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amore e sessualità, chi deve parlarne?

Nella fase adolescenziale iniziano le relazioni di coppia, e l’età dei rapporti sessuali è sempre più precoce. Questo pone una serie di problemi da affrontare, in ambito familiare, ma non solo.

Pietropolli Charmet individua un ulteriore aspetto che riguarda il “mutamento antropologico” da Edipo a Narciso, e che investe il modo di amare del Narciso:

“…è come se, a differenza dell’amore romantico,(…) ci fosse nell’amore narcisistico la

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realizzazione del progetto futuro e non confligge affatto con la realizzazione sociale di

ciascuno dei due partner” (p.117)

“L’adolescente di un tempo era disponibile a qualsiasi sacrificio pur di essere ricambiato, se non lo era, la sua adolescenza era rovinata per anni…” (p. 10)

In questo testo quando l’Autore si riferisce all’amore narcisistico non intende il narcisismo come categoria clinica e nemmeno la teoria freudiana, secondo cui ogni amore è narcisistico. Intende, piuttosto, il nuovo tipo di amore della generazione dei Narcisi, diverso dall’amore romantico o “tradizionale”, in cui l’altro era idealizzato e il sentimento era potente e sovrastava l’intera vita del soggetto innamorato. Secondo questa nuova tipologia, il Narciso, essendo spinto verso l’autorealizzazione, non è più disponibile a un tipo di amore assoluto a cui sacrificare l’intera propria esistenza. L’elemento che appare dissonante è che l’Autore indica questo cambiamento come una “perdita”, pur riconoscendo nell’amore narcisistico la reciprocità e il sostegno verso la realizzazione dell’altro, quindi non in chiave utilitaristica e egoista. Anche questo cambiamento è molto più probabilmente il frutto di un mutamento di contesto, in cui la non linearità del percorso consente e, in un qualche modo, richiede, di non precludersi precocemente delle strade, consente alle donne di intraprendere percorsi diversi e più articolati del “tradizionale” matrimonio e successiva maternità, propone una visione della vita di coppia non più come un “destino” che una volta scelto non può mutare. Se la vita di coppia è vissuta come una forma di realizzazione di Sé, un impegno reciproco, in cui si è attenti al bene dell’Altro, si potrebbe dire che è un’evoluzione dell’amore romantico, in cui l’altro e l’amore stesso erano frutto di una idealizzazione e delle successive cristallizzazioni, e la relazione di coppia, sancita dal fidanzamento e dal successivo matrimonio, erano scelte molto meno libere e autentiche di quelle che oggi possono sperimentare giovani e adolescenti. Anche in questo caso i “problemi” degli e delle adolescenti sembrano più legati ad una nostalgia del passato, piuttosto che a un concreto rischio per il loro benessere. Ciò non significa che sia generalizzabile questo

137 “nuovo tipo di amore”, ma che, tutto sommato, non appare più immaturo o problematico di quello “tradizionale”.

Riguardo al tema della sessualità, tra i diversi testi che se ne occupano, soprattutto per i rischi connessi alla precocizzazione e ai rischi del Web, quello che fornisce una direzione educativa che propone uno sguardo positivo è quello di Ammaniti (2015). L’Autore afferma che permettere a ragazze e ragazzi anche molto giovani di vivere liberamente e apertamente la propria sessualità sotto il tetto dei genitori, può portare ad una sorte di “disinnesco” della sessualità stessa. Il poter vivere la sessualità con agio è infatti uno dei motori principali per la volontà di emancipazione, della ricerca di spazi di autonomia e di emancipazione, e permettere ai ragazzi e alle ragazze di vivere come se fossero già autonomi, pur non essendolo, toglierebbe questa potenzialità. Inoltre, aspetto ancor più importante, crea una sorta di promiscuità, di clima “confuso” che nuoce alla costruzione della sfera sessuale, depotenziando la sua funzione di “separatore” tra i figli e i genitori. Questo è probabilmente il territorio in cui è compito dei genitori impegnarsi molto in quello che lo stesso Autore definisce “un movimento da equilibristi”, che consiste nel trovare costantemente, e continuamente aggiustare, l’equilibrio tra la presenza e il sostegno nella vita dei figli, e il riconoscere quando lo spazio deve essere privato. Qui si delinea la possibilità di una posizione nuova dell’essere presenti, che può diventare anche essere assenti per rispetto, molto diversa dal non esserci per

