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Identità come processo dinamico

2.  Il problema dell’Identità Culturale in contesti periferici

2.2.  Identità come processo dinamico

danza a Parigi.  48

 

Definire quindi la cultura come l’insieme delle conquiste materiali e spirituali di        una comunità implica asserire che non esiste una cultura universale, bensì che ogni        comunità possiede una propria cultura. Da questo deriva la necessità di concentrarsi,        quindi, sul concetto di identità.  

 

2.2. Identità come processo dinamico     

Il concetto di  identità viene di solito definito a partire dall’appartenenza o dalla        differenza. In questo senso è un concetto polivalente che può definire quello che ci        unisce, ma anche quello che ci separa. La definizione a partire dall’appartenenza        implica il riconoscimento di certe manifestazioni in altre persone che coincidono con        le mie, e pertanto mi fanno sentire parte di quel gruppo. Tutto ciò che ci identifica, ci        rende “identici” in qualche misura e in determinati modi, ad altri soggetti con i quali ci        identifichiamo in alcuni aspetti particolari, ma, nello stesso tempo, quegli stessi        elementi ci differenziano da altri soggetti che considereremo quindi i “diversi”.  

 

L’identità culturale potrebbe, quindi, essere definita dal radicarsi di un        determinato senso di appartenenza, a partire dalle produzioni materiali e spirituali        realizzate da una comunità in maniera differente rispetto a un’altra. 

 

Come complemento del concetto d’identità, la  differenza è legata al concetto        dell’ altro e pone il problema dell’alterità almeno a due livelli, la dimensione        individuale e la dimensione sociale: riconosco me stesso come individuo in quanto        sono e intendo essere diverso rispetto a un’altro individuo; in modo similare, se una       

48 Questo processo si produsse nei primi decenni del secolo XX, anni in cui era abituale per le famiglie 

aristocratiche argentine trascorrere soggiorni di svago a Parigi. La questione delle origini del tango verrà  affrontata nel capitolo 2. 

comunità si differenzia da un’altra comunità, nella stessa misura lo faranno le loro        culture. 

 

Questo comporta il pericolo di privilegiare i fattori di separazione rispetto agli        elementi unificatori. L’esacerbazione delle differenze può comportare risultati terribili,        come di fatto è dimostrato dalla storia. Anche in questo caso la musica appare come        uno spazio di mediazione privilegiato per osservare la proiezione di conflitti, come        segnala  Magdalena  Waligorska,  nell’introduzione  della  raccolta  di  saggi  significativamente titolata  Musica, Essere ed Appartenenza: Articolazioni del Sé e                    dell’Altro nel campo musicale : 

 

[...] la musica è forse il ‘medium’ più comunemente strumentalizzato al servizio delle grandi        narrative che sostengono le identità collettive. Nonostante ciò, questa abilità di convocare        l’emozione umana è una spada a doppio filo. L’esperienza musicale può promuovere un senso        di appartenenza e rinforzare i confini tra i gruppi sociali. Essa può anche alimentare        disaffezione e creare spazi di alterità.  49

 

Questo problema, peraltro grave, può essere osservato, in realtà, anche in        un’ottica diversa, a partire dalla possibilità di riconoscere un rapporto di tipo dialettico        tra quello che ci unisce e quello che ci separa. Possiamo così vedere la dialettica        dell’identità come un processo definito permanentemente nelle interazioni che si        stabiliscono fra l’appartenenza e la differenza. L’una è parte dell’altra, e non possono        essere separate. Il concetto di narratività viene proposto come strumento interpretativo        dell’esperienza musicale:    49 “[...] music is perhaps the medium most commonly instrumentalised in the service of the grand narratives that  underpin collective identities. However, its ability to evoke human emotion is a double­edged sword. Musical  experience can promote a sense of belonging and reinforce boundaries between social groups. It can also feed  disaffection and create spaces of alterity.”  Waligórska, Magdalena. 2013.  Music, Longing and Belonging: Articulations of the Self and the Other in the  Musical Realm . Newcastle upon Tyne: Cambridge Scholars. Pag.1.   

