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Oltre ogni etichetta, come quella della globalizzazione, l’inizio del millennio è stato caratterizzato da una serie di novità che incidono sul funzionamento delle aziende, e di conseguenza sugli attori che ne fanno parte.

Le aziende che sono nate nel vecchio secolo, hanno subito cambiamenti notevoli, tanto da diventare irriconoscibili anche per quei lavoratori che non sono top management. Le aziende che nascono oggi, assumono fin dall’inizio, una struttura organizzativa completamente diversa da quella del passato: l’attuale scenario del mercato, la globalizzazione, lo sviluppo di nuove tecnologie e prodotti, la variabilità e varietà dei gusti dei consumatori, una conoscenza che non si ferma ai limiti geografici, tutto questo sta causando processi di profonda innovazione organizzativa e gestionale delle aziende. Tutte le imprese che si trovano ad operare oggi in questo scenario, hanno bisogno di conquistare e mantenere un vantaggio competitivo e il successo dipende in larga misura da questi fattori:

• Capacità di coordinarsi con gli altri operatori, poiché la focalizzazione delle aziende sulle proprie core competences e l’orientamento al cliente, implicano l’instaurarsi di una catena del valore alla quale collaborano numerose imprese. Inoltre attenzione costante ai cambiamenti nelle attività e nel profilo di business dei clienti e dei partner.

• L’adattabilità ai continui cambiamenti della domanda dei consumatori, la capacità di operare una personalizzazione di massa di prodotti, servizi e informazioni nei confronti di mercati e culture diverse.

• L’abilità nel selezionare risorse in modo efficace ed efficiente, monitorando i costi dell’intera catena del valore.

• La capacità di costruire una conoscenza approfondita sui clienti attuali e potenziali e una fiducia nei fornitori, rispetto ai quali valutare successi ed insuccessi.

Tutto è reso più complesso se si considera che questi fattori devono combaciare tra loro in un contesto caratterizzato da mutamenti repentini e profondi.

La riduzione delle barriere doganali, la liberalizzazione dei mercati finanziari, la libera circolazione di beni e servizi, hanno posto le economie sotto una crescente competitività.

36 La globalizzazione genera nuovi mercati, nuovi prodotti, nuove competenze da acquisire, nuovi modi di approcciarsi al business. Vengono richiesti rapidi movimenti di prodotti, persone, informazioni, e idee e per una organizzazione diventa fondamentale riuscire a fornire beni e servizi in modo efficiente e migliore rispetto ai competitors. La globalizzazione richiede da un lato uno sguardo globale, dall’altro uno sguardo locale per soddisfare tutte le richieste dei consumatori.

Un’altra forza trainante è la figura del cliente, che impone i propri fabbisogni e pretende un prodotto ed un servizio su misura. Già a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, il mondo aziendale aveva iniziato ad adottare interventi organizzativi per migliorare la soddisfazione del cliente, la qualità totale, e la concorrenzialità; ma mai come oggi trovare e saper fidelizzare i clienti è diventato il principale obiettivo delle imprese. Anche la tecnologia è straordinariamente cambiata, coinvolgendo profondamente l’assetto delle aziende e sono cambiati oltre ai macchinari, soprattutto le competenze richieste, i ruoli ricoperti, le scolarità necessaire, l’impegno richiesto e le modalità di interazione.

L’information technology22 nel campo economico e non solo, sta mutando l’equilibrio

dei soggetti coinvolti, della politica e dell’economia.

Il mondo del lavoro è mutato dal punto di vista qualitativo e quantitativo; è un mercato caratterizzato da soluzioni contrattuali nuove e da soggetti con caratteristiche diverse dal passato.

A tutto questo, vanno aggiunte le grandi trasformazioni negli assetti proprietari, come le privatizzazioni, l’outsourcing, le aggregazioni e le disaggregazioni; tutte novità che contribuiscono a cambiare i rapporti fra le funzioni e incidono sull’integrazione aziendale delle persone.

E tutto questo fa cambiare le qualifiche richieste, le competenze e le conoscenze da acquisire, la gestione e lo sviluppo delle risorse umane; tutti i livelli di istruzione e formazione sono in corso di riorganizzazione per adeguarsi al nuovo sistema economico.

