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Il capitale umano assicura il vantaggio competitivo del Cescot

3.6 “Filosofia” della responsabilità

3.8 Il capitale umano assicura il vantaggio competitivo del Cescot

Oggi, la centralità della persona nelle organizzazioni non viene quasi più messa in discussione. Se le aziende esistono, sono competitive e raggiungono gli obiettivi è merito delle risorse più funzionali: quelle umane. Ogni manager è consapevole che la complessità più grande da gestire è la persona. Nell’accezione novecentesca, la risorsa umana era annoverata tra i fattori produttivi, sostituibili, tarabili, proprio come l’andamento di un macchinario. Oggi questa concezione è cambiata radicalmente. Nelle organizzazioni produttrici di beni materiali, l’approvvigionamento di risorse materiali e la produzione di prodotti finiti rappresentano il core business aziendale. Gli obiettivi operativi sono programmabili e misurabili. Le aziende che erogano servizi alla comunità, hanno caratteristiche fondanti diverse. Primo fra tutti l’output prodotto: immateriale, non misurabile (programmabile). Per quanto sia possibile misurare ciò che ruota intorno all’atto formativo, come il numero di iscritti, i promossi e i bocciati, le assenze ingiustificate etc, e prendere tali variabili come criteri di valutazione, l’atto di formare, cioè di spiegare una conoscenza, di passare una informazione, non ha dei criteri oggettivi e universali di valutazione, se non quelli che l’uomo arbitrariamente gli attribuisce. Nel modello giapponese, nel principio delle sei zeta, rientra la regola dello zero difetti; questa regola ci chiarisce meglio il concetto spiegato sopra: il semilavorato o il prodotto finito, è certificato come conforme agli standard qualitativi, se rispetta determinate caratteristiche strutturali, misurabili scientificamente ed universali. L’agenzia formativa Cescot, nell’atto stesso di erogare formazione, non è tracciabile per ciò che riguarda i criteri di valutazione universali. Non si può affermare con certezza che un docente X abbia spiegato efficacemente un argomento A, come non si può garantire che l’ampiezza di un programma didattico sia giusta o eccessiva per ciascun soggetto; perché per quanto siano presenti dei criteri guida, sono parzialmente frutto della soggettività e del comune modo di operare. In più ogni soggetto apprende con tempistiche e schemi mentali diversi.

Fatta questa importante premessa, ne consegue che l’operato di tutor, docenti e coordinatori, possa potenzialmente essere messo sotto esame in qualsiasi momento:

a) Gli utenti possono farlo.

b) I dipendenti non dispongono di difese oggettive, se non il senso di responsabilità verso il proprio lavoro.

164 In questo clima operano i dipendenti del Cescot.

Le pagine che seguono chiarificano che tra le dinamiche di soggettività, l’unica vera forza delle risorse umane del Cescot è la forte motivazione intrinseca e il sapersi prendere le responsabilità. Lo slogan “La nostra formazione, il vostro futuro” ne è il manifesto.

3.8.1 La direttrice

La direttrice è il punto di riferimento e il giudice imparziale.

Alla direttrice vengono riportate tutte le questioni irrisolte e i casi problematici. In quanto leader, possiede una rapida capacità decisionale; necessita di pochi minuti per dare risposta ai dipendenti. Si fa carico di problematiche personali dei dipendenti e cerca di trovare sempre una soluzione che non leda al resto del team; ad esempio i permessi di entrata e uscita anticipata o posticipata per motivi di salute, permessi per necessità dei figli etc. Diffondere una cultura della cooperazione, attraverso gesti ed azioni, porta a lungo andare dei benefici su tutto il gruppo.

Al Cescot la formazione si rivolge ai bisogni degli utenti, senza appiattirsi a quelli esclusivamente economici e produttivi. Erogare corsi formativi in base ai fabbisogni formativi è una scelta di responsabilità; si mette al centro dell’operato solo l’utente con le sue necessità; i profitti passano in secondo piano.

