Vb 5.5-4, c 229v: Né essendo di tro‹po› partiti de Acre, aveno chome miser Tibaldo legato era stà
III.0. VB e la tradizione manoscritta del Milione
III.1.2. L’antigrafo di Vb era migliore di F.
Di seguito verrano illustrati alcuni casi in grado di postulare l‟esistenza di un antigrafo di VB più conservativo e più corretto dello stesso testo franco-italiano.
a. Si sta parlando del castello di Tahican, tra il Balx e il Pamir9.
XXXVI
F XLVI, 7: Et ne ont autres vestimens for que le pelles des bestes qu‟il prenne‹n›t in ‹…› celles concent et s‟en font vestimens et causeman; et caschun sevent concier les peles de bestes qu‟il prenent.
Il testimone franco-italiano è il solo deficitario10 nella tradizione che invece attesta le seguenti lezioni:
Fr 45, 20-23: Il sunt moult bon chaceour et prennent assez de venoison et n‟ont nule vesteure fors de piaus des bestes que il prennent, de quoi il se vestent et chaucent.
TA 45, 8: È sono molto begli cacciatori e prendono bestie molte, e de le pelle si vesteno e calzano; e ogni uomo sa conciare le pegli de le [bestie] che pigliano.
VA 32, 8-9: (…) et sono molto boni chazatori, et trova-sse chazaxion assai. E non àno altre vestimenta se non de chuori de bestie che i prende.
P I, 32: Bestiarum, quas capiunt, pelles conficiunt et illo corio vestiuntur et calciantem
nec vestes alias seu caligas habent.
L 40: Est eis unum quam sunt optimi venatores quorum vestimenta et calcimenta sunt terga bestiarum quas venantur.
V 23, 11: Altra vestimente non porta senò dele pele de queli anemali che lor pia e chonzale; e de queli se fa vestimente e chalzamenti.
R I, 23: Sono ancora buoni cacciatori e prendono assai bestie salvatiche, e no portano altre vesti se non delle pelli che uccidono, delle quali acconcie se ne fanno fare vesti e scarpe.
Il testo del volgarizzamento veneziano mostra una completezza che non può essergli di certo derivata da F né da un antigrafo guasto:
VB 28.2: Vestono pelle de animalli dele chaçaxon i prendeno, le qual i conçano a suo modo e quelle vesteno; sono gran maistri de chaçare.
b. La battaglia tra Naian11 e Qubilai Khan è giunta al termine con la vittoria del secondo; questi quindi si spinge alla conquista delle terre finora appartenute al nemico. Descrivendo la sottomissione del popolo di Naian, si riscontra una lacuna piuttosta estesa in F LXXX,4-5:
10 Nella sua edizione, Benedetto integra F con prennent ‹in celle cacerie; et› celles concent, mentre Ronchi preferisce
indicare la lacuna. cfr. Benedetto, Il Milione, Testo critico, App. n° 14, p. 36: «S [la stampa del Roux] trascrive interpungendo “prenent; in celles cocent” – in ogni caso coucent = se ne servono per dormire –. Ho adottato nel mio supplemento cacerie perchè la parola si presta ad essere confusa, graficamente, con cōcent».
11 Naian, cugino di Qubilai Khan, si ribellò al signore nel 1287 il quale, dopo averlo sconfitto in battaglia, lo
XXXVII
Et quant le grant kaan ot vencu ceste bataille en tel mainere com voç avés oi, tous les homes et les barons ‹…› nomerai ceste IIII provences: la primer fu Ciorcia, l'autre Cauli, la terce Barscol, la quarte Sichintingin.
Il guasto del testo francese non viene condiviso né dalla tradizione che attesta le seguenti lezioni (Z omette il capitolo), né da Vb che risulta ancora una volta più conservativo e corretto:
Fr 79, 10-15: Et quant le Grant Caan ot vaincu ceste bataille, si comme vous avez oÿ, tous les barons et les hommes de la terre Naian firent derechef la fiance et le
hommage au Grant Caan. Si furent de .iiii. provinces, si comme je vous dirai, qui [de la seignourie du dit Naian avoient esté]. La premiere a non Ciorcian,
la seconde Causy, la tierce Bascol, la quarte Sichyguyn.
TA 79, 3-4: Quando questa battaglia fue vinta, tutta la giente di Naian fecero la rendita al
Gran Cane e la fedeltade. Le provincie sono queste: la prima è Cioric, la
seconda Cauli, la terza Barscol, ‹la quarta› Singhitingni.
