3. Questioni metodologiche
3.2 Approcci concentrici, inquadrature sfasate
La scelta di osservare il problema dell’identità culturale attraverso il cinema e la musica, e particolarmente attraverso la presenza della musica nel cinema, parte dal presupposto della inesauribilità della questione. A partire dalla presa di coscienza di un inevitabile impossibilità di esaustività, si è presa la decisione di avvicinarsi all’oggetto da diverse prospettive, da diverse distanze, e con differenti “inquadrature” ci si conceda la metafora fotografica in modo da offrire la possibilità di sommare interpretazioni, letture, visioni e “ascolti” differenziati e complementari.
I tre capitoli della tesi affrontano il rapporto musica/cinema nel Rio de la Plata da angolature diverse. Il nostro approccio segue la traiettoria indicata da Hamid Nacify nel suo studio sulla cinematografia della diaspora e l’esilio:
In alcuni casi le sezioni [del libro] mettono a fuoco una formazione filmica collettiva, esaminando meno i film specifici che l’emergenza, evoluzione e impatto delle linee offerte da quelle formazioni. [In altri casi] l’attenzione posta sulla specificità e la collocazione di ogni regista [...] è un’importante salvaguardia dalla tentazione di cadere nel discorso turistico postmoderno che pretende postulare un onnicomprensivo cinema dell’esilio o della diaspora, o un omogeneo accented cinema. 123
Non esistono omogeneità culturali ma tratti distintivi che permettono di configurare conclusioni parziali a una serie di domande che ci siamo posti come punto di partenza della ricerca:
È possibile identificare dei comportamenti culturali comuni di fronte al “nuovo” in un dato contesto, assai vasto e complesso, ma dalle radici condivise? 123 “Sometimes the sections focus on a collective filming formation, examining less the specific films than the emergence, evolution, and impact of lines offerees on those formations [...]. Attention to the specificity and situatedness of each displaced filmmaker, community, or formation is an important safeguard against the temptation to engage in postmodernist discursive tourism or the positing of an allencompassing grand Exile or great Diaspora, or a homogeneous Accented Cinema.” Naficy, Hamid. 2001. An Accented Cinema: Exilic and Diasporic Filmmaking . Princeton: Princeton University Press. Pag. 9.
Il “nuovo” che, in un caso, può essere rappresentato da un singolo compositore che intende trasformare una manifestazione tradizionale quale è il tango in Argentina, e che, partendo dal rifiuto quasi totale, arriva persino a configurarsi come simbolo musicale indiscusso di una città.
Il “nuovo”, in altri casi, è quello che si manifesta attraverso la nascita del soggetto giovanile, sulle onde internazionali che raggiungono gli angoli più lontani del mondo, assumendo caratteristiche proprie al contatto con la cultura locale.
È possibile risolvere la contraddizione tra la necessità o il desiderio di mantenere caratteristiche culturali proprie e, nello stesso tempo, permettere gli arricchimenti che possono provenire dalla permeabilità alla diversità alla quale i flussi culturali espongono inevitabilmente le società?
Se le barriere tra la cosiddetta “Cultura Alta” e la “cultura popolare” non sono inamovibili: quali sono le conseguenze, non soltanto sul piano estetico, del loro infrangimento da parte sia dei movimenti artistici che dei singoli artisti? Esiste una logica unica in grado di spiegare la funzione sociale e i rapporti tra i fenomeni culturali di massa e lo status artistico, o non artistico, dei prodotti dell’industria culturale?
Riteniamo che la musica, nella sua molteplicità formale e mediante il suo
profondo inserimento nei tessuti sociali e culturali, costituisca un veicolo adatto alla ricerca di possibili risposte e spiegazioni alle questioni identitarie che ci siamo posti. E crediamo che la presenza della musica nel cinema si configuri come una vetrina privilegiata che permette di osservare l’apparire, lo sviluppo e il consolidamento di questi fenomeni all’interno di una particolare società, quella del Río de la Plata, con le sue peculiarità, la sua configurazione migratoria e le sue aspirazioni contraddittorie, europee e nordamericane, latine e anglosassoni.
Allargando e restringendo l’obiettivo nel senso ottico del termine si sono scelte tre inquadrature. L’inquadratura che si sofferma sul compositore della musica di due film “d’autore”, impegnati politicamente e appartenenti a un momento storico fondamentale: quello della transizione fra dittatura militare, esilio e ritorno alla democrazia. In questi film troviamo assai significativo l’uso dialettico del tango come forte simbolo di appartenenza e rappresentazione, contemporaneamente scenario di scontro e volontà d’incontro tra vecchio e nuovo.
