3. Questioni metodologiche
3.1 Il testo filmico e il testo musicale
Al di là delle posizioni di partenza che ogni musica occupa in termini di accettazione o rifiuto, i generi vengono appropriati e risignificati culturalmente in modo dinamico e si evolvono al di là dei limiti posti dalle loro condizioni di origine, mediante meccanismi di assimilazione dei quali il cinema rende conto in diversi modi. In alcuni casi, come risultato di integrazioni già compiute tra musica e identità, il cinema può fare uso di associazioni significanti pienamente operative e funzionali (come nel caso del tango e di Piazzolla nei film di Solanas). In altri casi, il film stesso diventa parte integrante di tali processi di appropriazione, assimilazione e risignificazione, come accade nei film appartenenti al genere musicale. Infine, nel caso del documentario, il film entra a far parte del circuito culturale insieme alle musiche che documenta e non solo mette in evidenza i processi che narra, ma compie anche la funzione di collegare tra loro la presa di coscienza identitaria e la creazione di connessioni tra artisti e pubblico.
3.1 Il testo filmico e il testo musicale
Come si è già detto, in linea con vari autori (Attali, Waligorska) è possibile riconoscere all’uso non verbale dei suoni da parte delle diverse culture che abbiamo denominato “musica”, con le precisazioni del caso una condizione o capacità particolare di associarsi ad altri processi interni a quelle culture, o in qualche modo di rifletterli. Le ragioni coinvolte in questa particolarità della musica hanno costituito oggetto d’indagine all’interno di paradigmi scientifici assai diversi, e continuano a destare l’interesse degli studiosi tanto nell’ambito delle discipline sociali quanto delle scienze cognitive di recente sviluppo.
La musica è presente in modo massiccio nella vita quotidiana delle persone 110 e occupa un posto di rilevanza in momenti particolari e significativi associati ai rapporti
interpersonali, alla socializzazione e alla formazione di gruppi attorno ai diversi generi e alla proiezione di significati e necessità specifiche sul “fatto musicale”. 111
Di tutte le possibili modalità in cui si può rilevare quella onnipresenza della musica, consideriamo che il testo musicale inserito nel discorso cinematografico costituisce una sua occorrenza particolare capace di mettere in evidenza il funzionamento della musica sotto molti aspetti: la musica come elemento referenziale, il suo potere emotivoconativo, le questioni vincolate al valore estetico che le viene attribuito, la sua capacità strutturale in termini temporali, la possibilità di costruzioni metadiscorsive non verbali, ma anche la sua vincolazione come supporto della componente verbale nel caso particolare della canzone.
Non ci riferiamo soltanto al catalogo delle funzioni della musica associate all’immagine cinematografica (o audiovisiva in termini più ampi) sviluppato dalla letteratura analitica nella zona d’incrocio tra gli studi filmici e la musicologia (si possono citare a tale scopo i primi lavori di Zofia Lissa , l’approccio di Michel Chion 112
e gli sviluppi semiotici di Philip Tagg sulla scia di Eero Tarasti , per citarne solo
113 114 115
alcuni). Intendiamo qui proporre una doppia associazione: da un lato il vincolo con il contesto in cui si originano le musiche in questione, dall’altro la scena cinematografica, lo spaziotempo del film, come contesto ritagliato da quello più ampio in cui sono inseriti i due oggetti culturali.
A partire dalle proposte terminologiche di Michel Chion, siamo soliti considerare che il suono apporti alla scena visiva un “valore aggiunto”. 111 Fabbri. Op. cit. 112 Lissa. Op. cit. 113 Chion, Michel. 1991. L’audiovision: Son et Image au Cinema . Cinéma et Image. Paris: Nathan Université. 114 Tagg. Op. cit. 115 Tarasti, Eero. 1994. A theory of musical semiotics . Bloomington: Indiana University Press. Tarasti, Eero. 2002. Signs of music: A guide to musical semiotics . Approaches to applied semiotics 3. Berlin: Walter de Gruyter.
Con il termine valore aggiunto indico il valore espressivo e informativo con il quale il suono arricchisce una data immagine in modo da creare l'impressione definita, nell'esperienza immediata o ricordata che si ha di essa, che questa informazione o espressione venga ‘naturalmente’ da quello che si è visto, e sia già contenuto nell'immagine stessa. 116
In particolare Chion identifica all’interno del valore aggiunto dal suono quello aggiunto dalla musica 117 e lo classifica in due modalità basiche: “empatica” e “anempatica”, identificando anche una terza possibilità, quella “neutra”. Queste modalità riguardano la coincidenza, la contraddizione o la neutralità nel rapporto tra i messaggi visivi e quelli sonori.
Proponiamo di invertire la logica del valore aggiunto dal suono e dalla musica all’immagine e, nelle nostre analisi, concentrare l’attenzione sulla musica, considerando quale potrebbe essere il “valore aggiunto” dalle immagini all’esistenza e al funzionamento delle musiche in sé stesse.