Le imprese si orientano verso una gestione più flessibile per valorizzare il capitale umano e ottimizzare le risorse nel perseguimento dei propri obiettivi.

22 ICT: Information and communication technologies; tecnologie riguardanti i sistemi integrati di

comunicazione, i computer, le tecnologie audio-video e relativi software, che permettono agli utenti di creare, immagazzinare e scambiare informazioni. Fonte: Enciclopedia Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/ict_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/.

37 La persistenza di barriere che ostacolano l’accesso di molti a standard culturali migliori e fenomeni come l’analfabetismo di ritorno, generano forme di deficit formativo talvolta molto forte e paradossale se si pensa che tali fenomeni si sviluppano all’interno della società della conoscenza.

Il mercato della formazione odierno punta verso l’outsourcing, così come si fa per la logistica o per i sistemi informativi, si utilizzano agenzie esterne capaci di fornire i servizi necessari.

Una critica mossa in analisi a tale sistema riguarda il rischio che la formazione realizzata dagli esterni sia starata rispetto alle esigenze aziendali e questo comporta due conseguenze molto gravi: le persone si formano ma rientrano in azienda impreparate; aumenta la diffidenza verso le attività non direttamente produttive, verso cui non si è in grado di stimarne la resa.

Tutto questo è valido per aziende piccole e medie che non fanno quasi mai formazione ma realizzano solo piccoli interventi di addestramento quando sono costrette dall’innovazione di processo o tecnologica.

Ma il saper fare fornito dall’addestramento non è sufficiente, è necessario molto di più per competere e mantenere il vantaggio competitivo.

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1.8 Le competenze

Con lo sviluppo del mercato del lavoro odierno, cresce la qualità del lavoro e contestualmente vengono ridotte le possibilità di occupazione ai livelli a bassa e media qualificazione. Risulta doveroso sottolineare che il passaggio alla società della conoscenza23 trasforma il senso e il modo di lavorare. Nascono ad esempio nuove professioni, vecchi mestieri cambiano e altri scompaiono definitivamente. Anche per le professioni altamente professionalizzanti sono necessarie conoscenze tecnico- scientifiche ben più consistenti che in passato, un’insieme di competenze legate alla comunicazione, all’impegno rispetto ai risultati delle proprie attività, al lavoro di gruppo, alla soluzione di problemi. I progetti di formazione devono puntare su nuove forme di integrazione tra conoscenze e competenze attraverso un’elevata capacità progettuale degli obiettivi formativi e degli esiti di ricerca.

Per competenza si intende una capacità, una abilità, una potenzialità della persona ad operare in maniera efficace in contesti precisi (Scaglioso, 2007, p.67)24.

La nozione di competenza risulta necessaria per descrivere il contributo delle risorse umane allo sviluppo dell’organizzazione; gli aspetti più significativi in questa ottica, poggiano su due grandi pilastri come quello dell’integrazione e della flessibilità, sempre più lontani dai concetti tradizionali di svolgimento di una mansione secondo procedure rigide predeterminate. Ciò spiega anche la crescente rilevanza attribuita alla componente delle abilità cognitive, delle capacità relazionali e delle competenze.

Nel mercato odierno, le competenze dell’organizzazione sono incorporate nelle persone, le uniche che si relazionano fisicamente con l’ambiente, il mercato e le tecnologie, dando un senso concreto alla mission aziendale e al suo sviluppo nel tempo. L’interesse strategico va quindi indirizzato non solo sulla gestione finanziaria e sulle risorse tecnologiche ma soprattutto sulle risorse umane detentrici di competenze professionali. Per generare valore ai propri clienti, le imprese devono essere in grado di favorire e gestire lo sviluppo delle competenze.

23 La learning society può essere piuttosto evocativa e descrittiva della nuova condizione umana, in una

società in cui vivono, lavorano, si organizzano, donne e uomini che incontrano e si scontrano ogni giorno con un nuovo capitale: il sapere e le conoscenze come fondamento strutturale dell’economia e dello sviluppo sociale. In questo contesto gli individui si giocano la loro maggiore o minore libertà, la loro possibilità di realizzazione e cittadinanza, sulla capacità o meno di accedere ai saperi, alle competenze, in generale all’apprendimento (Alessandrini, 2002, p.156).

