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Gli anni Settanta ovvero la svolta politica del giudice costituzionale

1. La Corte costituzionale e la politica: una prospettiva storica

1.2. Gli anni Settanta ovvero la svolta politica del giudice costituzionale

Questa iniziale difficoltà fu superata grazie al fatto che la legge regolatrice del processo costituzionale aveva accordato il diritto d’iniziativa nell’ambito del controllo di legittimità in via incidentale a qualunque giudice ritenesse rilevante e non manifestamente infondata la relativa questione, cosicché soprattutto i magistrati più giovani – selezionati secondo il nuovo metodo concorsuale e intenzionati a non omologarsi al pensiero politico dominate – si mostrarono fin da subito più sensibili ai principi stabiliti dalla nuova Costituzione e cominciarono a imbastire un dialogo, questa volta intenso e proficuo con la Corte costituzionale217. Questa nuova forma di collaborazione, a sua volta, contribuì ad avviare gran parte delle riforme strutturali necessarie per ammodernare l’ordinamento218

, instaurando un nuovo circuito istituzionale, che univa proprio i giudici ordinari alla Corte costituzionale219. Questa sorta di alleanza comincerà a produrre i suoi risultati più proficui proprio durante la fase storica iniziata verso la seconda metà degli anni Sessanta, consentendo al giudice delle leggi di intervenire su tutta una serie di importantissime questioni

215 Sulla necessità di istituite e potenziare adeguati meccanismi di raccordo tra l’organo di giustizia

costituzionale e i tradizionali poteri dello Stato, finalizzati allo sviluppo di un dialogo costante tra Corte e Parlamento, si veda anche F. PIERANDREI, Corte costituzionale, in Enciclopedia del diritto, vol. X, Milano, 1962, p. 966 ss.

216 Cfr. F. BONINI, op. cit., p. 117 ss.

217 Così A. PIZZORUSSO, Un’invenzione che ha cambiato il modo di concepire il diritto: la giustizia

costituzionale, in V. VARANO – V. BARSOTTI (a cura di), Annuario di diritto comparato e studi legislativi, 2011, p. 37 ss. secondo cui l’incremento esponenziale delle sentenze emanate ad opera della Corte costituzionale, di fatto, non solo smentisce quanti avevano preconizzato una progressiva e definitiva diminuzione del lavoro affidato al giudice delle leggi, ma trasforma finalmente anche la Costituzione in un testo normativo capace di operare nelle situazioni concrete.

218 Così F. SACCO, L’impatto della giurisprudenza costituzionale nella tutela dei diritti

fondamentali: una prospettiva storica, in R. BIN – G. BRUNELLI – A. PUGIOTTO – P. VERONESI (a cura di), Effettività e seguito delle tecniche decisorie della Corte costituzionale, Napoli, 2006, p. 710 ss. il quale enfatizza questa particolare funzione suppletiva della Corte costituzionale rispetto all’attività del legislatore ordinario, in materia di promozione e salvaguardia dei diritti fondamentali.

219 Per un’accurata ricostruzione dei rapporti tra Corte costituzionali e giudici comuni a seguito

dell’entrata in vigore della Costituzione si consulti passim E. LAMARQUE, Corte costituzionale e giudici nell’Italia repubblicana, Bari, 2012

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politiche, economiche e sociali, fino a quel momento largamente ignorate dagli organi rappresentativi220.

Più specificamente, nel momento storico fissato tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, si assiste a un deciso mutamento del ruolo del giudice costituzionale nel sistema istituzionale, salutato come il sintomo di una rinnovata “svolta politica” nell’attività della Corte221

. In altre parole, una volta eliminata la maggior parte della legislazione antecedente all’entrata in vigore della Costituzione, la Corte comincia a reclamare la necessità sistematica di svolgere la propria funzione di controllo anche nei confronti delle leggi successive222. La progressiva ed efficace attuazione di quel nuovo meccanismo di garanzia fondato sull’asse Corte costituzionale/giudici comuni, comincia così a spingersi con sempre maggiore

