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DIVIETO DELLO JUS NOVORUM

3.5 Orientamenti giurisprudenziali; il divieto di nuove domande

3.5.1. Il divieto di nuove eccezion

Assai più travagliata è l’elaborazione giurisprudenziale, con riguardo alle nuove eccezioni in appello, che egli ultimi anni ha avuto una decisa svolta, senza tuttavia approdare, a quanto sembra, ad una definitiva soluzione.

I primi dubbi attengono proprio alla vigenza o meno del divieto, in quanto, fino a qualche anno fa, la giurisprudenza era prevalentemente orientata nel senso dell’inapplicabilità dell’Art. 345, comma 2, c.p.c. al processo amministrativo. Si riteneva infatti a supporto di tale affermazione182 che la regola posta dall’anzidetta disposizione183, non è compatibile con le esigenze del processo amministrativo, in cui si risolvono controversie strettamente connesse agli

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Cons. St. Sez. VI, 22 maggio 2008, n. 2432; Sez. IV, 24 maggio 2007, n. 2636

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Cons. Giust. Amm. Reg. sic., 10 dicembre 2002, n. 663; Con. St. Sez. IV, 28 dicembre 2000, n. 6947.

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Cons. St. Sez. IV, 16 ottobre 2001, n. 5449

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In tal senso vedi Cons. St. Sez. V, 17 gennaio 1994; Cons. Giust. Amm. Reg. sic. 15 giugno 2007, n. 493; Cons. St. Sez. VI, 25 settembre 1990, n. 842.

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PICCIOLI, L’appello amministrativo nell’evoluzione della giurisprudenza 1998

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secondo cui, nel giudizio d’appello, “ non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio”.

interessi pubblici, che vanno sempre perseguiti istituzionalmente dalle Pubbliche Amministrazioni, e si chiede al giudice un parziale novum iudicum, nel senso che in secondo grado può verificarsi non solo se sia corretta o meno la sentenza impugnata, ma anche se la domanda formulata in primo grado sia stata esaminata e risolta secondo le regole sostanziali che la riguardano; anche dopo la riforma del processo civile del 1990, l’appello amministrativo continua, quindi, a costituire un rimedio di cui le parti possono avvalersi per rimediare ai loro errori.

In una pronuncia a sostegno dell’inconciliabilità della vigente disciplina processual-civilistica con il sistema della giustizia amministrativa, si aggiungeva che il giudice amministrativo è tenuto ad esaminare il fondamento, nel merito, delle censure dedotte, indipendentemente dalle difese esercitate dall’Amministrazione e dai controinteressati, e si precisava che siffatto convincimento non si poneva in alcun modo in contrasto con quanto affermato dall’Adunanza plenaria184.

Tale impostazione era stata contraddetta da un'altra sezione del Consiglio di Stato, secondo cui, da un lato, proprio il principio del doppio grado di giurisdizione, costituzionalmente garantito nel giudizio amministrativo, giustifica soluzioni processuali che assicurano un potenziale riesame anche delle decisioni sulle eccezioni non rilevabili d’ufficio, obiettivo che sarebbe frustrato qualora tali eccezioni fossero proponibili per la prima volta in sede di

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gravame; dall’altro, il riferimento all’esigenza di tutela degli interessi pubblici coinvolti nel processo amministrativo ed al carattere indisponibile delle posizioni giuridiche di cui è titolare l’amministrazione, non sembra decisivo, in quanto, nell’ambito di un necessario bilanciamento fra interessi costituzionalmente protetti, merita adeguata considerazione anche l’interesse alla rapidità ed efficienza del giudizio, ora espressamente garantite dall’art. 111 comma 2, Cost: da qui l’applicabilità del divieto di nuove eccezioni di cui all’art. 345 comma 2, c.p.c., nell’ambito di un giudizio impugnatorio che ora recupera pienamente la sua originaria dimensione di riesame del giudizio di primo grado nei limiti del thema decidendum sottoposto al giudice di prime cure ( c.d. revisio prioris instantiae)185.