39 Nascono così gli approcci alle competenze, causate dal crescente legame tra performance aziendale e skill del personale; poiché emerge la consapevolezza che la performance aziendale possa durare nel tempo solo se contemporaneamente viene migliorata la capacità di gestire le persone, detentrici di competenze.

L’orientamento alle competenze costituirà sempre più, la filosofia gestionale con la quale ogni realtà aziendale dovrà confrontarsi. Questo sia per la costruzione del proprio profilo di competenze distintive, strettamente legate alle competenze individuali, sia perché il passaggio ad un modello organizzativo basato sulle competenze richiede una profonda trasformazione di tutti i sistemi di gestione del personale.

La distinzione dei contenuti delle diverse competenze implica che l’eccellenza raggiunta in una di esse, può essere priva di valore se non ne vengono sviluppate delle altre. L’evoluzione delle competenze, deve essere correlata all’evoluzione complessiva dell’impresa, alla quale sono connesse la strategia e le combinazioni tecnologiche inserite nell’ambiente dinamico.

Le imprese sono chiamate a sviluppare una visione chiara del proprio ruolo nel mercato, capace di riflettere la propria identità culturale, aziendale, sociale ed economica, puntando su tutte quelle conoscenze che favoriscono il vantaggio competitivo. Molte aziende odierne, sentono la necessità di sviluppare una strategia delle competenze che si adatti costantemente al mercato; questo porta il management alla definizione di un orientamento alle competenze mirato al raggiungimento del vantaggio competitivo. In questo scenario, le competenze diventano un complesso investimento in conoscenza che va a costruire in modo significativo il patrimonio aziendale. Per l’organizzazione, l’apprendimento è un’esigenza globale che investe ogni settore.

Nello scenario attuale, diventa necessario precisare e sostenere i processi di rappresentazione del lavoro almeno a due livelli:

❖ in termini di competenze situate, cioè di quelle competenze che possono essere decontestualizzate e trasferite perché disegnano la qualità delle prestazioni professionali attraverso processi di trasformazione debole (competenze di primo livello);

❖ in termini di conoscenze e competenze distintive di tipo tecnologico ed organizzativo che rimandano ad una condizione contestuale, essendo proprie di un luogo lavorativo specifico o di un sistema produttivo locale; difficilmente tali

40 competenze saranno riproducibili al di fuori del contesto preciso poiché rinvianti ad un processo di trasformazione forte (competenze specifiche).

La qualificazione del lavoro per competenze è sempre più richiesta nelle nuove filiere produttive ed è strettamente dipendente dalla ricerca e dall’istruzione, a loro volta legate al sistema della produzione e dell’acquisizione della conoscenza. Ciò comporta il delinearsi di un numero sempre maggiore di competenze che devono essere acquisite attraverso uno sviluppo più complesso delle capacità cognitive.

Le competenze sono legate da un lato alle conoscenze e dall’altro alle capacità. Ogni azione umana porta dietro sé questi tre aspetti; andare in bicicletta ad esempio, presuppone la conoscenza di che cosa sia una bicicletta e di come utilizzarla per spostarsi, la competenza coincide con il riuscire a guidarla, mentre la capacità, strettamente legate alla pratica, fa riferimento all’essere padroni di quell’attività, all’essere in grado di interiorizzarla, di farla propria, e nel ciclismo ci si riferisce alla costanza, alla disciplina e al lavoro di squadra.

Le hard skill sono le competenze tecniche che possono essere valutate rapidamente poiché fanno riferimento al livello di studio, all’esperienza professionale, livelli di lingue.

Le soft skills sono le competenze trasversali e sono più difficili da valutare perché fanno riferimento alle caratteristiche personali del soggetto, ad esempio la flessibilità, l’attitudine al gruppo, la creatività, il senso di iniziativa, il problem solving.

Per competenze trasversali si intende quell’insieme di competenze comuni ad una larga gamma di situazioni non relative alla situazione lavorativa specifica (Alessandrini, 2002, p.148)25. Possono esser definite anche come risorsa della persona che agisce in una situazione lavorativa o professionale (Ibidem).

Le competenze trasversali sono dunque destinate a garantire una capacità interpretativa adeguata ai diversi contesti lavorativi, caratterizzate dall’incremento di una plasticità mentale tale per cui si assicura la crescita globale della persona. Tali competenze sono nuove in quanto fino a ieri venivano acquisite per vie formali, mentre oggi risultano oggetto di vera e propria formazione. Ciò può avvenire solo attraverso metodologie specifiche prevalentemente centrate su dimensioni laboratoriali.

