• Non ci sono risultati.

Surrealismo magico e “tanghedia” Riformulazione dei codici del “musical”

2 Piazzolla e il tango

5.   Tangos ­ El exilio de Gardel (1985) 

5.2.  Surrealismo magico e “tanghedia” Riformulazione dei codici del “musical”

partire da certi frammenti in Tangos. L'esilio stesso è doppio in questo film, perché è sinonimo        di marginalizzazione dell'identità culturale argentina; Per questo motivo, Gardel è in esilio e,        allo stesso tempo, viene riutilizzata la nozione di esilio politico che ha colpito un gruppo        specifico della popolazione argentina.  270

 

In questo modo, le figure duplicate sono trasformate in deittici del paese in cui        abitano gli esiliati e il paese di origine. L’esilio viene presentato come “un ponte tra la        geografia e la storia”.  271

    

5.2. Surrealismo magico e “tanghedia”. Riformulazione dei codici del “musical”   

In alcuni aspetti questo “film musicale” si potrebbe inquadrare nel genere del       

musical , ma certamente non affatto nei modelli più standardizzati dei quali comunque,        se ne trovano alcine interessanti tracce. 

 

Nel attraversamento dei limiti e il missaggio di elementi del  musical e il melodramma, la        tragedia e la commedia, narratività e non­narratività, finzione e non­finzione, realismo e        surrealismo, personale e nazionale [questo film] può essere categorizzato come un ibrido [...]       

  

272

 

Questa costante dualità è anche messa in gioco da Solanas nell’utilizzo delle        musiche realizzate dai due compositori ingaggiati per comporre la colonna sonora. Il        processo di musicalizzazione di questo film riveste alcune particolarità in qualche        modo vincolate alle condizioni oggettive in cui fu prodotto, in situazione d’esilio.  270 “Esta sería una de las interpretaciones posibles para ex  plicar la construcción de personajes a partir de ciertos  fragmentos en Tangos. El exilio mismo es doble en este filme, porque es sinónimo de marginación de la  identidad cultural argentina; por eso, Gardel se encuentra en el exilio y, al mismo tiempo, se reutiliza la noción  de exilio político que afectó a un grupo específico de la población argentina”. Rodriguez Marino. Op. cit. Pag  103.  271  Ibid . Pag.104.    272 “  in their crossing of the boundaries and the mixing of elements of musical and melodrama, tragedy  and comedy, narrative and nonnarrative, fictional and nonfictional, realism and surrealism, personal  and national, may be categorized as hybrid films [...] ”. Naficy. Op cit. Pag.296. 

Solanas sceglie di lavorare con due musicisti: da una parte Piazzolla ­ in        permanente tournée, nel suo periodo di maggiore fama internazionale ­ fu incaricato di        comporre le musiche strumentali originali con delle indicazioni precise sul carattere        psicologico che ogni pezzo doveva avere e, dall’altra il compositore José Luis        Castiñeira de Dios (anch’egli in esilio a Parigi) fu incaricato da Solanas di comporre        una serie di “tanghi del futuro” il cui significato doveva trasmettere “la sensibilità dei        giovani figli degli esiliati nei riguardi della nostalgia esagerata dei genitori”.  273

 

La sintonia tra il regista e Piazzolla fu immediata , mentre dall’altro lato non      274          fu facile per Castiñeira de Dios trovare il tono adatto per le canzoni. La sceneggiatura        originale di Solanas era, secondo Castiñeira, estremamente anarchica. Il compositore        propose una serie di musiche che Solanas rifiutò: durante varie settimane Castiñeira        compone, registra e produce tanghi interpretati da musicisti e cantanti di primo livello,        ma il risultato non riesce a comunicare ciò che Solanas intende trasmettere.  

 

È interessante notare in questo punto come l’utilizzo del tango doveva svolgere,        nell’intenzione di Solanas, una funzione sottilmente definita nel limite tra        identificazione nostalgica e risignificazione. I figli degli esiliati, cresciuti all’estero,        costruiscono un rapporto ambiguo tra passato e presente, non condividono pienamente        il desiderio del ritorno in patria dei genitori, e nemmeno i simboli della nostalgia        rappresentano la loro realtà, mentre vivono quotidianamente la necessità di integrarsi e        appartenere al contesto che abitano, nel quale si evolvono verso il futuro.     273 Intervista personale a Fernando Solanas, Montevideo, marzo 2018.    274 Nell’intervista realizzata a Fernando Solanas per questa tesi, il regista racconta il seguente aneddoto: “...Astor  era in tournée in Europa con il quintetto, e allora sono andato a trovarlo in Belgio, gli parlai del film e gli diedi  degli appunti in un foglio di carta; prenotammo studio di registrazione per il giorno dopo il loro concerto, e  all’uscita del teatro mi disse che aveva già tutte le musiche pronte e scritte; andammo a cena con i musicisti e mi  sentivo preoccupato dal fatto che diventava tardi, tutti bevevano vino, ed il giorno seguente si doveva andare a  registrare presto [...] alle 8 del mattino telefonai nel suo albergo e mi dissero che Astor era già uscito [...] mi  sono recato in studio ed erano già lì a suonare [...] insomma...alle 16 era tutto registrato e cominciammo a  missare [...] alle sei avevo 40 minuti di musiche originali di Piazzolla pronte per il montaggio...     

