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Le sentenze additive di principio: il limite della discrezionalità legislativa

4. L’avvento dello stato sociale e le nuove tipologie decisionali: la tenuta del

4.1. Le sentenze additive di principio: il limite della discrezionalità legislativa

Il giudice delle leggi escogita così uno strumentario molto sofisticato che, soprattutto nel campo dei diritti sociali, dove il semplice effetto additivo annesso alla pronuncia di accoglimento rischia di alterare gravemente il quadro delle grandezze

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In questa prospettiva, evidenzia le interconnessioni tra necessità di rispettare la discrezionalità legislativa e tutela dei diritti fondamentali, con particolare riferimento alla garanzia dei diritti sociali, anche C. SALAZAR, Dal riconoscimento alla garanzia dei diritti sociali. Orientamenti e tecniche decisorie della Corte costituzionale a confronto, Torino, 2000, 127 ss.

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Sull’impiego delle pronunce monitorie come risposta alla necessità avvertita dal giudice costituzionale di mediare rispetto all’esercizio della funzione parlamentare nei primi anni Ottanta si consulti F. MODUGNO, La funzione legislativa complementare della Corte costituzionale, cit., p. 1646 ss.

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Per una prima rassegna degli strumenti giurisprudenziali impiegati dalla Corte costituzionale per modulare i diversi effetti delle proprie decisioni sul piano cronologico si vedano ex plurimis M. SICLARI, Effetti temporali delle sentenze di accoglimento della Corte costituzionale, in

Giurisprudenza italiana, 1999, p. 1778 ss. e R. PINARDI, La Corte, i giudici ed il legislatore. Il Problema degli effetti temporali delle sentenze di incostituzionalità, Milano, 1993.

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macroeconomiche, intende favorire un più apprezzabile equilibrio tra esigenze di giustizia costituzionale e discrezionalità del legislatore335.

Con le decisioni additive di principio, in particolare, la Corte dichiara l’illegittimità delle omissioni legislative, precisando quale elemento manca nella disposizione censurata, senza per questo aggiungere alcun frammento testuale, ma limitandosi ad indicare il canone che deve essere rispettato dalla legislazione futura per potersi considerare conforme alla Costituzione. Derogando allo schema delle sentenze additive classiche, l’oggetto del giudizio di legittimità si sposta quindi dalla legge all’esercizio, o al mancato esercizio, della funzione legislativa e in questo modo la Corte non introduce nell’ordinamento una nuova norma giuridica compiuta e immediatamente applicabile, ma afferma semplicemente un principio a cui la futura produzione normativa dovrà necessariamente conformarsi336.

Si instaura, quindi, un rapporto collaborativo tra Corte, Parlamento e giudici comuni, secondo cui mentre la prima si astiene dal compiere direttamente azioni manipolative sulla disposizione impugnata per rispetto alla discrezionalità del legislatore, quest’ultimo viene invece apertamente sollecitato a ridisciplinare la materia. In caso contrario, i giudici ordinari potranno intervenire direttamente,

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In questo senso A. ANZON, Nuove tecniche decisorie della Corte costituzionale, in Giurisprudenza costituzionale, 1992, p. 3199 ss. secondo cui la Corte costituzionale mostra di avvertire che i modelli di decisione consolidati, pur conservando una generale validità, in una pluralità di ipotesi si rivelano inadatti a risolvere adeguatamente la complessità delle questioni che le sono sottoposte. Sul tema più specifico dei diritti sociali si veda C. SALAZAR, Guerra e pace nel rapporto Corte-Parlamento. Riflessioni su pecche e virtù delle additive di principio quali decisioni atte a rimediare alle omissioni incostituzionali del legislatore, in A. RUGGERI - G. SILVESTRI (a cura di), Corte costituzionale e Parlamento. Profili problematici e ricostruttivi, Milano, 2000, p. 253 ss.