VA 62, 37: Quando Naian fo morto, tuta la zente e li baroni delle quatro provinzie le qual signiorizava Naian fèno inchontenente fedeltade al Gran Chaan.
P II, 5: Mortuo autem Nayan cuncti barones eius et principes et populi, qui potuerunt
evadere, inter quos fuerunt eciam christiani plurimi, regis Cublay dominio se totaliter subdiderunt, quotor igitur provincias tunc obtinuit rex, quarum
ista sunt nomina: Fuciorcia, Cauli, Bascor et sinchintin.
L 66: Pro hac vero victoria providit optime baronibus qui probiter egerant. quasi fuerit quis dominus .C. militum dabat ei dominium .M. et si fuerat primo dominus .M. faciebat eum dominum .Xm.
V 40: Dapuò che ‟l Gran Chan ebe vitoria dela sopra dita bataia, tuti li omeni grandi e pizoli et baroni dele quatro provinzie de Nain zurò lialtade al Gran Chan. La
prima provinzia era chiamata Zorzie; la segonda Chalulon; la terza zente
Bascholulan; la quarta sono quei Figui che iera in quela provinzia, chomo iera Sadaine.
R 2, 1: Le genti di Naiam che restorno vive vennero a dar obedienza e giurar fedeltà a
Cublai, che furono di quattro nobil provincie, cioè Ciorza, Carli, Barscol e
Sitingui.
VB 67.22: La giente de Naian fugiendo quaxi tuti morti funo e pochi ne fucino e seguendo la vitoria presse tuto el paexe e segnoria de Naian e tuti soto la segnoria de Clobai
se misse che furono IIIJ nobelle e gran provincie che tegniva Naian; la prima
XXXVIII
c. Nella scheda relativa a Tenduc, in cui Marco Polo narra dello scontro tra Gengis Khan e il Prete Gianni, si descrivono le diverse tipologie di gru che vivono nel territorio12: F è guasto per effetto di salto per omoteleuto che provoca la soppressione del dettaglio cromatico del collo dell‟animale.
F LXXIV, 21-22: Il hi a cinq mainere de grues, les quelz voç diviserai: l'une mainere est toute noire come corbiaus et sunt mout grant. Le autre mainere sunt toute blance: les eles ont mout belles, car por toutes les pennes ont plein de iaux reont com celz dou paon, mes sunt de color d'or mout resprendisant; le chief o‹n›t vermoil et noir ‹…› et blançe au c[ou], et sunt greignor que nulle de l'autres assez.
La lacuna di F è stata colmata da Benedetto (e poi da Ronchi)13 attraverso il contributo di quattro testimoni, tra cui VB:
VB 64.4: E sòne grue di cholor d‟oro molto resplendente e belle: à el chapo vermeglio e nero, el cholo biancho e negro; sòne ancho grue chome le nostre de queste parte.
L 64: Caput habent rubeum et nigrum bene protractum / collum habent longum et
nigrum et sunt longe maiores alijs.
TA 73.23: (…) lo capo ànno vermiglio e nero e molto bene fatto, lo collo nero e bianco, e sono magiori de l‟altre assai;(…).
R I. 54: (…) ma gli occhi sono di color d'oro molto risplendenti, il capo rosso e nero molto ben fatto, il collo nero e bianco, e sono bellissime da vedere.
d. Siamo nel capitolo relativo alla provincia di Toloman, una regione localizzata nell'estremo nord-est dello Yün-nan14. Anche in questo caso VB è più completo dello stesso F: infatti, laddove il teste veneziano conserva
VB 91.8: Viveno de late, charne e rixi e beveno vino de rixi chome de sopra le alltre provincie.
F appare ridotto a causa di un salto per omoteleuto suggerito dal susseguirsi ravvicinato della parola ris.
12 Pelliot, Notes 49-851; Cardona, Indice, p. 738.
13 Benedetto, Il Milione, Testo critico, App. n° 45-46, p. 61: «S legge fedelmente Le chief ot vermoil greignor et noir
et blanze autour, et sunt greignor – ma il passo è certamente corrotto. L, TA, FB1, VB, K, R dopo aver parlato del
colore del capo hanno tutti un inciso sui colori dei colori (...). Se si aggiunge che il t di autour è un‟interpretazione di S, la lettura più ovvia essendo c, e che i due noir succedentesi a poca distanza possono spiegare l‟errore del copista, si arriva alla nostra congettura».
XXXIX
F CXXX, 9: Il vivent de chars et de lait et de ris; ‹...› et d'espieces moult buen.
