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Il seguito legislativo delle pronunce della Corte costituzionale: profili sostanzial

costituzionalmente illegittima. 3. L’inerzia parlamentare come scelta di politica legislativa. Le omissioni incostituzionali del legislatore. 3.1. L’inerzia parlamentare di fronte alle decisioni di rigetto. 3.2. L’inerzia parlamentare di fronte ai moniti. 3.3. L’inerzia parlamentare di fronte alle decisioni di accoglimento. 3.4. Inerzia parlamentare e leggi costituzionalmente obbligatorie. 3.5. Altre ipotesi di seguito legislativo necessario. L’inerzia parlamentare di fronte ai principi. 3.6. Inerzia parlamentare e principio di leale collaborazione. 4. La legge costituzionale come legittimo strumento di risposta a disposizione del Parlamento. 5. Una proposta alternativa ovvero Jeremy Waldron e l’argomento del disaccordo in rapporto alla discrezionalità legislativa.

1. Il seguito legislativo delle pronunce della Corte costituzionale: profili

sostanziali e procedurali.

Nel corso della precedente sezione si è avuto modo di approfondire le modalità e le tecniche decisorie impiegate dalla Corte per sindacare le scelte discrezionali degli organi rappresentativi, esaminando contestualmente i presupposti teorici in grado di giustificare una simile ingerenza da parte del giudice delle leggi nei confronti delle decisioni assunte dal potere politico. Rimangono ora da verificare gli effetti giuridicamente prodotti da questo genere di pronunce sulla conseguente attività normativa delle Assemblee elettive, valutando quali spazi residuino in capo al Parlamento per riaffermare la propria libera determinazione politica, nelle ipotesi in cui l’organo di giustizia costituzionale si sia indebitamente ingerito in ambiti materiali riservati al legislatore.

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In questa prospettiva, le riflessioni relative al libero esercizio del potere discrezionale si intrecciano indissolubilmente con il tema del seguito legislativo alle pronunce della Corte. Quest’ultimo aspetto assume infatti un’importanza strategica nei rapporti politico-istituzionali tra giudice costituzionale e Parlamento, in grado di descriverne empiricamente le dinamiche più problematiche, dal momento che esso costituisce uno dei principali meccanismi di attuazione delle decisioni adottate dal giudice delle leggi369. Inoltre, nell’ipotesi in cui la Corte agisca, per così dire, come operatore politico, il seguito legislativo rappresenta il meccanismo privilegiato per denunciare – e se del caso reagire a – eventuali sconfinamenti commessi (o presuntivamente commessi) negli ambiti discrezionali riservati al Parlamento370.

Una logica di questo tipo – che concepisce l’attività consequenziale del legislatore come legittimo strumento di risposta nelle mani del Parlamento – tradisce una particolare concezione dei rapporti tra Corte e legislatore, secondo cui gli organi politici sarebbero sempre pienamente liberi di agire in ordine all’an, al quando e al

quomodo del seguito, benché elementari esigenze di funzionalità dell’ordinamento

consiglino comunque di stabilire una fattiva e non preconcetta collaborazione tra i vari organi costituzionali371. In questo senso dalle decisioni della Corte non

