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Apparecchiature per il controllo delle emissioni da trasporto marittimo

4. LE EMISSIONI DA TRASPORTO MARITTIMO

4.3 Apparecchiature per il controllo delle emissioni da trasporto marittimo

L’utilizzo di apparecchiature per ridurre o eliminare la quantità di un determinato inquinante presente nei gas esausti prodotti da un processo di combustione di fossili, ha storicamente trovato applicazioni in molti contesti (industriale, chimico, ecc.), trovando più recentemente nel settore del trasporto marittimo un nuovo campo di applicazione.

Le emissioni di inquinanti dovute alla combustione dei motori navali diesel possono essere controllate grazie all’impiego di appositi impianti installati a bordo delle navi che permettono di abbattere le emissioni di SOX, di NOX e di materiale particolato. In particolare, gli impianti di desolforazione, oggi, costituiscono un’alternativa economicamente vantaggiosa rispetto all’utilizzo del più costoso gasolio marino MGO, ed un’opzione tecnicamente valida rispetto all’adozione del GNL, qualora questo non sia disponibile nella catena logistica di approvvigionamento oppure presenti difficoltà di utilizzo di natura tecnica.

4.3.1 Impianti di desolforazione per il controllo delle emissioni di SOX

Gli impianti di desolforazione, anche detti sistemi di scrubbing o scrubber, sono apparecchiature installate a bordo delle navi che consentono di abbattere le emissioni di ossidi zolfo provenienti dalla camera di combustione di un motore navale.

Tra i vari sistemi proposti vi sono i cosiddetti wet scrubber, nei quali i gas di scarico vengono fatti passare attraverso una soluzione liquida dove gli SOX vengono rapidamente trasformati in solfati ed eliminati.

Nell’ambito dei processi wet, gli scrubber a ciclo aperto, anche detti sea water scrubbing (SWS) sfruttano l’alcalinità dell’acqua di mare e sono i sistemi più adatti alla navigazione in mare aperto. Tali impianti sono fatti in modo che l’acqua di mare, contenente sostanze alcaline, mescolandosi a cascata con i gas combusti, inneschi dei fenomeni reattivi che coinvolgono gli ossidi di zolfo disciolti in fase liquida, portando così ad un’efficace rimozione degli SOX.

Un altro tipo di processo wet è quello realizzato dagli scrubber a ciclo chiuso che, a differenza degli SWS, non utilizzano l’acqua di mare, bensì una soluzione liquida ottenuta per mezzo di soda caustica ed acqua dolce. Tali sistemi garantiscono un consumo energetico leggermente inferiore rispetto a quello richiesto dagli SWS.

Esiste, infine, un terzo tipo più complesso di processo wet, realizzato da scrubber ibridi che sono in grado di funzionare sia in circuito aperto che in circuito chiuso, ed è particolarmente adatto a navi che richiedano la massima flessibilità operativa.

L’efficienza di abbattimento di un wet scrubber, oltre che dalle caratteristiche termodinamiche, chimiche e granulometriche della soluzione liquida utilizzata e dalla composizione del gas di scarico, dipende anche dalle dimensioni dello scrubber. Pur essendo i fenomeni reattivi considerabili come istantanei, la fenomenologia generale di trasporto risulta essere piuttosto lenta, pertanto un adeguato tempo di permanenza dei gas e dell’acqua è un requisito fondamentale per un funzionamento soddisfacente dello scrubber. Per questo motivo, i wet scrubber sono piuttosto ingombranti, le dimensioni delle torri di lavaggio possono arrivare fino a 6 metri e la loro collocazione nell’impianto di bordo è un aspetto ancora da discutere con chiarezza in tutti i suoi aspetti[41].

Un altro sistema utilizzato è quello del dry scrubbing dove soluzioni di reagenti alcalini, quali la calce spenta, vengono nebulizzate nella corrente di gas esausti al fine di promuovere l’ossidazione degli SOX a solfato. In questo modo, la componente acquosa evapora all’interno dello scrubber e i prodotti della reazione vengano rimossi sotto forma di polvere secca. In alternativa è possibile utilizzare additivi per il combustibile in maniera tale che, durante la combustione, vengano a formarsi solfati inerti, come il solfato di calcio, che a seguito di trattamenti di post-combustione, possano facilmente essere rimossi dalla corrente. Un altro metodo ancora sarebbe quello di miscelare i gas di scarico con composti di calcio cosicché gli SOX vengano convertiti in solfato di calcio.