Questo episodio è significativo: Cescot ha a che fare con utenti di nazionalità straniera che hanno problematiche con la lingua italiana. Ma la formazione è un diritto di ogni uomo e così, nonostante le lunghezze burocratiche, la direttrice ha deciso di ammettere al corso formativo due ragazzi cinesi, riservando loro un insegnante di lingua italiana, a spese dell’azienda.

Analizzando il modo di agire della direttrice, se ne deduce che essa si impegna a diffondere ai dipendenti:

• la responsabilità verso il proprio lavoro: occuparsi di formazione necessita di forti motivazioni e se non le si possiedono, la direttrice invita gli interessati a ripensare al proprio incarico presso il Cescot;

• dialogo aperto: nessuno deve essere intimorito nel dire la propria opinione, poiché essa è di aiuto al gruppo;

165 • spirito di sacrificio: sono previsti straordinari ed urgenze da gestire fuori dall’orario

lavorativo;

• predisposizione all’ascolto proattivo: gli utenti necessitano di essere accompagnati prima di tutto con la parola; è un lavoro che richiede pazienza ed empatia;

• rispetto dei fabbisogni formativi: al Cescot non vale la logica di fare numero di iscritti a tutti i costi;

• il valore delle parole; non si fanno promesse se non possono essere mantenute; • se si presenta la necessità, i dipendenti si devono prestare a svolgere compiti che non

sono di loro stretta competenza.

La disoccupazione e le ricadute della globalizzazione costituiscono i punti centrali intorno ai quali ruota l’operato della direttrice del Cescot. Con la crisi, fare questo lavoro, è diventato ancora più complicato: alcuni utenti si dimenticano che il Cescot è un anello della filiera e da solo non è garanzia di occupazione. È necessario che tutti gli attori, quali Centri per l’impiego, Provincia, Regione, attività commerciali locali, siano coinvolti nel promuovere l’occupabilità. Per raggiungere buoni risultati, tutta la filiera deve partecipare attivamente. La direttrice insegna alle coordinatrici allo sportello a gestire questa situazione, per non diventare motivo di frustrazione personale.

Inoltre la direttrice promuove:

a) la lotta alla disoccupazione, da realizzare attraverso una formazione, che si impegni a rivisitare tutti i paradigmi consolidati degli utenti, per aggiornare le conoscenze e per promuovere un processo permanente di apprendimento lungo tutto l’arco della vita;

b) assicurare il passaggio di competenze indispensabili per l’inserimento sociale e professionale dell’utente (l’acquisizione delle conoscenze di base e le competenze di carattere sociale e culturale);

c) promuovere approcci sistemici e aperti in costante revisione, per governare la complessità dell’esercizio professionale attuale;

d) garantire competenze professionali elevate, per rispondere alle esigenze della società globale, non più dettate dalle logiche del lavoro materiale, che ha come principale oggetto, la creazione di manufatti, ma dalle esigenze di un lavoro inventivo e creativo che sia basato sull’innovazione;

166 3.8.2 Le coordinatrici

Le coordinatrici si occupano della selezione dei partecipanti ai corsi finanziati dalla Regione Toscana, coordinano i vari corsi formativi e tutte le mattine presidiano lo sportello accoglienza.

Il loro ruolo è fondamentale perché sono le dipendenti che per prime entrano in contatto con i potenziali utenti; hanno capacità di negoziazione, di ascolto e conoscono le caratteristiche dei corsi formativi. Garantiscono al Cescot di modellare i corsi offerti in base alle richieste. Quando gli utenti si presentano allo sportello necessitano di:

• ritirare attestati; • orientamento;

• presentare la domanda di iscrizione; • supporto per aprire nuove attività; • aggiornamento certificazioni.

Tutte le attività sopra elencate richiedono la padronanza di una vasta quantità di informazioni e aggiornamento continuo e la capacità di essere perspicace. Le coordinatrici si rivelano le portavoce di ciò che accade nell’ambiente esterno; catalogano ogni informazione per trasformarla in servizio efficiente agli utenti futuri: lamentele, nuovi bisogni formativi, opportunità lavorative. Spesso i corsi formativi vengono modificati, dopo che le iscrizioni degli utenti vengono chiuse. Tali modifiche derivano dell’esito dei colloqui con gli utenti in fase di presentazione della domanda di iscrizione. Se per esempio gli utenti palesano dei bisogni specifici oppure appartengono tutti ad una categoria di lavoratori, le coordinatrici hanno il compito di rispettare queste peculiarità e tarare il corso in base ad esse.