Una seconda inquadratura si propone l’osservazione di un genere musicale paradigmatico delle trasformazioni culturali del XX secolo, il rock, identificando il momento storico del suo arrivo sugli schermi cinematografici mediante due film “commerciali” di produzione locale, rappresentativi del decennio in cui avviene la trasformazione più marcata dei costumi e delle abitudini giovanili in senso ampio e globale: Nacidos para cantar (Nati per cantare, Emilio Gómez Muriel, 1965) ed El
extraño de pelo largo (Lo sconosciuto dai capelli lunghi, Julio Porter, 1969).
La terza prospettiva proposta riguarda l’Uruguay, un piccolo paese la cui produzione cinematografica è limitata, soprattutto per una questione di dimensioni del mercato locale, pur avendo uno sviluppo qualitativo interessante in campo artistico, letterario, musicale, sulla base del quale si è costituito un profilo culturale proprio e originale. In questo senso, la scelta è ricaduta su un film documentario incentrato sulla musica, che pone al centro dell’attenzione in modo diretto il problema della costruzione identitaria.
L’unità nella diversità delle tre parti è data da vari elementi che saranno messi in evidenza e allineati in una proposta di lettura, visione e ascolto che si intrecciano nel tempo e nello spazio. Si tratta in definitiva di una proposta di “audiovisione” dell’identità culturale, incentrata sulla musica.
La risposta che proponiamo si orienta verso la mobilità e le negoziazioni possibili tra una vasta diversità di modelli identitari più che la pretesa di stabilità dei punti di riferimento. È preferibile assumere l’impossibilità di stabilire identificazioni
permanenti e, semmai, rintracciare la perdurabilità maggiore o minore di alcuni riferimenti identitari. È importante anche il riconoscimento delle posizioni che aspirano a quel tipo di identificazioni stabili in quanto supporto di visioni ideologiche che pretendono di applicare soltanto quegli strumenti di analisi che risultino funzionali a dei giudizi previ su quello che dovrebbe essere la realtà:
[...] l’intento di stabilizzare una nozione inequivoca di identità, di ciò che è ‘caratteristico’ o ‘tipico’, ricorrendo agli essenzialismi, produce dei risultati che ci ritornano una identità inafferrabile, amorfa, instabile, che reagisce in forme diverse alle concettualizzazioni, modificando i suoi lineamenti e riconfigurandosi ad ogni intento per definirla [...] 124
Il rischio della rigidità nel trattamento delle questioni identitarie è percepito dalle varie correnti di pensiero che se ne occupano in diversi modi:
Hall propone il termine ‘identificazione’ come un concetto teorico più flessibile che quello di ‘identità’: nel linguaggio comune, l’identificazione è costruita sul riconoscimento di qualche origine comune o caratteristiceh condivise con un’altra persona o gruppo, o con un ideale, e con la naturale solidarietà e fedeltà stabilite su questa base. In contrasto con il ‘naturalismo’ di questa definizione, l'approccio discorsivo considera l'identificazione come una costruzione, un processo mai completato [...] Sebbene non senza le sue determinate condizioni di esistenza, incluse le risorse materiali e simboliche necessarie per sostenerlo, l'identificazione è, infine, condizionale, presentata in contingenza. Una volta assicurata, non cancella la differenza. 125 124 “[...] al intentar estabilizar una noción inequívoca de identidad, de aquello “característico” o “típico”, apelando una vez más a los esencialismos, los resultados nos devuelven una identidad escurridiza, amorfa, inestable, que reacciona de diferentes formas a las conceptualizaciones, modificando sus rasgos y reconfigurándose en cada intento por definirla.” Eckmeyer et al. Op. cit. Pag.7. 125 “Hall proposes the term ‘identification’ as a more flexible theoretical concept than that of ‘identity’: In common sense language, identification is constructed on the back of a recognition of some common origin or shared characteristics with another person or group, or with an ideal, and with the natural closure of solidarity and allegiance established on this foundation. In contrast with the ‘naturalism’ of this definition, the discursive approach sees identification as a construction, a process never completed […] Though not without its determinate conditions of existence, including the material and symbolic resources required to sustain it, identification is in the end, conditional, lodged in contingency. Once secured, it does not obliterate difference.” O’Flynn, John. 2007. «National Identity and Music in Transition: Issues of Authenticity in a Global Setting». In Music, National Identity and the Politics of Location : Between the Global and the Local , a cura di Ian Biddle e Vanessa Knights, 19–38. Aldershot: Ashgate.