369 In questa prospettiva metodologica, si veda l’esplicita menzione fatta a favore di un punto di vista

squisitamente descrittivo delle dinamiche intercorrenti tra Corte costituzionale e potere legislativo da N. ASSINI, Il seguito (legislativo) delle sentenze della Corte costituzionale in Parlamento, in Giurisprudenza costituzionale, 1982, p. 1853 ss. secondo cui, stanti le caratteristiche degli organi coinvolti in questa particolare relazione, un’analisi astratta condotta in termini giuridici non sarebbe comunque ipotizzabile. Per una ricognizione dei presupposti teorici che ispirano il tema del seguito legislativo si consulti, tra gli altri, G. D’ORAZIO, Parlamento e Corte costituzionale nello schema di coordinamento dell’art. 136 della Costituzione, in Civitas, 1983, p. 53 ss. a giudizio del quale, al fondo di tale problematica si colloca una teorica di chiara ascendenza illuministica, basata sull’idea per cui al legislatore andrebbe riconosciuta in ogni caso la piena discrezionalità politica in ordine all’an, al quando e al quomodo del seguito, sebbene elementari esigenze di funzionalità del sistema consiglino pur sempre di stabilire una fattiva e non preconcetta collaborazione tra i vari organi costituzionali. Una simile concezione postula evidentemente un’astratta separazione fra le diverse competenze attribuite ai singoli poteri dello Stato, che distingue tra legis latio e legis executio e si collega all’antico mito dell’onnipotenza parlamentare. Più precisamente: “… a tutt’oggi, non pochi pur in regime di rigidità costituzionale, in un contesto storico-politico profondamente mutato rispetto al passato, confiderebbero ancora in un’anacronistica separazione tra legislazione e giurisdizione, nel vano tentativo di mantenere un’ideale continuità con un regime liberal-democratico a flessibilità costituzionale ormai definitivamente tramontato …”.

370 Sul concetto di azione, in senso lato politica, esercitata da parte della Corte costituzionale in

rapporto al ruolo tradizionalmente assolto dal Parlamento e dal Governo si confronti in particolare quanto sostenuto da R. FRANCESCHI, Le sentenze della Corte costituzionale in Parlamento, in Città e Regioni, 4/1980, p. 108 ss. Per una ricognizione dei presupposti teorici che ispirano il tema del seguito legislativo si consulti, tra gli altri,

371 Per una ricognizione dei presupposti teorici che ispirano il tema del seguito legislativo si consulti,

tra gli altri, G. D’ORAZIO, Parlamento e Corte costituzionale nello schema di coordinamento dell’art. 136 della Costituzione, in Civitas, 1983, p. 53 ss. a giudizio del quale una simile concezione

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deriverebbe quindi alcun vincolo giuridico all’esercizio della funzione legislativa, essendo il Parlamento tenuto soltanto politicamente, e dunque in via del tutto discrezionale, a dar seguito alle indicazioni fornite dal giudice delle leggi372. Trattandosi infatti di organi apicali dello Stato, l’aspetto sanzionatorio legato a un’eventuale inosservanza da parte del legislatore delle prescrizioni contenute nelle pronunce del giudice costituzionale rimane sprovvisto di strumenti specifici, che ne garantiscano coattivamente la diretta osservanza. La piena effettività delle decisioni della Corte viene cioè prevalentemente demandata alla circolarità dei meccanismi di controllo tra organi supremi dello Stato, che pur non determinando una sanzione in senso stretto, prevedono tutta una serie di pesi e contrappesi finalizzati alla tenuta globale del sistema373.

La tesi corrente in tema di asserita discrezionalità del legislatore in merito alla propria attività consequenziale assume come giustificazione positiva il secondo comma dell’art. 136 Cost., da cui discenderebbe la piena libertà degli organi legislativi ad autodeterminarsi in ordine a un eventuale seguito, da fornire unicamente alle decisioni di accoglimento. A mente della succitata disposizione, infatti, le sentenze di accoglimento della Corte, una volta che siano state pubblicate nelle forme prescritte, dovranno essere successivamente comunicate entro venti giorni alle Camere – e ai Consigli regionali interessati – affinché, ove lo ritengano necessario, provvedano nelle forme istituzionali, senza alcuna influenza sulla produzione degli effetti normativi derivanti dalle sentenze medesime. La stessa disciplina costituzionale, pertanto, sembra prefigurare una sorta di volontaria dissociazione tra Corte e Parlamento, omogenea ad un modello ideale in base a cui – estromesso il Governo da ogni forma di raccordo – le attività esercitate

postula evidentemente un’astratta separazione fra le diverse competenze attribuite ai singoli poteri dello Stato, che distingue tra legis latio e legis executio e si collega all’antico mito dell’onnipotenza parlamentare. Più precisamente: “… a tutt’oggi, non pochi pur in regime di rigidità costituzionale, in un contesto storico-politico profondamente mutato rispetto al passato, confiderebbero ancora in un’anacronistica separazione tra legislazione e giurisdizione, nel vano tentativo di mantenere un’ideale continuità con un regime liberal-democratico a flessibilità costituzionale ormai definitivamente tramontato …”.