41 Per l’organizzazione risulta più facile costruire un programma di formazione volto ad acquisire competenze hard skills, mentre risulta più complicato educare un collaboratore alle soft skills.

Un altro fattore da considerare è il potenziamento della dimensione di autoformazione dei soggetti, come motivazione intrinseca all’apprendimento. Non bisogna dimenticare quanto sia rilevante la dimensione orientativa del percorso formativo come spinta verso la costruzione di una professionalità basata sull’intenzionalità della persona.

Negli ultimi anni, anche nel nostro paese, il sistema di gestione risorse umane ha registrato un alto tasso di innovazione e di investimento ma si è rimasti ancorati a visioni meccanicistiche-organicistiche del rapporto uomo-organizzazione. Inoltre c’è stato un transito da sistemi organizzativi stabili a sistemi organizzativi flessibili per ciò che concerne le politiche del personale.

Da parte delle organizzazioni, l’aspettativa è che aumenti il contributo qualitativo offerto dalle persone e la motivazione a cooperare a livello interfunzionale. La direzione del personale richiede la crescita di competenze nella lettura dei contesti e dei mercati, al di là delle conoscenze utili dei processi aziendali standard; un altro aspetto è la capacità di lavorare con l’eventualità di integrazione tra culture diverse, potenziando non solo capacità individuali ma anche di team.

Nel futuro si profila la necessità di un investimento in una cultura dei valori che punti sul capitale intellettuale, come parte fondamentale dei contenuti professionali. Oltre alle competenze, si richiede alle persone la capacità di rimuovere gli ostacoli, di trasformare le informazioni e le conoscenze in valore.

Per produrre valore per i propri clienti, le imprese devono essere in grado di creare nuovi modi di utilizzo delle competenze e delle tecnologie, offrendo vantaggi attraverso la gestione delle competenze stesse. Le imprese sono chiamate a sviluppare una visione chiara del proprio ruolo nel mercato, capace di riflettere la propria identità culturale, strategica, sociale ed economica, individuando le conoscenze sulle quali far leva per ottenere il vantaggio competitivo.

Il bilancio delle competenze, inteso come azione formativa, non può emergere se non dall’incontro e dal dialogo tra due dimensioni apparentemente antitetiche: la domanda e l’offerta formativa. Un bilancio di competenze così inteso, non avrebbe avuto modo di esistere se l’offerta formativa fosse stata un’imposizione da parte di chi deteneva il ruolo di formatore; poiché si presuppone che domanda e offerta dialoghino, si confrontino, che mettano in campo ciascuna le proprie aspettative rispetto ai percorsi

42 formativi possibili e che siano disposte anche a confrontare i pregiudizi di ognuna, alle abitudini legate all’ambito stesso della formazione, alle idee che si hanno rispetto ad essa e ai valori che ciascuno ritiene vi siano in gioco.

Il processo di produzione economica di un’organizzazione è basato non solo sulla quota di capitali investita o sul livello tecnologico ma anche sul patrimonio di competenze gestito; emerge quindi la necessità per l’impresa di possedere strumenti manageriali capaci di governare questa componente fondamentale.

Tali strumenti dovrebbero essere utilizzati secondo queste finalità:

• rilevare le competenze possedute e da accumulare in futuro (mappatura delle competenze);

• favorire la diffusione, la condivisione e il trasferimento delle competenze individuate;

• mantenere lo sviluppo delle competenze attraverso miglioramenti continui e flessibilità. Tale processo ha lo scopo di difendere l’organizzazione dall’obsolescenza;

• progettare e realizzare un sistema di valorizzazione delle competenze.

I processi sopra descritti possono avvenire solo in un’atmosfera di collaborazione, che volge alla realizzazione di programmi condivisi e obiettivi operativi contrattati.

L’attività di mappatura delle competenze può essere utilizzata anche per rilevare i fabbisogni formativi, nel caso in cui le competenze non siano soddisfacenti o nel caso in cui tali competenze meritino di essere diffuse, condivise e trasferite.