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Per un’accurata ricostruzione dei rapporti tra giudice costituzionale e magistratura ordinaria durante il primo periodo di attività della Corte si veda il prezioso contributo offerto da V. ONIDA, Corte costituzionale e autorità giudiziaria, in Rivista trimestrale di diritto processuale, 1967., secondo cui a risultare problematico sarebbe stata la sostanziale deferenza del corpo togato nei confronti del potere politico, anche perché, già negli anni in cui avevano seppure temporaneamente esercitato il controllo di costituzionalità, la magistratura e il suo vertice si erano attivati con estrema circospezione, riservando poi alla Corte un trattamento ispirato a grande cautela. A fronte di un simile atteggiamento il giudice costituzionale imposta a sua volta un percorso diretto ad ampliare le platea dei propri interlocutori e a ricercarne il sostegno, incoraggiando cioè l’attivismo richiesto da un disegno istituzionale che riconducesse ad unità controllo accentrato ed iniziativa diffusa.

221 In dottrina, a suffragio del mutamento del ruolo della Corte nel sistema istituzionale, si confrontino

ex multis F. BONINI, Storia della Corte costituzionale, Roma, 1996, p. 191 ss., E. CHELI, Il giudice delle leggi. La Corte costituzionale nella dinamica dei poteri, Bologna, 1996, p. 36 ss. e più di recente F. SACCO, L’impatto della giurisprudenza costituzionale nella tutela dei diritti fondamentali: una prospettiva storica, in R. BIN – G. BRUNELLI – A. PUGIOTTO – P. VERONESI (a cura di), Effettività e seguito delle tecniche decisorie della Corte costituzionale, Napoli, 2006, p. 714 ss.

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Per una disamina delle ragioni, di natura contingente, che avevano condotto ad un simile cambiamento si veda l’intervento svolto dal futuro Presidente della Corte Giuseppe Branca nel corso di una tavola rotonda sulla giustizia costituzionale già nel 1966. In particolare cfr. G. BRANCA, Intervento, in G. MARANINI (a cura di), La giustizia costituzionale, Firenze, 1966, p. 966 ss. Lo stesso Branca, peraltro, questa volta in veste di Presidente, avrebbe successivamente manifestato la consapevolezza del ruolo più marcatamente politico assunto dal giudice costituzionale: “… credo che sia passata o stia per passare la prima epoca, l’epoca diciamo eroica della Corte costituzionale (quando questo giudice aveva la funzione di eliminare dall’ordinamento molta parte delle leggi fasciste) e che adesso sia cominciata o cominci la seconda fase dell’attività di questo giudice, cioè la fase di controllo, non solo delle vecchie leggi fasciste, ma anche delle nuove leggi che, non derivate dal passato, guardano al futuro …”. In questo senso si legga G. BRANCA, Discorso del Presidente della Corte costituzionale in occasione dell’incontro con la stampa del 20 dicembre 1969, in

www.cortecostituzionale.it A questo proposito, già con la storica sentenza 1/1956, sottoponendo a sindacato di legittimità costituzionale anche la legislazione previgente, la Corte aveva cercato di conseguire un duplice obiettivo: da una parte, guadagnarsi la legittimazione necessaria per poter assolvere al proprio compito, inserendosi pienamente nella dialettica istituzionale; dall’altra, affermare l’operatività della Costituzione, fino a quel momento sostanzialmente negata sia dal Parlamento che dalle più alte magistrature dello Stato. Con riguardo ai risvolti interistituzionali della legittimazione della Corte costituzionale si veda L. ELIA, La Corte nel quadro dei poteri costituzionali, in P. BARILE – E. CHELI – S. GRASSI (a cura di), Corte costituzionale e sviluppo della forma di governo in Italia, Bologna, 1988, p. 528 ss..

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decisione verso i provvedimenti approvati dal nuovo Parlamento repubblicano e in questo senso il limite della discrezionalità legislativa emerge in tutta la sua portata concettuale come tentativo di circoscrivere e razionalizzare gli interventi manipolativi del giudice delle leggi223.