[La musica] costruisce il nostro senso dell’identità attraverso le esperienze dirette che offre il        corpo, il tempo e la sociabilità, esperienze che ci permettono di collocare noi stessi in        narrazioni culturali immaginarie.   50

 

Il concetto di narratività, applicato alla dimensione dinamica dei processi        culturali, permette di superare le concezioni statiche dell’identità mediante le        articolazioni, mediazioni e negoziazioni identitarie:       

 

Il fatto che l’esperienza musicale da un lato codifichi queste ‘narrazioni culturali immaginarie’        e dall’altro ci fornisca l’opportunità di attuare le nostre identità sociali in pubblico rende la        musica un mezzo particolarmente potente di negoziazione dell’identità [...]   51

 

Se intendiamo, quindi, la cultura come un fenomeno dinamico, in quanto le        comunità producono incessantemente nuove realizzazioni materiali e spirituali, la        definizione proposta di “identità culturale” corrisponderà a una visione dialettica della        realtà, nella quale si prende come punto di partenza l’assunzione del fatto che, nel        tessuto sociale, tutto quanto è in movimento e in permanente trasformazione.  

 

Se la cultura è un processo, lo sarà anche l’identità culturale, un processo non        statico ma di ricerca e costruzione continua, nel quale non si raggiunge uno stato fisso        ma si assiste a una mobilità permanente. In questa visione dialettica della cultura,        l’identità non sarebbe quindi qualcosa di fermo e invariabile, bensì un processo in        costruzione quotidiana. Quello che oggi può apparire estraneo all’identità di una        comunità, potrebbe essere parte di essa tra, diciamo, cent’anni, in funzione di variabili        imprevedibili, complesse e incrociate.     50 “[...] constructs our sense of identity through the direct experiences it offers the body, time and sociability,  experiences which enable us to place ourselves in imaginary cultural narratives”.  Frith, Simon. 2007.  Taking popular music seriously: selected essays . Aldershot: Ashgate. Pag.124.    51 “The fact that musical experience both encodes these “imaginary cultural narratives” and provides us with  opportunities to perform our social identities in public renders music a particularly powerful medium of identity  negotiation”  Waligórska, Op.cit. Pag.2 

Per citare un esempio nel campo musicale, l’impostazione della voce nel canto        lirico nacque come una necessità di funzionalità acustica; con l’avvento        dell’amplificazione quella necessità viene meno, e cambia l’impostazione vocale nella        musica leggera, ma si mantiene nei teatri d’opera, diventando così un segno d’identità        stilistico, ma non soltanto: identifichiamo quel modo di cantare con tutto un mondo di        significati associati a un genere musicale, un momento storico, una geografia, una        classe sociale che frequenta maggioritariamente i teatri operistici, etc. Un altro        esempio locale, di caratteristiche similari visto che riguarda anch’esso l’impostazione        vocale, ma nell’ambito del carnevale uruguaiano, è quello dei cori popolari della        “murga”, dal timbro assai particolare, sorto dalla necessità di cantare in scenari all’aria        aperta, e divenuto un marchio di stile fortemente associato all’identità popolare        montevideana.  52

 

Dal momento in cui accettiamo l’idea che l’identità culturale si costruisce        quotidianamente, possiamo osservare che il processo è permanentemente soggetto ad        alti gradi di esposizione, in modo tale da ricevere le più svariate influenze. Questo        fenomeno si è sempre verificato, anche prima dell’attuale fenomeno della        globalizzazione. Uno dei fattori che probabilmente è cambiato sono i tempi di        diffusione e dispersione, ma non necessariamente quelli di assimilazione.   53

 

Come abbiamo già riferito a modo d’esempio, l’accettazione del tango da parte        delle borghesie del Rio de la Plata, avviene una volta che questo ebbe successo a Parigi       

, nei primi decenni del Novecento. La diffusione all’epoca non era accelerata dalla       

54

tecnologia. Nel caso più recente del Rock, il processo di legittimazione avviene a un        altro livello, la cui dinamica si svolge attorno ad un asse di discorso dialettico diverso,       

52 Nel capitolo sull’Uruguay verrà sviluppata questa particolare manifestazione culturale.    53 Aharonián. 2000. Op.cit.    54 “ Although tango originated in the Río de la Plata region (ca. 1880), it was only after it achieved success in the  main capitals of the world (ca. 1911­1913 and again after World War I) that it gained full popularity in its  original setting.” Savigliano, Marta. 2018.  Tango And The Political Economy Of Passion . London: Routledge.  Pag.11.    

quello generazionale , nel quale entrano in gioco altri fattori. Infatti, il fattore  55        generazionale si è rivelato come il fulcro delle dinamiche più frequenti di dibattito        culturale intorno all'apparizione di nuovi generi musicali, unita alla questione di classe        declinata di volta in volta in base al contesto di provenienza ­ questione che già si        poteva intuire nell'accettazione del tango. 

