Vb 5.5-4, c 229v: Né essendo di tro‹po› partiti de Acre, aveno chome miser Tibaldo legato era stà
III.0. VB e la tradizione manoscritta del Milione
III.2.4. VB, fonte della redazione italiana R
Particolare attenzione merita il testimone R, la versione italiana di Gianbattista Ramusio uscita nelle Navigazioni e viaggi per i tipi di Giunti a Venezia nel 1559. Il Milione di Ramusio, fin dal principio, fu percepito come un grande collettore di informazioni che il compilatore cinquecentesco aveva desunto da diverse fonti, individuate successivamente da Benedetto in Z, P e VB30. Lo studio dei rapporti tra questi testimoni e R evidenziò in primo luogo la dipendenza di molte citazioni e aggiunte inedite da Z, o meglio, da un codice collaterale del manoscritto toledano da cui Ramusio citava direttamente, trasponendo il dettato latino in maniera del tutto letterale. Anche VB venne annoverata tra le due fonti principali di R, che fu tacciato dal Benedetto per la «letteralità delle rispondenze stilistiche [che] non lascia[va] dubbio sull‟incauto interesse con cui [...] si arrestò agli sviluppi del rimaneggiatore veneziano»31; probabilmente, la fiducia che l‟editore riponeva nel volgarizzamento era dovuta anche al fatto che uno dei due codici32 di VB era di proprietà dello stesso e quindi gli risultava molto facile lavorare su un simile testo. Infine, il maggior apprezzamento dello stile involuto e amplificato di VB emerge anche dallo studio di come Ramusio trattasse l‟altra fonte, ossia P: malgrado questa traduzione latina, opera di Frate Pipino da Bologna, avesse conosciuto nella storia della trasmissione del Milione maggior successo di quanto ne avesse avuto VB, Ramusio tendeva invece a modificarne il contributo, prediligendo così al dettato dotto e poco propenso alla prosa volgare il tono iperbolico e caricato di VB. In termini pratici, questa “devozione” alla versione veneziana, si è tradotta con la trasposizione di numerosi passi di VB all‟interno di R, passi che per ovvie ragioni sono sconosciuti a F. Per facilitare la lettura di questi passi del testo, ho scelto di predisporre i tre testimoni su tre colonne; dopodiché ho segnalato in corsivo le parti di F che sono state modificate in VB, dove compare una sottolineatura semplice; in R infine, compare la doppia sottolineatura ad indicare la perfetta sovrapposizione del testo a quello del volgarizzamento.
a. Mentre descrive la città di Baldac (l‟odierna Bagdad), Marco Polo riferisce del miracolo della montagna con cui i cristiani sconfissero il califfo che li voleva scacciare dalle sue terre. In particolare, in VB e R si descrive la figura del ciabattino, la cui profonda fede gli permetterà di operare il miracolo e di evitare la dispersione dei cristiani. Qui il racconto di R è praticamente identico a quello di VB:
