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Approccio varianza-covarianza o approccio parametrico

1.2 La tecnica di misurazione del rischio Value at Risk

2.1.1 Approccio varianza-covarianza o approccio parametrico

L'approccio parametrico varianza-covarianza si fonda principalmente sull'idea di poter quanticare la perdita massima potenziale attraverso l'utilizzo di un determinato numero di parametri, indicativi delle variabili aleatorie originarie. Per fare ciò, si deve partire dall'ipotesi che le variazioni dei parametri devono assumere una certa distribuzione di probabilità, in questo caso, una distribuzione normale. Quest'ultima, infatti, si contrad- distingue per il fatto che può essere determinata attraverso due soli parametri: la media, a cui viene attribuito il signicato di valore atteso dei rendimenti futuri, e la deviazione standard (c.d. volatilità), interpretata come range di valori entro cui tali rendimenti rien- treranno. Pertanto, utilizzando una distribuzione normale, la deviazione standard viene anche denita come parametro statistico che esprime il livello di incertezza. Chiarito ciò, diventa evidente che la media e la varianza della distribuzione dei rendimenti di un'attività o di un portafoglio possono essere deniti sulla base della media e della varianza dei valori dello scenario di mercato o di credito sottesi.

Figura 2.2: Principali classi di osservazioni denite per una distribuzione normale.

Essendo in presenza di una distribuzione normale, ovvero di una distribuzione simmetrica, come si desume dalla teoria della statistica, è possibile constatare che una data percentuale di osservazioni ricade sempre all'interno dell'intervallo dato dalla media (µ) meno un dato valore (n) moltiplicato per la deviazione standard (σ) e la media (µ) più lo stesso valore (n) moltiplicato sempre per la deviazione standard (σ), ovvero:

Comunemente sono note queste classi di osservazioni:

68%osservazioni = µ ± 1 × σ 95%osservazioni = µ ± 1, 65 × σ 99%osservazioni = µ ± 2, 33 × σ

Il valore n per cui si moltiplica la deviazione standard è, in sostanza, il numero di volte per il quale deve essere moltiplicata la volatilità al ne di conseguire il livello di condenza desiderato (es. 95% o 99%).

Tale caratteristica della distribuzione normale, cioè la possibilità di poter estrapolare dalla distribuzione un numero racchiuso in un range incentrato sulla media e di ampiezza pari ad un multiplo della volatilità, è estremamente importante, poiché tale numero dipenderà unicamente dal multiplo scelto e non dalla media o volatilità della variabile sottesa.

Prima di procedere con la determinazione del VaR, è necessario illustrare sia i due elementi fondamentali per tale stima, sia le ipotesi di partenza su cui poggiano tali calcoli. I due elementi essenziali che rientrano nell'elaborazione del VaR sono il mercato e il porta- foglio: attraverso il primo si comprende, e successivamente si stima, il comportamento che i vari parametri di mercato adottano in un determinato arco temporale, mentre il secondo richiede la conoscenza e la determinazione della variazione che incorre lo stesso portafoglio, nel momento in cui i parametri citati precedentemente si modicano.

Per quanto concerne le ipotesi di partenza, di seguito verranno elencati i punti principali che devono necessariamente essere assunti per eettuare una corretta computazione:

• I protti e le perdite si distribuiscono secondo una normale;

• L'orizzonte temporale e il livello di condenza scelti devono essere noti;

• Le deviazioni standard e le eventuali correlazioni dei rendimenti devono essere calco- lati in riferimento ad un intervallo storico predenito;

• La media della distribuzione dei protti e delle perdite deve essere nulla (zero drift hypotesis)1.

Sulla base di queste notazioni è possibile ricavare il Value at Risk: si ricordi che esso è una misura statistica che, in un orizzonte temporale denito e con un certo livello di

1L'ipotesi di rendimento nullo (zero drift hypotesis) è accettabile su un orizzonte temporale giornaliero

perché, in primo luogo, delinea la scelta più lungimirante; in secondo luogo, accettare tale ipotesi implica che il rendimento atteso della relativa attività sia nullo e che la misurazione del rischio non sia, di conseguenza, dipendente da tale valore atteso; in terzo luogo, è un'ipotesi ragionevole per gli operatori che trattano con strumenti derivati o con cambi, i quali assumono posizioni corte e lunghe su specici fattori nanziari. La dicoltà di tale assunzione emerge nel momento in cui vengono prese in considerazione posizioni lunghe, le quali dicilmente in equilibrio sono soggette ad un rendimento pari a zero. A questo problema si è trovata una soluzione attraverso il calcolo di un rendimento di lungo periodo per le attività prese in esame, oppure, mediante l'adozione del rendimento di un'attività priva di rischio (c.d. free risk).

condenza, denisce la massima perdita potenziale che un'attività o un portafoglio di attività può subire. Di seguito verranno riportate le formule per la misurazione del VaR, inizialmente, in relazione ad una singola attività e, successivamente, in relazione ad un portafoglio di attività.

Value at Risk di una singola attività

Il Value at Risk per una singola attività può essere calcolato attraverso la seguente formula:

V aR = C × n × σgg×

√ gg

dove con C si intende l'ammontare dell'esposizione, con n il numero di volte per il quale deve essere moltiplicata la volatilità al ne di conseguire il livello di condenza desiderato, σggla

volatilità giornaliera dell'attività in questione2 e gg sono i giorni scelti per la valutazione.