Gli utenti possono essere adulti che lavorano da molti anni alla catena di montaggio, oppure artigiani, oppure giovani che hanno abbandonato la scuola oppure giovani che vogliono aprire un’attività in proprio. In tutti questi casi le esigenze sono diverse e le coordinatrici devono saper gestire le varie richieste formative.

Di seguito si elencano gli step che caratterizzano l’approccio delle coordinatrici agli utenti che si presentano al Cescot per la prima volta:

167 2.Esame delle cause;

3.Fissazione degli obiettivi; 4.Abozzo del programma; 5.Tipologia partecipanti; 6.Schema del progetto.

Quando si registrano richieste formative specifiche che non rientrano nel ventaglio di proposte formative offerte, le coordinatrici trasformano le necessità in progetto formativo (ad esempio circa dieci anni fa è cominciato un corso su “La cucina senza glutine”, e a settembre 2017 sarebbe cominciato un “Corso di cucina per dilettanti”). Inoltre la coordinatrice didattica si reca a Montecatini, per due pomeriggi a settimana, per presidiare lo sportello front office: questa strategia è stata adottata per permettere agli utenti residenti nella zona di Montecatini, di non doversi recare al Cescot di Pistoia.

3.8.3 Le tutor

Le tutor sono figure professionali flessibili perché accettano mansioni e compiti non previsti. Sono flessibili anche nell’orario; spesso capita che rimangano in ufficio oltre il termine dell’orario di lavoro stabilito.

Le tutor sono tutte donne e la loro propensione all’ascolto risulta fondamentale per risolvere le questioni quotidiane; a differenza degli uomini che risultano (solitamente) più pragmatici.

Le tutor sono le figure professionali che insieme ai docenti vivono la classe; sono coloro che riportano le problematiche degli utenti impegnati nei corsi, alle coordinatrici. Gli utenti si rivolgono a loro per qualsiasi informazione di carattere generale e personale. Ad esempio:

• un’utente ha perso le dispense e necessita di una nuova copia; • l’utente non si ricorda il giorno e l’ora di inizio della lezione;

• il docente ha avuto un imprevisto e quindi è necessario avvisare la classe che la lezione verrà posticipata;

• stampare gli attestati/diplomi;

168 • predisporre l’aula per la lezione;

• compilare i registri;

• raccogliere le impressioni degli utenti sul corso.

Essere tutor non è semplice, poiché si è costantemente sotto pressione; da una parte ci sono utenti con caratteristiche personali diverse, dall’altra le procedure burocratiche da rispettare. Inoltre le tutor sono la prima figura alla quale gli utenti si rivolgono, scaricando ogni emozione, sia positiva che negativa. Sono anche le portavoce della direzione e delle coordinatrici. Attraverso la comunicazione, le tutor devono riuscire a bilanciare le richieste delle due parti della negoziazione (utente e coordinatrice/direttrice). La parola seguita ai gesti, diventa la via per l’incontro; in questo caso la comunicazione informale prevale. Le tutor si pongono nei confronti degli utenti, non in modo passivo ma in modo proattivo.

Osservando l’esercizio quotidiano di questa professione, viene fuori il proprio background professionale, i propri modi di pensare, le proprie opinioni e per questo gli utenti più indiscreti si permettono di invadere la linea professionale per entrare nella sfera personale; le tutor devono gestire queste dinamiche.

Alla domanda <<nonostante la complessità e la dose di stress, le piace il proprio lavoro?”>> le tutor rispondono un sì sicuro, motivandolo così: <<è un lavoro molto impegnativo ma dà tanta soddisfazione>>.

Vediamo di seguito come relazionarsi ad adulti e giovani in dispersione scolastica.