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Con riferimento a pronunce di questo tipo si vedano nella giurisprudenza costituzionale C. cost. sent. 215/1987, C. cost. sent. 560/1987, C. cost. sent. 406/1988, C. cost. sent. 497/1988, C. cost. sent. 277/1991, C. cost. sent. 88/1992, C. cost. sent. 204/1992, C. cost. sent. 232/1992, C. cost. sent. 109/1993, C. cost. sent. 243/1993, C. cost. sent. 455/1993, C. cost. sent. 218/1994, C. cost. sent. 284/1995, C. cost. sent. 171/1996, C. cost. sent. 52/1998, C. cost. sent. 417/1998, C. cost. sent. 26/1999, C. cost. sent. 61/1999, C. cost. sent. 270/1999. Si confrontino in particolare C. MORO, L’uguaglianza sostanziale e il diritto allo studio: una svolta nella giurisprudenza costituzionale, in Giurisprudenza costituzionale, 1987, p. 3070 ss., G. M. SALERNO, Una sentenza additiva di prestazione (rimessa al legislatore) in tema di indennità di disoccupazione involontaria, in Giurisprudenza italiana, 1989, p. 776 ss., nonché G. ZAGREBELSKY – V. MARCENÒ, La giustizia costituzionale, Bologna, 2012, p. 299 ss. Così F. P. CASAVOLA, La giustizia costituzionale nel 1993. Conferenza stampa del 25 gennaio 1994, in www.cortecostituzionale.it, e G. PARODI, Le sentenze additive di principio, in Foro italiano, 1998, p. 160 ss.

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applicando al caso di specie il principio enucleato dalla Corte, senza bisogno di alcuna ulteriore mediazione337.

In tal modo, il legislatore mantiene inalterata la propria libertà di intervento. La discrezionalità parlamentare potrà infatti dispiegarsi sia con riferimento al

quando, potendo il Parlamento liberamente apprezzare i tempi di attuazione del

precetto sancito dal giudice costituzionale, in ragione delle diverse esigenze di natura politica che si manifestano in una determinata situazione, sia in riferimento all’an, poiché il legislatore potrebbe pure legittimamente decidere di astenersi dal disciplinare quella particolare materia, senza timore di lasciare sprovviste di tutela le diverse posizioni coinvolte, stante il carattere tendenzialmente auto-applicativo del principio enunciato, che potrà essere immediatamente utilizzato nel caso concreto dal giudice. Ancora la discrezionalità legislativa viene preservata sia in relazione al

quomodo, dal momento che il Parlamento può determinare liberamente le modalità di

svolgimento del principio, seppure in termini inversamente proporzionali al grado di puntualità del medesimo, il quale per risultare realmente auto-applicativo dovrà qualificarsi anche come non eccessivamente indeterminato, sia infine in relazione al

quantum, specialmente nelle ipotesi in cui non si tratti tanto di ridefinire la spettanza

di un determinato vantaggio, quanto piuttosto di stabilirne la misura, qualora la norma costituzionale risulti violata da una determinazione incongrua o sperequata338. Evidentemente il presupposto logico-giuridico di simili decisioni, riposa sul riconoscimento di una situazione di illegittimità costituzionale, cui si accompagna la correlativa identificazione di una pluralità di possibili rimedi idonei a sanarla339. Il ripristino di una situazione di costituzionalità richiede pertanto la precisa individuazione di un rimedio, che, in ragione della mutevolezza dei possibili criteri

337 Secondo le prospettazioni di A. RUGGERI – A. SPADARO, Lineamenti di giustizia

costituzionale, Torino, 2009, p. 151 ss. si tratterebbe di una soluzione piuttosto ovvia, tanto da definire lo strumento così congegnato come una sorta di “… uovo di Colombo …”