Anahit Kassabian, da parte sua, introduce il termine “affiliazione” per riferirsi alle identificazioni “inprocess” in quanto il termine non pone come requisito l’assorbimento del soggetto da una determinata posizione in un altra ma degli assi identitari lungo i quali collocare gradi diversi di “identità affiliate” che permetterebbero di stabilire delle resistenze e consentire identificazioni molteplici e mobili. 126
La prospettiva degli “assi identitari” ci risulta particolarmente adatta all’analisi che proponiamo di condurre sull’identità, la musica e il cinema nel Río de la Plata. Possiamo identificare molteplici assi identitari, o linee discorsive, o pari opposti dialettici lungo i quali sviluppare la discussione sugli oggetti che verranno analizzati. Non sarebbe in ogni caso possibile stabilire una tassonomia omogenea tra di loro, nè pretendere una delimitazione o una complementarietà capace di coprire pienamente o senza sovrapposizioni una problematica troppo ampia. Si può comunque tentare di proporre una enunciazione che dovrà essere rivista caso per caso, ma nella quale, senza dubbi appariranno almeno le seguenti quattro questioni: sull’asse territoriale o geografico, per esempio, ci troveremo con le opposizioni localeglobale, nazionalestraniero, proprioalieno; sulla linea temporale, con le sue implicazioni generazionali, incontreremo le questioni tradizioneinnovazione, vecchionuovo, adultogiovane; da una prospettiva socioeconomicoculturale si porranno le opposizioni tra popolarecolto, èlitesmassa; e infine, da un’ottica che potremmo definire filosoficopoliticoideologica ci si imbatterà nelle discussioni centrate sull’opposizione tra gli oggetti considerati appartenenti alla sfera artistica e quelli prodotti dall’industria culturale, discussione in vari modi legata a quella sui prodotti culturali dalle intenzioni impegnate o alienanti. 126 Kassabian, Anahid. 2002. Hearing film : tracking identifications in contemporary Hollywood film music . New York: Routledge. Horner, Bruce, e Thomas Swiss, a c. di. 1999. Key terms in popular music and culture . Malden, Mass: Blackwell. Pagg.11323.
I movimenti possibili e le posizioni intermedie tra gli estremi di ognuno di questi quattro assi, così come le mediazioni che gli oggetti culturali e le modalità della loro percezione propongono tra una linea e le altre, offrono la possibilità di interpretare i processi di costruzione identitaria in termini multidimensionali e dinamici. Gli studi di caso proposti per l’analisi risultano di particolare interesse in quanto contengono elementi collocabili su questa griglia, come si punterà a dimostrare nello sviluppo del nostro lavoro.
Come afferma Paul Ricoeur: “in un modo o nell’altro, tutti i sistemi simbolici contribuiscono a configurare la realtà”. 127 127 “De un modo u otro, todos los sistemas simbólicos contribuyen a configurar la realidad.” Ricœur, Paul. 1997. «Narratividad, fenomenología y hermenéutica». Tradotto da Gabriel Aranzueque Sahuquillo. Cuaderno Gris. Época III 2: 479–95. https://repositorio.uam.es/xmlui/handle/10486/225. Pag.483.
La musica per cinema di Astor Piazzolla
Astor Piazzolla è indubbiamente considerato a livello mondiale come uno dei più rinomati compositori argentini del XX secolo. Sebbene il suo nome sia associato principalmente al rinnovamento linguistico del tango, egli annovera nella sua produzione un’importante quantità di musiche composte specificamente come colonne sonore, così come composizioni musicali preesistenti utilizzate da diversi registi internazionali nei loro film.
Si tenterà qui di ricostruire il contesto culturale e artistico nel quale si inserisce la sua biografia musicale e, in particolare, si analizzeranno due film emblematici per la storia del cinema argentino, e per il contesto storico in cui furono realizzati, durante la transizione dall’ultima dittatura all’attuale democrazia.
Per questi film il regista Fernando Ezequiel “Pino” Solanas, incaricò Piazzolla della composizione delle colonne sonore originali. Particolare attenzione verrà data alla scelta del tango come elemento identificativo e di rivendicazione identitaria, da un lato, e, dall’altro, alla scelta di Piazzolla come esponente di una visione particolare all’interno del tango come genere.