Catalogo delle Stele
6. Quintus Luccius Faustus
Ritrovamento: la stele è stata ritrovata presso la necropoli romana di Zahlbach a
Mainz, nel 1804207.
Materiale: Calcare del bacino di Mainz.
Misure: la stele misura 1,87 m di altezza, 74 cm di larghezza, 23 cm di spessore. Iscrizione:
Q(uintus) Luccius / Q(uinti) f(ilius) Pollia (tribu) / Faustus Pol(l)e/ntia (domo) mil(es) leg(ionis) / XIIII Gem(inae) Mar(tiae) / Vic(tricis) an(norum) XXXV / stip(endiorum)
XVII h(ic) s(itus) e(st) / heredes f(aciendum) c(uraverunt)208
Stato di Conservazione:
La stele è conservata in ogni sua parte, anche se presenta dei piccoli danni. I contorni sono leggermente scheggiati. Il volto del soldato deve aver subito un urto perché non si conserva il naso. Anche il signum presenta delle piccole fratture. La stele presenta, al di sotto dell’iscrizione, uno zoccolo non lavorato sulla sinistra fuoriesce dalla cornice della stele, mentre sulla destra c’è una rientranza.
Descrizione:
Stele di forma rettangolare, con defunto in piedi e in posizione frontale con la gamba destra portante e la sinistra piegata. La sommità della stele presenta una terminazione a doppio spiovente, anche se la parte destra è chiaramente imprecisa e per far spazio al rilievo si allarga nella parte finale creando un angolo arrotondato ed espanso.
207 BOPPERT 1992, 100.
208 “È sepolto qui Quinto Luccio Fausto, figlio di Quinto, della tribù Pollia, originario di Pollenzia, soldato
della legione XIV Gemina Martia Victrix, di anni trentacinque, di cui diciassette in servizio. Gli eredi fecero erigere questa tomba”.
87 Lateralmente la cornice presenta una cornice che circonda l’intera stele. Il defunto si trova all’interno di una nicchia, che però non presenta, a differenza delle stele finora esaminate, una sommità arcuata che accoglie la testa del soldato. La figura del defunto in molti punti ha un rilievo molto basso e viene data scarsa attenzione agli elementi anatomici. La testa è sovradimensionata rispetto al resto del corpo, così come le braccia rispetto al busto che appare minuto e a forma di clessidra. Entrambe le braccia si aprono verso l’esterno della stele, quello destro sparisce dietro il signum, senza lasciare intravedere la mano; quello sinistro si piega in modo innaturale per appoggiare la mano sinistra allo scutum. Le cosce sono nascoste sotto l’armatura, mentre i polpacci del soldato sono incredibilmente più grandi del normale. Infine, nel piedi si vede un certo naturalismo e anche un senso della prospettiva.
Il volto del defunto è ovale e paffuto. I capelli sono resi a spesse ciocche scarmigliate sulla fronte. Le sopracciglia sono folte e vengono rese con un tratto netto, dando al defunto un’aria decisa. Gli occhi sono a mandorla, l’iride non è segnato. Le labbra sono carnose. Le orecchie sono larghe e si schiacciano appena contro il fondo della nicchia. Luccius Faustus indossa una lorica hamata lunga fino alle ginocchia, sotto è una tunica a maniche corte che dallo lorica sulle braccia e sulle cosce, in pieghe molto schematiche che assomigliano a tasselli rettangolari. Tra la tunica e gli spallacci della lorica sono gli pteryges in forma strisce di cuoio che circondano le braccia. Alla vita ha due cinture parallele decorate da piastre quadrate da cui pendono le quattro cinghie degli pteryges che sono decorate da borchie di forma ovale che terminano appena all’altezza dell’inguine. Il doppio cingula regge il gladius a destra e il pugio a sinistra. Il pomolo della spada è di forma ovale e presenta sopra probabilmente un ribattino a testa tonda o a fungo. La guardia della spada ha una forma ad ombrello. Il fodero della spada appare liscio e termina in un puntale triangolare. Il pugio appare quasi come un
88 gladius di forma ridotta. Dalla spalla destra scende il balteus, ossia la cintura che serviva a reggere la spada, invece qui è probabile che fosse usata per reggere lo scudo209. Questo permetteva di avere il fianco coperto e la mano sinistra libera per
reggere il signum210, mentre la destra poteva essere usata per maneggiare la spada.