30 Benedetto, Il Milione, Introduzione, p. CLXII-CC. 31 Benedetto, Il Milione, Introduzione, p. CLXXXIX.
32 Benedetto, Il Milione, Introduzione, p. CLXXXIX:L‟insigne filologo ipotizzava l‟esistenza di una copia oltre alle
tre superstiti della fase VB probabilmente posseduta da Gianbattista Ramusio, consultata successivamente dal figlio di questi, Paolo, di cui si ha notizia nell‟incipit del frammento vaticano, che esordisce con «Alcuni primi
capi del libro di Marco Polo copiati dall’esemplare di Paolo Rannusio» Nella discussione, Benedetto non cita con
LIII F XXVII,1-18:
Et quant les cristians ont ente‹n›du ce que le calif lor avoit dit, il ont mult grant ire et grant paor
de morir, mes toites foies il avoient bone sperance en lor criator que les aidera de cest gran perilz. Il furent a consoil
tuit les sajes cristin‹n›ç, qui estoient les prolés: car il avoit vesqueve et arcevescheve et preste aseç. Il ne poient prendre cunsuil for que prier lor segnor deu que por sa pieté et mercé ‹les› conseie en cest fait et qu‟il les escampe de si cruel mort come le calif lor fasoit faire se il ne firont ce que i[l] lor demande. Que vos en diroie? sachiés tout voirmant que les cristienç estoient tout jor et tute noite en oracion et prient devotement le Savaor, deo ‹deu› cel et de la tere, que il por sa pieté la devese aider de cest gran perilz la ou il sunt. En cest grant oracion et
en cest pregeres furent les cristianç VIII
jors et VIII notes, ma‹l›es et femes, pitet
et grant. Or avint que endementier
que il estoient en ceste oracion que l‟angel ven en vision pour mesajes de deu a un veschevo que mout estoient home de sante vie. Il dit: «O veschevo, or te vais a tel c[habatie]r que a un iaus et a celu dirés ‹que il face la priere ke la montagne se mue e la ‹montagne› se muara mantinant». Et de ceste chab[a]tier vos dirai que home il estoie e sa vie. Or sachiés de voir
qu’il estoit home molto onest et mout
VB 15.18-24:
Udito ebe cristiani el chomandamento del chalifa, cognosendo cristiani la crudel natura soa e che sollo questo el faxea per spoiarlli dele soe sustancie, dolente se partino. E tuti, sì picholi chome grandi, se messeno prostati in tera chon grandisime lagrime a far oracione al nostro segnor Idio che, per la sua misericordia e gracia, se degnase concieder questa gracia ai suo‟ servi, açò che lui sia chognosuto esser Idio eterno, e che loro non portino tanto crudel tormento per el nome suo dal crudele chalifo. Stando tuti cristiani in oracione asiduamente con amarissime lacrime et deçuni, a chapo de dì VIII aparve l‟angello in sonio al veschovo, el qual era homo de santa e bona vita; et dise: «Çercha el çavataro, homo açeto a Dio però che colui è quello per la fede soa adenplirà l‟evançellio e libereràve dal‟insidie del chalifo». Disparuto l‟angello e svegliatto el veschovo, con grande gaudio mandato per tuti parlati cristiani, a queli revellò quanto dal‟agnollo l‟avea udito; per che tuti prostati in terra con grandissime lagrime de gaudio referì sume gracie al nostro Segnor Idio che se avea dignato exaudir le lacrimoxe oraciun del popullo cristiano. Et subito dato opera di trovar el çavataro, el
R I, 8:
Quando li cristiani udirono tal parole, sapendo la sua crudel natura, che solo faceva questo per spogliarli delle loro sostanze, dubitarono grandemente della morte; nondimeno, confidandosi nel suo redentore che gli libereria, si congregarono tutti insieme ed ebbero fra loro diligente consiglio, né trovorno rimedio alcuno se non pregare la Maestà divina che gli porgesse l‟aiuto della sua misericordia. Per la qual cosa tutti, così piccoli come grandi, giorno e notte prostrati in terra con grandissime lacrime non attendevano ad altro che a far orazioni al Signore, e così perseverando per otto giorni, ad un vescovo di santa vita fu divinamente rivelato in sogno che andaaasero a trovar un calzolaio il qual avea solamente un occhio, il cui nome non si sa, che lui comandasse al monte che per la divina virtù dovesse muoversi. Mandato adunque per il calzolaio, narratoli la divina rivelazione, gli rispose che lui non era degno di quest‟impresa, perché i meriti suoi non ricercavan il premio di tanta grazia; nondimeno, facendoli di ciò grande instanzia i poveri cristiani, il calzolaio assentì. E sappiate ch‟egli era uomo di buona vita e di onesta conversazione, puro e fedele verso il nostro Signor Iddio:
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cast: il deçiunoit et ne fasoit nul peca, il aloit toç jorç a la glise et a la messe, il donoit chascus jors du pan que il avoit por deu.Il estoit home de si bone mainere et de si sante vite que l’e‹n› ne trovase un meior ne pres ne lonçe. Et si voç dirai une couse que il fist que l’uen dist que il soit bon home de bone foy et de bone vie. Il fu voir que il avoit plusor foies oi lire en sant vangelie que disoit que se le iaus te scandaliçot a pechere ke tu le doit traire de la teste ou avoucher le si qu’el no te faça pechere. Avint que un jorno ala maison de cest çabater vent une bella femene por achater çabate. Le mestre li vos[t] veir la ganba et le pe per veoir quelz çabate li fuissent bonez: et adonc se fait mostrere la janba et li pe et la femene li monstre mantinant – et san faille elle estoit si belle, la janbe et le pe, ke de plus biaus ne demandés. Et quant le mesere, qui estoit si bon comme jeo vos ai dit, ai veu la janbe et le pe a ceste feme, il en fu tot tenté, por ce que les iaus le voient volunter. Il lase aler la feme et ne li vost vendre la ç[abate]. Et quant la feme en fu alés, le mestre dist a so[i] meesme: «Hai desloiaus et traites, a cui pinses tu? certe je en prenderai grant vingance de mes iaus ke me scandaliçent». Et adonc prent tout mantinant une petite macque, et la fait mout ague, et se sone por me le un de iaus en tel mainer qu’il se le crevo dedenç la teste, si k’el non vi jamés.
qualle senpre stava in oraciun nele chiexie e santi luogi, homo de santissima vita, chasto e de sengulare fede: al qual esendo andato una femena per conprar un par de scharpe, e mostrando el pé al maistro per provar quele, quella femena se alçò i pani per modo el maistro ge vete la ganba, per beleça dila qual el maistro se comese in desonesti pensieri. Ma subito ritornato nela soa usata vertù, chaçò la femena fuori dela botega e, redutosse a memoria l‟evancelio dove se leçe «se l‟ochio tuo te schandaliça lievete quello però che l‟è meio andar con 1° ochio in paradixo che con do ochi nel‟inferno», et dolente del schandollo del veder dela ganba dela femena, subito prese una dele steche che i adoperano nele lor botege: con quella el se strapò l‟ochio dela testa, dicendo: «Tu che m‟ài schandolicato, ceserai più de schandalicarme».
frequentando le messe e i divini officii, attendeva con gran fervore alle limosine e a‟ digiuni. Al qual intravenne che, essendo andata a lui una bella giovane per comprarsi un paio di scarpe, e mostrand‟il piede per provar quelle, si alzò i panni per modo che gli vidde la gamba, per bellezza della quale si commosse in disonesti pensieri; ma subito ritornato in sé, mandò via la donna e, considerata la parola dell‟Evangelio che dice: «Se l‟occhio tuo ti scandaleza, cavatelo e gettalo via da te, perchè è meglio andar con un occhio in paradiso che con due nell‟inferno», immediate con una delle stecche che adoprava in bottega si cavò l‟occhio destro; la qual cosa dimostrò manifestamente la grandezza della sua constante fede.
b. Il deserto che si trova nei pressi della città di Lop (corrispondente al deserto
di Gobi che separa la Cina settentrionale dalla Mongolia) viene descritto per la sua vastità e per la facilità con cui coloro che lo attraversano smarriscono il cammino. Nel testo,
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vengono nominate forze occulte che, a detta del viaggiatore veneziano, si fanno burla dei viandanti facendoli spaventare e smarrire. Rispetto alla tradizione (qui rappresentata dal solo F), il volgarizzamento introduce una serie di particolari del tutto autonomi, che poi si ritrovano identici nella versione ramusiana:
F LVII, 9-13:
Il est voir que quant l’en chavauche de noit por cest deçert, et il avent couse que aucun reumagne et s’eçvoie de seç conpains por dormir ou por autre chouse, et il vuelt puis aler por jugnire seç conpagnons, adonc oient parlere espiriti en mainiere que senblent que soient seç conpagnons: car il les appellent tel fois por lor nom. Et plosors foies les font devoier en tel mainere qu’il ne se trevent jamés; et en ceste mainere en sunt ja maint morti et perdu. Et encore voç di que ‹le› jor meisme oient les homes ceste voices de espiriti et vos semble maintes foies que voç oiés soner manti instrumenti et propemant tanbur. E‹n› ces maineres se passe ceste deçert et a si grant anuie com voç avés oi. Desormés
noç lairon dou desert que bien voç avun dit tout l‟afer; et vos conteron des provences que l‟en treuve quant isti do deçert.