372 In tal senso, anche per ulteriori indicazioni di carattere bibliografico che rimandino alla dottrina più

risalente si veda passim L. PEGORARO, La Corte e il Parlamento. Sentenze indirizzo e attività legislativa, Padova, 1987.

373 Sulla circolarità dell’ispezione tra i supremi organi dello Stato si veda in particolare quanto

sostenuto da A. MANZELLA, Osservazioni sui controlli parlamentari, in AA. VV., Studi per il ventesimo anniversario dell’Assemblea costituente, IV, Firenze, 1969, p. 357 ss. contra si veda però C. CHIMENTI, Il controllo parlamentare nell’ordinamento italiano, Milano, 1974, p. 127 ss.

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rispettivamente dal potere legislativo e dal giudice costituzionale non avrebbero mai dovuto intersecarsi se non in quel particolare luogo geometrico costituito dalle sentenze di accoglimento374.

I termini perentori di questa alternativa trovavano la propria naturale giustificazione nella volontà di tributare alla legge, in quanto forma tipica di rappresentazione della sovranità popolare, una particolare supremazia di carattere sistemico, che consigliava, almeno inizialmente, di non dotare l’organo deputato al controllo di costituzionalità della facoltà di privare le leggi dell’efficacia loro propria375. Oltretutto, giocava a favore di questo primo orientamento anche il condizionamento politico esercitato da una visione tralaticia della forma di governo parlamentare, da cui traeva alimento la preoccupazione di non inficiare il nuovo modello con la presenza, ritenuta ingombrante, di un organo che si sapeva estraneo a quel regime, madi cui si avvertiva comunque l’opportunità376.

Sta di fatto che la questione fu poi risolta dalla stessa Assemblea Costituente, mediante una serie di passaggi logici graduali e, in un certo senso, politicamente

374 Per una ricostruzione delle diverse tesi dottrinali in tema di effetti derivanti dalla disposizione

costituzionale di cui all’art. 136 Cost. si legga tra gli altri G.. PARODI, Commento all’art. 136 Cost., in R. BIFULCO – A. CELOTTO – M. OLIVETTI (a cura di), Commentario alla Costituzione, Torino, 2010, p. 2649 ss.

375 Al riguardo si veda P. CALAMANDREI, Proposta nella seduta della seconda commissione del 22

gennaio 1947, in La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea costituente, Roma, 1971, p. 2046 ss. Tuttavia, il Costituente possedeva piena avvertenza della gravità del problema relativo all’efficacia delle decisioni della Corte specialmente nei confronti dei giudici e si interrogava circa il comportamento che costoro avrebbero dovuto assumere in presenza di una sentenza di accoglimento nell’attesa che il Parlamento procedesse alla formale abrogazione della legge dichiarata incostituzionale. Subentrò a questo punto la proposta avanzata dall’on. CAPPI di sospendere gli effetti delle sentenze, facendo contestualmente carico al Governo di proporre, con procedura, di urgenza l’abrogazione o la modifica della legge dichiarata incostituzionale da parte delle Camere, oppure, nel caso fosse rigettata la proposta, di promuovere la revisione della Costituzione. Così G. CAPPI, Proposta nella seduta della seconda sottocommissione del 14 e 15 gennaio 1947, in La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea costituente, Roma, 1971, p. 2047 ss. Contrario a configurare questo tipo di obblighi in capo al Parlamento e al Governo si dichiarò invece G. AMBROSINI, Intervento nella seduta della seconda sottocommissione del 14 e 15 gennaio 1947, in La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea costituente, Roma, 1971, p. 2048. In ogni caso, però, si era diffusa la tendenza a non consentire alle pronunce della Corte di privare di efficacia le leggi dichiarate incostituzionali, ma di rimettersi a tal fine alle attività consequenziali delle Assemblee legislative.