indifferenza. Questo non significa che i genitori non dovrebbero intervenire nelle scelte del proprio figlio o della propria figlia, soprattutto in un’ottica di benessere della sessualità, ma piuttosto che le vite sessuali dei genitori e dei figli devono rimanere territori privati, e non devono entrare a fare parte delle esperienze di condivisione. Genitori e figli, specialmente su questi temi, non dovrebbero scambiarsi confidenze come se “fossero amici”, per rispettare e delimitare i confini della relazione educativa asimmetrica che i genitori devono continuare a mantenere, soprattutto in una fase tanto delicata. Riconoscere alle relazioni tra giovanissimi le stesse prerogative di una relazione tra adulti potrebbe portare a un carico di aspettative eccessive, e rendere la

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relazione più impegnativa di quanto non fosse nelle intenzioni del ragazzo o della ragazza.

La famiglia educa alla sessualità e all’affettività da sempre, probabilmente fin dal momento in cui si scopre la gravidanza, perché in questa sfera rientrano tutti gli aspetti connessi al corpo e ai suoi mutamenti, ai ruoli di genere, alle relazioni tra adulti, di cui i genitori sono il primo esempio. Il contributo della famiglia è pertanto fondamentale e precoce, anche se non sempre ne è consapevole e non agisce in termini di intenzionalità. Un clima di ascolto e di dialogo è certamente fondante per iniziare questo percorso con una “base sicura”. Ma non tutte le famiglie riescono a trasmettere le informazioni necessarie per il benessere sessuale, a causa di tabù o posizioni ideologiche che impediscono di affrontare costruttivamente questi argomenti. Inoltre, nella fase preadolescenziale e adolescenziale potrebbe essere fonte di imbarazzo per il ragazzo o la ragazza parlare delle proprie esperienze sessuali, e, come spiega Ammaniti, sarebbe opportuno mantenere gli spazi privati, pur mantenendo il dialogo aperto e libero, e fornendo tutto il supporto necessario.

Per questi motivi la scuola è l’ambito educativo che può costituirsi come punto di riferimento non alternativo, ma integrato, con la famiglia. Il problema che si pone non è di facile soluzione: come affrontare un argomento complesso come quello della sessualità in un contesto educativo, in cui non c’è una formazione specifica? D’altra parte, però, una domanda sorge altrettanto pressante: è possibile, oggi, non prevedere un contesto istituzionale che si occupi di questi temi, considerando i problemi posti dalle e dai preadolescenti e il fatto che non tutte le famiglie hanno gli strumenti per supportarli? Di fronte al tema del sexting12 e del revenge porn13, è possibile non fornire strumenti

12 Diffusione di materiale digitale con esposizione di nudo e/o atti

139 per evitare di cadere in questi meccanismo che in molti, troppi casi, hanno portato al suicidio? In questo caso la leadership educativa deve essere vista non in un’ottica di supremazia ma di integrazione, e le istituzioni scolastiche devono trovare il coraggio di porsi come punti di riferimento per fornire un’educazione alla sessualità e all’affettività che non sia solo informazione ma anche formazione:

“Spesso, in nome di una presunta libertà o desiderio di non interferire sugli orientamenti personali, le informazioni sessuali vengono fornite nel modo più neutro possibile, evitando anche il dibattito, il confronto e il commento personale...

…Riferirsi a una morale sessuale adeguata al tempo attuale significa, in questo contesto, aiutare i ragazzi a comprendere la sessualità nell’orizzonte complessivo del rapporto con sé stessi e con l’altro” (Fabbrini, Melucci,1992, p. 113)