In altre pronunce la questione attinente all’ammissibilità o meno, per la prima volta in appello, dell’eccezione più ricorrente nel processo amministrativo, è stata risolta prescindendo del tutto dalla questione relativa all’applicabilità dell’Art. 345 c.p.c. al processo amministrativo, ed ai relativi limiti. Ed infatti, a partire da un’argomentata decisione del 2002, il Consiglio di Stato aveva maturato il convincimento che nell’art. 3 del r.d.l. n. 295/1939186 andasse individuato un regime speciale dell’eccezione di prescrizione, che la sottraesse all’applicabilità dell’art. 345, comma 2, c.p.c. in quanto eccezione che, per la sua stretta connessione con l’interesse pubblico, pure essendo eccezione non

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Cons. St. Sez. VI, 6 marzo 1996, n. 292; Cons. St. Sez. IV, 28 dicembre 2000, n. 6947

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che impone all’amministrazione pubblica di recuperare i pagamenti di somme prescritte corrisposti al pubblico dipendente, impedendole quindi di rinunciare, anche tacitamente, alla prescrizione.

rilevabile d’ufficio, non è riconducibile alle eccezioni in senso stretto per le quali è richiamabile il divieto di allegazione di nova in appello, vertendosi in materia della quale l’Amministrazione non può liberamente disporre e sottoposta ai principi dell’Art. 97 Cost.187.

In sostanza, secondo questa impostazione, la regola dell’irrinunciabilità della prescrizione non comporterebbe che la relativa eccezione sia rilevabile d’ufficio, in deroga al generale disposto di cui all’Art. 2398 c.c, bensì una limitazione del divieto di cui all’art. 345, comma 2, c.p.c., poiché l’Amministrazione, quando deduce in appello, per la prima volta l’eccezione di prescrizione, manifesta con evidenza che il patrimonio della Pubblica Amministrazione è indisponibile, esercita il suo potere-dovere, legato alla competenza amministrativa, di corretta amministrazione delle risorse finanziarie pubbliche, compie un’attività che il Legislatore vuole che sia svolta anche a fronte di un adempimento spontaneo del debito, e quindi, a fortiori in caso di carenze od inerzia nello svolgimento delle difese di primo grado.

La svolta, si ha quando, nel febbraio del 2004, la Sez. V del Consiglio di Stato, preso atto dei contrasti giurisprudenziali, rimette all’Adunanza Plenaria la questione dell’ammissibilità o meno, per la prima volta in appello, dell’eccezione di prescrizione dei crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione. Nelle due ordinanze si fa il punto della situazione, rammentandosi come la questione involga il più generale problema

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dell’applicabilità dell’art. 345, comma 2, c.p.c. al processo amministrativo, privo di una specifica disciplina dello jus novorum, e come, con specifico riguardo alla prescrizione del credito, ad un orientamento giurisprudenziale secondo cui quest’ultima può essere dedotta per la prima volta in appello perché non costituisce una vera e propria eccezione, ma un motivo di carattere sostanziale o eccezione in senso stretto, si contrapponesse un diverso indirizzo che negava l’ammissibilità del motivo di carattere sostanziale o eccezione in senso stretto, si contrapponesse un diverso indirizzo che negava l’ammissibilità del motivo fondato sulla prescrizione, non eccepita in primo grado, perché la prescrizione non è rilevabile d’ufficio188.

L’Adunanza plenaria opta per la soluzione più rigorosa, sancendo l’inammissibilità, per la prima volta in appello, dell’eccezione di prescrizione del credito retributivo dei pubblici dipendenti non formulata in primo grado. La chiave di volta delle due sentenze è espressamente individuata nell’art. 24 Cost., che, imponendo come valore di rilevanza costituzionale la completa parità delle parti nel processo assicuri detta parità in ogni stato e grado di esso, ma anche l’erroneità di ogni interpretazione di tale norma della quale possa evincersi una posizione di privilegio, sul piano processuale, di una parte a discapito delle altre. Si pone dunque in contrasto con gli anzidetti principi ogni interpretazione dell’art. 345 c.p.c. che ne estrapoli il secondo comma, per escluderne l’applicabilità al processo amministrativo in funzione della