Con le proprie sentenze la Corte entra in medias res dei cambiamenti in atto nella società, contribuendo alla migliore conoscenza collettiva delle diverse problematiche e fornendo contestualmente anche efficaci rimedi giurisprudenziali per rispondere alla crescente domanda di giustizia224. A fronte di una sostanziale incapacità degli organi rappresentativi di offrire soluzioni politiche coerenti ed adeguate alle pressanti esigenze della società civile, il giudice costituzionale si assume l’onere di soddisfare direttamente le diverse istanze sociali, attraverso una giurisprudenza creativa, che produce essa stessa gli strumenti attraverso cui attuare le prescrizioni costituzionali225. Le molteplici riforme degli anni Settanta ricevono infatti un impulso pressoché decisivo proprio da parte della Corte, il che avviene non solo quando quest’ultima evidenzia le inadempienze del potere legislativo, ma anche e soprattutto quando realizza direttamente gli istituti più significativi prefigurati dal Costituente, occupando spazi riservati alla discrezionalità politica226.

223 Infatti disponendo in questa fase anche di poteri che consentono alla Corte di interferire con le

scelte operate dalla maggioranza parlamentare e di governo la Corte costituzionale finisce inevitabilmente per essere coinvolta nel processo politico, contribuendo a svolgere quell’opera di composizione e di sintesi che caratterizza qualsiasi ordinamento costituzionale pluralistico.

224 Per una ricognizione dell’attività della Corte in rapporto alle evoluzioni manifestatesi nella società

italiana dell’epoca si consulti anche A. MASSERA, Il riflusso della Corte costituzionale, in Politica del diritto, 1972, p. 442 ss. il quale, però, circoscrive un simile atteggiamento, senza enfatizzare le decisioni assunte in quel particolare momento storico dal giudice delle leggi, in parte sconfessando il Presidente Branca a giudizio del quale, invece, la ragione essenziale di un simile comportamento della Corte si situa “… nella migliore conoscenza collettiva dei problemi sociali e dei rimedi, nell’accelerazione del processo evolutivo dell’opinione pubblica e dello stesso indirizzo politico, più propensi ormai allo svecchiamento, ai quali i giudici costituzionali, essendo uomini, non possono non essere sensibili …”.

225 Su questo aspetto si consulti anche S. RODOTÀ, La Corte, la politica, l’organizzazione sociale, in

P. BARILE – E. CHELI – S. GRASSI (a cura di), Corte costituzionale e sviluppo della forma di governo in Italia, Bologna, 1988, p. 492 ss. nonché C. MEZZANOTTE, Corte costituzionale e legittimazione politica, Roma, 1984, p. 139 ss.

226 Una volta definito in maniera pressoché definitiva il proprio normale margine di operatività nel

sistema, frutto di una legittimazione derivata da un costante rapporto con la magistratura e con la cittadinanza, il giudice delle leggi incomincia anche ad accreditarsi presso gli altri poteri dello Stato, giungendo in alcune circostanze ad impartire vere e proprie direttive al Parlamento nella disciplina di specifiche materie In particolare sotto la presidenza Sandulli la Corte costituzionale manifesta un indirizzo chiaro a difesa dei diritti individuali. Più specificamente, si confrontino i contenuti dell’intervista rilasciata dallo stesso Presidente, a seguito della declaratoria di incostituzionalità delle norme riguardanti l’esclusione dell’indennizzo per i vincoli di edificabilità. Così, E. CAPOCELATRO, Urbanistica e Costituzione. Intervista con il Presidente della Corte costituzionale, in “l’Astrolabio”, 7 luglio 1968, p. 11 ss. A questo proposito si vedano anche le dichiarazioni di G.

