L’uomo è definito da Bataille come un essere frammentario e discontinuo, non solo perché dotato di una coscienza che gli consente di sapere della morte senza potere immaginare la sua, ma anche perché consapevole della sua profonda e insuperabile condizione di solitudine, nonostante la possibilità di incontrare l’altro nella vita sociale, infatti, egli non può che constatarne l’irriducibile differenza. Secondo il filosofo, l’uomo
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Poiché la natura tende all’eccesso, che Bataille chiama dispendio, e la violenza dell’impulso sessuale è una delle sue espressioni più potenti, la società del lavoro cerca di controllarla attraverso dei divieti all’attività sessuale, che cambia, così, da animale ad erotica, propria solo dell’uomo.
Così come la morte non può essere rimossa dall’esperienza umana, così è anche per l’impulso sessuale, che diventa un terreno problematico perché sempre in precario equilibrio tra il rischio della violenza e l’affermazione della propria umanità.
In questo terreno liminale si crea un collegamento inestricabile tra eros e thanatos, in cui i soggetti si scontrano con le loro ossessioni ontologiche, col rischio e il desiderio sia della dissoluzione del sé che del ricongiungimento con l’altro. Perché ci sia erotismo è necessaria l’apertura all’altro, intesa come la distruzione di una chiusura per potere cogliere e creare l’intimità. Una dissoluzione delle forme sociali, o quantomeno una sua sospensione. In questo senso Bataille scrive che erotismo è un’attività propriamente umana quando e solo se pone dei problemi all’uomo, se diventa una modalità di messa in discussione di sé, una esperienza interiore problematica.
Se sono i divieti a rendere l’attività sessuale un’attività erotica, questo costituisce un paradosso, poiché essa diventa tale grazie all’imposizione di divieti che la distinguono dall’animalità, ma per essere agita questi divieti devono essere trasgrediti:
“Se il divieto fu essenzialmente di natura sessuale, esso ha sottolineato, secondo ogni
verosimiglianza, il valore sessuale del suo oggetto (o, piuttosto, il suo valore erotico). Qui sta appunto ciò che separa l’uomo dall’animale: è il limite opposto alla libera attività sessuale che dette un valore nuovo a ciò che, per l’animale, non era che un impulso irresistibile, fuggevole e povero di senso”. (Bataille, 2006, p.36).
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La trasgressione del divieto è una scelta necessaria per poter vivere l’esperienza erotica, ma la sua trasgressione non mette realmente in discussione il divieto, si configura come
aufheben, un superamento che comunque mantiene il divieto stesso.
Bataille ipotizza che i divieti imposti sulla condotta sessuale non siano mossi da spinte prettamente razionali, quanto, piuttosto, legate ad un irrazionale ritrarsi dell’uomo dalla violenza degli impulsi naturali e dalla loro insita violenza, intesa come tendenza all’eccesso e alla dissoluzione. Bataille afferma quindi che è la sensibilità umana a porre dei divieti che possono essere considerati come espressione del terrore della violenza.
Questo terrore è una componente centrale del movimento del desiderio:
“Posso affermare che la ripugnanza e l’orrore sono i moventi fondamentali del mio desiderio, e che proprio nella misura in cui l’oggetto del desiderio spalanca in me un vuoto altrettanto profondo della morte, esso suscita questo desiderio che, inizialmente, era fatto del suo contrario, vale a dire di orrore”. (1991, p. 56).
Questo terrore non è sufficiente a bloccare l’impulso e, al contrario, ne alimenta la dimensione problematica, costituendo la cifra dell’esperienza erotica. Per Bataille nell’erotismo la percezione di vacillare, di “affacciarsi al baratro” è assolutamente fondante e necessaria. La realtà dell’ordine del mondo del lavoro, del controllo sociale vacillano, e la chiusura di ogni sé deve dissolversi. Questo può creare angoscia, nella misura in cui riporta allo stato naturale e alla violenza della morte, poiché abbatte una barriera che non solo è costruita esternamente dal vivere collettivo, ma che è presente internamente in ogni soggetto per preservarlo dall’angoscia stessa.
Il superamento del divieto, senza la sua rimozione, diventa così un momento in cui l’angoscia è nutrimento per il desiderio stesso, in cui la sensazione dell’inumano insito nell’attività sessuale porta all’erotismo perché frutto di una trasgressione. Si potrebbe dire, afferma Bataille, che il divieto è fatto per essere infranto e che la trasgressione rende pieno il soddisfacimento sessuale, perché espressione della libertà del soggetto.
