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quadro teorico, definizioni preliminari e ipotes

Non è possibile impedire l’incontro con la pornografia da parte di ragazzi e ragazze, anche in età piuttosto precoce. Pur non essendo possibile individuare delle correlazioni deterministiche tra il consumo di pornografia e comportamenti sessuali, rimane aperto il problema dei messaggi che tale prodotto veicola. Il contesto culturale in cui crescono gli/le preadolescenti di oggi sono connotati da una forma di “pornizzazione” della società (Zecca, 2011), che si riflette non solo nella sovraesposizione dei corpi delle donne nei media (Zanardo, 2010), ma anche nell’esposizione degli aspetti più intimi delle relazioni che, ora, vengono trasmessi in televisione senza alcuna forma di pudore. Il sessismo è ancora molto presente nella nostra quotidianità, ed è reso ancora più forte da una forma di analfabetismo emozionale che impedisce ai soggetti di costruire una relazione autentica10: il messaggio pornografico non suscita alcuna dissonanza, anzi, è perfettamente integrato. Ma per i soggetti in via di formazione, alla scoperta del proprio corpo e delle proprie emozioni, il prodotto pornografico potrebbe configurarsi come una forma di “mal-educazione” su temi così centrali, come quelli dell’affettività e della sessualità. Per poter comprendere se e come si articola questa possibilità, il mio lavoro di ricerca si basa su un approccio che tenga conto delle particolarità del contesto. Le ricerche internazionali hanno già messo in luce come la diffusione della pornografia sia un fenomeno indiscutibile, e ciò che è più interessante è cercare di comprendere quali siano i vissuti dei soggetti minori che la incontrano. Le ricerche qualitative in questo campo sono in numero decisamente inferiore a quelle quantitative, e non forniscono risposte per le mie domande di ricerca. D’altra parte, pur non essendo deterministiche, tentano tutte di trovare una correlazione tra i comportamenti sessuali e il consumo di pornografia, senza addentrarsi nell’intreccio che, probabilmente, li connota. Per questi

10 Cfr Contini M, Comunicare fra opacità e trasparenza: nodi

103 motivi ho scelto di pormi nel campo epistemologico e metodologico che Corbetta (2003) chiama interpretativismo. (p.25)

La mia scelta è legata alla convinzione che i soggetti educativi cui si fa riferimento riguardo al tema della pornografia vivano una situazione paradossale riguardo al tema della sessualità: il contesto sociale invia costantemente messaggi sessualmente espliciti, la loro fase di sviluppo è monopolizzata dal cambiamento puberale e dalle prime relazioni ma la questione della sessualità è oggetto di silenzio nelle maggiori agenzie educative di cui sono parte, la scuola e la famiglia. Il legame tra sesso e minore età è probabilmente uno dei maggiori tabu della nostra società, nascosto dal silenzio che viene imposto anche ai soggetti stessi. Tra le possibili declinazioni del paradigma ecologico (Mortari, 2007) la mia ricerca si colloca prevalentemente nel campo della

critical theory, a partire dalla intenzione di ascolto dei soggetti educativi, su temi in cui la prevalenza del discorso educativo è medicalizzato e ideologizzato, quando non del tutto assente.

“Uno dei compiti della filosofia critica della ricerca è quello di smascherare le costruzioni politiche e culturali che si nascondono dietro le concezioni della ricerca scientifica come attività neutrale” (Mortari, p.121)

Anche le ricerche sulla pornografia, nella maggioranza dei casi, partono dall’ipotesi che il prodotto in sé sia un problema rilevante, e anche nella progettazione delle domande non c’è l’intenzione di esplorare la condizione soggettiva di chi lo consuma, ma piuttosto delle variabili che indichino, più o meno correttamente, quali effetti possa avere. Ad esempio, nel caso delle ragazzine più a rischio di abuso se guardano il porno, sarebbe importante definire se ci siano stati effettivamente episodi di abuso, e se questi siano avvenuti prima o dopo la visione del materiale, perché senza questo dato è impossibile distinguerlo tra un fattore predittivo o, piuttosto, conseguente o contestuale. se guardare porno è predittivo di abuso, nel caso in cui l’abuso poi si concretizzi, non potrebbe sembrare che la vittima “se lo sia cercato?”.

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Proteggere la sessualità dei giovani è un progetto molto ambizioso che richiede una posizione non giudicante ed empatica, che deve emergere anche dal disegno e dalla implementazione delle ricerche, in cui la partecipazione è un elemento imprescindibile per, tentare almeno, di non produrre effetti negativi e risultare poi efficaci. Facilmente, in tale ambito, il risultato potrebbe poi diventare quello di “proteggere i giovani dalla sessualità”, alimentando il clima di silenzio e di distanza tra le generazioni e non fornendo strumenti utili per costruire un percorso educativo.