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Il problema strutturale con cui la Corte deve costantemente misurarsi in questo periodo coincide infatti con una continua impasse del circuito legislativo, il quale, sovente, decide di procrastinare la concreta attuazione dei principi costituzionali e delle decisioni della Corte227. Con tutta evidenza questo colpevole ritardo da parte del legislatore comporta la necessità per il giudice delle leggi di abbandonare il proprio iniziale self-restraint, sanzionando necessariamente il comportamento degli organi rappresentativi e riducendo di conseguenza l’area di incidenza della legge e degli interventi del Parlamento228. Ciò nondimeno, anche una simile attività di indirizzo, condotta attraverso l’impiego del proprio potere creativo, viene sempre giustificata dal giudice delle leggi, da una parte, sulla base di una rigorosa applicazione dei principi costituzionali229, dall’altra, attraverso il merito delle proprie decisioni, rivolte in prevalenza alla tutela dei diritti fondamentali nell’ambito di un articolato processo di complessiva regolazione della società230

.

BRANCA, Discorso del Presidente della Corte costituzionale in occasione dell’incontro con la stampa del 19 dicembre 1970, in www.cortecostituzionale.it, nel corso della quale il nuovo Presidente elenca orgogliosamente le decisioni più aperte e moderne assunte dal giudice delle leggi, sottolineando come tali pronunce dimostrino una “… ferma condanna di leggi vecchie, malate, avvizzite, sclerotiche, inconcepibile dieci o cinque anni prima …” a dimostrazione del “… mutamento dei tempi e del costume, della nuova forza delle cose che si impongono agli uomini, della necessità di svecchiamento che preme su questa società …”. In questa prospettiva si legga altresì G. BRANCA, Un anno di attività della Corte costituzionale, in Politica del diritto, 1971, p. 31 ss. Il Presidente della Corte riconosce esplicitamente come alcune decisioni siano necessariamente politiche, dal momento che “… per decidere più che applicare norme costituzionali si devono enucleare, determinare e definire principi (come quelli di libertà, sicurezza pubblica, pubblico interesse e difesa in giudizio) che, situandosi al vertice dell’ordinamento, sono principi politici ed essendo genericamente indicati nella Costituzione, si valutano da ciascuno (giudice o non giudice) secondo le proprie convinzioni politiche …”, e tiene contestualmente a sottolineare come alcune pronunce possano rappresentare “… il frutto di scelte politiche, non però di partito e che la loro bontà deriva dal fatto che le idee politiche dei singoli giudici si controllano e si compongono l’un l’altra …”.

227 In questa accezione si leggano anche le notazioni di F. SACCO, L’impatto della giurisprudenza

costituzionale nella tutela dei diritti fondamentali: una prospettiva storica, in R. BIN – G. BRUNELLI – A. PUGIOTTO – P. VERONESI (a cura di), Effettività e seguito delle tecniche decisorie della Corte costituzionale, Napoli, 2006, p. 718 ss.

228 Cfr. F. BONINI, Storia della Corte costituzionale, Roma, 1996, p. 297 ss. Fortemente critico nei

confronti di un simile atteggiamento da parte del potere politico si mostra tra gli altri S. BARTOLE, Corte costituzionale e razionalizzazione del sistema dei poteri, in Politica del diritto, 1970, p. 640 ss. il quale imputa l’attivismo della Corte proprio all’inerzia parlamentare, censurandone l’operato anche quando il potere legislativo proponga riforme strumentali in ordine al funzionamento dell’organo di giustizia costituzionale.

229 Al riguardo si veda G. CONSO, La giustizia costituzionale nel 1990. Conferenza stampa del 15

gennaio 1991, in www.cortecostituzionale.it, il Presidente invoca nello specifico i principi del buon andamento della pubblica amministrazione e dell’imparzialità come vincolo ad agire senza distinzioni si parti politiche, nell’esclusivo perseguimento dell’interesse pubblico, per cui la Corte deve vigilare continuamente sull’attuazione di tali principi.