Relazionarsi con gli adulti:

L’atteggiamento che le tutor del Cescot assumono agli esordi del percorso formativo è volto a dimostrare le buone intenzioni, di tutor e docenti; ovvero nessuno è superiore rispetto all’altro e le tutor sono funzionali per il raggiungimento dell’obiettivo finale. Se alcuni utenti godono di buone capacità di pianificazione, altri no e quindi è necessario che la tutor affianchi nelle prime lezioni l’utente, insegnandogli ad organizzare il proprio apprendimento (tale dinamica si registra con soggetti adulti che lavorano da molti anni).

Nella prima lezione, la tutor si presenta come una “guida” da consultare ogni qual volta ci siano dubbi; essa prepara delle dispense informative e riepilogative del corso, in modo che le informazione tecniche siano chiare. Successivamente si accerta che la pianificazione del corso concili con gli impegni lavorativi di tutti gli utenti, altrimenti si

169 apportano modifiche. Le prime lezioni sono le più importanti poiché, le tutor osservano i tempi di apprendimento e di risposta degli utenti e insieme al docente tarano gli interventi formativi futuri. A corso inoltrato, gli utenti si sono bene adattati alla tabella di marcia e le tutor vengono consultate principalmente per problemi di natura tecnica (orari, aule, cambiamenti etc). Non si fanno prove intermedie, se non su richiesta esplicita degli utenti. Durante le lezioni gli utenti seguono generalmente con molto interesse, facendo domande e proponendo esempi sull’attività commerciale che gestiscono. Gli adulti si dimostrano più diligenti dei ragazzi, non si registrano casi di abbandono volontario e i test finali vengono superati con punteggi mediamente alti.

Relazionarsi con i giovani in dispersione scolastica:

Gli utenti più giovani dimostrano un atteggiamento iniziale calmo e misurato, che si trasforma in provocatorio, accompagnato da comportamenti svogliati, dopo le prime 3/4 lezioni. Dietro a tali comportamenti si nasconde la paura di guardarsi dentro e fare progetti. È necessario che le tutor adottino uno stile autoritario e intransigente, che viene mantenuto per tutto il corso formativo. L’intero programma didattico è suddiviso in molte prove intermedie per garantire che nessun allievo rimanga indietro. Le lezioni frontali sono caratterizzate da picchi alti di attenzione nei minuti iniziali, per poi sfumare verso la fine, per questo si stabiliscono pause intermedie di pochi minuti. Nelle lezioni pratiche si registra interesse costante. Le tutor devono relazionarsi ai giovani utenti, cercando di mantenere il giusto distacco. Se i ragazzi vedono nelle tutor, un atteggiamento di “confidenza”, ne approfittano. Ai giovani utenti si deve insegnare a rivolgersi agli adulti con linguaggi appropriati. I tutor diventano facilitatori nei processi di scoperta del sé degli ascoltatori.

Per stimolare l’attenzione si propongono lezioni frontali con filmati, racconti di esperienze personali, progetti di gruppo, discussioni guidate con la tecnica del problem solving, studio di caso.

3.8.4 I docenti

Al Cescot il docente non è solo un trasmettitore di conoscenze, ma di volta in volta diventa per gli utenti una guida e un sostegno. I docenti non si stancano di sottolineare che per attivare formazione, c’è bisogno anche e soprattutto di comprensione che si sviluppa in ogni ambito persino quando si tratta di mettere in campo l’esigenza di

170 rispettare alcune regole fondamentali. Essi dedicano molta attenzione a garantire qualità nelle relazioni che instaurano con gli allievi, consapevoli che su questo piano si gioca in buona parte la qualità educativa dell’esperienza. I docenti cercano di costruire ambienti di apprendimento stimolanti, di far accettare agli allievi la fatica, oltre che il piacere di un apprendimento stimolante.

L’idea che si possa standardizzare l’insegnamento è quanto di più distante dalle convinzioni e dalle pratiche dei docenti del Cescot.

Relazionarsi con gli adulti:

Gli adulti sono preoccupati di dover cancellare esperienze e saperi pregressi per costruirne di nuovi. Fanno domande di immediato e pratico utilizzo delle conoscenze acquisite nella quotidianità della vita o nel lavoro.

