• Non ci sono risultati.

L’Appello nella nuova disciplina del Codice Amministrativo;

Nel Codice del processo amministrativo la disciplina dedicata all’istituto dell’Appello al Consiglio di Stato è contenuta nel Titolo II del libro Terzo. Una prima caratteristica del giudizio d’Appello in seno al processo amministrativo, già richiamata alla nascita dell’istituto, e confermata dal Codice, è costituita dal suo atteggiarsi, in via generale, come mezzo di

impugnazione di tipo rinnovatorio, e dunque che consente ad un giudice

giudice di primo grado87. ( vedi se inserire art 105) D’altronde già nel sistema precedente al codice la dottrina in grande maggioranza88 concordava nel riconoscere che l’appello nel nostro sistema di giustizia amministrativa avesse in via generale il carattere di mezzo di impugnazione rinnovatorio.

Se su tale conclusione non possono essere avanzati dubbi, c’è però da sottolineare come l’appello si atteggi anche come un rimedio avente anche carattere impugnatorio89, secondo cui l’atto di appello oggi deve essere costruito non limitandosi a riproporre le censure già esposte in primo grado, ma formulando una specifica critica della sentenza, o meglio, delle argomentazioni che il giudice svolge per individuare le premesse che sorreggono la decisione. Tale circostanza indubbiamente attribuisce all’appello una struttura tipica del rimedio impugnatorio. ( Finire, valutare se inserire art 101 ) pag. 429 scoca. L’appello si propone con ricorso, che deve essere indirizzato al Consiglio di stato in sede giurisdizionale ovvero, in relazione alle sentenze del TAR Sicilia, come prevede l’art. 100 c.p.a90, al Consiglio di giustizia amministrativa per la

87In proposito la terminologia adoperata dalla dottrina per indicare il fenomeno in questione è

varia, infatti gli amministrativisti preferiscono parlare di mezzo di impugnazione di tipo rinnovatorio ( M.NIGRO, giustizia amministrativa quinta ed., Bologna 2000), mentre i processualcivilisti usano espressioni diverse, quale, ad esempio, quella di rimedio in funzione di giustizia ( C.MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, vol.III, dodicesima ed., Torino, 1998). Al dilà della differente terminologia si allude però alla stessa sostanza ossia ad uno strumento giuridico che consente di promuovere un nuovo giudizio sulla stessa questione.

88

M.NIGRO giustizia amministrativa,1979 Il Mulino, Milano.

89

F.G.SCOCA giustizia amministrativa, 2014 Giappichelli, Torino.

90

Il quale stabilisce che” avverso le sentenze dei tribunali amministrativi regionali è ammesso appello al Consiglio di Stato, ferma restando la competenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana per gli appelli proposti contro le sentenze del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia”.

regione siciliana e deve contenere gli elementi indicati nell’art. 101 c.p.a. di cui tratterò in seguito.

Per quanto riguarda la disciplina dei termini per proporre il ricorso, l’art. 92 primo comma c.p.a. prevede un “termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla notificazione della sentenza”. Ove la notifica della sentenza non vi sia stata, il terzo comma stabilisce allora che “il termine per proporre appello è fissato in sei mesi dalla pubblicazione della sentenza”, tale ultima disposizione non trova applicazione quando la parte, che non si è costituita in giudizio, dimostri di “non aver avuto conoscenza del processo a causa della nullità del ricorso o della sua notificazione”, come previsto dal comma quarto dello stesso articolo.

In relazione al luogo di notificazione del ricorso, l’art. 93, comma 1, c.p.a. stabilisce che “l’impugnazione deve essere notificata nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto dalla parte nell’atto di notificazione della sentenza o in difetto presso il difensore o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio e risultante dalla sentenza”. Inoltre, ai sensi dell’art. 93, comma 2, “qualora la notificazione abbia avuto esito negativo perché il domiciliatario si è trasferito senza notificare una formale comunicazione alle altre parti, la parte che intende proporre impugnazione può presentare al Presidente del tribunale amministrativo regionale o al Presidente del Consiglio di Stato, […] un’istanza corredata dall’attestazione dell’omessa notificazione per la fissazione di un termine perentorio per il completamento della notificazione o per la

rinnovazione dell’impugnazione”. L’art. 94 c.p.a. stabilisce che una volta notificato, “il ricorso deve essere depositato, a pena di decadenza, presso la segreteria del Consiglio di Stato entro un termine perentorio di trenta giorni dall’ultima notificazione, decorrente dal perfezionamento della medesima verso il destinatario, unicamente ad una copia della sentenza impugnata e alla prova delle eseguite notificazioni”. Gli appellati possono costituirsi in giudizio nel termine di sessanta giorni che decorrono dalla notifica dell’appello, come si ricava dall’art. 46 c.p.a91, applicabile all’appello in virtù del rinvio di cui all’art. 38 c.p.a92, presentando memoria di costituzione.