Su questa linea risulta interessante la proposta di Christian Metz riguardante il “procedimento di cinematografizzazione di un brano musicale” 118. Se poniamo al centro dell’analisi la musica più precisamente le musiche , al plurale e il loro ruolo nella costruzione identitaria, dovremo tenere conto dei vari livelli di tensione che si producono simultaneamente nel campo culturale in cui agiscono vari poli: vecchio/nuovo, colto/popolare, indigeno/alieno. 119 116 Chion. Op.cit. Pag.17. 117 Ibid . 118 Metz, Christian. 1977. Linguaggio e cinema . Milano: Bompiani. Citato da De Ruggieri, Francesca. 2008. I segni del cinema . Bari: Progedit. 119 Cfr.: Eckmeyer, Martín Raúl, Marianela Maggio, Cecilia Trebuq, e Emilio Marracini. 2015. «Haciendo del problema la solución: Los conceptos de mestizaje y transculturación y su aplicación al estudio histórico de la música latinoamericana». Conferenza presentata al X Jornadas Nacionales de Investigación en Arte en Argentina y América Latina, La Plata, Facultad de Bellas Artes, settembre. http://hdl.handle.net/10915/59713.
Le modalità con cui gli assi di tensione segnalati si proiettano sulle diverse manifestazioni musicali (generi), cambiano profondamente nei differenti casi analizzati: la tensione nuovo/vecchio nel tango, in riferimento a Piazzolla, ad esempio, agisce diversamente se applicata al fenomeno del rock.
Lo stesso si può dire ma l’analisi degli oggetti musicali dovrà verificare o refutare l’ipotesi per quanto riguarda la tensione colto/popolare, presente nella musica di Piazzolla in modo diverso da come appare nella produzione musicale nel campo del rock. In essa i termini dialettici si spostano più che altro verso un asse di riferimento nel quale si oppongono le categorie del “commerciale” (popolare o di massa) versus una serie di significanti (impegnato, progressivo, creativo, etc.) che costituiscono in modo diverso una categoria assimilabile al concetto di “colto” (coltivato, elevato, etc.).
L’avanzamento dell'analisi pone il problema della ricerca e dell’individuazione
di quegli elementi, appartenenti specificamente al mondo sonoromusicale, capaci di rendere conto di questi rapporti all’interno della produzione filmica. A questo scopo, la nostra proposta analitica intende prendere in considerazione due dimensioni: quella degli elementi “macro” (generi e specie musicali, stili e correnti, ecc.) e quella degli elementi “micro” del discorso musicale. A tal proposito, ci serviremo del concetto di “musema”, concetto che Philip Tagg riprende da Charles Seeger in questi termini: 120
Se i musemi esistono come unità minime di ‘codice’ musicale, allora ognuno di essi dev’essere una struttura musicale culturalmente specifica, abbia o no un nome, che differenti membri di una stessa comunità di musicisti possa consistentemente identificare e produrre;
deve anche essere riconoscibile come avente una funzione consistentemente similare quando
120 Seeger, Charles. 1977. Studies in Musicology, 19351975 . Berkeley: University of California Press. Citato da
Tagg, Philip. 2004. «Musical meanings, classical and popular. The case of anguish». In Enciclopedia della
musica. V. L’unità della musica , a cura di JeanJacques Nattiez. Torino: Guilio Einaudi.
http://tagg.org/articles/xpdfs/musemeuse.pdf.
ascoltato da diversi membri della stessa cultura musicale generale a cui appartengono i musicisti che producono quella struttura. 121
In questo senso, risulta estremamente utile alla nostra analisi lo strumento proposto da Tagg, in quanto i musemi possono funzionare come riferimenti identitari interpretabili indipendentemente dalle competenze tecniche musicali o musicologiche, collegando la presenza di tali unità all’interno degli oggetti musicali ad altri universi di significati presenti nei diversi gruppi e sottogruppi identitari. Questo approccio permette di considerare elementi musicali di solito trascurati dalla musicologia tradizionale:
[...] la musicologia, sebbene sia terminologicamente ben equipaggiata per occuparsi della maggior parte degli aspetti della tonalità triadica, è scarsamente preparata per l'analisi del timbro musicale e delle sottigliezze dell'articolazione ritmicodinamica. Lo sviluppo di modelli in grado di colmare queste e altre lacune metodologiche è, purtroppo, un problema che va ben oltre lo scopo di questo articolo. Nonostante i problemi appena menzionati, è possibile, usando il tipo di approccio abbozzato sopra, dimostrare alcuni aspetti importanti della semiosi musicale nella nostra cultura. Un simile approccio può contribuire non solo allo sviluppo del metodo musicologico: evidenziando categorie di significato ‘musicogeniche’ [virgolette nostre] può anche sollevare questioni di ideologia relative allo schema sociale della soggettività in conseguenza delle mutevoli circostanze politiche ed economiche . 122 121 “If musemes do exist as minimal units of musical ‘code’, then each one must be a culturally specific musical structure, named or unnamed, that different members of the same musicmaking community can consistently identify and produce; it must also be recognisable as having a consistently similar function when heard by different members of the same general music culture to which the musicians producing that structure also belong.” Tagg. 2004. Op. cit. 122 “[...] musicology, though terminologically wellequipped to deal with most aspects of tertial tonality, is poorly prepared for the analysis of musical timbre and the subtleties of rhythmicdynamic articulation. The development of models able to fill these and other methodological lacunae is unfortunately an issue well beyond the scope of this article. Despite the problems just mentioned, it is possible, using the sort of approach sketched above, to demonstrate some important aspects of musical semiosis in our culture. Not only can such an approach contribute to the development of musicological method: by highlighting musicogenic categories of meaning it can also raise issues of ideology relating to the social patterning of subjectivity under changing political and economic circumstances”. Tagg, 2004. Op.cit.