 

Se ci poniamo la domanda riguardo le basi sulle quali si costruisce il processo        dell’identità, possiamo affermare che le comunità basano sempre la loro identità        intorno a più di un elemento, anche se possono emergere, all’interno di quella        molteplicità, diversi tipi di priorità in determinati momenti storici. Tra le        manifestazioni della cultura che permettono lo sviluppo del senso di appartenenza a        una comunità, o un sottogruppo al suo interno, possiamo enumerare elementi assai        diversi che includono i rapporti economici, le associazioni professionali, le credenze,        l’idioma, la definizione ed i cambiamenti delle frontiere nazionali, le mode        nell’abbigliamento, la musica, etc. Nel corso della storia l’identità sembra essersi        costruita attorno a tali elementi, ciononostante appaiono periodicamente altri fattori        che conformano con diversi gradi d’intensità delle nuove identità, come ad esempio i        fondamentalismi religiosi o, più recentemente, la questione di genere e la sessualità:        “la cultura si acquisisce in una determinata società e, quindi, cambia col mutare della        stessa e varia da società a società”.  56

 

Possiamo anche affermare che un individuo costruisce la sua identità sulla base        della mediazione tra elementi che, a priori, appartengono a comunità diverse. Risulta        pertinente segnalare, nondimeno, che, come segnala Benedict Anderson , la comunità      57      è qualcosa di “immaginato”, poiché ogni singolo membro assume l’esistenza di un       

55 Si veda: Baroni, Mario, e Franco Nanni. 1989.  Crescere con il rock: l’educazione musicale nella società dei  mass­media . Bologna: Clueb. Pag.136 e segg.    56 Crespi. Op.cit. Pag.31.    57 Anderson, Benedict Richard O’Gorman., Marco D’Eramo, e Marco Vignale. 1996.  Comunità immaginate :  origini e diffusione dei nazionalismi . Roma: Manifestolibri.   

insieme di persone che appartengono a quella comunità senza conoscerle tutte e        ciascuna di esse: 

 

È immaginata in quanto gli abitanti della più piccola nazione non conosceranno mai la        maggior parte dei loro compatrioti, né li incontreranno, né ne sentiranno mai parlare, eppure        nella mente di ognuno vive l’immagine del loro essere comunità.   58

 

A sostegno di quest’affermazione, Anderson cita a sua volta Seton­Watson:   

Tutto quello che posso dire è che una nazione esiste quando un numero significativo di        persone all’interno di una comunità si considera come costituente una nazione, o agisce come        se ne avesse costituita una.  59

 

Il riconoscimento della permanente mobilità degli elementi che generano la        cultura, e sui quali si costruisce l’identità, è importante per capire e superare le        concezioni operanti in maniera divergente che intendono l’identità culturale come        qualcosa di permanente, statico, fisso, degno di conservazione in un museo. Potremmo        affermare, seguendo tale principio, che una cultura diventa statica quando la comunità        che l’ha prodotta è scomparsa, ma persino questa affermazione risulta contestabile        dalle conseguenze delle ricerche storiche, che possono mettere in evidenza aspetti        sconosciuti o marginali di culture o fenomeni ormai scomparsi, producendo processi        variegati che vanno, ad esempio, dal  revival , ai casi di ri­significazioni, e riscoperte. In        anni recenti, ad esempio, si è assistito in Uruguay alla rivendicazione della        sopravvivenza culturale  Charrúa , a partire da posizioni ideologiche legate alla difesa    60        dei diritti umani, da un lato, e alla ricerca di valori filosofici legati all’ecologia, al di        fuori del sistema economico consumista, alla ricerca di un contatto più stretto con la        natura, etc. Questi tentativi di riscrittura storica in chiave revival sono stati comunque       

58  Ibid . Pag.25.     59 Seton­Watson, Hugh. 1977.  Nations and States: An Enquiry Into the Origins of Nations and the Politics of  Nationalism . London: Methuen. Pag. 5:     60 Cfr.: López Mazz. Op. cit.   

oggetto di polemiche. Ma in questi processi dinamici, persino gli aspetti che        potrebbero considerarsi apparentemente più alienanti, nel senso letterale di  alieni ,        esterni a una data comunità, possono finire per formare parte della sua identità, nella        misura in cui è la cultura di quella comunità, o una parte di essa, ad accettare o causare        la loro inclusione.  61

Tenendo conto di questi presupposti, possiamo pensare che, a conseguenza        dell’introduzione di determinati elementi, una cultura ­ e quindi un’identità culturale ­        può essere fortemente modificata dall’esterno, e questo potrebbe verificarsi in alcuni        casi contro la volontà della comunità, in altri in modo consenziente, e in altri ancora        con la compiacente ignoranza di tali trasformazioni da parte delle diverse componenti        che la formano. 