Per rappresentare questa complessità, la soluzione adottata da Solanas parte        dalla ricerca di elementi nel discorso musicale che possano puntare, alternativamente,        a due obiettivi: essere da una parte riferimento preciso dell’identità originaria, e        proiettare contemporaneamente la possibilità di costruire una nuova identità.  

 

La musica traduce questa dualità implicitamente, in parallelo all’enunciazione        del conflitto sul piano narrativo. Il contrappunto tra Castiñeira e Piazzolla avviene a        distanza ed è mediato dall’intervento di Solanas al momento del montaggio.  

 

Nello specifico musicale la presenza dei brani di Piazzolla, utilizzati        diegeticamente come la musica dello spettacolo in gestazione, apporta la serietà e la        profondità necessarie per fare da contrappeso all’apparente leggerezza e all’ironia        delle canzonette cantate dai protagonisti più giovani della storia. In questo senso        possiamo affermare che, di tutte le possibili definizioni che caratterizzano la musica di        Piazzolla, in nessun caso potremmo parlare di superficialità o frivolezza.  

 

Al di là della forte carica identitaria che rappresenta il tango piazzolliano, che        era divenuto già negli anni Ottanta una specie di marchio nazionale, ci troviamo qui di        fronte a una funzione molto più importante: quella di mantenere l’equilibrio        indispensabile di cui necessita la proposta estetica ­ ma anche filosofica e        metodologica ­ di Solanas, per non cadere semplicemente nell’assurdo o nel ridicolo.   275

 

In questo modo viene anche giustificato l’uso intenzionale di elementi ad alto        rischio, quali il grottesco e il patetico, che restano così collocati come strumenti utili a        eludere il discorso politico altisonante o quello lamentoso dell’esilio, una       

275 D’altronde, in questo caso, è opportuno chiedersi se la funzione referenziale del tango sia in grado di operare  efficientemente in rapporto a un pubblico destinatario che non condivide i codici che permettono  quell’identificazione lineare. Questo film si rivolge agli argentini in primo luogo (fu visto da un milione di  spettatori in Argentina) ma in qualche modo fu anche capito, compreso ­ e premiato ­ a livello internazionale, a  conferma del fatto che il cinema diasporico (o  accented ) è tanto locale quanto globale.    

preoccupazione costante di Solanas: “trovare il tono adatto per riferirsi alla situazione        di fondo nella quale è inserita la vicenda, dalle dimensioni profondamente tragiche”.   276

 

Nello sviluppo del racconto, ogni qualvolta il tono ironico utilizzato sembra        dare luogo alla sensazione che non si stia prendendo sul serio la tragica problematica        che sta alle radici e alle origini delle “piccole storie” che attraversano i personaggi        (all’ombra della Grande Storia della quale sono vittime), appare in scena la musica        “seria” di Piazzolla a ricordarci che “non c’è tanto da ridere”, come viene detto a un        certo punto proprio da un personaggio in scena. Siamo esposti, in questi casi, a una        musica che contiene tutti gli elementi capaci di produrre uno strappo emozionale, ma        non un sorriso; sono infatti proprio questi i tratti salienti del tango piazzolliano: gli        ostinati ritmici che possono trasmettere uno stato di agitazione interiore che conduce al        movimento frenetico, contrastati da momenti di ampio lirismo melodico capaci di        toccare il fondo della malinconia. Le melodie che vengono ripetute in modo insistente,        ricalcando gli accenti e reiterando i disegni melodici attraverso modulazioni armoniche        ascendenti, che sembrano riaffermare il dolore mediante la ricerca del limite, raggiunto        il quale arriverà la risoluzione ­ in termini musicali, ma non solo ­ che offrirà la        possibilità di trovare la via d’uscita dal trauma, in modo simile alla sensazione        psicologica che produce l’esaurimento in sé stesso del pianto più disperato: esaurite le        lacrime, e in qualche modo compiuta la catarsi, ci si riprende sollevati a camminare,        respirare, aprire gli occhi, e continuare.  

Queste strutture musicali e psicologiche, raggiunte mediante l’accumulazione di        tensione ritmica, seguita dall’accumulazione di tensione melodica, e concluse nella        risoluzione che dà luogo alla ripetizione del ciclo, sono in grado di configurare        fermamente uno dei pilastri sui quali poggia il racconto nella sua dimensione tragica,        in modo talmente solido da sopportare la rischiosa fragilità discorsiva del linguaggio        musicale “leggero” al quale per assurdo si contrappone.  

