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In certe circostanze, il calcolo della sola massima perdita potenziale di un portafoglio non è suciente perché, più che all'ammontare di perdita riferita unicamente al portafoglio in esame, alcuni soggetti preferiscono conoscere la massima perdita potenziale del portafo- glio in relazione ad un altro portafoglio di riferimento, detto benchmark. Da ciò deriva la necessità di utilizzare una misura di rischio che riesca a valutare le scelte attive che vengo- no realizzate sul proprio portafoglio, in modo da arginare il rischio che tale portafoglio, in un secondo momento, possa generare risultati minori rispetto a quelli ottenuti dal bench- mark. Al tempo stesso, attraverso tale misura, si elimina l'ipotesi di rendimenti nulli (c.d. zero drift hypotesis) poiché in questa sede viene preso in considerazione proprio l'eccesso di rendimento che il portafoglio, che si desidera analizzare, concretizza nei confronti del portafoglio benchmark.

La tecnica che soddisfa tali requisiti viene denita con il termine relative VaR, indicata in termini sintetici con l'abbreviazione ReVaR.

Il relative VaR, di conseguenza, è una misura di rischio relativa perché stimata in relazione

7Un esempio che spiega questa limitazione del modied VaR si trova in BRAGA, M.D., pp. 50-52 [17].

Nel suddetto esempio si analizzano gli indici MSCI Uk e MSCI AC World per dimostrare sia l'accuratezza dei risultati del modied VaR rispetto al classico VaR, sia il problema della sottostima del primo, in caso di livelli di condenza non adeguatamente elevati.

ad un benchmark. Essa determina la massima perdita potenziale cui un portafoglio può incorrere in riferimento ad un determinato portafoglio benchmark, in un denito orizzonte temporale e con un livello di condenza prestabilito. Il relative VaR, in sostanza, esprime il percentile inferiore (se il livello di condenza è del 95%, allora il percentile inferiore cor- risponde al 5%, ovvero 1-95%) della distribuzione dell'eccesso di rendimento che si ottiene dagli scostamenti correnti del portafoglio in esame rispetto al benchmark di riferimento. Da quest'ultima denizione si desume che il relative VaR può essere interpretato anche come il VaR di un portafoglio dierenziale, ovvero, di un portafoglio caratterizzato al suo interno dalle deviazioni prodotte dal processo di gestione dello stesso (c.d. asset allocation) rispetto a quello del portafoglio benchmark in un predenito orizzonte temporale.

Mediante un semplice esempio, si vuole chiarire il concetto di relative VaR: si ipotizzi di aver calcolato per uno specico portafoglio, un ReVaR pari a 0,15% nell'orizzonte tempora- le di 7 giorni e con un livello di condenza del 99%. Da questi dati si desume che, nel 99% dei casi e nell'arco di 7 giorni, il portafoglio esaminato potrebbe conseguire un rendimento negativo in relazione a quello del benchmark che non supera lo 0,15%. Solo nel restante 1% dei casi, tale performance negativa potrebbe risultare superiore allo 0,15%.

Se deniamo con ReDif il rendimento dierenziale del portafoglio esaminato rispetto al portafoglio di riferimento e con Liv.Conf. il livello di condenza, si potrebbe scrivere tale relazione nel modo seguente:

P r(ReDif ≤ ReV aR) = 1 − Liv.Conf. oppure P r(ReDif > ReV aR) = Liv.Conf. Questa relazione, quindi, riprendendo l'esempio appena proposto, potrebbe essere tradotta così:

P rob(ReDif ≤ 0, 15%) = 5% equivalentemente P rob(ReDif > 0, 15%) = 95% Da queste semplici espressioni si ricava l'attitudine del relative VaR a illustrare, in termini percentuali, la peggiore prestazione possibile del portafoglio rispetto al benchmark, deni- bile in termini prospettici sulla base dei valori del corrente portafoglio.

Si ritiene importante sottolineare la qualità di misura prospettica del relative VaR, la cui caratteristica deriva dalla circostanza che tale stima viene calcolata sulla base della più recente composizione del portafoglio o, in altri termini, delle deviazioni più attuali del por- tafoglio di riferimento. La determinazione del relative VaR, infatti, avviene tramite i valori storici dei fattori di mercato che incidono sul portafoglio dierenziale e non, come altre misure, mediante i valori storici dei suoi rendimenti dierenziali. In relazione a questo, il relative VaR ha l'abilità di arontare rapidamente eventuali cambiamenti che si manife- stano nella gestione attiva dei portafogli sul mercato.

Di seguito verranno riportate brevemente le diverse metodologie utilizzate per il calcolo del relative VaR.

