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Le sentenze interpretative di rigetto come primo giudizio sulla

2. Tecniche decisorie e discrezionalità legislativa dal 1956 al 1970: un approccio

2.2. Le sentenze interpretative di rigetto come primo giudizio sulla

Nella stessa prospettiva pratica si inserisce anche l’impiego delle cosiddette sentenze interpretative di rigetto. Nel periodo in esame, infatti, l’adozione di simili pronunce, salvando, almeno in apparenza, le norme censurate, consente al giudice delle leggi non soltanto di rimediare alle lacune normative che si sarebbero verosimilmente prodotte in seguito all’adozione di decisioni di accoglimento secco e che non sarebbero state tempestivamente colmate da un successivo intervento del legislatore, ma anche di salvaguardare le ragioni dei singoli, specialmente negli ambiti politicamente più sensibili, offrendo un’interpretazione costituzionalmente conforme delle disposizioni impugnate257.

256 In relazione a questo impiego delle pronunce in esame e più in generale sull’utilizzo delle decisioni

del giudice costituzionale con riferimento alla tutela di esigenze macrosistemiche e di salvaguardia dei diritti individuali si veda anche quanto sostenuto da G. SILVESTRI, Le garanzie della Repubblica, Torino, 2009, p. 63 ss.

257 Per un’accurata rassegna delle definizioni attribuite in dottrina alle sentenze interpretative di rigetto

di legga in particolare E. LAMARQUE, Gli effetti della pronuncia interpretativa di rigetto della Corte costituzionale nel giudizio a quo (un’indagine sul seguito delle pronunce costituzionali), in Giurisprudenza costituzionale, 2000, p. 688 ss.

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Prescindendo in questa sede dalle conseguenze che l’adozione di una simile tecnica di giudizio produce nei rapporti tra Corte costituzionale e giudici comuni258 e concentrandosi invece esclusivamente sulle relazioni tra giudice delle leggi e organo parlamentare, deve innanzitutto rilevarsi che – in maniera del tutto analoga a quanto già verificatosi per le decisioni di accoglimento parziale – nei casi in cui sia richiamata in motivazione la clausola della discrezionalità legislativa, gli effetti delle pronunce interpretative di rigetto appaiono decisamente più invasivi, di quanto non possano sembrare in prima battuta. In sostanza il giudice costituzionale condiziona il rigetto della questione a una specifica interpretazione, ma per farlo deve sempre compiere una valutazione sulla non arbitrarietà della ratio legis. La Corte, quindi, scende comunque nel merito della questione, valutando concretamente l’esercizio del potere legislativo da parte del Parlamento259.

A questa stregua il giudice costituzionale, avvalendosi dei canoni offerto dalla cd. interpretazione adeguatrice e dal giudizio di ragionevolezza, decifra le disposizioni di legge impugnate, pervenendo ad un significato diverso, o in molti casi addirittura contrastante, rispetto a quello individuato dal rimettente e verosimilmente ipotizzato dal legislatore260. Qualora venga in rilievo l’esercizio del potere discrezionale da parte del legislatore, l’adozione di sentenze interpretative di rigetto sottende, quindi, l’applicazione degli schemi tipici del giudizio di ragionevolezza261

.

258 Oltretutto, il ricorso a tali pronunce, a fronte di un iniziale impiego massivo da parte del giudice

delle leggi, cominciava a risultare precluso dall’atteggiamento dei giudici ordinari, gelosi del proprio monopolio interpretativo. Parla in questo senso di incomunicabilità tra i due sistemi di interpretazione, G. DOLSO, Le interpretative di rigetto tra Corte costituzionale e Corte di Cassazione, in Giurisprudenza costituzionale, 2004, p. 3021

259 L’intento che sembra animare le decisioni interpretative di rigetto deve, dunque, ravvisarsi

nell’esigenza di consentire alla Corte di svolgere una preliminare valutazione sulla ragionevolezza della scelta legislativa a seguito della quale rigettare eventualmente la questione. Cfr. G. SILVESTRI, Le sentenze normative della Corte costituzionale, in Giurisprudenza costituzionale, 1981, p. 1684 ss. In tal senso si leggano anche L. PESOLE, L’inammissibilità per discrezionalità legislativa di una questione fondata, in Giurisprudenza costituzionale, 1993, p. 412 ss., nonché F. P. CASAVOLA, La giustizia costituzionale nel 1992. Conferenza stampa del 22 febbraio 1993, in

www.cortecostituzionale.it. L’impiego della formula “nei sensi di cui in motivazione” contenuta nel dispositivo della sentenza.