Il soldato avrebbe anche potuto reggere il signum e lo scutum con la mano sinistra e con la destra maneggiare la spada, ciò era possibile perché gli scudi dei signiferi era più piccoli di quelli dei comuni miles e più leggeri. Anche senza usare la spada, il signifer poteva comunque difendersi con lo scudo. Sappiamo infatti da Tacito211 che
l’umbone dello scudo aveva oltre ad una funzione difensiva della mano anche una funzione offensiva per colpire i nemici e farli arretrare. In questo caso il defunto non è rappresentato in una situazione di guerra, ma è a riposo e regge il signum nella mano destra. Lo scutum, di forma ovale, viene tenuto da Luccius in modo che sia visibile la parte interna dove si riesce a delineare la piastra rettangolare con l’umbone al centro e la cinghia che permetteva alla mano del soldato di reggere lo scudo. Ai piedi del soldato sono riconoscibili due strisce perpendicolari, una che chiude la caviglia e l’altra che percorre longitudinalmente il piede. Sembra trattarsi di una caliga212 di cui le
restanti parti non erano in rilievo, ma probabilmente dipinte.
In questa stele sono presenti entrambi gli elementi che contraddistinguevano un signifer, ossia l’elmo ricoperto da pelle di animale e il signum. L’elmo in questo caso si
209 SPEIDEL 1976, 142
210 Vegezio, Epitoma rei militaris, I, XX «Quid ipsi draconarii atque signiferi, qui sinistra manu hastas
gubernant, in proelio facient, quorum et capita nuda constant et pectora?» “Come possono combattere
i draconari e i signiferi, che tengono l’asta con la sinistra, e che hanno la testa e il petto senza protezione?”.
211 Tacito, Annales, IV, 51 «Miles contra deturbare telis, pellere umbonibus, muralia pila, congestas
lapidum molis provolvere» “I soldati di contro abbattevano i nemici con i dardi, li colpivano con gli umboni
degli scudi e facevano rotolare sopra di loro i pila muralia e una mole di pietre ammucchiate.” Ed anche Tacito, Agricola, 36.2 «Igitur ut Batavi miscere ictus, ferire umbonibus…» “Di conseguenza i Batavi cominciarono a dare e ricevere colpi, a ferire con gli umboni...”.
89 trova sopra la spalla sinistra del soldato. Le zampe dell’animale pendono dalla spalla del soldato. La pelle dell’animale portata sopra l’elmo rendeva i signifer maggiormente visibili da tutti e inoltre incuteva timore ai nemici213.
L’insegna in questo caso è sovradimensionata rispetto al defunto, un terzo di questa invade il campo dell’iscrizione; presenta, inoltre, un rilievo molto basso, nella parte finale è quasi un graffito. Dall’alto abbiamo la punta di lancia, che poteva essere sostituire la manus come insegna del manipolo214, un nastro arrotolato su una breve
trave di legno posta perpendicolarmente all’asta, una corona d’alloro, sei phalerae con umbone centrale, un Capricorno, una mezza luna, due nappe con una piccola sfera nel mezzo, una barra di legno e una punta per infiggere il signum nel terreno. Anche se molto rovinata sembra esserci un aquila con le ali spiegate all’interno della corona di alloro in cima all’insegna. Le sei phalerae presenti sul signum sono delle decorazioni militari che aveva ricevuto il manipolo di cui Luccius faceva parte.
Le legioni romane erano organizzate in dieci coorti, ogni corte in tre manipoli215. Per
ogni manipolo venivano scelti due tra i soldati più vigorosi che erano incaricati di portare il signum216. Quindi, per ogni legione dovevano esserci almeno sessanta
signiferi.
I signiferi erano appunto i portatori dell’insegna del manipolo217, che poteva mostrare
l’emblema della legione di cui il manipolo faceva parte, come in questo caso il Capricorno.
213 Vegezio, Epitoma rei militaris, II, XVI. 214 RINALDI TUFI 1988, 33.
215 LE BOHEC 1992, 33. 216 Polibio, Storie, 24, 6. 217 PARKER 1958, 37 e ss.
90 Le legioni che hanno il Capricorno come emblema sono di origine augustea218. Il
Capricorno non era il segno zodiacale di Augusto, che era nato il 23 settembre ed era quindi della Bilancia, ma il segno del momento in cui era stato concepito ed era quasi più importante del giorno di nascita vero e proprio. Svetonio219 racconta di come
nacque in Augusto una profonda fiducia nei confronti dell’astrologia dopo il suo incontro con l’astronomo Teogene di Apollonia e che dopo quell’incontro coniò la prima moneta d’argento con il suo ritratto associato al simbolo del Capricorno.
Per quanto riguarda l’iscrizione sappiamo da essa che Quintus Luccius Faustus era originario della città di Pollentia, oggi piccolo borgo del Piemonte meridionale. Luccius si era arruolato nell’esercito a 21 anni e faceva parte della legio XIV Gemina Martia Victrix. La legio XIV Gemina era stata di stanza a Mogontiacum tra il 13 e il 43 d.C. In seguito, aveva militato dal 43 al 66 in Britannia, dove intorno al 60-61 aveva acquisito il titolo di Martia Victrix per aver combattuto e vinto i ribelli Iceni guidati dalla regina Boudicca. Intorno al 70 aveva fatto ritorno sul Reno220. La legione viene reclutata
qualche anno dopo l’89 d.C.221 da Domiziano che aveva pianificato una spedizione
contro Sarmati e Suebi in Pannonia. Nel gennaio dell’anno 89 però, la legione fu coinvolta in un altro episodio222. Il governatore della Germania Superior, Lucio Antonio
Saturnino, si sollevò contro l’imperatore Domiziano grazie all’aiuto delle due legioni XIV Gemina e XXI Rapax che erano stanziate appunto a Mogontiacum. Domiziano, abbandonate le campagne daciche in cui era impegnato, si recò a Mogontiacum e,
218 ibid, 262 le legioni che hanno come simbolo il Capricorno, oltre alla legio XIV Gemina, sono la legio
II Augusta, XXI Rapax e IV Macedonica.