Le varianti date da Z, V, L, R confermano la correttezza di Vb, mentre P e VA tacciono il riferimento così come Fr e TA15:
Z 63, 12-13: Vivunt gentes ille de carnibus, lacte et risis. Vinum quidem de vitibus non
habent sed ipsum de risis et speciebus faciunt valde bonum.
V 61.12: Et viveno de charne, late e rixi, et fano bevande de rixi e spezie, le qual sono molto bone».
L 103: (...) horum victualia sunt carnes riçi vinum vero ex vitibus non habent. sed
ipsum faciunt ex riçi et alijs speciebus».
R 2, 48: Vivono di carne e risi e bevono vino de risi, com‟è detto di sopra.
e. F ha, in questo caso, una lezione completamente priva di senso, perché inserisce la parola lune laddove il testo parla evidentemente di vento:
F CLIX, 16: Or avent un jor que le lune16 a tramontaine vent si fort, que celz del'ost distrent que se il ne se partent que toutes lor nes se ronperont».
Questo invece è il testo di VB 127:
VB 127.11: Et stando in questa con pocha reputacione, mesese vento fortissimo et (...).
La pertinenza della lezione di VB non è solo provata dal contesto, ma anche dall‟accordo degli altri testimoni:
Fr 158, 39-41: Sachiez que le vent de tramontane venta moult fort et fist a celle ille grant domage (…).
TA 155, 14: Or avenne un die che ‟l vento a tramontana venne sì forte, ch‟elli dissero che, s‟elli non si partissono, tutte (…).
VA 122,16-17: Or avene uno dì che deverso tramontana vene uno vento sì forte che li marinari
diseno (…).
Z 92, 21: Accidit quadam die quod ventus tramontane fortiter flare incepit, et illi de exercitu (…)
15 Fr 128, 19-20 : «Il vivent de char et de lait et de ris et d'espices moult bonnes» ; TA 125, 8: «Elli vivono di
carne e di lardo e di riso e di molte buone spezie».
XL
V 81.9: Or uno zorno el vento de tramontana chomenzò sì forte a sopiar che gran parte de quelli delo exerzito montorono in nave e partironse de lì
P III, 4: Accidit autem quadam die, ut in mari valida tempestas insurgeret et tartarorum naves a vi ventorum ad portus ripariam quaterentur.
L 143: Interim cepit fortunale magnum ex septemtrionali vento / consulti ergo quod nisi recederent ex toto perderent omnes naves.
R III, 2: Avvenne un giorno che 'l vento di tramontana cominciò a soffiar con grande impeto, e le navi de' Tartari, ch'erano alla riva dell'isola, sbattevano insieme (…).
f. Marco Polo si trova a Dragoian, regno situato tra Samarra e Lambri. Il testo riporta le pratiche di guarigione di coloro che, affetti da qualche malattia, vengono sottoposti al giudizio e alle cure di medici-stregoni. Nel testo di F CLXVIII,3-5 il dettato è
guastato da una vistosa lacuna, che rende incomprensibile il passo e da un lemma che non trova riscontro negli altri testimoni:
Car sachiés tout voiremant que quant aucun d‟elz, ou masles ou femes, chiet amalaides, et adonc mandent lor parens por les ma[gi]s et font veoir se le malaides doit guarir. Et cesti magis, por lor encantament et por lor ydres, sevent se il doit guerir ou morir. ‹…› adonc les parens dou malaides mandent por ‹…› cestes homes vienent e preinent lo mort e li metent aucune chouse sor la boche, si que il le font sofoger.
Per quanto riguarda le prime due lacune, il testimone francese rimane isolato rispetto a Fr, TA, VA, Z, L, V e R (P è scarno nella descrizione) in cui il dettato invece è completo :
Fr 165, 112: Quar quant [aucuns d‟eulz est malades], si mandent querre leurs enchanteeurs, et celuz lor [demandent se le malade doit] garir de celle maladie ou non. Et se il dit que il doit guerir de celle maladie, si le laissent jusques atant [qu‟il soit gueris]. Et
se il doit morir si comme il li devinent, si mandent hommes qui sont esleu a metre a mort les malades qui sont jugiez de leurs enchanteeurs qu’il couvinet morir, et en vien[nen]t au malade et (...).
TA 164, 4: (...) che quando alcuno à male, elli mandano per loro indevini e incantatori che „l fanno per arti di diavoli, e domandano se ‟l malato dé guarire o morire. E se ‘l
malato dé morire, egli mandano per certi ordinati a·cciò, e dicono (...).