L’art. 101 c.p.a., precedentemente accennato, disciplina il contenuto del ricorso; la disposizione di cui al primo comma, secondo cui “ Il ricorso in appello deve contenere l’indicazione del ricorrente, del difensore, delle parti nei confronti delle quali è proposta l’impugnazione, della sentenza che si impugna, nonché l’esposizione sommaria dei fatti, le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata93, le conclusioni, la sottoscrizione del ricorrente (…) oppure del difensore con indicazione, in questo caso, della procura speciale rilasciata anche unitamente a quella per il giudizio di primo grado94”,

91

“ Nel termine di sessanta giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notificazione del ricorso, le parti intimate possono costituirsi, presentare memorie, fare istanze, indicare i mezzi di prova di cui intendono valersi e produrre documenti”.

92

“ Il processo amministrativo si svolge secondo le disposizioni del Libro II che, se non espressamente derogate, si applicano anche alle impugnazioni e ai riti speciali”.

93

In questo caso la “sentenza gravata”, anziché il “provvedimento impugnato in primo grado”.

94

Con tale espressione il legislatore ha risolto una questione che in passato aveva visto divisa la giurisprudenza, e cioè se per la proposizione dell’appello fosse necessaria una procura specifica e ulteriore rispetto a quella conferita per il primo grado di giudizio; al riguardo, malgrado qualche isolata voce di segno opposto ( Cons. St., Sez. VI, 18 giugno 1997, n.923), l’opinione prevalente argomentava dal disposto dell’ultimo comma dell’art. 83 c.p.c. per affermare che la procura

riproduce sostanzialmente quella contenuta nel primo comma dell’art. 40 c.p.a. che disciplina il contenuto del ricorso in primo grado.

Un problema teorico, a lungo dibattuto in dottrina, riguarda l’oggetto dell’Appello; se esso sia la sentenza di primo grado ovvero il provvedimento amministrativo originariamente impugnato: la dottrina prevalente propende per la prima soluzione, e quindi che l’appello ha ad oggetto la sentenza del primo giudice, attribuendo all’istituto carattere rinnovatorio e quindi l’assegnazione anche al giudice d’appello una cognitio plena della controversia, analoga a quella del giudice di primo grado95. Non mancano tuttavia coloro che optano per la seconda soluzione, sulla base di una costruzione dell’appello come rimedio impugnatorio, la cui funzione consiste nell’eliminazione della sentenza di primo grado attraverso la dimostrazione della sua inidoneità a definire la controversia96. Esistono tuttavia anche posizioni intermedie, che differenziano a seconda che la sentenza di primo grado sia di accoglimento o di rigetto, poiché solo nel primo caso oggetto del gravame è la sentenza stessa, mentre nel secondo, essendo rimasta immutata la realtà giuridica su cui incidono le

conferita per il giudizio di primo grado non poteva presumersi intesa anche a conferire lo jus postulamdi per l’eventuale grado di appello( Cons. St., se. IV 17 marzo 2005, n. 1109), unica eccezione si poteva avere nell’ipotesi in cui dal concreto contenuto della procura potesse evincersi in modo univoco la volontà di conferire il mandato anche per l’appello. Con l’art. 101 c.p.a. è stato espressamente chiarito che la procura per l’appello può essere conferita anche unitamente a quella per il giudizio di primo grado.

95

M.NIGRO, l’appello nel giudizio amministrativo, Milano, 1960; QUARANTA, doppio grado di giurisdizione, in Enc. Giur., vol. XII, Roma, 1989; CARINGELLA, Il diritto amministrativo, Napoli, 2002;

96

VIRGA, L’oggetto dell’appello amministrativo, Milano 1982 Vol.I; PALEOLOGO, L’Appello al Consiglio di stato, Milano 1989.

censure del ricorrente, anche l’appello si dirigerebbe avverso il provvedimento impugnato97.

