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Produzione e mercato Arte o consumo

2.  Il problema dell’Identità Culturale in contesti periferici

2.6.  Produzione e mercato Arte o consumo

Questa affermazione dell’uruguayano Rubén Olivera nel suo libro  Sonidos y

         

Silencios , ci rimanda al concetto coniato nel 1928 dal brasiliano Oswald de Andrade      92  nel suo celebre “Manifesto Antropófago”       93 : la  antropofagia culturale , vale a dire          l’assimilazione simbolica della cultura occidentale che porta con sé il conquistatore,        assimilazione espressa mediante la metafora del cannibalismo, come rituale che        incorpora l’alterità nella cultura (in questo caso brasiliana, ma applicabile in termini        generali all’America Latina).  

 

2.6. Produzione e mercato. Arte o consumo   

Un altro asse lungo il quale si distribuiscono gli oggetti culturali riguarda i        concetti riguardanti l’artisticità o la loro condizione di merci o  commodities . Per        analizzare adeguatamente le produzioni cinematografiche e musicali oggetto di questo        lavoro, è necessario osservare i termini in cui si sviluppa il rapporto tra produzione e        consumo anche dal punto di vista dei discorsi dei propri creatori. Il regista e teorico        Octavio Getino (partner di Solanas nell’elaborazione del manifesto del nuovo cinema        argentino) afferma:  

 

[...] la concezione industrialista che colloca il cinema innanzitutto come fatto economico,        materiale e commerciale, traduce anche una forma di ideologia, di cultura e di morale: quella        che suppone l’uomo quale mero oggetto di lucro, limitandosi a misurare i risultati di un film        dalle cifre somministrate dal botteghino .94    92 Oswald de Andrade. (1890­1954) Poeta brasiliano, fondatore del modernismo brasiliano.    93 «Manifesto Antropófago». 2018.  ENCICLOPÉDIA Itaú Cultural de Arte e Cultura Brasileiras . São Paulo:  Itaú Cultural.    94 “[...] la concepción industrialista que ubica al cine antes que nada como hecho económico, material y  comercial, traduce también una forma de ideología, de cultura y de moral: aquella que supone al hombre mero  objeto de lucro, limitándose a medir los resultados de una película por las cifras suministradas en la boleterías.”  Getino, op cit. Pag. 135.   

In modo complementare alla prospettiva degli Studi Culturali, Lawrence        Grossberg sottolinea l’importanza del contesto:       

 

Qualsiasi pratica (inclusi i testi) non esiste al margine delle forze e delle relazioni del contesto        che la costituisce così come è. Risulta ovvio che il contesto non consiste in un semplice        ‘paesaggio di fondo’, bensì nelle condizioni idonee che possibilitano l’esistenza di qualsiasi        cosa.  95

 

E il contesto nel quale il cinema esiste è senza dubbio, come segnala Edgar        Morin,  inquadrato nelle logiche della produzione industriale: 

 

[...] la grande nuova arte,  arte industriale [corsivo nostro], qual’è il cinema, ha istituito una              rigorosa divisione del lavoro analoga a quella che viene gestita in una fabbrica dall’entrata        della materia prima fino all’uscita del prodotto finito [...]     96

 

Assumere la nozione di “arte industriale” pone dei problemi concettuali che,        nello stesso tempo, risolve. Consideriamo come possibile punto di partenza una doppia        concezione del rapporto che si stabilisce tra una determinata realtà sociale, economica        e culturale da un lato e, dall’altro, la produzione culturale (in questo caso artistica:        musicale o filmica) che si realizza in quello stesso contesto e situazione geografica e        temporale. In questo senso consideriamo che lo schermo può operare, in parte, come        uno specchio nel quale il pubblico può scegliere di riflettersi e riconoscersi come        gruppo, come individuo, come sottogruppo, come società, etc. A partire da questo        presupposto la produzione filmica permetterebbe quindi la ricerca a posteriori delle        caratteristiche di quella società attraverso l’analisi degli elementi che determinano i        diversi gradi di identificazione. L’altra prospettiva dalla quale si può osservare questo       

95 “Cualquier práctica (textos incluidos) no existe al margen de las fuerzas y de las relacio­ nes del contexto que  la constituye tal cual es. Resulta obvio que el contexto no consiste en un simple ‘paisaje de fondo’, sino en las  condiciones idóneas que posibilitan la existencia de algo.”  Grossberg. Op. cit. Pag. 95.    96 “[...] el gran arte nuevo, arte industrial, como lo es el cine, ha instituido una rigurosa división de trabajo  análoga a la que se opera en una fábrica desde la entrada de la materia bruta hasta la salida del producto  terminado [...]”  Morin, Edgar. 1970.  La industria cultural.  Eudeba, Buenos Aires, 1970. Citato da Getino. Op.cit. Pag. 140.   

rapporto riguarda la possibilità di stabilire se, e in quale misura, le rappresentazioni        cinematografiche non solo riflettono ma, simultaneamente, proiettano sugli spettatori        modelli da riprodurre, visioni del mondo che pretendono di imporsi. Un punto di vista        radicale in quest’ultima direzione è presente nelle affermazioni di Getino: 

 

[...] ogni produzione, di qualsiasi genere o tematica, si sostiene in contenuti ideologici e        culturali sempre rilevabili e atti alla sua verifica e analisi. [...] il cinema non è altra cosa che        produzione di ideologia attraverso immagini audiovisive incarnate tanto in ciò che il film        esprime o informa, quanto nel modo in cui lo fa.  97

 

Queste affermazioni sono in un certo senso allineate e complementari rispetto        alle posizioni di Adorno e Eisler, e più in generale con la visione assolutamente critica        dell’industria culturale originatasi nella Scuola di Francoforte, per cui essa non sarebbe        altro che uno strumento di manipolazione usato dal sistema per conservare sé stesso,        sottomettendo gli individui mediante la creazione artificiale di bisogni atti a        determinare i consumi, e mediante l’imposizione di valori e modelli.  