376 A tal proposito, per una ricostruzione storica di quella particolare concezione che vedeva nel

Parlamento l’organo cardine dell’intera forma di governo, si veda ex plurimis C. CHIMENTI, Centralità e funzionalità del Parlamento, in Democrazia e diritto, 1978, p. 627 ss. N. TRANFAGLIA, Per una storia politica della Corte costituzionale, in ID. (a cura di), Dallo stato liberale al regime fascista, Milano, 1973. nonché A. SIMONCINI, Il primo dodicennio della Corte e la definizione del suo ruolo nel sistema costituzionale, in P. L. BELLINI – A. VARSORI – S. GUERRIERI (a cura di), Le istituzioni repubblicane dal centrismo al centro-sinistra (1953-1968), Roma, 2006, p. 100 ss. Si veda anche supra cap. II, par. 1.

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necessitati, riconoscendo alle decisioni della Corte costituzionale una valenza costitutiva dell’illegittimità della legge, in considerazione del fatto che l’attribuzione alle decisioni del giudice delle leggi di un valore meramente dichiarativo avrebbe prodotto disfunzioni ben più gravi rispetto ai vantaggi che pure sarebbero derivati dal meccanismo originariamente prospettato377. A questo punto, dunque, poteva profilarsi soltanto un’alternativa, riconducibile proprio all’eventualità in base a cui le Camere, ove lo avessero ritenuto necessario, avrebbero potuto reintrodurre diversamente la norma censurata, mantenendo comunque l’armonia interna al sistema delle fonti considerato nella sua interezza378.

Una volta però che la giustizia costituzionale vivente si era allontanata da quel figurino astratto schematicamente disegnato dal Costituente, la questione di un collegamento procedurale tra Corte e Parlamento assumeva un’importanza decisiva, anche per fornire piena attuazione ai principi costituzionali di fronte alle aperture della società civile379. Tuttavia, durante i primi vent’anni della storia repubblicana, le relazioni procedurali tra Assemblee elettive e giudice delle leggi apparivano ispirate, innanzitutto, dalla necessità di potenziare l’attività delle Camere. In quest’ottica, la Corte costituzionale veniva percepita come un organo ausiliario del Parlamento, che rimaneva il vero punto focale del sistema e verso cui dovevano convergere ordinatamente tutte le suggestioni provenienti dagli altri organi dello Stato380.

377 Sulle ragioni che indussero il Costituente a rigettare l’ipotesi di una vacatio sententiae si veda fra

gli altri anche per una serie di riferimenti alle esperienze straniere G. D’ORAZIO, Una vacatio per le sentenze costituzionali?, in Giurisprudenza costituzionale, 1975, p. 1155.

378 In realtà, parte della dottrina, tra cui P. GIOCOLI-NACCI, L’iniziativa nel processo costituzionale

incidentale, Napoli, 1963, p. 198 ss. ascrive al novero dei provvedimenti consequenziali, specie se a seguito di una pronuncia interpretativa della Corte, l’eventuale abrogazione ad opera del Parlamento della legge dichiarata incostituzionale. Contrario a questa prospettazione G. D’ORAZIO, Prime osservazioni sull’esercizio della funzione legislativa consequenziale alle decisioni della Corte costituzionale, in Archivio giuridico “Filippo Serafini”, 1967, p. 104 ss. secondo cui strutturalmente diversa sarebbe invece l’eventualità in cui, a seguito di una declaratoria di illegittimità, il legislatore, determinandosi a una complessiva riconsiderazione della disciplina della materia, rimuova norme strutturalmente e funzionalmente connesse a norme coperte dal giudicato costituzionale, così da razionalizzare positivamente la definitiva estromissione dall’ordinamento delle norme invalidate dalla Corte. In tal caso infatti si sarebbe in presenza di un’operazione dettata da ragioni di chiarezza e completezza che, evidentemente, non avrebbe nulla a che vedere con l’ipotesi dibattuta in Assemblea Costituente circa la necessità di una formale abrogazione degli atti-fonte dichiarati invalidi.