Autorevole dottrina98 peraltro, dopo aver osservato che la suesposta tesi, secondo cui, in sostanza, l’oggetto dell’appello amministrativo è diverso a seconda dell’esito del giudizio di primo grado, conduce alla conseguenza che il silenzio della norma finisce per legittimare l’esistenza di due diversi tipi di appello; l’uno proposto avverso la decisione di rigetto, avente connotazione impugnatoria, l’altro proposto avverso la decisione di accoglimento, avente una configurazione rinnovatoria; nel tentativo di operare una razionalizzazione, tale dottrina ne ha proposto un ulteriore sviluppo, sostenendo che, in definitiva, oggetto del giudizio di appello non può essere che l’insieme del provvedimento impugnato, annullato o confermato che sia, e della decisione. Si afferma in altri termini che, se si ammette che la sentenza del T.A.R. riconosce o nega il fondamento della pretesa fatta valere dalla Pubblica Amministrazione con il provvedimento impugnato, dettando quindi la disciplina del rapporto, l’appello non può che configurarsi come un novum iudicium, che investe quella totalità che nasce dalla pretesa e dalla pronuncia sulla pretesa, dal provvedimento e dalla pronuncia sul provvedimento. Attraverso l’impugnazione della decisione di primo grado, tutto torna in discussione, il rapporto tra le parti nella sua completezza viene sottoposto al nuovo giudizio. Vi è poi chi sostiene che non

97

LUBRANO, Il processo amministrativo di appello, Roma, 1983.

98

F.SAITTA, Commento all’art.101 del codice del processo amministrativo, in www.giustizia- amministrativa.it , luglio 2010

sarebbe possibile distinguere tra sentenza e provvedimento, costituendo entrambi congiuntamente l’oggetto dell’appello99.

L’orientamento giurisprudenziale maggioritario, e che quindi ha prevalso, è senza dubbio quello secondo cui, nel giudizio d’appello l’atto impugnato non è il provvedimento dell’amministrazione, bensì la sentenza del T.A.R, e l’appellante ha quindi l’onere di confutare le argomentazioni del giudice di primo grado indicando i motivi per i quali la sentenza sarebbe erronea e da riformare100. Va detto peraltro che, pur affiorando ancora di recente anche l’indirizzo minoritario che individua l’oggetto del giudizio d’appello nel provvedimento impugnato in primo grado101 , le differenze fra le due impostazioni sono più teoriche che pratiche, dal momento che entrambe pervengono poi alle medesime conclusioni quanto all’onere di specificazione dei motivi d’appello.

Quanto ai motivi d’appello, è da tempo maggioritario l’indirizzo secondo cui, essi devono essere specificamente articolati avverso i capi della sentenza che l’appellante intende contestare, in modo da esplicitare le ragioni di dissenso dalle conclusioni raggiunte dal giudice di primo grado e consentire al giudice d’appello un riesame della questione controversa102. Il tema è alquanto complesso, intrecciandosi con la questione generale dell’effetto devolutivo

99 SAITTA, L’appello nel processo amministrativo, in Studi per il centenario della Quarta

sezione, Roma, 1989.

100 Cons. Stato Sez. VI, 3 novembre 2009, n. 6805; Cons. Stato Sez. V, 3 febbraio 2009, n. 595,

Cons. Stato Sez. V, 4 marzo 2008, n. 896; Cons. Stato Sez. IV, 12 luglio 2007, n. 3997

101Cons. Stato Sez. V, 4 marzo 2008, n. 896

dell’appello, tale da comportare la riemersione dinanzi al giudice di secondo grado della materia controversa in prima cure nella sua interezza, che dunque può essere integralmente riesaminata e rivalutata; a ciò si aggiunge che l’appello è un rimedio a “ critica libera”, mediante il quale può essere dedotto qualunque tipo di vizio nella sentenza impugnata, diversamente da altri rimedi, quali la revocazione o il ricorso per cassazione, laddove è la legge a predeterminare rigorosamente le ipotesi in presenza delle quali il rimedio può essere attivato103. Malgrado ciò, appare corretta l’impostazione secondo cui l’effetto devolutivo dell’appello opera nei limiti dei motivi d’impugnazione formulate dalle parti, alle quali è quindi consentito anche circoscrivere il thema

decidendum ad alcune soltanto delle questioni esaminate in primo grado; secondo l’opinione preferibile ciò dipende dall’operatività anche in secondo grado del principio dispositivo che governa il processo amministrativo, in virtù del quale sono le parti a delimitare in concreto l’oggetto del giudizio104. L’attuale comma 1 dell’art. 101 c.p.a., nella parte in cui individua nell’ambito del contenuto necessario del ricorso in appello “ le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata […]”, va inteso come confermativo del più rigoroso orientamento giurisprudenziale, il quale ritiene insufficiente, ai fini dell’ammissibilità dell’appello, la mera riproposizione dei motivi di censura articolati in primo grado, ritenendo invece applicabile al processo