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Così V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, Padova 1984, p. 397, a giudizio del quale questa libertà interpretativa della avrebbe ad oggetto tanto le disposizioni di legge cui si riferisce la questione di legittimità costituzionale, quanto le disposizioni di fonte costituzionale assunte di volta in volta come parametro, senza tuttavia definire alcun vincolo all’interpretazione datane dal giudice rimettente nel processo principale.

261 Sulla complessa qualificazione del principio di ragionevolezza si veda L. PALADIN, Esiste un

principio di ragionevolezza nella giustizia costituzionale?, in AA.VV., Il principio di ragionevolezza

nella giurisprudenza della Corte costituzionale. Atti del seminario svoltosi in Roma, Palazzo della Consulta 13-14 ottobre 1992, Milano, 1994, p. 163 ss. il quale evidenzia addirittura come espressioni

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Prima di rigettare la questione, infatti, la Corte si esprime indirettamente in merito alle scelte politiche del Parlamento, giustificandole in via interpretativa, mediante una lettura conforme a Costituzione262. In altre parole, la sussistenza di un nesso funzionale tra valutazione nel merito della questione, condotta alla stregua del giudizio di ragionevolezza, e conseguente decisione di rigettare la questione, accordando prevalenza a un’interpretazione adeguatrice della disposizione sospettata di incostituzionalità, consente agevolmente di pervenire a una definizione razionale della norma impugnata, mantenendola comunque nel sistema, seppure privata del suo significato originario263.

La Corte in sostanza sceglie tra tutte le interpretazioni attribuibili a un determinato enunciato legislativo quella conforme ai principi costituzionali, attraverso quella classica operazione sistematica che tende ad adeguare la legislazione ordinaria alla Costituzione264. Con tale strumento il giudice delle leggi sembra quindi stimolare il Parlamento, ad uniformarsi alla lettura più confacente al sistema costituzionale, utilizzando argomentazioni che se da una parte suffragano la scelta legislativa, dall’altra indicano comunque anche il senso interpretativo che il legislatore dovrà necessariamente rifuggire nella disciplina di quella particolare

quali ragionevolezza, proporzionalità, adeguatezza e non arbitrarietà coincidano in realtà con mere formule verbali, cui non corrisponde un concetto ben determinato, ma che rivelano soltanto una generica esigenza di giustizia delle leggi. Il giudizio di ragionevolezza, infatti, risente non solo della varietà dei parametri invocati, ma anche della varietà dei casi: proprio i vari casi portati a conoscenza della Corte consentono di mettere a fuoco ciò che in concreto significa l’espressione ragionevolezza nei singoli settori considerati.

262 A questo proposito e sulle potenzialità offerte dallo strumento interpretativo di rigetto nei rapporti

con il potere legislativo si veda tra gli altri R. CRISTIANO, Le decisioni interpretative di rigetto, in M. SCUDIERO - S. STAIANO (a cura di), La discrezionalità del legislatore nella giurisprudenza della Corte costituzionale (1988-1998), Napoli, 1999, p. 147 ss. Nella giurisprudenza costituzionale, si vedano nel periodo considerato C. cost. sent. 1/1957, C. cost. sent. 25/1957, C. cost. sent. 74/1958, C. cost. sent. 53/1960, C. cost. sent. 9/1965, C. cost. sent. 22/1965, C. cost. sent. 43/1965, C. cost. sent. 122/1966, C. cost. sent. 55/1968, C. cost. sent. 86/1969, C. cost. sent. 122/1970, C. cost. sent. 194/1970, nonchè C. cost. sent. 3/1972.

263 Sul carattere interpretativo di tutte le sentenze della Corte costituzionale e sugli elementi distintivi

propri delle sentenze interpretative di rigetto rispetto alla generalità delle pronunce costituzionali si consultino specialmente le riflessioni di V. CRISAFULLI, Le sentenze “interpretative” della Corte costituzionale, in AA. VV. Studi in memoria di Tullio Ascarelli, Milano, 1969, p. 2871.