338 In proposito si consideri anche che ai fini di un’effettiva messa in mora del legislatore la Corte ha

sovente fatto ricorso a dispositivi che, pur riconoscendo un’ampia possibilità di scelta tra diverse soluzioni normative, in assenza di un tempestivo intervento parlamentare, sarà il giudice ad individuare, nel complessivo sistema normativo, la regola idonea a disciplinare la fattispecie, in conformità con i principi indicati. Cfr. A. GUAZZAROTTI, L’auto-applicabilità delle sentenze additive di principio, in Giurisprudenza costituzionale, 2002, p. 3437 ss. Deve peraltro precisarsi come possano darsi anche sentenze additive di principio non auto-applicative, sebbene tale qualificazione sia soltanto parzialmente operabile da parte della Corte, dal momento che non è possibile escludere aprioristicamente che, anche in queste circostanze il giudice proceda a un intervento auto-applicativo nell’ipotesi di successiva inerzia del legislatore. Per ulteriori ragguagli si veda A. CERRI, Corso di giustizia costituzionale, Torino, 2008, p. 272 ss.

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impiegati e delle diverse modalità utilizzate al fine di contemperare i diversi interessi contrapposti, devono essere rimesse al Parlamento a seguito di valutazioni di natura politica340. In questo modo giudice costituzionale e al legislatore sono in grado di esercitare ciascuno il proprio ruolo: il primo tramite l’assunzione della necessaria decisione di accoglimento; il secondo invece mediante la materiale configurazione della normativa consequenziale, concretizzando il principio aggiunto dalla Corte, previa ponderazione delle varie opzioni politiche341.

Anche questo tipo di decisioni, però, pur rappresentando apparentemente un buon contemperamento tra esigenze di tutela dei diritti costituzionali e libera determinazione degli organi parlamentari, presenta comunque aspetti problematici su entrambi i versanti.

Per quanto concerne il rispetto della discrezionalità legislativa, infatti, le sentenze additive di principio, pur non potendo costringere il Parlamento ad attivarsi e pur lasciando ampio spazio al legislatore in ordine alla concreta attuazione del precetto costituzionale ricavato dal giudice delle leggi, producono a carico degli organi rappresentativi un evidente vincolo positivo, nel senso che impongono a questi ultimi di ridisegnare una disciplina normativa che contempli e svolga adeguatamente il principio di diritto aggiunto dalla Corte. In caso contrario, infatti, l’additiva di principio costituirà il presupposto per una successiva declaratoria di illegittimità totale. In questa senso è addirittura sembrato che la Corte richiedesse in modo ancor più stringente l’intervento del legislatore. Quest’ultimo, infatti, non potrebbe disattendere le indicazioni del giudice costituzionale, altrimenti, trattandosi di un’indicazione contenuta in una pronuncia di accoglimento, violerebbe il precetto di cui all’art. 136 Cost.342

.

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Così ad esempio C. cost. sent. 215/1987 e C. cost. sent. 277/1991. Sull’argomento si veda G. VASSALLI, La giustizia costituzionale nel 1999. Conferenza stampa del 20 gennaio 2000, in

www.cortecostituzionale.it secondo cui dovrebbe rivedersi l’opinione dominante secondo cui le sentenze additive di principio possono essere adottate con esclusivo riferimento alla difesa dei diritti sociali, in quanto necessitate dall’esigenza di evitare improvvisi e gravi ammanchi nel bilancio dello Stato, giacché “… simili decisioni potranno infatti essere emanate, come del resto già avvenuto, anche con riguardo alle tipiche materie di libertà …”.

341 Così G. SILVESTRI, Le sentenze normative della Corte costituzionale, in AA. VV., Scritti sulla

giustizia costituzionale in onore di Vezio Crisafulli, Padova, 1985, p. 755 ss. Più recentemente si confronti anche A. ANZON, Modello ed effetti della sentenza costituzionale sul caso Di Bella. Nota a C. cost. sent. 185/1998, in Giurisprudenza costituzionale, 1998, p. 1510 ss.