4.3.2 Catalizzatori riducenti per il controllo delle emissioni di NOX

Allo stato attuale, la progettazione dei motori rappresenta l’approccio primario considerato dall’annesso VI della Convenzione Marpol per ridurre le emissioni di NOX nell’atmosfera dovute al trasporto marittimo. Gli standard dei motori navali diesel sono normalmente ottenuti mediante:

un’accurata progettazione della combustione a partire dalla forma della camera di combustione e delle camere ausiliarie;

un’accurata progettazione dei flussi gassosi nel cilindro per assicurare una miscelazione appropriata;

un’appropriata progettazione dei tempi di apertura e chiusura delle valvole;

un’appropriata temporizzazione dell’iniezione di carburante.

L’ottimizzazione dei motori è un’operazione complessa e generalmente l’approccio che si segue è quello di ottenere delle miscele tali da impedire alti picchi delle temperature di combustione al fronte di fiamma, dove gli NOX si formano più facilmente.

Tuttavia, stante i limiti emissivi sempre più stringenti imposti dalla normativa, per ridurre ulteriormente le emissioni degli NOX è possibile ricorrere a metodi basati sulla SCR. Il principio su cui si basa tale metodo è quello secondo il quale i gas di scarico, mescolati con un reagente (preferibilmente ammoniaca) e passando attraverso un catalizzatore, subiscono una scomposizione degli NOX in essi contenuti in azoto molecolare (N2), acqua ed ossigeno molecolare (O2). La SCR è stata utilizzata riuscendo ad ottenere la riduzione delle emissioni di NOX, principalmente per i motori ausiliari, tuttavia vi sono delle criticità connesse al suo utilizzo:

l’ammoniaca è una sostanza tossica che, in fase gassosa, in opportune concentrazioni con l’aria può essere esplosiva; necessitando di speciali precauzioni per il suo immagazzinamento a bordo il suo uso può risultare non conveniente in termini sia economici che di spazi. Per tali motivi, è più comune l’utilizzo dell’urea che, una volta iniettata nel flusso caldo dei gas di scarico, si converte in gran parte in ammoniaca. L’efficienza della conversione, però, dipende dal buon controllo dell’iniezione dell’urea: un’iniezione troppo bassa o troppo alta nei flussi di scarico ne riduce l’efficienza e l’efficacia;

il catalizzatore, spesso rivestito di uno strato ceramico, provoca cadute di pressione con conseguenti impatti sulle prestazioni del motore: maggiore è la riduzione richiesta, maggiori risultano essere le cadute di pressione;

i catalizzatori vengono danneggiati dai sali di solfato per cui si deteriorano tanto più rapidamente quanto maggiori sono le concentrazioni di solfati. Questo problema può essere affrontato in due modi: non avendo composti di zolfo nei gas esausti oppure operando a temperature sufficientemente alte per prevenire la formazione di sali di solfato;

il catalizzatore ha una durata ridotta per cui è necessaria la sua sostituzione dopo alcuni anni;

la fuga di ammoniaca a valle del processo della SCR è pericolosa, per cui sono necessari dei rigorosi controlli;

86 deve essere reso disponibile un sistema di fornitura dell’urea da utilizzare nel processo.

Impianti di tipo SCR possono anche essere utilizzati in modo congiunto ad altri sistemi di abbattimento delle emissioni inquinanti, come, ad esempio, impianti di scrubbing per la rimozione degli SOX, tuttavia vi sono dei dubbi diffusi sulla possibilità di coesistenza dei due sistemi di controllo delle emissioni sulle nuove navi impegnate in navigazione nelle aree di controllo degli NOX in conformità allo standard più stringente relativo alle emissioni di ossidi di azoto (Tier III).

4.3.3 Utilità di una strategia di conformità basata sui sistemi di controllo delle emissioni Così come per l’alimentazione navale a GNL, l’utilizzo degli impianti di scrubbing e di SCR rispetto all’utilizzo del gasolio marino, richiede un investimento iniziale più ingente garantendo, però, costi operativi decisamente più bassi.

In particolare, l’opzione dell’abbattimento a valle delle emissioni inquinanti di SOX tramite l’installazione a bordo di impianti di desolforazione, consentendo di fatto alle navi di continuare a rifornirsi di olio combustibile convenzionale ad alto tenore di zolfo, garantirebbe un notevole risparmio economico da un punto di vista gestionale, ed è certamente un strategia in lizza per assicurare il rispetto della normativa IMO.

Mentre non si hanno dati in merito a quanti armatori abbiano deciso di operare con MGO, le evidenze disponibili, grazie al citato studio del 2013 dell’European Shortsea Network, mostrano una forte crescita delle installazioni di scrubber tanto su navi esistenti quanto su nuove costruzioni, anche se con valori assoluti ancora molto contenuti (figura 4.6).