379 Cfr. tra gli altri F. D’ONOFRIO, La centralità del Parlamento e le “tre letture” della Costituzione,

in Studi parlamentari e di politica costituzionale, 35/1977, p. 1 ss., A. BALDASSARRE, I poteri di indirizzo e controllo del Parlamento, in AA. VV. Il Parlamento, analisi e proposte di riforma, Roma, 1978, p. 188 ss. ed E. CHELI, La centralità parlamentare. Sviluppo e decadenza di un modello, in Quaderni costituzionali, 1981, p. 343 ss.

380 Il clima di volta in volta di indifferenza o di sospetto nei confronti dell’attività della Corte emerge

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Cercando di agevolare il più possibile questa impostazione, anche i regolamenti parlamentari del 1971, in attuazione dell’art. 136, secondo comma, Cost., hanno quindi previsto tutta una serie di procedure attraverso cui conferire concretamente seguito alle sentenze del giudice costituzionale, le quali, come detto, risentivano però ampiamente di clima culturale improntato alla supremazia degli organi rappresentativi381.

Più in particolare, secondo il Regolamento del Senato le decisioni di accoglimento della Corte devono essere comunicate dal Presidente di Assemblea e trasmesse alla Commissione competente per materia e, laddove lo stesso Presidente lo giudichi opportuno, verranno inoltrate alle Commissioni permanenti anche le più significative pronunce di rigetto, di modo che, in seno alla Commissione deputata, si apra un dibattito, che possa eventualmente concludersi anche con l’approvazione di una risoluzione, tramite cui il Parlamento, qualora non siano già state avanzate, invita il Governo ad adottare le opportune iniziative legislative o gli altri provvedimenti di natura normativa che si rendano necessari in conseguenza della decisione del giudice costituzionale. Allo stesso modo, dette risoluzioni vengono trasmesse dal Presidente del Senato al Presidente del Consiglio dei Ministri, affinché assuma le opportune iniziative di natura politica.

Parzialmente diverso risulta essere il meccanismo procedurale previsto per la Camera dei deputati, in base al quale, tutte le sentenze della Corte – dunque non soltanto le pronunce di accoglimento – devono essere stampate, distribuite e inviate contemporaneamente alla Commissione competente per materia e alla Commissione affari costituzionali. L’esame da parte della Commissione competente deve avvenire entro trenta giorni dalla trasmissione della sentenza con il necessario intervento di un rappresentante del Governo e di uno o più relatori designati dalla Commissione filtro. A conclusione del dibattito, la Commissione esprimerà la propria valutazione circa la

norme regolamentari. Taluno infatti come l’on. BOSCO, suggerì di sancire l’insindacabilità dei cd. interna corporis acta, altri, tra cui l’on. TRUZZI, si lamentarono invece apertamente dell’iniziativa intrapresa dalla Corte dei conti di adire il giudice costituzionale, proponendo questioni di legittimità a carico delle leggi di spesa richiamate nel bilancio dello Stato.

381 Sia pure con differenti sfumature, accedono a questa tesi G. CUOMO, Decisionismo politico e

regolamenti parlamentari, in AA. VV., Studi in onore di Paolo Biscaretti di Ruffia, Milano, 1987, p. 268, S. CURRERI, La procedura di revisione dei regolamenti parlamentari, Padova, 1995, p. 269 e S. LABRIOLA, Sviluppo e decadenza della tesi della centralità del Parlamento: dall’unità nazionale ai governi Craxi, in L. VIOLANTE – L. MINERVINI (a cura di), Storia d’Italia. Annali XVII. Il Parlamento, Torino, 1998, p. 399 ss.

