Il tema dello jus novorum, è stato esaminato anche da un’altra parte della dottrina155 successiva a Nigro, muovendo dalla premessa che, se si vuole conservare all’appello la natura di giudizio di secondo grado reso su pretese sostanziali già conoscibili da un precedente giudice, in linea di massima si devono ammettere con difficoltà questioni sostanziali nuove. Secondo tale orientamento l’argomento delle nuove in appello, pur non trovando praticamente riscontro nelle leggi processuali amministrative, può risolversi alla stregua dei principi, nella misura in cui gli stretti termini decadenziali per la proposizione del ricorso, così come impediscono, nel processo amministrativo di primo grado, persino la variazione della domanda precludono la formulazione di doglianze che avrebbero dovuto essere dedotte in primo grado. Con riguardo alle eccezioni in senso proprio, ritenute configurabili solo in materia di diritti soggettivi, tale dottrina dubita
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NIGRO, Giustizia amministrativa, 1983.
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dell’applicabilità dell’art 345, comma 2, c.p.c., osservando che l’appello al Consiglio di Stato è cosa per molti aspetti diversa da quello civile, e che l’eccezione, essendo diretta al giudice e non alla parte, può essere formulata sino alla chiusura della discussione orale e non deve essere necessariamente contenuta nella memoria che è consentito presentare fino a dieci giorni prima dell’udienza. Viene dedicato più spazio al tema delle prove prendendo posizione sulla natura dell’appello amministrativo, configurato quale revisio
prioris instantiae156 e matura il convincimento che in secondo grado, non si possa chiedere l’ammissibilità dei nuovi mezzi di prova, ma semmai criticare il giudizio di primo grado sull’ammissibilità delle prove che andavano assunte allora. Peraltro si osserva, l’adesione di alcuni giuristi alla tesi più restrittiva che comunque non preclude l’ammissibilità di nuove prove in appello nei casi di: decisione errata del primo giudice circa l’ammissibilità di prove, che ne abbia impedito l’acquisizione; decisione su questioni di rito o assorbimento dei motivi da parte del primo giudice, con conseguente mancata ammissione di prove sui punti della controversia non esaminati; legittima estensione o modificazione in appello dell’oggetto della controversia, con conseguente necessità di provare determinati fatti contemporanei allo svolgimento del processo, posti a fondamento della sentenza appellata e contraddetti in appello.
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Ossia il giudice d’appello non è tenuto a rivalutare la controversia già decisa in primo grado, ma a controllare la giustizia della sentenza di primo grado alla luce degli specifici motivi di impugnazione dell’appellante. Il giudizio d’appello rimane un mezzo di impugnazione a “critica libera” ma a “ cognizione limitata”, limitata cioè dagli specifici motivi d’appello e dalle domande ed eccezioni non accolte e riproposte dalla parte.
Successivamente non è mancato l’orientamento di chi sostiene che nessun limite può essere posto all’ammissione di nuove prove in appello, la quale, mentre non è preclusa da alcuna previsione legislativa, è, di contro, resa indispensabile dalla stessa complessa articolazione della prova nel processo amministrativo, nel cui ambito il tentativo di dimostrare la bontà o meno della sentenza appellata, non può non passare anche attraverso la ricerca di nuovi elementi di prova.
Su questi ultimi concetti la dottrina ribadisce da un lato, che, nel silenzio della legge non è consentito porre preclusioni o limitazioni processuali di alcun genere, che non discendano necessariamente dalla natura del processo di cui in concreto si tratti, sicché nel giudizio d’appello, da considerare come vero e proprio nuovo giudizio, non possono darsi preclusioni o limitazioni istruttorie di alcun genere, che solo la legge può porre; dall’altro, che non possono nemmeno introdursi limiti alla produzione di nuove prove in appello alla stregua della disciplina dettata dal codice di procedura civile, in quanto il testo unico conferisce al Consiglio di Stato pienezza dei poteri istruttori157.
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