VA131,4: (...) che quando alchun homo o femena s‟inferma, i parenti so mandano per i maistri e domandano se quel‟infermo die‟ guarir, e i maistri fano suo‟ inchantamenti de demonii. Se i dixeno che l'infermo debia morir de quel mal, i
XLI
parenti del'infermo mandano per omeni che àno arte de alzider i infermi,
(...).
Z 101,8 : Et si dicant ipsum egrum debet mori consanguinei infirmi tunc mitunt pro
quibusdam hominibus, ad hoc specialiter deputatis, qui (...).
L 154: dum aliquis horum infirmitate languescit eorum magos et astrologos consulunt utrum ex tali infirmitate mori debeat.
V87.25: Et quelli fano veder se lo infermo se die‟ liberar a zerti magi per inchantaxon et arte diabolicha; et sì sano dalo infermo s‟el die‟ varir ho morir; et s‟el die‟ morir, i parenti delo infermo mandano per alguni homeni diputadi, ali qual
chomandano debia far morir l’infermo el qual die‟ morir (...).
R III.14: E se dicono di no, i parenti dell'infermo mandano per alcuni uomini (a
questo specialmente deputati), (...).
Il volgarizzamento veneziano è anch‟esso portatore di un testo integro, che rimarca ancora una volta l‟eccentricità di F:
VB 137.4: Ma se i dicono non esser remedio che l‟infermo possa guarire e che del tuto el debia de quella infermità morire subito i mandano per alcuni a questo deputati i quali meteno alguna suo chossa sopra la bocha del‟infermo el quale de subito è sofocato.
Infine, da notare che F viene corretto anche nella parte finale del paragrafo precedentemente segnalato, perché anzichè parlare di malaides (la forma di fatto riscontrata nel testo critico di Benedetto e Ronchi)17 usa il lemma mort : la lezione erronea non è presenta nella tradizione, in cui, compare inequivocabilmente il corrispettivo del termine «infermo» (tranne in TA e in VA che sono più generici nella descrizione)18 e poi da VB stesso.
V 87, 25: (...) et questi chussì fati homeni tuol l‟infermo et sì li mete alguna chosa sovra la bocha de quel‟infermo, per tal muodo ch‟el sofega.
Z 101, 8: (...) qui obturantes os infirmi qui moriturus est, ipsum sufocant et occidunt.
L 154: (...) vel liberari possit. habita vero mortis responsione Ipsum ante tempus mortis sue suffocant (...).
P III, 15: (...) convocatur hii, qui sciunt facillime et leviter infirmos occidere, et os infirmi concludunt ita, ut faciliter alitum perdat.
17 Cfr. Benedetto, Il Milione, Testo critico, app. n°10, p. 173: «lo mort – invece di lo malaides; escluso dal
contesto.»
18 TA 164, 5: «Questi li mette alcuna cosa su la bocca ed afogalo»; VA 131, 4: «(...) e quelli i meteno alchuna
XLII
RIII,14: (...) che sanno con destrezza chiudere la bocca dell'infermo, e soffocato che l'hanno (...).
g. Nel reame di Fansur (situato nella regione di Baros, sulla costa sud-ovest di Sumatra) si produce la canfora.
F CLXX,2: En ceste roiame naist la meilor canfara ‹…› fansuri, et vaut miel que ne vaut le autre, car je voç di que se vent atretant or a pois.
F è palesemente lacunoso attestando una lezione incompleta che non trova rispondenza in VB né in una parte della tradizione:
VB 139.2: In questo luocho nase la mior ganfora del mondo la qual se chiama ganfora
fansur, la quale val meio assai che ll‟altra et valleno assai dinari.
Fr 165, 158-161: Il nest dans ce royaume [F]ansur le meilleur [canfre] qui soit el monde, qui
est appelee [canfre] fansury, et est si fine qu‟elle se vent a pois d‟or fin.
L 156: Ipsa enim ad pondus auri venditur. et dicitur camfora fanfuri.
V87,36: Et in questo reame nasse la mior ganfora che se possa trovar, la qual nome
ganfora fasal, ed è la mior che se venda (...).
R 3, 16: Quivi nasce la miglior canfora che trovar si possa, la qual si chiama canfora
di Fanfur, ed è miglior dell'altra, e dassi per tant'oro a peso.
I restanti testimoni attestano le seguenti lezioni, che rimandano ad un dettato più semplificato e più affine a quello di F:
TA 166, 3: E qui nasce la miglior canfora del mondo, che vi si vende a peso con oro.
VA 133, 2: El ge nasie la mior ganfora che se truova là; ella se vende altratanto chome oro a pixo.
Z, 103, 2: In isto regno nascitur melior camphora que valeat inveniri que nuncupatur.