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necessità di esperire eventuali iniziative legislative, indicandone contestualmente i criteri informatori. Tale adempimento potrà tuttavia essere dispensato qualora sia già sottoposto all’ordine del giorno della Commissione un progetto di legge su analoga materia, o quest’ultimo sia stato presentato nel corso della procedura, per cui, in tali casi, i due procedimenti verranno accorpati e si procederà contestualmente per entrambe le iniziative. Il documento finale licenziato dalla Commissione verrà quindi stampato, distribuito e comunicato dal Presidente della Camera al Presidente del Senato, al Presidente del Consiglio e al Presidente della Corte costituzionale.

Si tratta in entrambi i casi di norme certamente utili al fine di interrompere quel paradossale scollamento tra le attività dei due organi costituzionali382. Soprattutto attraverso le motivazioni delle proprie sentenze, che forniscono a priori il metro di costituzionalità delle future normative, infatti, la Corte svolge un vero e proprio ruolo di indirizzo politico (costituzionale), in qualità di grande iniziatore del procedimento legislativo, fornendo al Parlamento i principi ispiratori della futura disciplina383. In questo senso, i procedimenti legislativi consequenziali non possono che definirsi procedure duali, in cui giudice costituzionale e Parlamento concorrono congiuntamente all’attuazione e alla garanzia dei principi della Costituzione. Entro questa prospettiva, la valenza conformativa delle decisioni della Corte dispiega tutta la propria efficacia, dal momento che specifica i diversi principi costituzionali e indirizza di conseguenza l’attività del Parlamento384

.

L’esplicita previsione da parte dei Regolamenti parlamentari di un meccanismo di raccordo tra funzione legislativa e attività giurisdizionale della Corte appariva, dunque, quanto mai opportuna, sebbene il suo effettivo funzionamento non dipendesse – e ancora oggi non dipenda – tanto dell’efficienza e dalla semplicità

382 In termini di “paradosso” circa la mancanza di un collegamento tra Corte e legislatore si esprime

proprio A. MANZELLA, Il Parlamento, Bologna, 2006, p. 430, il quale giudica in termini estremamente favorevoli l’introduzione di vincoli procedurali che ricolleghino l’attività del giudice costituzionale e quella del Parlamento.

383 In merito all’esercizio di una particolare funzione di indirizzo politico costituzionale da parte del

giudice delle leggi si veda ancora L PEGORARO, Le sentenze indirizzo della Corte costituzionale, Padova, 1984. Tale funzione si porrebbe alla base dell’intera attività normativa consequenziale del Parlamento, indirizzandone costantemente lo svolgimento in piena conformità con i principi sanciti dalla Costituzione repubblicana. Così tra gli altri anche P. BARILE, La Corte costituzionale organo sovrano: implicazioni pratiche, in Giurisprudenza costituzionale, 1957, p. 911 ss. ed E CHELI, Il giudice delle leggi. La Corte costituzionale nella dinamica dei poteri, Bologna, 1996, p. 14 ss.,

384 Di procedimento duale o complesso parlano espressamente S. TOSI – A. MANNINO, Diritto

parlamentare, Milano, 1999, p. 335 ss. secondo cui il seguito legislativo rappresenta una forma particolare di attuazione della Costituzione, la cui ispirazione è dettata dalla specificazione dei principi contenuti nelle pronunce prodromi che della Corte.

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delle regole previste per dare attuazione alle decisioni del giudice costituzionale, quanto piuttosto dalla necessità di conseguire una certa omogeneità di orientamenti tra Corte e Parlamento385. Evidentemente però una simile comunanza di intenti non può certo realizzarsi attraverso provvedimenti normativi più o meno articolati, ma presuppone una sorta di leale collaborazione tra i due organi, tesa, di volta in volta, alla risoluzione delle diverse problematiche su cui l’attività del giudice delle leggi è chiamata concretamente a dispiegarsi386.

A questo deve aggiungersi che, sebbene nel contesto di una necessaria opera di collegamento tra i diversi organi dello Stato, i Regolamenti parlamentari hanno comunque distribuito confusamente le diverse competenze nell’ambito di un’attività

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