È necessario costruire esperienze di apprendimento e percorsi formativi che facciano leva sulla partecipazione attiva dell’adulto, sui saperi e sulle conoscenze già acquisite, fornendogli strumenti per leggere la propria vita.

Il docente cura l’avvio della lezione, cercando di stabilire un rapporto cordiale con i propri utenti che comunichi attenzione e rispetto. I minuti iniziali della lezione sono dedicati alla creazione di un clima che favorisca l’attenzione reciproca e alla ripresa di quanto già svolto, stimolando la produzione di un breve sommario delle lezioni precedenti; è importante sottolineare l’aggancio tra il lavoro che si accingono a proporre e quello già fatto in precedenza. Successivamente si annuncia l’argomento su cui si andrà a lavorare e gli obiettivi che ci si aspetta di raggiungere in quell’unità di tempo. I docenti cercano di fare riferimento all’esperienza reale o possibile degli utenti.

Relazionarsi con i giovani in dispersione scolastica:

La maggior parte dei docenti è professionista nel settore della ristorazione e lavorano da molti anni nelle attività commerciali del territorio. Avendo la possibilità di ascoltare la loro storia professionale, se ne colgono le motivazioni che li hanno spinti ad insegnare. Dopo anni di pratica del mestiere, si sente la voglia e la necessità di trasmettere le conoscenze alle nuove generazioni, affinché le loro esperienze non vadano perdute. Questo dovere nasce da una profonda passione per il proprio lavoro. Insegnare alle nuove generazioni richiede tanto impegno. I docenti appartengono alla “vecchia scuola”, nella quale la disciplina, la pulizia, lo spirito di sacrificio, erano elementi fondamentali senza i quali non si poteva neppure pensare di fare questo mestiere. I

171 docenti non ritrovano questi valori nelle nuove generazioni (se non in pochi individui). I giovani utenti devono prenderne consapevolezza per proporsi al mercato del lavoro, quindi le lezioni sono improntati non solo su competenze tecniche ma anche su competenze trasversali.

I docenti organizzano la lezione in modo efficiente, ciò non significa programmare ogni azione, impedendo di valorizzare l’imprevisto, ma riservare una specifica attenzione ai suoi diversi momenti, in particolare all’avvio, al corpo centrale e alla conclusione. Anche la condivisione di alcune regole severe, nasce da una preliminare esperienza della relazione, della partecipazione ad una comunità, che rende responsabili e appunto capaci di risolvere i vincoli e di darsi dei limiti.

Durante le lezioni si mira a dare un po’ di metodo e struttura al modo di operare degli allievi, che spesso sono segnalati come poco adatti all’impegno scolastico, ma che in realtà sono semplicemente poco propensi ad una scuola che abbia quasi annullato ogni suo rapporto con la vita pratica. Si tratta di coinvolgere gli allievi e far scoprire loro il gusto di imparare.

Non sempre i ragazzi hanno le parole per raccontarsi, ecco perché alcuni docenti, soprattutto quelli dei linguaggi e dell’area storico-sociale, cercano di insegnare ai loro allievi a prendere la parola, partendo proprio da loro, facendo emergere ciò che hanno compreso e le loro intuizioni sugli argomenti di studio o sui vocaboli che incontrano. È utilizzata la tecnica del brainstorming che aiuta a far emergere dagli allievi, le associazioni spontanee su un determinato argomento e a costruire idee nuove e definizioni condivise. Inoltre si utilizzano schemi sulla lavagna o sullo schermo per memorizzare meglio i concetti.

Con questi ragazzi bisogna essere assolutamente pragmatici, essenziali, senza divagare inutilmente. Si propongono esercizi da risolvere in classe, in gruppo e che siano proposti intelligentemente, senza ridurli ad uno sterile lavoro di memorizzazione. Difficilmente i docenti assegnano compiti per casa.

I docenti sono consapevoli che gli allievi li analizzino nel loro operato; i ragazzi guardano attentamente i comportamenti degli adulti, il loro modo di relazionarsi, la passione che mettono nel loro lavoro. I docenti diventano l’esempio da seguire.

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