 

I contrasti prodotti da questi punti di incontro­scontro, interni alla musica di        Piazzolla, sono una dimensione del contrasto più generale che si produce con le altre        musiche messe in scena, producendo dei cambiamenti gestuali, dei giri che        all’improvviso frantumano il racconto: ci sarebbe da piangere, ma viene da ridere, ma        non c’è niente di comico, bensì di assurdo e grottesco, di surreale, e quindi né si ride,        né si piange, ci si contiene, sull’orlo dell’abisso della tragedia onnipresente sul piano        della realtà (la persecuzione, le torture, le sparizioni forzate).  

Questa contenzione, indotta e proiettata sullo spettatore, ma vissuta anche dai        personaggi sullo schermo, intende rappresentare l’idea che sia questo l’unico modo        possibile di andare avanti: avere un obiettivo, magari piccolo, anche ridicolo ­ come        può essere il montaggio della  tanghedia ­ ma tangibile, apparentemente a portata di                mano, anche se nei fatti, sistematicamente, le difficoltà lo rendono irraggiungibile: una        metafora dell’utopia. 

Le due linee musicali parallele e antitetiche, rappresentate dalle canzonette dei        ragazzi da un lato, e da Piazzolla e il tango dall’altro, costituiscono un dialogo        invisibile che contribuisce alla costruzione del discorso nel quale sono inserite. Nello        stesso tempo, esse configurano i limiti laterali di un percorso obbligato.  

 

6.  Sur  (1988) 

 

La prima condizione della "tanguedia" era quella di trasgredire e mescolare costantemente        generi e linguaggi. Questa intenzione di rompere sistemi; di mescolare le carte, i codici e le        immagini, l’avevo già da [l’epoca dei film]  L'ora … [ La hora de los hornos, L’ora dei forni,                      1968 ] o  I figli... [ Los hijos de Fierro, I figli di Fierro,  1975], ma ora l'elemento musicale era                              così essenziale che faceva parte della struttura stessa. Ecco perché  Sur è la contropartita e la        continuazione della "tanguedia", in una concezione più drammatica e intima, in cui anche la        musica ha un ruolo da protagonista.”   277 277  “La primera condición de la ‘tanguedia’ era la de transgredir y mezclar constantemente los gé  neros y los  lenguajes. Esta intención de romper sistemas; de mezclar cartas; claves e imágenes ya me venía desde  La hora ...  o  Los hijos ..., pero ahora el elemento musical era tan esencial que formaba parte de la estructura misma. Por eso  es que  Sur  es contrapartida y continuación de la ‘tanguedia’, en una concepción más dramática e intimista, donde  la música, también juega un rol protagónico” Solanas y González. Op.cit. Pag. 177.   

6.1. Iconicità sonora del tango.   

Questo secondo film di Solanas sulla dittatura è inteso come complemento del        precedente e punta a rappresentare quella che è stata denominata l’altra faccia        dell’esilio, ovvero l’esilio interno, o anche il “insilio”, vale a dire la vita che furono        costretti a vivere coloro che rimasero in Argentina durante gli anni del governo        militare. La vicenda si svolge durante la notte in cui viene liberato dal carcere      278   il protagonista principale, di nome Floreal, un prigioniero politico che in realtà non        aveva avuto una militanza politica di rilievo, ma appena una minima partecipazione        sindacale, motivo sufficiente per essere incarcerato negli anni della repressione. In        questo modo Solanas pone al centro del racconto non un eroe ma una persona        semplice, con le contraddizioni proprie della sua generazione tra il compromesso e le        paure, i dubbi, a livello personale e politico, il maschilismo, l’amore e gli ideali di        solidarietà non sempre compatibili con la realtà. Il titolo del film è anche quello del        tango­canzone che apre la scena, in uno spazio visivo notturno e desolato, abitato        sonoramente dal vento, sul quale irrompe il fischio­sirena di un treno che anticipa        l’inizio del brano musicale la cui prima nota è eseguita da un bandoneón, segnando in        questo modo stilisticamente l’ambito in cui si svolgerà la storia. La canzone “Sur” è        suonata in mezzo alla strada da un quartetto tipico ­ formato da bandoneón,        contrabbasso, chitarra e violino ­ e cantata da Roberto Goyeneche, figura emblematica        del tango.   

 

Solanas utilizza l’unità temporale del percorso notturno dal carcere alla casa        dove il protagonista è atteso dalla sua compagna. Egli ha paura di tornare e allunga il        percorso, a piedi, in un viaggio attraverso la memoria nel quale viene ricostruita la        storia pregressa di tutti i personaggi mediante continui flashback e ritorni a un presente        sospeso tra realtà, incubi e ricordi. La narrazione avviene mediante l’incontro        immaginario con uno dei suoi compagni, ucciso dai paramilitari in un’imboscata       

278 “La notte più desiderata, la più temuta”, si sente dire da una voce in off che, come sapremo più tardi,