103LIUZZO, La revocazione, l’appello e l’opposizione di terzo in www.giustizia-amministrativa.it 104

amministrativo l’art. 342105 c.p.c. ed esigendo quindi l’esposizione analitica dei motivi di dissenso avverso le argomentazioni spese dal giudice di primo grado106. Infatti la giurisprudenza ha puntualmente statuito che i motivi di appello devono risultare specifici e fornire una chiara esposizione delle doglianze avanzate nei riguardi della sentenza gravata e delle domande rivolte al giudice d’appello mediante indicazione delle ragioni che stanno alla base della richiesta di riformulazione della stessa sentenza107; ne discende che anche in caso di integrale censura della sentenza impugnata le ragioni del gravame devono essere esposte con sufficiente grado di specificità108. Inoltre non avendo il giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato la natura di un

iudicium novum, la cognizione del giudice resta circoscritta alle questioni dedotte dall’appellante 109 . A conferma del rigore, che caratterizza l’orientamento giurisprudenziale in esame, occorre dire che in caso di mera esposizione dei fatti che hanno dato origine alla controversia ed in palese assenza di qualsivoglia indicazione circa i vizi riscontrabili nel modus

procedendi del giudice di primo grado e delle norme che si ritengono violate o

105

Forma dell’appello; L’appello si propone con citazione contenente le indicazioni prescritte dall’art. 163. L’appello deve essere motivato. La motivazione dell’appello deve contenere a pena di inammissibilità: l’indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado; L’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata. Tra il giorno della citazione e quello della prima udienza di trattazione devono intercorrere termini liberi non minori di quelli previsti dall’articolo 163-bis.

106

SIGISMONDI, Osservazioni alle disposizioni sulle impugnazioni del processo amministrativo in www.giustizia-amministrativa.it

107

Cons. Stato Sez. V, 20 maggio 2010, n. 3179; Cons. Stato Sez. V, 14 maggio 2010, n. 3019;

108

Cons. Stato Sez. V, 3 febbraio 2009, n. 595; Cons. Stato Sez. V, 23 dicembre 2008, n. 6535; Cons. Stato Sez. V, 14 aprile 2008, n. 1660

109

Cons. Stato Sez. V, 22 febbraio 2010, n. 1029; Cons. Stato Sez. V, 20 luglio 2009, n. 4541; Cons. Stato Sez. V, 14 aprile 2008, n. 1660; Cons Stato Sez. IV, 7 giugno 2004, n. 3614

erroneamente applicate, il ricorso d’appello risulta essere inammissibile110, e nemmeno può pretendersi che sia il giudice di appello ad estrarre dall’insieme delle articolazioni defensionali l’esistenza di una specifica causa petendi, la quale deve essere chiaramente evincibile dai motivi d’appello, precisamente indicati e idoneamente sviluppati111.

Possiamo quindi concludere sui motivi d’appello, affermando che il ricorso in appello deve contenere, ai fini della sua ammissibilità: un’esposizione chiara delle doglianze e delle domande rivolte al giudice del gravame, nonché le censure che investono puntualmente il decisum di primo grado, precisando i motivi per i quali la decisione impugnata sarebbe erronea e da riformare112. Ne discende che sono inammissibili per genericità i motivi d’appello che si sostanziano nella mera riproduzione delle censure già dedotte davanti al T.A.R. e da questo motivatamente disattese113. Tuttavia, occorre precisare che a questo indirizzo dominante se ne contrappone un altro, seppur minoritario, che inquadrando l’appello fra i rimedi impugnatori, assume la non integrale operatività nel giudizio amministrativo, delle regole ex art. 342 c.p.c. sopra esposte, sulle quali prevarrebbero principi parzialmente diversi, ricavabili dall’art. 6, n. 3, R.D. n. 642 del 1907, richiamato dall’art. 29 della L. 1034 del

110

Cons. Stato Sez. IV, 10 maggio 2007, n. 2214

111

Cons. Stato Sez. IV, 19 MAGGIO 2008, n. 2292

112

Come previsto da Cons. Stato 31 dicembre 2009, n. 9295

113

Cons. Stato Sez. IV, 28 gennaio 2010, n. 363; Cons. Stato Sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8966; Cons. Stato Sez. VI, 22 ottobre 2009, n. 6495; Cons. Stato Sez. VI, 1 luglio 2009, n. 4238; Cons. Stato Sez. IV, 8 giugno 2009, n. 3507; Cons. Stato Sez. V, 21 novembre 2007, n. 5926; Cons. Stato Sez. V, 23 dicembre 2008, n. 6535; Cons. Stato 17 ottobre 2008, n. 5065; Cons. Stato 7 luglio 2008, n. 3380; Cons. Stato Sez. 14 aprile 2008, n. 1581; Cons. Stato Sez. 30 gennaio 2009, n. 514;

1971, e ne discenderebbe l’ammissibilità di un appello consistente nella mera ripetizione delle censure articolate in primo grado, qualora emerga con sufficiente chiarezza la volontà di ripresentare tali doglianze, contestando in

toto le argomentazioni del giudice che le ha disattese114.