VB 39.5-11:
Dicono in questo diserto ve abita molti spiriti i qualli, quando i viandanti passano di note, speso se aldono chiamare per nome; e fano molte fiade deviar viandanti e perischono de fame. Però che chaminandose la note, chome fano alchuna fiata, qualche uno riman de drieto per qualche suo bisogno, e quel tal se aldirà chiamare per nome vien de qui, e lui, credendo sia i conpagni, vano alla via dela voce e trovassi abandonato dala conpagnia: e sollo nel deserto, non sapendo andar a trovar la conpagnia, perise da fame. Alchuna fiada, i sentirano a modo de inpeto de giente in alltra parte e quei, credendo el sia la conpagnia soa, se ne vano verso dove senteno l‟inpeto dela chavalchata: et fatto el giorno, se trovano da questi spiriti per simel et altri modi gabati, et molti insienti di questi spiriti ne fono mal chapitati: Alchuna volta s‟è trovatto de giorno qualche uno drieto i conpagni rimasto, buteràsse i spiriti in forma di conpagni e, credendo essere quelli con i conpagni, i deviano del chamino e possa i llasa solli nel deserto e
R, I, 35:
Dicono per cosa manifesta che nel detto deserto v‟abitano molti spiriti, che fanno a‟ viandanti grandi e maravigliose illusioni per fargli perire, perché a tempo di giorno, s‟alcuno rimane adietro o per dormire o per altri suo necessarii bisogni, e che la compagnia passi alcun colle che non lo possino più vedere, subito si sentono chiamar per nome e parlare a similitudine della voce de‟ compagni, e credendo che siano della sua compagnia se ne vanno dove senton il romore, e fatt‟il giorno si truovan ingannati e capitano male. Similmente di giorno, s‟alcun rimane adietro, gli spiriti appariscono in forma di compagni e lo chiaman per nome e lo fann‟andar fuori di strada. E ne son stati di quelli che, passando per questo deserto, hanno veduto un esercito di gente che gli veniva incontro, e dubitando che vogliano rubbarli s‟hanno messo a fuggire, e lasciata la strada maestra, non sapendo più in quella ritornare, miseramente sono mancati dalla fame.
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perischono. È meravegiosa cossa ad udire quelle chosse fano questi spiriti, che sono dificille a credere, ma pure è chome ò dito, e molto più mirabelle. E n‟è stati ancho de quelli che chaminando questi spiriti se àno meso in forma de oste e con inpeto sono venuti versso i caminanti i qualli, credendo siano giente robatori, se àno meso a fugire: e deviati dai ssentieri, non àno poi saputo ritrovar la via, per esser el diserto anplissimo, e ssono di fame periti. E però chi non sono ben aveduti de questi ingani, chapitano malle e per questo con gran pericollo ve se chamina.
c. Il volgarizzatore indugia sulla descrizione delle abitudini degli abitanti di Camul, i quali sono soliti ricevere nelle proprie abitazioni i forestieri che giungono in città. Le donne di casa accolgono quindi gli ospiti intrattenendoli con ogni sorta di piacere. La frivolezza di questa pratica appare del tutto accettata da questo popolo che esalta le doti delle proprie donne. I dettagli fornitici da VB sono pura invenzione del volgarizzatore e si ritrovano nel solo testo di R¸il quale li ha fedelmente integrati nella sua descrizione.