 

Per poter parlare della funzione della musica nel cinema è necessario considerare previamente        la funzione che svolge attualmente la musica in generale. Il rapporto tra musica e film è        appena l’aspetto più caratteristico della funzione riservata alla musica nella cultura della        società industriale.  98

 

Il rischio che comporta questo tipo di prospettive, come verrà chiaramente        segnalato dal punto di vista degli Studi Culturali, è quello delle “semplificazioni,        riduzionismi e essenzialismi” , ai quali è necessario opporre, come segnala Lawrence    99       

97 “[...] toda producción, sea del género o la temática que fuere, se sostiene en contenidos ideológicos y culturales  siempre detectables y aptos para su verificación y análisis.[...] el cine no es otra cosa que producción de  ideología a través de imágenes audiovisuales plasmadas tanto en lo que el film expresa o informa, cuanto en el  modo en que lo hace.” Getino. Op. cit. Pag. 135.    98 Adorno, Theodor W., e Hanns Eisler. 1975.  La musica per film . Roma: Newton Compton. Pag.35.     99 Grossberg. Op. cit. Pag. 267. 

Grossberg, “il compromesso con la complessità, la contingenza, la controversia e la        molteplicità [in quanto] elemento distintivo degli Studi Culturali.”  100

 

È impossibile non citare le posizioni adorniane in un’analisi sui mutui rapporti        tra cinema, musica e identità, partendo dalla musica, tuttavia non è nostra intenzione        partecipare al dibattito più ampio e dettagliato sulle posizioni adorniane rispetto alla        cultura di massa ­ nella quale viene inserita criticamente la produzione        cinematografica, e secondo le quali vengono notoriamente riservate alla musica delle        qualità estetiche ed etiche in qualche modo “superiori” . Consideriamo questo noto      101        dibattito solo uno spunto per procedere nella nostra indagine.  

 

Sia che si pensi al cinema come arte, come strumento ideologico, come svago, o        come attività commerciale, è probabile che nessuna di queste categorie possa apparire        come unica ed esclusiva in un film, nell’opera di un regista, e nemmeno in una        determinata corrente. Pensare la produzione cinematografica di un paese come lo        specchio in cui esso si riflette per guardarsi e cercare la propria identità, è solo una        delle prospettive possibili. Lo schermo può essere un luogo privilegiato nel quale        proiettare i sogni, i desideri, le utopie, scongiurare gli incubi, le miserie e il dolore        della realtà, per alimentare le speranze di cambiare in meglio.   

 

E, all’interno dei rapporti di rappresentazione/modellazione, la musica presente        nei film dimostra di avere un ruolo più che rilevante, sia nei casi in cui viene composta        appositamente come colonna sonora non diegetica, sia quando fa parte della diegesi        narrativa, cioè della “realtà” rappresentata, e ancora di più quando costituisce uno dei        fili conduttori, più o meno visibili, nella trama dei film.   

100  Ibid . 

 

101 Si prendano ad esempio le affermazioni sulla musica colta effettuate da Adorno, e le sue classificazioni degli 

3. Questioni metodologiche   

Il titolo della tesi pone in rapporto quattro elementi (musica, cinema, identità e        territorio), ognuno dei quali comporta dei livelli di complessità propri. Consideriamo        necessario mettere in evidenza i termini in cui intendiamo tale complessità in modo da        proporre le chiavi di lettura che si applicheranno agli oggetti particolari proposti per        l’analisi.  

Nei paragrafi precedenti abbiamo menzionato più volte la musica in quanto        oggetto culturale che avrebbe delle condizioni materiali di esistenza specifiche. Tali        condizioni permettono di impostare su di essa discorsi sull’identità che portano a        conclusioni particolarmente interessanti e ricche, nel senso che la musica può offrire        all’analisi una serie di punti di vista dislocati sulla molteplicità degli “assi” messi in        gioco dai processi identitari. Il rapporto tra musica e identità è motivo di        preoccupazione e oggetto d’indagine da parte di numerosi autori e da diverse        prospettive.102 

Un primo livello di complessità da tenere in conto riguarda il rischio dell’uso        del concetto di musica come qualcosa di univoco. A nostro parere, e in linea con le        proposte terminologiche ormai riconosciute nel panorama musicologico attuale (da        Blacking a Fabbri, da Baroni a Kassabian, etc.) non esiste “una” Musica, bensì una        costellazione di possibilità di organizzazione della materia sonora in quanto mezzo        espressivo destinato a compiere delle funzioni diverse definite e ridefinite, volta per        volta, dalla comunità che le produce e le usufruisce.  

Una delle prime classificazioni che emerge nell’occuparsi di musica riguarda la        distinzione tra musica colta (chiamata anche “musica seria”, o  Art Music , o            genericamente “classica”) da un lato, e musica popolare dall’altro (la quale include i       

102 Cfr.: Bennett, Andy. 2001.  Cultures of Popular Music . Buckingham: Open University Press.  Frith, Simon. 2007.  Music and Identity . In: Frith. Op. cit.  Sermán, Pablo, e Pablo Vila, a c. di. 2012.  Youth Identities and Argentine Popular Music: Beyond Tango . New  York: Palgrave Macmillan.  Vila, Pablo, a c. di. 2014.  Music and youth culture in Latin America: identity construction processes from New  York to Buenos Aires.  New York: Oxford University Press.