71 Questo superamento del divieto e la scelta della trasgressione sono elementi che, conservando il nucleo dell’animalità, preservano anche l’umanità stessa, poiché preservano l’uomo dal diventare un oggetto, dall’essere asservito nel lavoro e dal lavoro come gli animali addomesticati, per quanto l’universo del lavoro sia ciò che ha consentito all’uomo di emanciparsi dall’universo animale.
Nell’attività erotica si esperisce non solo la propria animalità ma anche quella dell’altro, e, dice Bataille, questo provoca orrore, poiché riconduce al piano della morte. L’altro non è mai considerato un oggetto del desiderio, ma è sempre un soggetto desiderante la cui apertura è fondamentale per poter vivere l’esperienza erotica, poiché c’è fusione e non distinzione tra soggetto e oggetto. Nel momento dell’incontro sessuale, l’altro rappresenta ed è sentito come una totalità, ed è desiderato in quanto tale poiché per poterlo raggiungere è stato necessario superare l’orrore, arrivando a desiderarlo. Il desiderio di apertura, di dispersione del sé e del dare, denota l’attività erotica come anti- economica, e per questo irrazionale e irragionevole.
La capacità dell’erotismo di ricondurre il soggetto all’esperienza della dissipazione naturale ha comportato la necessità di costruire dei divieti sessuali, che nei secoli hanno spesso definito il tipo di socialità delle diverse comunità. Bataille riconosce nel sacrificio e nelle feste delle ritualità necessarie per ribadire il divieto (non uccidere, non fare sesso) nella trasgressione organizzata collettivamente, che ascrive nell’ordine sacro ciò che altrimenti sarebbe stato profano. Per Bataille il divieto della violenza sugli altri uomini è inteso solo come l’aggressione del singolo verso un altro soggetto per motivi esclusivamente legati a una forma di animalità, non intende la violenza organizzata in modo collettivo come le guerre che rappresentano, infatti, una sorta di “forma rituale” della violenza.
Bataille rileva che il paradosso del Cristianesimo risieda nel non aver saputo, o voluto, tenere uniti i piani del divieto e della trasgressione, rendendo così assoluti il Bene e il Male. Questa differenziazione senza scarti, questo fasto che rimuove il ne-fasto, rende
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ancor più potente la trasgressione, che non potendo rientrare nell’ambito del sacro e del superamento del divieto, diventa profanazione.
Anche il tentativo della scienza, sebbene in un’ottica opposta ma speculare a quella del cristianesimo, pone l’attività sessuale sul piano meramente animale. Sancendo la normalità dell’impulso sessuale, senza sollevare problemi se non in chiave patologizzante:
“Rendendo innocente la vita sessuale, la scienza cessa decisamente di riconoscerla. Essa chiarisce la coscienza, ma a prezzo di un accecamento. Essa non afferra, nella precisione che esige, la complessità di un sistema in cui un piccolo numero di elementi sono ridotti all’estremità della cosa, quando respinge ciò che è confuso, ciò che è vago, ciò che d’altra parte costituisce la verità della vita sessuale” (1991, p.155)
L’annullamento della dialettica divieto/trasgressione annulla la trasgressione non per una vittoria del divieto, quanto per l’indifferenza che l’attività sessuale, a quel punto, susciterebbe negli uomini, poiché privata della componente erotica. In tale caso, l’impulso sessuale, per essere ancora efficace, potrebbe condurre sulla strada battuta da un divieto ancora più potente: quello delle aberrazioni.
Bataille considera il segreto come una condizione della sessualità umana necessaria perché essa si trasformi in attività erotica. Nascondere dalla luce e dagli occhi altrui significa attribuire a tale atto uno spazio di sacralità sancito dalla trasgressione, ribadendone il divieto che la preserva dall’essere una risposta cieca ad un bisogno, ma bensì una scelta problematica che mette in gioco il proprio sé e quello dell’altro, spogli, nella loro intimità.
Se la sessualità umana diventa erotismo nella trasgressione, nell’incontro con l’altro e nella problematicità dell’esperienza della dissoluzione, si potrebbe dubitare che i materiali pornografici siano ascrivibili acriticamente a queste condizioni.
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