F LIX, 5-8:
(...) et voç di que se un forestier li vient a sa maison por herbergier, il en est trop lies. Il comande a sa feme qu’elle
face tout ce que le forester vuelt et il se part de sa maison et vait a fer seç fait et demore deus jors ou trois et le fo‹re›ster emore avec sa feme en la maison et vait a fer a [s]a volunté et jije con elle en un lit ousi com [s]e elle fusse sa feme et demorent en gran seulas. Et tuit celz de ceste cité et porvence sunt auni de lor feme; mes je voç di qu’il ne le se tienent a vergogne.Et les femes sunt beles et gaudent et
VB 41.6-7:
Et àno per chostumo che chadauno forestiero che in chaxa loro voieno abitare i l‟àno molto agratto e quello con grandisima leticia i receveno e forçasi de farge tuti piaceri i pono et chometeno alla moglie che ogni piacere faça al forestiero. Et molti de loro se parteno di chaxa et vano nel contatto e llasa la moglie con el forestiero dela qualle el
R I, 37:
E s‟alcun forestiero va ad alloggiar alle loro case molto si rallegrano, e comandano strettamente alle loro mogli, figliuole, sorelle e altri parenti che debbano integramente adenpire tutto quello che li piace; e loro, partendosi di casa, se ne vanno alle ville e di lì mandano tutte le cose necessarie al lor oste, nondimeno col pagamento di quell, né mai
LVII
de soulas forestiero ne prende quel piacere ge dilleta e quella si força de farge tutti i apiaceri possibelle chome dal marito ge fi inposto, né mai torneria a chaxa fino el forestiero vi sta: e tense a grande onore quando el forestiero entra nele loro chaxe et dicono molto piacere ai dii loro el bon riceto fano a forestieri viadanti besognosi de ogni recreacione; et per tal chaxone ogni bene i multiplicha, i figiuoli et ogni sua cossa sono guardati da ogni pericollo.
ritornano a casa fin che ‟l forestiero vi sta. Giaceno con le lor moglie, figliuole e latre, pigliandosi ogni piacere come se fossero proprie sue mogli: e questi popoli reputano questa cosa essergli di grand‟onore e ornamento, e molto grata alli loro idoli, facendo così buon ricetto a‟ viandanti bisognosi di ricreazione, e che per questo siano moltiplicati tutti li loro beni, figliuoli e facoltà, e guardati da tutti i pericoli, e che tutte le cose gli succedino con grandissima felicità.
Sempre nello stesso capitolo poi, VB riporta le parole pronunciate dal Gran Khan agli ambasciatori giunti a corte, chiamati per porre fine a questa pratica decisamente insolita. Anche in questo caso, R mutua il testo dal volgarizzamento, senza operare particolari cambiamenti sul testo di partenza:
F LIX, 13:
Et quant Mongu kaan entendi ce, il dit: «Puis que vos volés votre honte, et
voç l’aiés»; et adonc consent qu’il faichent lor volunté et voç di que toutes foies ont il mantenee celle uçance et mantinent encore.
VB 41:
Alora el segnore, ridendo dela pacia de questa giente, dise: «Anbasiatori, siave fatta la gracia: andate e vivete segondo i costumi vostri, né vi dimentichate che le done vostre sia lemosenarie verso i viandanti e ben le choreçete che questo vostro comandamento tanto piacevolle ai dii le non preterischa, açò che i beni vostri da quelli siano multiplicati».
R I, 37:
Il Gran Can, intesa questa domanda, disse: «Poi che tanto desiderate il vituperio e ignominia vostra, siavi concesso: andate e vivete secondo i vostri costumi, e fate che le donne vostre siano limosinarie verso i viandanti».
d. Il passo che segue è tratto dalla scheda sul reame di Erginul in cui si racconta del moschus moschiferus, un animale all‟incirca simile alla gazzella. VB descrive la bestiola nel seguente modo:
LVIII
VB 60.3-4: A questa bestia IIII soli denti, çoè do de sopra et do di soto, et sono sotilli et longi per quatro adeda e bianchi quanto avolio: e do sono volti in su e do sono volti in çò. Et è bello animale a vedere: et portai miego qui in Veniezia la testa e i
piedi de uno de’ diti animali sechi et del muschio, e nel chapo del muschio
pare ponte de denti picoli.
Il dettaglio relativo all‟esperienza diretta fatta da Marco dell‟animale contenuto in