L’interazione è un nodo centrale della mia ricerca, perché pur nella consapevolezza di toccare argomenti ad alto tasso di intrusività (Zammuner, 1998), la spiegazione del mio obiettivo di lavoro, conoscere il punto di vista degli/lle adolescenti riguardo le mie domande, ha aperto con facilità la comunicazione. Questo aspetto è stato aiutato anche dall’evidente desiderio di alcuni soggetti intervistati di parlare di questi temi con una persona che fosse a disposizione per fare “da specchio” ad alcuni vissuti ed esperienze che hanno scelto di condividere perché legate alle domande della mia ricerca.

Per procedere nel mio lavoro ho scelto di definire quale sia il tipo di prodotto pornografico su cui intendo concentrare la domanda. Considerando che non è possibile una definizione che si possa considerare unanime a partire dal contenuto o dall’intenzione della produzione, ho preferito restringere il campo ai materiali pornografici presenti gratuitamente sul web, che non richiedono di essere scaricati sul pc per essere guardati e che non sono considerabili come “film”, poiché manca la sceneggiatura e il montaggio. Per semplificare, si possono definire come i filmati gratuiti sui portali del porno che non hanno una trama. La mia decisione è legata alla considerazione che questo tipo di consumo è il più diffuso e facilmente reperibile, e quello che mostra con maggiore evidenza i nodi problematici che ho individuato.

Si rende necessaria anche una breve definizione di quali siano gli aspetti che intendo prendere in considerazione del tema degli stereotipi di genere: nel porno così come è stato definito, il ruolo della donna è estremamente legato ai topos messi in luce dal dibattito femminista e dallo studioso P. Adamo: come oggetto del desiderio maschile

105 non solo in termini di violenza (spesso linguistica) ma anche di una sottomissione legata alle performance e all’aspetto fisico. Il ruolo maschile rappresentato è specularmente quello del dominatore che esercita, senza alcun tentennamento, la propria aggressività sessuale sulla donna. Per poter affrontare la questione degli stereotipi di genere ho considerato che fosse importante introdurre e chiarire che il mio interesse non era un giudizio di tipo valutativo-contenutistico da parte degli/lle intervistati/e, ma ho cercato di fare emergere le loro interpretazioni.

Questi ruoli così normativi e cristallizzati possono indurre delle aspettative, cioè esercitano una forma di pressione sul come “dover essere” sia riguardo al corpo, proprio e altrui, che al modo in cui fare sesso. Essendo molto distanti dalla realtà comune, e ancor di più dall’immagine di sé che si tende ad avere in preadolescenza, mi sono chiesta se questi ruoli abbiano suscitato anche delle paure, legate ad esempio ad un senso di inadeguatezza o di perplessità per le performance sessuali.

Essendo consapevole delle spinte a rispondere secondo la desiderabilità sociale ho esplicitato la mia intenzione di non avere una posizione “moralizzatrice” riguardo alla pornografia, ma che il mio scopo era di comprendere se e come quell’esperienza avesse inciso in qualche forma su alcuni aspetti della loro vita, cercando prima di approcciare l’argomento chiedendo il loro punto di vista ponendo le domande in termini più generali. Questo ha consentito la creazione di un clima disteso e confidenziale, in cui fosse possibile approfondire portando anche la propria esperienza soggettiva.

“Secondo questa prospettiva il valore di una ricerca critica va misurato sulla base dell’impegno trasformativo che essa assume nei confronti delle ingiustizie sociali… L’agire che progetta ha necessità di pensare il futuro, ma di pensarlo come luogo del possibile” (Mortari, p.119)

L’aspetto che ho cercato di curare con maggiore attenzione è stato quello della

proposta. Durante gli incontri sono spesso emersi elementi di problematicità riguardo al tema del consumo di pornografia o più in generale della sessualità. A fronte di queste consapevolezze, che a volte si sono mostrate al soggetto intervistato nella fase di

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riflessione richiesta dall’intervista, una delle fasi più importanti è stata quella di chiedere quale potesse essere una strada da percorrere per trasformare gli elementi critici in campi di opportunità. La questione dell’educazione alla sessualità e all’affettività è troppo spesso trattata da adulti secondo le proprie posizioni ideologiche, senza che si abbia la cura di ascoltare i bisogni e i desideri dei soggetti educativi.