230 Le ricostruzione dell’attività della Corte in termini di “mediazione dei conflitti” e di “moderazione

degli interessi” si deve rispettivamente a E. CHELI, Introduzione, in P. BARILE – E. CHELI – S. GRASSI (a cura di), Corte costituzionale e sviluppo della forma di governo in Italia, Bologna, 1988,

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Per queste ragioni, gli effetti istituzionali di una simile propensione all’attivismo politico-sociale da parte del giudice delle leggi non si traducono in un contrasto tra discrezionalità parlamentare e piena funzionalità dei diritti, anche perché, in questa fase, la regolamentazione dei rapporti tra giudice delle leggi e Parlamento passa soprattutto per una serie di aggiustamenti progressivi piuttosto che attraverso una sostanziale auto-affermazione da parte della Corte. Il giudice costituzionale cioè attraverso il sindacato sull’esercizio del potere discrezionale del legislatore non si contrappone mai frontalmente alle scelte compiute dal Parlamento in nome di un’applicazione diretta della Costituzione231

.

Il giudice costituzionale preferisce assegnare a sé stesso una funzione di regolazione del sistema232. La Corte arriva gradatamente a supplire in via diretta all’attività parlamentare, elaborando autonomamente i programmi costituzionali soltanto come risposta concreta alla perdurante inerzia degli organi rappresentativi233. Attraverso le proprie pronunce la Corte rimedia alle lacune dell’attività legislativa, moderando però il proprio intervento in funzione della tutela dei diritti e della stabilità dell’ordinamento234

, cosicché anche nella costruzione incrementale di questi meccanismi paranormativi, il giudice costituzionale elabora un

p. 10 ss. e L. ELIA, La Corte nel quadro dei poteri costituzionali, in P. BARILE – E. CHELI – S. GRASSI (a cura di), Corte costituzionale e sviluppo della forma di governo in Italia, Bologna, 1988, p. 515 ss.

231 I rapporti con il Parlamento, dopo l’approvazione della legge costituzionale 2/1967, non conoscono

tensioni. Anzi, le modifiche al regolamento generale della Corte sanciscono l’assenza di ogni possibile contenzioso, eliminando quei punti di frizione che avevano caratterizzato la lunga querelle sul meccanismo di rinnovazione. Sul punto si confronti F. BONINI, op. cit., p. 195. il quale richiama il discorso del Presidente G. BRANCA, Discorso del presidente della Corte costituzionale pronunciato in occasione dell'incontro con la stampa del 20 dicembre 1969, in www.cortecostituzionale.it, secondo cui, se da un lato, occorrono pur sempre coraggiose iniziative riformatrici, dall’altro la Corte detiene pur sempre un imprescindibile compito di vigilanza anche a tutela delle prerogative parlamentari, le quali potranno magari ridursi, purché ne resti comunque immutata la struttura essenziale,

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Circa la necessità di istituire una particolare forma di collaborazione tra giudice costituzionale e sistema di produzione legislativa si veda anche F. BASSANINI, Una Corte collaborativa, in Politica del diritto, 1977, p. 621 ss.. Sul punto si confrontino le dichiarazioni di G. BRANCA, Discorso del Presidente della Corte costituzionale in occasione dell’incontro con la stampa del 19 dicembre 1970, in www.cortecostituzionale.it,

233 Di avviso contrario si mostra però L. ELIA, La Corte nel quadro dei poteri costituzionali, in P.

BARILE – E. CHELI – S. GRASSI (a cura di), Corte costituzionale e sviluppo della forma di governo in Italia, Bologna, 1988, p. 527 ss. il quale, riprendendo la celebre tesi di Crisafulli, rammenta come la manipolazione del testo normativo ad opera del giudice delle leggi non avvenga mai quando residui comunque un margine per le scelte discrezionali del legislatore.

234 Analogamente, sulle ragioni sistemiche che hanno spinto la Corte a supplire attivamente all’attività

del legislatore, si legga anche E. CHELI, Il giudice delle leggi. La Corte costituzionale nella dinamica dei poteri, Bologna, 1996, p. 48

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approccio il più possibile finalizzato alla conservazione e al mantenimento della legislazione parlamentare e delle scelte politiche ad essa sottesa, consolidando ulteriormente la propria posizione all’interno del sistema235.

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