Il concetto di identità sviluppato nei paragrafi precedenti sarà la chiave per cercare di individuare una serie di risposte possibili a questi interrogativi. Identità come identificazione, ricerca dell’identico, dell’uguale, costruzione del sé individuale attraverso l’appartenenza (o la necessità di appartenere) a un gruppo. Identificazione degli elementi che costituiscono le differenze e le linee divisorie rispetto agli “altri”, rifiuto o accettazione dell’alterità. L’identità, in termini culturali, sarà considerata in quanto processo storico e dinamico di costruzione permanente, tensione tra conservazione e rinnovamento degli elementi che la costituiscono, sia nella dimensione temporalestorica che in quella territorialegeografica.
In questa molteplice visione delle complessità che circondano il fenomeno cinema, se guardiamo al suo interno troviamo, nell’analisi della sua costruzione, nell’insieme degli elementi che compongono il prodotto finale, le due grandi componenti che definiscono appunto la sua caratteristica audiovisiva: l’immagine e il suono. E dentro il suono, la musica, un testo dentro un altro e dentro un altro testo ancora. Se molte analisi cinematografiche si sono permesse di ovviare gli aspetti musicali e sonori, focalizzandosi sulla narrativa e sull’immagine, questo non è più oramai possibile, quantomeno dopo le teorizzazioni di Michel Chion e la creazione di un campo di studi specifico, dovuta a una congiunzione di fattori che maturano la necessità di osservareascoltare la dimensione del sonoro con una nuova profondità, al meno a partire dall’avvento del sonoro e lo sviluppo tecnologico che ha permesso il raffinamento delle possibilità di utilizzo degli elementi sonori, mediante la registrazione, il missaggio e la riproduzione ad alta fedeltà, generando nuovi strati contenenti sempre maggiore spessore di contenuti.
3.2 Approcci concentrici, inquadrature sfasate
La scelta di osservare il problema dell’identità culturale attraverso il cinema e la musica, e particolarmente attraverso la presenza della musica nel cinema, parte dal presupposto della inesauribilità della questione. A partire dalla presa di coscienza di un inevitabile impossibilità di esaustività, si è presa la decisione di avvicinarsi all’oggetto da diverse prospettive, da diverse distanze, e con differenti “inquadrature” ci si conceda la metafora fotografica in modo da offrire la possibilità di sommare interpretazioni, letture, visioni e “ascolti” differenziati e complementari.
I tre capitoli della tesi affrontano il rapporto musica/cinema nel Rio de la Plata da angolature diverse. Il nostro approccio segue la traiettoria indicata da Hamid Nacify nel suo studio sulla cinematografia della diaspora e l’esilio:
In alcuni casi le sezioni [del libro] mettono a fuoco una formazione filmica collettiva, esaminando meno i film specifici che l’emergenza, evoluzione e impatto delle linee offerte da quelle formazioni. [In altri casi] l’attenzione posta sulla specificità e la collocazione di ogni regista [...] è un’importante salvaguardia dalla tentazione di cadere nel discorso turistico postmoderno che pretende postulare un onnicomprensivo cinema dell’esilio o della diaspora, o un omogeneo accented cinema. 123
Non esistono omogeneità culturali ma tratti distintivi che permettono di configurare conclusioni parziali a una serie di domande che ci siamo posti come punto di partenza della ricerca:
È possibile identificare dei comportamenti culturali comuni di fronte al “nuovo” in un dato contesto, assai vasto e complesso, ma dalle radici condivise? 123 “Sometimes the sections focus on a collective filming formation, examining less the specific films than the emergence, evolution, and impact of lines offerees on those formations [...]. Attention to the specificity and situatedness of each displaced filmmaker, community, or formation is an important safeguard against the temptation to engage in postmodernist discursive tourism or the positing of an allencompassing grand Exile or great Diaspora, or a homogeneous Accented Cinema.” Naficy, Hamid. 2001. An Accented Cinema: Exilic and Diasporic Filmmaking . Princeton: Princeton University Press. Pag. 9.