Figura 4.6 - Installazioni di scrubber; fonte: European Shortsea Network

In merito alle diverse tipologie di scrubber installati, il tipo di impianto maggiormente utilizzato, sia per quanto riguarda i casi di retrofit che in quelli di nuove costruzioni, risulta essere lo wet scrubber ibrido il quale, seppure più costoso e complesso rispetto alle altre soluzioni (ciclo aperto e ciclo chiuso), è in grado di funzionare in acque con diversi gradi di alcalinità (figura 4.7).

0 2 4 6 8 10 12

2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017

Retrofit Nuove costruzioni

Figura 4.7 - Installazioni di scrubber per tipologia di impianto; fonte: European Shortsea Network

Dal punto di vista dei costi operativi va ricordato che il funzionamento di uno scrubber assorbe potenza, il che ha come conseguenza un aumento dei consumi di carburante che si è stimato essere compreso tra l’1 ed il 3%, a seconda che si tratti, rispettivamente, di impianto a ciclo aperto o a ciclo chiuso. Tali costi addizionali hanno sicuramente una loro importanza nell’orientare le scelte degli armatori, mentre i tempi richiesti per l’effettuazione degli interventi necessari sono normalmente minimi, essendo molte delle lavorazioni necessarie effettuabili anche durante la navigazione.

Per quanto riguarda le varie tipologie di navi a bordo delle quali sono stati installati degli scrubber, i dati a disposizione mostrano una certa prevalenza di navi Ro/Ro, traghetti e navi da crociera, sia per quanto riguarda i casi di retrofit che per quelli di nuova costruzione (figura 4.8).

Figura 4.8 - Installazioni di scrubber per tipologia di nave; fonte: European Shortsea Network

In base a dati forniti dalla società finlandese Wärtsilä[42], a seconda che si tratti di retrofit o dell’installazione di un impianto di scrubbing su una nuova costruzione, gli investimenti necessari sono sostanzialmente diversi. Orientativamente possono essere date le seguenti cifre di massima come campi di oscillazione dei costi per unità di potenza installata:

0 2 4 6 8 10 12 14 16

Ibrido Aperto Chiuso Dry

Retrofit Nuove costruzioni

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Ro/Ro - Ro/Pax Navi da crociera Navi per merci varie

Petroliere Portacontenitori Navi gasiere

Retrofit Nuove costruzioni

88 retrofit: 360 – 480 dollari statunitensi / kW

nuove costruzioni: 130 – 190 dollari statunitensi / kW

Nel caso dei retrofit, i costi maggiori e la forbice di costo più ampia sono dovuti alla varietà di situazioni che si possono incontrare caso per caso.

Ipotizzando che la potenza impegnata sia pari al 65% della potenza installata, sulla base delle stime precedentemente fornite, lo studio Wärtsilä fornisce un intervallo di stima degli anni necessari ad ammortizzare l’impianto in funzione delle ore spese in navigazione della nave in aree ECA (figura 4.9). Nei casi di retrofit la soluzione risulta vantaggiosa per un numero elevato di ore di permanenza in area ECA. Nel caso di nuove costruzioni la convenienza si manifesta anche per un numero di ore di permanenza in area ECA non particolarmente elevato. Gli esempi fatti si riferiscono alle ore ed ai kW impegnati dalle navi in navigazione all’interno delle aree ECA. Tuttavia, poiché è noto che la situazione è in evoluzione verso requisiti ambientali sempre più stringenti a livello globale, la convenienza – almeno in termini economici – derivante dall’adozione di sistemi per la pulizia dei gas di scarico sembra destinata a crescere.

Figura 4.9 - Anni di rientro dall’investimento nell’impianto di scrubber in funzione delle ore spese in aree ECA;

fonte: Wärtsilä

L’età alla quale le navi sono state adeguate con l’installazione di uno scrubber varia da 2 a 15 anni, ad indicare che l’investimento richiede una vita residua congrua, come riportato nella seguente tabella 4.4.

Tabella 4.4 - Installazione di scrubber per età della nave

Fonte: European Shortsea Network

Se è modesto il numero delle installazioni di scrubber effettuate ad oggi, bisogna anche sottolineare che ad oggi ancora più esiguo è il numero di conversioni realizzate per l’adozione dell’alimentazione a GNL.

Tipo di nave Età della nave

all’installazione (anni)

Vita media della nave (anni)

Vita media della nave dopo l’installazione

(anni)

Ro/Ro –Ro/Pax da 3 a 15 27,1 17,5

Porta-contenitori da 5 a 10 25,4 19,4

Navi da crociera da 2 a 15 27,7 20,7