Di fronte a questa problematica si possono configurare diverse posizioni e        atteggiamenti da parte delle molteplici forze che interagiscono sul campo della        costruzione identitaria: le politiche ufficiali, il mercato, i produttori di oggetti simbolici        ­ siano essi considerati “artisti” o semplici intrattenitori ­, tutti risultano responsabili,        in qualche modo, e in diversa misura, delle dinamiche messe in gioco dalle quali        scaturiscono i processi e i risultati nei termini delle trasformazioni osservabili sulle        diverse identità coesistenti e il loro divenire. 

Le valutazioni che entrano in gioco a questo punto implicano una presa di        posizione rispetto agli interessi particolari e i rapporti che si stabiliscono tra il campo        culturale e quello economico, politico, sociale. In questo senso, possiamo osservare        l’esistenza di opposti paradigmi: da una parte coloro che intendono necessaria per i        membri di una comunità la costruzione di una identità propria e specifica e mettono in        rilievo l’importanza di contare con gli strumenti per la sua affermazione; dall’altra, i        meccanismi di mercato per cui la massificazione dei potenziali consumatori di un        prodotto unico richiede l’omogeneizzazione delle identità particolari, in quanto la        diversità culturale si costituisce in questo caso come un ostacolo economico.      62 

61 Si pensi ad esempio al fast food o ai “Shopping Center”. 

 

62 “Ogni produttore sa che è assai più conveniente vendere un milione di dischi dello stesso cantante piuttosto 

che centomila dischi ciascuno per dieci cantanti diversi [...]”. Baroni e Nanni. Op.cit. Pag. 20.    

Paradossalmente questa strategia della massificazione è accompagnata dal discorso        ideologico dell’individualismo: l’esacerbazione dell’individualità, la convinzione ­        funzionale agli interessi di una certa visione del mondo ­ di non avere necessità di        elementi identificatori in quanto comunità, cioè che sia sufficiente l’ io individuale. In        questa direzione sembrano agire alcuni processi di cambiamento all’interno della        cultura di massa, come ad esempio la supposizione che il prodotto finale possa        assumere sempre di più le caratteristiche adeguate al consumatore finale, e non sia        semplicemente il risultato di una catena di produzione predeterminata della quale il        singolo individuo è appena l’ultimo anello.  63

 

2.3. Cultura, identità, colonialismo   

Se mettiamo a confronto la questione dell’identità culturale da un lato, e        dall’altro le conseguenze economiche derivate dai rapporti storici di dipendenza        coloniali e neo­coloniali    64  (e le più recenti riletture postcoloniali dei fenomeni        culturali) possiamo osservare che la presa di coscienza riguardo il problema sociale di        soddisfare tutte le necessità umane ­ non soltanto quelle materiali, ma anche quelle        intellettuali ­ e l’individuazione dei legami esistenti tra le diverse necessità, non è        sempre un dato di fatto. In contesti sociali fortemente colpiti da carenze essenziali,        l’importanza di fattori quali l’educazione, per esempio, non è necessariamente        associata dalle politiche ufficiali (sia “neoliberiste” che “progressiste”), alle necessità        di tipo estetico che configurano una vita umanamente degna. Si continua a pensare        l’educazione in termini strumentali legati esclusivamente alla materialità, allo sbocco        nel mondo del lavoro, senza dubbio importante, ma si trascurano i componenti della        formazione sensibile delle persone e non si pensa alle conseguenze a lungo termine di        tali carenze sui tessuti sociali.    63 Cfr.: Castells, Manuel. 2006.  La era de la información: economía, sociedad y cultura . México: Siglo  Veintiuno.    64 Si vedano in proposito: Beasley­Murray. Op.cit.   Young, Robert J. C. 2001.  Postcolonialism: An Historical Introduction . Oxford: Blackwell.