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L’istituto dopo l’entrata in vigore della Legge n 1034/1971; rilievi dottrinali e giurisprudenziali.

LA PROPOSIZIONE DEI MOTIVI AGGIUNT

4.5 L’istituto dopo l’entrata in vigore della Legge n 1034/1971; rilievi dottrinali e giurisprudenziali.

L’istituto dei motivi aggiunti nell’appello amministrativo è stato introdotto nella dalla Legge n. 1034 del 1971 nell’art. 21236 ultima allinea, il quale recitava: “tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse

parti, connessi all’oggetto del ricorso stesso sono impugnati mediante la proposizione di motivi aggiunti”. La norma si giustificava nella considerazione che la disciplina processuale dei motivi aggiunti aveva già trovato una solida elaborazione pretoria.

Seguendo parte della dottrina, formatasi subito dopo l’entrata in vigore della suddetta Legge, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ammette la proponibilità dei motivi aggiunti in appello237, in ordine a quelle censure che non era possibile dedurre con il ricorso introduttivo, quando cioè, per sussistendo sin da qual momento le ragioni di doglianza, queste non potevano essere note al ricorrente perché fondate su atti a lui sconosciuti in quel momento, e conosciuti invece a seguito del deposito in giudizio ad opera delle controparti di atti o documenti inerenti al giudizio stesso238. Questo limitato ambito di proponibilità, per effetto del quale si riteneva inammissibile il motivo aggiunto, non giustificato dalla produzione in giudizio di documenti nuovi è

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Successivamente modificato dal primo al quinto comma dall’Art. 1 della Legge 205 del 2000.

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Cons.St., sez. IV, 13 novembre 1979, n. 1052; Cons.St., Ad. Pl. 28 ottobre 1980, n. 30.

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stato in seguito superato dalla giurisprudenza239; è stato infatti affermato che il presupposto necessario per la deduzione di vizi dell’atto impugnato è l’ignoranza per qualsiasi causa di tali vizi per ragioni non imputabili a colui che li deduce e non già l’occasione tardiva della loro conoscenza. Per questo, è stato poi affermato che la proposizione dei motivi aggiunti è ammessa tutte le volte in cui la conoscenza di taluni profili di illegittimità sopravvenga all’impugnazione, dopo la scadenza utile per proporre, per una qualsiasi causa non imputabile al ricorrente e non solo se la conoscenza derivi dalla produzione in giudizio di atti e documenti.

Il Consiglio di Stato in altre pronunce ha precisato240 che il doppio grado di giurisdizione non necessariamente debba comportare un duplice esame nel merito della controversia, esame che in toto o per singoli aspetti può anche svolgersi per la prima volta in sede di appello, come ad esempio nei casi in cui il ricorso sia stato deciso in limine in primo grado con una decisione di inammissibilità o di irricevibilità o con l’assorbimento dei motivi, mentre il giudice di secondo grado, riformata la decisione, può passare ad esaminare il merito del ricorso non esaminato in primo grado241.

Prima che la giurisprudenza definisse il problema nei sensi anzidetti, ed in via generale, si era sostenuto anche per i motivi aggiunti che, a stretto rigore, data la struttura del processo amministrativo, articolato ora in due gradi, la controversia si sarebbe dovuta portare nuovamente davanti al giudice di primo

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Cons. St. Ad. Pl. 28 ottobre 1980, n. 38 in Foro.it

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Cons. St., sez. VI, 13 luglio 1979, n. 518.

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grado perché si pronunciasse sulle nuove censure242. Ma una volta chiarito che l’esigenza del doppio grado è assolta, in via generale, con la possibilità prospettata al giudice di primo grado di conoscere l’intera controversia, anche se in concreto non siano stati affrontati tutti i suoi aspetti di rito e di merito, il giudice può direttamente conoscere quegli aspetti rimasti esclusi dall’esame per una qualsiasi ragione, purché non risultino preclusioni per effetto del comportamento processuale delle parti.

Una volta premesse in secondo grado le iniziative istruttorie, le quali necessariamente fanno conoscere al giudice elementi nuovi, rimane consentita la proposizione dei motivi aggiunti direttamente dinanzi al giudice di appello, mediante un ampliamento del thema decidendum, con l’ovvio ed invalicabile limite che i vizi dedotti emergano effettivamente dalle nuove acquisizioni, non fossero cioè né conosciuti né conoscibili con l’ordinaria diligenza della parte, ma acquisiti per la prima volta in fase di gravame243. E’ stato altresì chiarito, che la proposizione di motivi aggiunti nel giudizio d’appello non è compatibile con la veste di appellato, di appellante o di appellante incidentale, dal momento che, rispetto alle illegittimità in precedenza non conosciute, il privato riacquista la posizione di ricorrente per tutte le connesse facoltà; infatti, diversamente, gli verrebbe ingiustamente sottratta la possibilità di far valere gli ulteriori vizi di cui risulti affetto l’atto impugnato.

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CAIANIELLO, Manuale di diritto processuale amministrativo, Torino, 1988.

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La giurisprudenza ha anche avuto modo di soffermarsi su un altro problema, che ha permesso di precisare che il motivo aggiunto dedotto in appello sulla base di documenti depositati in tale sede, il quale costituisca svolgimento di un motivo dedotto nel giudizio di primo grado conclusosi con una declaratoria di inammissibilità del ricorso, attiene non già all’impugnazione della sentenza di primo grado ma all’impugnazione del provvedimento amministrativo oggetto del giudizio devoluto al giudice di appello; detto giudizio si svolge con la salvaguardia di tutte le posizioni processuali delle parti, quali si sarebbero prospettate dinanzi al giudice di primo grado e senza le preclusioni desumibili dall’intervenuta sentenza impugnata con l’atto di appello e poi impugnata244.

4.6 Ammissibilità e limiti dei motivi aggiunti in appello