P 3,19 : Ubi nascitur camphora melior, quam alibi valeat reperiri, que equali pondere pro auro commutatur.
h. Marco Polo sta descrivendo le pratiche religiose degli abitanti del reame di Lar, nome antico con cui si designa il Gujarāt.
F CLXXVII,19: E si ont entr‟aus regulés, que sunt apellés Ciugui, le ‹quelz› vivent plus que les autres, car il vivent da CL an en CC; e si se puent bien de lor cors, si que il puent bien aler e venir launques il vuelent, e font bien tout le servise que abesogne a lor moistier et a lor idres, et li lirent ausi bien com se il fuisent plus jeune.
XLIII
La forma lirent di F non è attestata in Vb 146 (c. 271r), così come risulta estranea alla tradizione (P non è citato perché non riporta questa informazione):
VB 146. 20: À i denti et prosperosi e serveno i suoi idolli et fano tuto quello faria chadaun giovene.
Fr 172, 39-41: Il y a une autre maniere de gent qui s‟appelent “cinguy”, qui sont de ces abiamiains, mais il sont de religion et servent a leurs ydres, et vivent entre .c. et .iic. ans chascun.
TA 173, 12: E v‟à uomini regolati che vivono più ch‟altra gente, e vivono bene .cl. anni o „fino .cc. anni, e tutti sono prosperosi a servire loro idoli; (…).
VA 140, 9: In questa contrà è molti religioxi segondo soa fe‟ che serveno alle giezie, là dove è le suo‟ idolle, li qual sono apellati zingui, e viveno plui che zente che sia al mondo.
Z 110, 31-32: Habent etiam inter sse religiosos, qui nuncupantur “cingui”, qui vivunt pluri aliis; nam vivunt .cl. anis et .cc. Et tamen se bene possunt de suo corpore adiuvare, ita quod possunt ire et redire quocumque volunt, et faciunt omnes opportunitates monasterii ydolorum.
V 94.15: Et àno anchora questi religioxi li quali à nome Zengui, i quali viveno più che i altri: et viveno zento e zinquanta ani e duxento; e puòsse ben aidar del suo chorpo, che i puol andar in ogni luogo e tornar; et fano tuti i bexogni dei monestieri e dele idolle.
L 164: Habent inter se regulas et ordines monachorum quos gingui vocant / qui sunt longioris vite. vivunt enim .CL. annis usque ad .CC. et adhuc sunt bene potentes / intantum quod et ire et eorum necessaria bene facere possunt quod propter maximam cibi et potus abstinentiam esse dicunt.
R III, 22: Sono fra costoro in detta regione alcuni idolatri, quali sono religiosi e si chiamano
tingui, e a reverenzia de' loro idoli fanno una vita asprissima.
i. Nel capitolo sulle isole dei Maschi e delle Femmine19, il testimone francese appare incompleto nella descrizione del parto:
F CLXXXIX, 2-3: Il sunt cristiens batiçés e se mantient a la foy et ascostumes dou viel testament. Car je voç di que, quant sa feme est enceinte, il ne la touche pius dusque a tant
19 Males è l‟isola situata a 500 miglia a sud di Chesmancora: «si tratta di un nome doppio, formato dal nome
della città di Kīz a da quello della provincia Mukrān (o Makrāan); quest‟ultima va dal Kirmān a nord del golfo di „Umān, ed ha il Lāristān a ovest e il Balūčistān a est» (cito Cardona, Indice, p. 590). Di Femeles non si hanno notizie se non che l‟isola ospiterebbe tutte le donne che per alcuni periodi incontrano i maschi dell‟altra. Cfr. Pelliot, Notes, p. 671; Cardona, Indice, pp. 621-622.
XLIV
qu'elle ne a enfanté; ‹…›, encore la laisse que ne la touche XL jors; mes de XL jors avant le touque a sa volunté.
In corrispondenza il volgarizzamento veneziano riporta:
VB 158.3: Questa gente che abitano in queste II isolle sono cristiani batiçadi i qualli in questo chaxo oserva i comandamenti del vechio testamento; çoè che chome la dona è grosa, i non çase con quella fino non à partorido e dapoi el parto a XL dì çaseno con la mogie.
Come già segnalato da Benedetto, inoltre, il supplemento sul testo di F è dipeso dal contributo di Z, V, TA e Fr che attestano queste lezioni20 :
Fr 183, 5-9 : Il sunt tuit crestien baptiziez et se maintiennent a l‟usage du Viel Testament, quar quant leurs femmes sont grosses, [il n’habitent plus a elles et ensement quant