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Foucault e il dispositivo della sessualità

Se per Lacan il desiderio è frutto del processo individuale di soggettivazione, nella fatica di trovare uno spazio nella società impregnata dal discorso del capitalista, Foucault offre un’analisi che si focalizza sulla sessualità come terreno di potere, in cui il processo di soggettivazione è ambivalente e terreno di rapporti di forza.

L’operazione compiuta storicamente, così come analizzata da Foucault, è stata quella di trasporre il sesso in discorso, per giungere a una modificazione del desiderio stesso, e quindi attraverso il dispositivo della sessualità (che non esiste in sé, ma in quanto discorso) produrre effetti sulla sua economia.

il biopotere

Il dispositivo della sessualità è intimamente connesso con un mutamento storico e politico centrale, che Foucault chiama: era del biopotere. Questa forma di potere sulla vita inizia ad affermarsi nel XVII secolo, a partire da un mutamento simbolico del potere sovrano; infatti secondo l’autore il potere prima di questa “rivoluzione” si esercitava con la potenza della morte sui soggetti:

“il diritto che si formula come “di vita e di morte” è nei fatti il diritto di far morire o di lasciare vivere. Dopo tutto, era simbolizzato dalla spada. E forse bisogna ricollegare questa forma giuridica ad un tipo storico di società in cui il potere si esercitava essenzialmente come istanza di prelievo, meccanismo di sottrazione, diritto di appropriarsi di una parte delle ricchezze, estorsione di prodotti, di beni, di servizi, di lavoro e di sangue, imposti ai sudditi. Il potere era innanzitutto diritto di prendere: sulle cose, il tempo, i corpi ed infine la vita; fino al culminare nel privilegio d’impadronirsene per sopprimerla” (1978, p. 120)

Dopo questa fase il potere si esprime nell’amministrazione della vita, nella sua gestione e, quindi, nel suo controllo su due direttrici principali: la prima, grazie alle discipline si costruisce un sapere del corpo umano in quanto “macchina” e per questo utile e docile, che si realizza nelle grandi istituzioni, la seconda è legata al supporto e alla direzione dei processi biologici, e si concretizza nello studio e pianificazione demografici.

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Seguendo questa analisi appaiono evidenti alcune questioni, la prima è che questo tipo di potere è stato senza dubbio centrale nello sviluppo del capitalismo, per i suoi meccanismi di produzione e di riproduzione economica, ed hanno influito nei meccanismi di gerarchizzazione sociale e di dominazione non solo attraverso la repressione, ma per effetti di egemonia di chi deteneva il sapere della/sulla vita.

La seconda grande questione che si apre è che la politica, ora, deve occuparsi della vita dei soggetti e della sua pianificazione. Il biopotere necessita quindi di una biopolitica, perché non avvalendosi del potere della morte bensì di quello della vita, non può fondarsi solo ed esclusivamente sulla punizione della trasgressione della legge (la spada), ma deve avvalersi di meccanismi regolatori continui e correttivi. Da qui, accanto all’istituzione giuridica nascono apparati (medici, amministrativi, educativi…) le cui funzioni sono soprattutto regolatrici. Questo tipo di sapere/potere ha come effetto storico una società normalizzatrice.

Se questo processo è messo in luce da Foucault nei sui scritti legati all’analisi della follia e del crimine in connessione alla nascita e al particolare funzionamento delle istituzioni totali che le regolano, nella sua storia della sessualità l’autore cerca di porre in evidenza quanto, alla luce delle considerazioni precedenti, il sesso sia oggetto di scontro politico, sia nella forma di un micro-potere sui corpi dei soggetti, sia di misure che influenzano il corpo sociale.

Il sesso è un aspetto della vita dell’uomo che ha sempre suscitato turbamento, e innescato meccanismi di controllo e di interdetti: è sufficiente pensare a quanto il divieto dell’incesto sia stato studiato e riconosciuto come uno dei rarissimi casi di universale antropologico. Foucault tenta di individuare quali siano i meccanismi di potere che hanno istituito il sapere sulla sessualità e che caratterizzano la società occidentale, una forma di conoscenza e di svelamento importante, se si considera quanto questi incidano nella vita soggettiva e collettiva.

Foucault individua due modalità diverse per produrre la verità del sesso, l’ars amatoria e la scientia sexualis. Il primo modo è quello di società che hanno ricercato la verità del

85 sesso nel piacere stesso, dei suoi modi e dei suoi effetti, quindi concentrandosi sulla pratica sessuale e nel mantenere il riserbo riguardo ai discorsi, non per motivi di sospetto quanto di rispetto.

La scienza del sesso, appannaggio della nostra società, cerca la verità del sesso nella sua confessione, nel tentativo di giungere al luogo segreto in cui si nasconde attraverso i “discorsi”. Foucault prende ad emblema di questa tendenza l’istituto medievale della confessione, un rituale di “purificazione” all’interno di una relazione asimmetrica, che esplicita chiaramente quanto il discorso sul sesso sia interno a una dinamica di sapere/potere. Questa forma di ricerca della verità del sesso a partire dallo svelamento del segreto individuale continuerà successivamente, dopo la secolarizzazione, con la medicalizzazione del sesso e nella sua patologizzazione.