219 Svetonio, Vita di Augusto, II, 94 «Tantam mox fiduciam fati Augustus habuit, ut thema suum
vulgaverit nummumque argenteum nota sideris Capricorni, quo natus est, percusserit.» “Da allora,
Augusto ebbe così tanta fiducia nel suo destino, che rese pubblico il suo oroscopo e fece coniare una moneta d’argento con l’emblema della costellazione del Capricorno, sotto il quale era stato generato”.
220 KEPPIE 1984, 210. 221 PARKER 1958, 154. 222 FRANKE 2000, 197 e ss.
91 grazie all’aiuto del governatore della Germania Inferior, Aulo Buccio Lappio Massimo, riuscì a sedare la rivolta. Le legioni della Germania Inferior, che avevano dimostrato a Domiziano la loro lealtà, acquisirono l’epiteto di pia fidelis Domitiana223. Dopo questi
eventi il doppio campo militare di Mogontiacum fu abbandonato e la legio XXI Rapax fu mandata in Pannonia per affrontare i Daci. Sembra però che una parte, fortemente ridotta, della legio XIV Gemina sia rimasta a Mogontiacum. L’interessante proposta di Thomas Franke scardina la tradizione letteraria che ha cercato di capire quando la legio XIV Gemina Martia Victrix lasciò effettivamente Mogontiacum224. Sembra infatti
che questa sia partita per la Pannonia non nel 92 d.C., bensì nel 97, quando in sua sostituzione arrivò la legio XXII Primigenia. Queste precisazioni sono molto importanti per restringere il range cronologico della stele di Luccius Faustus.
Sappiamo che il matrimonio, per i soldati romani durante la loro permanenza nell’esercito, era proibito almeno fino a Settimio Severo, e anche dopo non si parla di un vero e proprio matrimonio, ma più di una convivenza con donne all’esterno del campo legionario225. Ma spesso i soldati avevano delle relazioni da cui potevano
nascere dei figli che erano però illegittimi. L’iscrizione di Luccius potrebbe indicare una situazione del genere in quanto viene scritto «heredes faciendum curaverunt», vale a dire che gli eredi si erano presi cura di realizzare la sepoltura di Luccius seguendo il testamento che aveva redatto in vita. Quello che non è chiaro è se questi eredi siano pertanto dei figli illegittimi non menzionati proprio in quanto non riconosciuti dal diritto romano, oppure se si tratti di altri soldati, amici o parenti che il soldato aveva scelto come heres.
223 PARKER 1958, 153; le legioni in questione sono la I Minerva, VI Victrix, X Gemina, XXII Primigenia.
L’ultima parte dell’epiteto onorario fu cancellato dopo la damnatio memoriae subita da Domiziano.
224 Per una bibliografia accurata v. FRANKE, op. cit., 197, n. 62 225 LE BOHEC 1992, 294 e passim.
92 La stele di Caius Valerius Secundus226 sembra essere la gemella di quella di Luccius.
L’iscrizione di Valerius è fortemente corrotta e il soprannome dell’unità non si è conservato però le due stele presentano troppe analogie per non ritenere che entrambi i defunti facessero parte della legio XIV Gemina Martia Victrix. Sia l’uno che l’altro, comunque, hanno svolto la stessa mansione di signiferi e mostrano lo stesso identico armamento. È quindi molto credibile che le due stele siano state realizzate dalla stessa mano e quindi questo esclude che la stele di Valerius risalga al primo soggiorno a Mogontiacum della legio XIV Gemina, dato che tra i due periodi intercorrono ventisette anni227 . La differenza sostanziale tra i due è nel signum, il quale nella stele di Luccius
ha sei phalerae, in quella di Valerius sembra di riconoscerne solo quattro228. Questo
potrebbe voler dire che temporalmente la stele di Valerius potrebbe essere la più antica perché tre phalerae furono conseguite dalla legio XIV Gemina Martia Victrix nell’arco di tempo tra la morte di Valerius e quella di Luccius.
Datazione:
La stele, per la storia militare della legio XIV di cui si è parlato sopra, va datata dal 70 al 97 d.C.
226 Vd. infra 227 UBL 2013, n.89
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7. Caius Valerius Secundus