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situazione di diritto sostanziale della Pubblica Amministrazione189. In sostanza secondo l’Adunanza Plenaria, alle posizioni giuridiche soggettive oggetto dell’eccezione di prescrizione non può accordarsi un diverso e minor grado di protezione a seconda del soggetto ei cui confronti siano fatte valere e del giudice alla cui cognizione debbano essere portate, essendo a tale riguardo inaccettabile l’argomento che fa riferimento al ruolo autoritativo dell’amministrazione, in virtù del quale certa giurisprudenza aveva dedotto che il giudice amministrativo conoscerebbe di questioni strettamente connesse agli interessi pubblici, sicché all’amministrazione dovrebbe essere consentito perseguirli in ogni stato e grado del processo senza incorrere in preclusioni; proprio perché non si controverte di giudizi di legittimità ed impugnatori, bensì di giudizi su diritti soggettivi, nei quali l’interesse pubblico è relegato in secondo piano, sostenere che il divieto di cui all’art. 345 secondo comma, c.p.c. valga solo per una delle parte in giudizio, significherebbe avallare un’evidente disparità di trattamento, in violazione dei richiamati principi di pienezza della tutela giurisdizionale e di uguaglianza delle parti davanti al giudice, di cui agli artt. 24 e 3 Cost.

Dal 2005 ad oggi, la giurisprudenza, nella quasi totalità dei casi, si è adeguata all’indirizzo impartito dall’adunanza plenaria con riguardo alla specifica questione della prescrizione dei crediti retributivi dei pubblici dipendenti190,

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Cons St. 29 dicembre 2004, in www.giustizia-amministrativa.it

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Cons. St. Sez. VI, 24 gennaio 2005, n. 105; Cons. St. Sez. IV, 7 giugno 2005, n. 2969; Cons. St. Sez. VI, 22 giugno 2005, n. 3345; Cons. St. Sez. VI, 21 giugno 2006, n. 3693;Cons. St. Sez. V, 30 agosto 2006, n. 5070; Cons. Giust. Amm. Reg. sic. 17 febbraio 2007, n. 33, riguardante

sia, più in generale, all’applicabilità dell’art. 345, comma 2, c.p.c. al processo amministrativo191.

Con specifico riguardo al novum vietato in appello, è stato poi precisato, che l’eccezione nuova è configurabile solo quando la deduzione proposta non abbia alcuna connessione logica con quanto dedotto in primo grado, sì da costituire una ragione di indagine, da parte del giudice del gravame, diversa da quella espletata in primo grado; pertanto, non è precluso al giudice di appello porre a fondamento della decisione che riconosce la legittimità del provvedimento amministrativo impugnato motivi di diritto non formalmente indicati nel giudizio di prime cure e per i quali non sono configurabili preclusioni processuali192. Allo stesso modo, nel pronunciare le decisioni di rigetto, egli non è vincolato dalle norme invocate dalle parti e resta libero di applicare le disposizioni normative ritenute più rilevanti nel caso concreto, come del resto si evince, ancorché indirettamente, dall’art. 113 c.p.c., secondo cui il giudice deve seguire le norme di diritto e, dunque, tutte le norme costitutive del sistema giuridico, comprese, quindi, quelle non richiamate dalle parti.

Infine, relativamente all’ambito soggettivo, è stato affermato che, vietando l’art. 24 Cost. qualsivoglia compromissione del diritto di difesa, le

l’eccezione di interruzione della prescrizione, considerata come eccezione in senso proprio e quindi non rilevabile d’ufficio, come quella della prescrizione; Cons. Giust. Amm. Reg. sic., 16 maggio 2008, n. 444, secondo cui l’amministrazione non può eccepire, in sede di esecuzione della decisione su ricorso straordinario, la prescrizione non eccepita nel corso del relativo procedimento contenzioso; Cons. St. 7 aprile 2008, n. 1443, secondo cui la prescrizione, in quanto oggetto di un’eccezione processuale, non può essere fatta valere in sede di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in www.giustizia-amministrativa.it

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Vedi ad es. Cons. St. Sez. VI, 10 marzo 2009, n. 1412; Cons. St. 22 maggio 2008, n. 2447; Cons. St. 21 febbraio 2008, n. 600.

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amministrazioni resistenti hanno comunque facoltà di formulare in appello le eccezioni che non abbiano potuto sollevare in primo grado, entro il termine previsto per il rito ordinario a seguito della valutazione del primo giudice di decidere senz’altro la lite con sentenza abbreviata193.