Se, per esempio, si volesse calcolare il VaR di un'attività, nell'arco di un giorno, con un intervallo di condenza pari al 99%, il cui capitale ammonta a 1000e e la sua volatilità giornaliera a 0,545%:

V aR = C × n × σgg×

gg = 1000 × 2, 33 × 0, 00545 ×√1 = 12, 6985 = 12, 70e Il valore ottenuto (12,70e) esprime il Value at Risk, cioè la perdita massima potenziale che, con probabilità pari al 99%, non verrà oltrepassata nell'arco di tempo di un giorno.

Value at Risk di un portafoglio di attività

Il Value at Risk per un portafoglio di attività può essere calcolato attraverso la seguente formula:

V aRp = Cp× n × σp×

√ gg

dove con Cp si intende l'ammontare dell'esposizione del portafoglio e con σp la volatilità

dello stesso (sempre su base giornaliera).

A questo punto, se il portafoglio è formato da due sole attività3, che rientrano nello stesso

con uno specico peso (peso attività A = pA, peso attività B = pB= 1 − pA)4, la volatilità

2Nella circostanza in cui non si possieda la volatilità giornaliera, ma unicamente la volatilità annuale,

essa può essere ricavata applicando semplicemente la seguente formula: σgg=

σannuale

√ 252

3In questo caso, si parla di attività con una formula di pricing lineare, quindi, in sostanza, si tratta di

tutte le attività ad eccezione delle opzioni.

4Il peso che viene attribuito alle speciche attività solitamente non è casuale. Il risk manager, dopo

aver denito la frontiera eciente in relazione alla varianza minima, sceglierà il portafoglio e quindi i pesi ottimi, in relazione al rendimento che desidera ottenere.

generale del portafoglio può essere esplicitata nel modo seguente:

σp =

q

pA× σA2 + pB× σB2 + 2pApB× σA,B

dove σ2

Aindica la varianza dell'attività A, σ2Bla varianza dell'attività B e σA,Bla covarianza

tra l'attività A e l'attività B. Allo stesso tempo la covarianza (σA,B) può essere espressa

anche attraverso la correlazione delle medesime attività (ρA,B):

σAB = σA× σB× ρA,B

Conseguentemente, la deviazione standard del portafoglio può essere riscritta come:

σp=

q

pA× σ2A+ pB× σ2B+ 2pApB× σA× σB× ρA,B

Ritornando alla quanticazione del VaR, esso inizialmente era espresso come:

V aRp = Cp× n × σp×

√ gg Tenendo conto che:

V aRA= CA× n × σA× √ gg e V aRB= CB× n × σB× √ gg CA= pA× Cp e CB = pB× Cp

Il VaR del portafoglio può essere riscritto come segue: V aRp = Cp× n × σp× √ gg = Cp× n × √ gg q pA× σA2 + pB× σ2B+ 2pApB× σA× σB× ρA,B =√[(Cp×pA)×n× √ gg×σA]2+[(Cp×pB)×n× √ gg×σB]2+2[(Cp×pA)×n× √ gg×σA]×[(Cp×pB)×n× √ gg×σB]×ρA,B = q V aR2 A+ V aR2B+ 2V aRA× V aRB× ρA,B (2.1) Questa è la formula nale del Value at Risk nel caso si debba quanticare la perdita mas- sima potenziale di un portafoglio contenente due attività.

riferimento al peso di una delle due attività (ad esempio A): ∂σ2 p ∂pA = 2pA× σA2 − 2(1 − pA) × σB2 − 4pAσA,B da cui si ricava: pA= σ2 B− σA,B σ2 A+ σB2 − 2σA,B pB= 1 − pA

La formulazione diviene più complicata nel caso in cui il numero delle attività del porta- foglio cresca ad un numero superiore a due. In questa circostanza si ritiene più agevole proseguire la trattazione mediante l'utilizzo di vettori e matrici, ossia dell'algebra matri- ciale, anche se il metodo rimane sostanzialmente identico.

Con il termine V AR indichiamo il vettore dei dierenti VaR delle attività comprese nel portafoglio in questione, con V ART, il medesimo vettore trasposto e con CORR, la matrice

delle diverse correlazioni:

V AR =       V aR1 V aR2 . . . V aRn       V ART = h V aR1 V aR2 . . . V aRn i CORR =       1 ρ1,2 . . . ρ1,n ρ2,1 1 . . . ρ2,n ... ... ... ... ρn,1 ρn,2 . . . 1      

Attraverso queste espressioni, è possibile riscrivere il VaR di un portafoglio con n attività semplicemente come:

V aRp=

p

V AR × CORR × V ART

La stima delle correlazioni tra le diverse attività presenti in portafoglio, se quest'ultime sono di un numero assai elevato, può risultare molto dicile perciò si può ricorrere ad un processo di semplicazione noto come risk mapping, il quale riconduce il numero iniziale di fattori ad un numero inferiore da utilizzare nella quanticazione. È un processo che, generalmente, considera il valore storico medio del mercato di borsa, ad esempio, all'interno del quale si trovano un determinato numero di titoli, anziché considerare tutti questi titoli singolarmente nella computazione5.

In conclusione, l'approccio varianza-covarianza è un approccio relativamente semplice da utilizzare e solitamente viene impiegato quando l'attività o il portafoglio di attività sono lineari, quindi costituiti, per esempio, da obbligazioni o depositi. Il suo limite principale, però, è dato proprio dall'ipotesi di normalità, su cui si basa, poiché tale assunto raramente rispecchia la situazione reale.

5Per ulteriori approfondimenti sull'attività di risk mapping, si veda il paragrafo Il processo di mapping

delle posizioni di rischio in SAITA, F. Il risk management in banca: performance corrette per il rischio e allocazione del capitale, EGEA, Milano, 2000, pag. 55-61.