In questo modo si assiste ad una trasposizione: il sesso non sarà più osservato secondo la lente del peccato e della trasgressione, ma attraverso quella della normalità o della patologia, rimanendo comunque un campo di grande fragilità sia per la vita individuale che per quella collettiva, su cui è necessario avere un sapere capace di controllarlo. In questo senso, l’autore propone di leggere il dispositivo della sessualità come un campo centrale per la soggettivazione, intendendo con questa il modo in cui un individuo “diventa” soggetto: il sapere della sessualità gli impone di cercare la verità su sé nello svelamento del segreto del sesso che è nascosto perfino a lui stesso, grazie al contributo del sapere della scientia sexualis, che in questo modo lo a-soggetta.

A fronte di questi effetti “produttivi” del dispositivo della sessualità, l’autore mette in dubbio le teorie che denunciano una forte repressione sessuale nella società occidentale, ma anche quelle, legate alla psicoanalisi, che allo stesso modo le rigettano ma partendo dalla stessa idea di potere.

La teoria freudiana della repressione sessuale come condizione necessaria per la vita collettiva ha aperto un dibattito fondamentale che per molti anni ha affrontato questo tema, senza mettere in discussione il presupposto di partenza. Foucault mette in dubbio,

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invece, che la società occidentale agisca sul sesso prevalentemente in chiave repressiva o di rimozione:

“Molto di più che di un meccanismo negativo di esclusione o di rifiuto, si tratta della

creazione di una rete sottile di discorsi, di saperi, di piaceri, di poteri; non di un movimento che si ostinerebbe a respingere il sesso selvaggio in qualche regione oscura ed inaccessibile, ma di processi che lo disseminano alla superficie delle cose e dei corpi, che l’eccitano, lo rivelano e lo fanno parlare, l’introducono nel reale e gl’ingiungono di dire la verità: tutto uno scintillio visibile della realtà sessuale che riflettono la molteplicità dei discorsi, l’ostinazione dei poteri ed i giochi del sapere con il piacere” (1978, p. 67)

Secondo Foucault il biopotere non agisce in chiave giuridica, in termini di divieti e punizioni, ma ha cambiato verso un modello strategico che si muove non come un Potere Sovrano che agisce un dominio assoluto, ma piuttosto in una serie irrelata di rapporti di forza, che agiscono e interagiscono grazie agli apparati statali, nella formulazione delle leggi e nelle egemonie sociali.

La tesi di Foucault critica in particolare le teorie che hanno visto nella repressione sessuale una strategia di controllo per la produzione di forza lavoro, quindi all’interno di una logica di sfruttamento capitalistico. Analizzando storicamente questa affermazione l’autore mette in luce come le restrizioni sessuali, invece, fossero più stringenti nella classe dominante. È nella “famiglia borghese” che si è iniziato a controllare la sessualità dei bambini, a medicalizzare la sessualità femminile e, in generale, a considerare la sessualità come un terreno su cui era necessaria una forma di controllo per preservare la propria salute e quella dei discendenti. Quindi, una forma certamente legata al tema della nuova ideologia e economia capitaliste, ma in una forma “positiva-produttiva” di affermazione della classe sociale dominante. Questa forma di “igiene” della sessualità, che si distingue per il controllo della sessualità infantile e femminile, è quindi una sessualità che Foucault definisce di “classe”, con cui la psicoanalisi entrerà in collusione. Infatti, la portata “rivoluzionaria” della teoria del pansessualismo ha una

87 contraddizione interna nella misura in cui è appannaggio solo delle classi sociali agiate poter godere della “liberazione” sessuale, nella misura in cui era l’unica classe a subire gli effetti della repressione.

Solo successivamente sarà riconosciuta anche alla classe proletaria una sessualità, come risultato dei conflitti sociali e per poterla controllare nelle sue espressioni.

Questo tipo di “scivolamento” di un comportamento sessuale da una classe all’altra è avvenuto anche per il materiale pornografico, da quando è uscito da una tipologia di consumo di elite per diventare porno di massa negli anni ’70, cambiando in pochissimo tempo la sua natura di accessorio del piacere in un prodotto culturale, fino alla deriva mainstream che è oggi sotto gli occhi di tutti.

Il sapere sulla sessualità si concentra nell’individuare delle patologie, di cui siano affetti gli individui e che possano nuocere anche al processo riproduttivo. Nel fare questo, crea una categorizzazione dei “tipi” sessuali, il cui comportamento sessuale diventa una lente attraverso cui leggere l’intera esistenza dei soggetti.

Foucalt porta l’esempio della sodomia, un comportamento sessuale che era tendenzialmente considerato reato, che muta nella categoria della perversione omosessuale, e crea così la specie dell’omosessuale.

“La meccanica del potere che dà la caccia a tutto quest’universo disparato non

pretende di sopprimerlo dandogli una realtà analitica, visibile o permanente: essa lo fa entrare nei corpi, insinuarsi dietro i comportamenti, ne fa un principio di classificazione e d’intellegibilità, lo costituisce come ragion d’essere ed ordine naturale del disordine. Esclusione di queste mille sessualità aberranti? No, specificazione, piuttosto, solidificazione regionale di ciascuna di esse. si tratta, disseminandole, di diffonderle nel reale e d’incorporarle nell’individuo” (1978, p. 43)