264 Sul tema cfr. R. BIN, Diritti e argomenti. Il bilanciamento degli interessi nella giurisprudenza

costituzionale, Milano, 1992, p. 18 ss. A suffragio di una simile impostazione si veda altresì C. Cost. sent. 356/1991 punto 10 del considerato in diritto a mente del quale “… Tale interpretazione non è imposta dal tenore della norma e quindi essa è da respingere in ragione del fondamentale criterio ermeneutico per cui, se fra più significati possibili uno solo è conforme ai principi costituzionali, a questo va data la preferenza da parte dell'interprete, cosicché una legge non può essere ritenuta invalida, perché incostituzionale, fino a quando ne sia possibile un’interpretazione costituzionalmente conforme …”

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materia265. Il giudice costituzionale fornisce così un’interpretazione sistematica della legislazione, identificando l’unica lettura conforme a Costituzione, che le consenta di rigettare la questione266. Per fare ciò la Corte ripercorre a ritroso l’intero processo logico seguito dal legislatore ordinario, individuando gli interessi costituzionalmente coinvolti, in base ai quali procedere poi alle concrete operazioni di bilanciamento. A questo punto, alla luce degli interessi praticamente implicati giustifica in motivazione la soluzione raggiunta dal legislatore, evidenziandone la ragionevolezza nei termini di assoluta proporzionalità dei mezzi impiegati rispetto al fine perseguito267.

In quest’ottica, il rigetto interpretativo si rivela particolarmente funzionale per avallare le opzioni legislative negli ambiti politicamente più controversi268. Il giudizio di ragionevolezza si sviluppa in questi casi in chiave ancillare rispetto a un’interpretazione della disposizione impugnata, che sia in grado di preservare il pieno esercizio dell’attività parlamentare, riconducendola nell’alveo dei principi costituzionali, soprattutto nei casi di particolare rilevanza politica. In questo modo il giudice delle leggi evita, oppure procrastina a scopo interlocutorio, gli effetti connessi a una pronuncia di accoglimento, invitando tutti gli operatori, Parlamento compreso, a seguire il proprio indirizzo giurisprudenziale269. Così facendo, la Corte si dimostra in grado sia di mantenere la piena vigenza della disposizione impugnata, allo scopo di rispettare le prerogative del potere legislativo (modificandone, tuttavia,

265 Sugli obiettivi perseguiti dal giudice costituzionale attraverso simili sentenze e sull’istituto della

cd. “doppia pronuncia” si veda su tutti U. MORELLI, Sentenze interpretative della Corte costituzionale e vincolo di interpretazione nel giudizio a quo, in Giustizia civile, 1990, p. 2232 ss. Detta esortazione non può però qualificarsi come un effettivo vincolo giuridico nei confronti dei singoli operatori, ben potendo, da un lato, prospettarsi ancora interpretazioni incostituzionali ad opera dei giudici e, dall’altro, presentarsi nuovamente la possibilità di un eventuale, consapevole inerzia da parte del legislatore. Sugli effetti di questo tipo di decisioni in rapporto all’autorità giudiziaria e al legislatore si veda anche A. PIZZORUSSO, Le motivazioni delle decisioni della Corte costituzionale: comandi o consigli?, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1963, p. 593 ss.

266 In tal senso R. BIN, op. cit., p. 31, il quale definisce il bilanciamento di interessi come una

particolare forma di interpretazione sistematica, attraverso cui la Corte opera un controllo esterno, nel senso che il parametro del giudizio di costituzionalità assume in questo caso i connotati di una norma sostanziale e non di un meccanismo di tipo meta-relazionale, capace di limitare il solo ambito delle scelte discrezionali.

267 Sulla struttura delle pronunce interpretative di rigetto, oltre che sulla possibilità da parte del

legislatore di violare eventualmente il dispositivo della sentenza in questione, alla luce di nuove circostanze sopravvenute, non prevedibili nel corso del giudizio, si veda C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, Padova, 1991, p. 1426 ss.

268 Così U. MORELLI, L’anomalia delle interpretative di rigetto tra equivoci, timidezza del giudice a

quo e supplenze della Corte costituzionale, in Giustizia civile, 1995, p. 2084 ss., a giudizio del quale nell’ambito di questo giudizio, la Corte pondera le decisioni del legislatore, avallandone l’operato anche nel merito, attraverso un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione oggetto del giudizio che possa salvare la norma impugnata

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il significato per conformarlo ai principi costituzionali), sia di rivolgere al Parlamento gli opportuni suggerimenti per adeguare o razionalizzare la disciplina sospettata di incostituzionalità.

2.3. La dichiarazione di illegittimità consequenziale, ovvero la progressiva

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