La rilevazione dei fabbisogni non è un processo semplice, ed è reso ancora più difficile dai mutamenti repentini del mercato: non basta più somministrare al lavoratore e al suo capo, un questionario oppure rispondere ad un’intervista. Spesso il capo non conosce il lavoro del proprio dipendente e quest’ultimo spesso non è in grado di giudicare il proprio contributo alle competenze distintive dell’azienda. Nemmeno l’intervistatore (interno o esterno all’azienda) è in grado di recuperare queste informazioni.

La formazione può trasformarsi in un contributo potenzialmente enorme per l’azienda, ma il suo utilizzo presenta molte difficoltà. Molte organizzazioni puntano la maggior parte delle loro risorse sul miglioramento della produttività, tralasciando la formazione. Molti capi operativi di cultura tradizionale, che sono duramente sollecitati o premiati in base agli obiettivi di risultato immediato, sacrificano la formazione.

43 Dall’altro lato i formatori dovrebbero essere in grado di entrare nella mentalità pragmatica del loro cliente, che è abituato a ragionare secondo indicatori di produttività, e riuscire a fare previsioni sensate sull’utilità dei loro interventi.

Di vero c’è che gli investimenti sulla formazione sono costosi e i loro benefici si vedono a lungo termine, non nell’immediato.

A coloro che gestiscono le risorse umane, si richiede sempre meno una semplice amministrazione delle informazioni legate al personale, come accadeva in passato, e sempre più di organizzare le intelligenze, creare le condizioni di fiducia da parte del personale nelle proprie capacità e costruire una migliore qualificazione.

Gli approcci alle competenze nascono e si giustificano, a causa del legame crescente che c’è tra performance aziendale e skill del personale; emerge sempre di più la consapevolezza che la performance aziendale può durare nel tempo solo se migliora continuamente la capacità di gestione delle persone, che sono detentrici di competenze. L’orientamento alle competenze diventa la filosofia gestionale che ogni organizzazione dovrebbe implementare nella propria realtà; il motivo di tale affermazione sta nella costruzione del profilo delle competenze distintive derivate dalla contestualizzazione delle competenze individuali. Inoltre il passaggio ad un modello organizzativo incentrato sulle competenze richiede una profonda trasformazione di tutti i sistemi di gestione del personale e degli altri sistemi aziendali con essi integrati, con un rapporto costi/benefici spesso oneroso sul piano economico e problematico in termini di salto culturale e mentalità.

Le competenze sono un investimento in conoscenza complesso che va a costruire in modo significativo il patrimonio dell’impresa (Alessandrini, 2002, p.173)26.

La valorizzazione delle opportunità, delle competenze trasversali e delle intelligenze diventa il problema principale di coloro che si occupano di risorse umane e di formazione.

Affinché il processo di codificazione della conoscenza abbia luogo, è necessario che il sapere sia compreso nella sua stessa anatomia, così da essere analizzato, reso intangibile e riprodotto.

Tuttavia esiste una parte di conoscenza che risulta tacita e non esprimibile, perché rimane nascosta in forma costante, diventando un’entità non codificabile del sapere stesso, di piccola o di maggiore quantità essa sia. Si può affermare che quanta più conoscenza tacita esiste, tanto più il sapere a cui rimanda resta chiuso e poco

44 accessibile, proprio perché non riprodotto e non certificato. Inoltre questo tipo di conoscenza è strettamente legata ai comportamenti e alle procedure di chi la detiene o di chi è nelle condizioni di apprenderla, risultando di fatto inscindibile da colui che la produce e dal luogo in cui viene prodotta. In questo caso le competenze possono essere trasferite solo se il soggetto che apprende si trova nelle condizioni ottimali cioè opera in contesti in cui viene prodotta o è a stretto contatto con chi la produce.

Per fare un esempio pratico citiamo, molti segmenti di lavoro che pur essendo relativi a ruoli professionali prestigiosi, dal punto di vista economico e sociale, non hanno un appellativo con il quale poter essere identificati poiché fanno leva su conoscenze non certificate e quindi esclusive. Attraverso questo esempio si vuole affermare che molte qualifiche e ruoli professionali, al di là della denominazione che ne permette l’identificazione, sono mutati notevolmente perché hanno inglobato delle conoscenze tacite che ne hanno stravolto gli stessi compiti: in alcuni segmenti del primo e del terzo