Alla spontanea curiosità sulle origini della propria esistenza, e al misterioso rapporto che ha legato i propri genitori i bambini e le bambine si trovano in contesto ipersessualizzato, con messaggi mediatici ossessivi e continuati su allusioni sessuali. Non è purtroppo possibile difenderli da tutte queste sollecitazioni, la sola possibilità è non sottrarsi alle loro, legittime, domande. Sarebbe ipocrita fingere che queste non imbarazzano il mondo adulto, soprattutto se proposte da soggetti che secondo l’immaginario dovrebbero essere “innocenti”. Ma, d’altra parte, questo è il contesto sociale e culturale in cui bambini e bambine vivono oggi e che gli adulti hanno contribuito a costruire, non è possibile sottrarsi e soprattutto la conseguenza è che questo “vuoto educativo” viene poi riempito dalle informazioni reperibili sul web, su cui non è possibile alcun controllo e che pongono ulteriori problemi. Le linee guida dell’OMS per l’educazione sessuale olistica possono offrire un percorso scientificamente fondato su cui costruire un percorso condiviso per l’educazione alla

13 Fenomeno in cui per vendetta si mettono online materiali

sessualmente espliciti di una persona non consenziente all’esposizione mediatica

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sessualità e all’affettività, ma la loro applicazione ha suscitato una “alzata di scudi” di una parte di genitori che rivendicano la prerogativa educativa sui propri figli. Tale posizione ideologica non può essere avvalorata nella misura in cui le proposte didattiche dell’OMS non hanno una caratteristica ideologica, ma si fondano su ricerche scientifiche che tengono conto delle più recenti ricerche sullo sviluppo psicologico e fisico dei soggetti educativi. Certamente, sono in alcuni aspetti dissonanti da un’impostazione ideologica riguardo a temi quali il controllo delle nascite e la libertà dell’orientamento sessuale, ma in questo caso sarebbe necessario insistere sul fatto che offrire più possibilità è esattamente il compito dell’educazione, e che l’indottrinamento non è accettabile nemmeno se tentato dalla famiglia, perché i bambini e le bambine sono soggetti portatori di diritto. Se l’educazione al rispetto di Sé e dell’altro è un percorso che deve iniziare da lontano, e che deve vedere le agenzie educative in alleanza, il tema dell’educazione alla sessualità e all’affettività dovrebbe essere affrontato tenendo conto che i e le preadolescenti sono attori attivi e impegnati nella loro formazione, e vanno tenuti in considerazione anche i loro bisogni. La preadolescenza e i suoi mutamenti richiedono un’attenzione particolare riguardo alle questioni della corporeità e delle relazioni, ma non si può trascurare la incipiente possibilità e capacità di partecipazione e riflessione valoriale.

Parlare di emozioni è ancora oggi molto difficile, è un terreno su cui sia i genitori che gli insegnanti fanno fatica ad incontrare bambini/e e preadolescenti. Questa difficoltà può e deve essere superata perché la parte emotiva non è disgiunta dalla parte cognitiva, il loro intreccio è inestricabile e fondamentale per il pensiero razionale e l’apprendimento (Contini, Fabbri, Manuzzi, 2006).

L’educazione alle emozioni è un passaggio cruciale nella costruzione di un percorso di educazione all’affettività, e sarebbe opportuno iniziare molto prima dell’arrivo della preadolescenza, perché riconoscere e nominare le emozioni è il primo passo per conoscere sé stessi e entrare in relazione con l’altro. Iori (2009) propone alcuni punti essenziali per lavorare sulla consapevolezza emotiva:

141 - il primo passo è quello di scegliere di lasciarsi interpellare dai sentimenti, senza

atteggiamenti di fuga, porsi in una posizione di ascolto per fare esperienza dei propri sentimenti

- imparare a nominare i sentimenti e le emozioni recuperando un lessico più ricco e complesso, superando le “parole logore”

- cercare di comprendere i propri sentimenti, e il messaggio che possono mostrare, perché diventino una risorsa, soprattutto quelli difficili come la rabbia e la paura.

- il passaggio precedente è importante per raggiungere l’accettazione di quelle componenti dell’esistenza verso cui si cerca di non soffermarsi, come il dolore e il fallimento

La consapevolezza emotiva non è una competenza che è raggiunta per sempre, è un percorso che non ha fine e che per essere autentico passa dalla condivisione, dall’intersoggettività, e che si rileva come imprescindibile per poter compiere delle scelte. Soltanto se si è consapevoli dei propri sentimenti riguardo ad una situazione, la scelta sul proprio comportamento è una scelta consapevole, e di cui si assume la responsabilità. Per questo l’educazione alle emozioni è un aspetto imprescindibile per l’educazione delle generazioni future, sia per la loro esistenza individuale, che per quella collettiva.