342 Per l’esistenza in capo al legislatore di un vincolo giuridico positivo e non meramente politico

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Limitatamente invece alla tutela dei diritti, le pronunce in commento interrogano soprattutto in relazione alle conseguenze giuridiche ad esse riconducibili nelle more del necessario intervento integrativo del legislatore343. Anche nel caso in cui si assumano sprovviste di forza auto-applicativa, infatti, sembrerebbe comunque incongruo qualificare l’efficacia delle sentenze in esame come sospensivamente condizionata all’adozione della pur necessaria normativa di attuazione344

. Se infatti si ritenessero sprovviste di qualsiasi efficacia giuridica fino al necessario intervento da parte del legislatore, verrebbero comunque frustrate le aspettative e i diritti dei singoli nel caso concreto. La stessa Corte costituzionale, dissipando ogni dubbio riguardo agli effetti di tali pronunce, ha esplicitamente affidato al giudice comune, in assenza di un nuovo intervento legislativo, il compito di desumere dal sistema normativo la regola per disciplinare la fattispecie concreta in conformità con i principi individuati nella stessa decisione additiva345. Tale modello, quindi, introducendo un criterio di disciplina immediatamente applicabile, non priva i giudici comuni del potere di individuare la regola del caso concreto346, provvedendo così ad assicurare la realizzazione della legalità costituzionale anche durante il periodo transitorio347.

attività consequenziali nei rapporti fra la Corte costituzionale e il legislatore, Milano, 1988, spec. p. 165 ss. nonché infra cap. III, par. 2

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Su questo specifico profilo si veda anche A. PIZZORUZZO, Corte costituzionale: un nuovo tipo di sentenze?, in Corriere giuridico, 1993, p. 733 ss.

344 Cfr. al riguardo L. PALADIN, Considerazioni preliminari, in AA. VV., Effetti temporali delle

sentenze della Corte costituzionale anche con riferimento alle esperienze straniere, Atti del seminario di studi tenuto al palazzo della consulta il 23 e 24 novembre 1988, Milano 1988, p. 11 ss. Analogamente si legga pure S. FOIS, ivi, p. 30 ss.

345 Cfr. ad esempio C. cost. sent. 270/1999. Tali decisioni, seppure tecnicamente ineccepibili,

rischiano tuttavia di pregiudicare la tutela dei diritti individuali e di travolgere irrimediabilmente il principio della certezza del diritto. In questo senso A. PIZZORUSSO, Sui limiti della potestà normativa della Corte costituzionale, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1982, p. 312 ss.

346 Critico nei confronti di questa soluzione giurisprudenziale si mostra però, G. ZAGREBELSKY, La

Corte costituzionale e il legislatore, in P. BARILE – E. CHELI – S. GRASSI (a cura di), Corte costituzionale e sviluppo della forma di governo in Italia, Bologna, 1988, p. 195 ss. secondo cui decisioni di questo tipo, in realtà, sottrarrebbero all’autorità giudiziaria gran parte della sua libertà interpretativa.

347 Le sentenze in esame si concludevano con il rinvio alla discrezionalità del legislatore per

determinare la norma di adeguamento, ma di fronte ad un simile dispositivo i giudici di merito non sapevano esattamente come definire le pretese sottoposte al loro esame e sollevavano nuovamente la questione. Così la giurisprudenza costituzionale ha avuto modo di precisare che “… la dichiarazione di illegittimità costituzionale di un’omissione legislativa […] mentre lascia al legislatore, la possibilità di introdurre e di disciplinare, anche retroattivamente il meccanismo di adeguamento in via di normazione astratta, somministra essa stessa un principio cui il giudice comune è abilitato a fare riferimento per porre frattanto rimedio all’omissione in via di individuazione della regola del caso concreto …” Cfr. C. cost. sent. 497/1988 nonché C. cost. sent. 295/1991. Per il fatto stesso di assicurare una disciplina transitoria in attesa del definitivo intervento da parte del legislatore, la

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4.2. I moniti al legislatore come forma di collaborazione (vincolante) di fronte

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