Prima di arontare tali metodi, però, si vuole denire in termini concisi il portafoglio dif- ferenziale, ovvero il portafoglio su cui si fonda la tecnica di misurazione del relative VaR. Il portafoglio dierenziale (noto anche come portafoglio attivo) è realizzato attraverso il calcolo della dierenza tra i pesi, in termini percentuali, di ciascuna classe di asset nel portafoglio in esame e quelli appartenenti al portafoglio di riferimento. Esso può essere anche espresso attraverso l'algebra matriciale nel seguente modo:

wDif f = w − wBenchmark

dove con wDif f si indica il vettore colonna dei pesi dierenziali per ciascuna categoria di

attività, mentre con w e wBenchmark si identicano i due vettori colonna dei pesi, rispetti-

vamente, del portafoglio in esame e del portafoglio benchmark.

Il portafoglio dierenziale, perciò, può essere visto sono il risultato di un processo dove si assume una posizione lunga sulle attività del portafoglio in esame e una posizione corta sulle attività del portafoglio benchmark. Da questa considerazione emerge che un portafo- glio con tale caratteristica può risultare vulnerabile al rischio di code grasse (c.d. fat tails), ovvero, si incorrerà, con una probabilità più elevata, ad ottenere un protto maggiore o a subire una perdita più grande.

Si ritiene più saggio, per il motivo appena esposto, eettuare non solo una stima di ti- po parametrico del relative VaR ma, accostare a questa, anche una stima fondata sulla simulazione storica.

2.3.1 Approccio parametrico del ReVaR

Per determinare il relative VaR mediante l'approccio parametrico varianza-covarianza, bisogna, innanzitutto, riprendere la formula che descrive il Value at Risk. In questo con- testo si è preferito esprimere tutte le formule attraverso l'algebra matriciale, in accordo con le nozioni e le formule utilizzate precedentemente per la denizione del portafoglio dierenziale. Per questa ragione, si presenta la formula del VaR esclusivamente in termini matriciali: V aRp= p V AR × CORR × V ART equivalentemente V aR p= zα× p w × Ω × wT

Per ottenere il relative VaR, a questo punto, basta scambiare il vettore dei pesi assoluti (w) con quello dei pesi dierenziali (wDif f) e di conseguenza, sostituire il VaR assoluto

(V AR) con il VaR dierenziato (V ARDif f), ossia:

ReV aRp =

p

V ARDif f × CORR × V ARDif f,T (2.2)

ReV aRp = zα×

p

Ovviamente tale denizione emerge nel caso in cui si ipotizzi che il portafoglio dierenziale non dia origine né a protti né a perdite (ipotesi di media nulla) quindi nella fattispecie in cui l'eccesso di rendimento sia nullo.

Come ogni tecnica di misurazione del rischio, anche il relative VaR è segnato da alcuni limiti: questa specica misura, in eetti, non può essere stimata in relazione ai singoli strumenti detenuti in un portafoglio, ma solo in riferimento alla generale categoria di as- set, poiché l'obiettivo di tale misura è la quanticazione della massima perdita potenziale relativa, la quale dipende unicamente dalle decisioni di asset allocation assunte. Il relative VaR, in denitiva, determina la condizione di disequilibrio tra l'asset allocation del porta- foglio in esame e quella del portafoglio di riferimento.

Le espressioni scritte precedentemente del relative VaR (la formula (2.2) e la formula (2.3)), rappresenta proprio questa circostanza, ossia che gli operatori che sono incaricati della ge- stione del portafoglio realizzino i medesimi esiti del portafoglio di riferimento.

Ciò implica che tale misura ha il pregio di indicare, allo stesso tempo, la capacità del ge- store del portafoglio in questione, di ottenere i protti predeniti mediante la sua gestione attiva. Una performance negativa potenziale troppo elevata (la quale viene descritta dal relative VaR) potrebbe indicare una gestione attiva del portafoglio troppo spregiudicata, in disaccordo o in accordo, con l'attitudine al rischio del soggetto detentore dello stesso.

2.3.2 Simulazione storica del ReVaR

Diversamente dal precedente approccio, la simulazione storica prevede la simulazione dei rendimenti che il portafoglio in esame avrebbe dovuto originare nel caso il medesimo fosse stato mantenuto per un certo orizzonte temporale.

In questo caso si deve tener conto che:

• i rendimenti generati attraverso il meccanismo delle simulazioni sono rendimenti pre- supposti, non rendimenti realmente realizzati, perché il portafoglio di rendimenti così creato non combacia con quello che veramente si è manifestato nel periodo di tempo considerato (c.d. sample period);

• lo scenario del portafoglio in esame su cui dovrà poi essere calcolato il relative VaR, ovvero quello prospettico o futuro, dipende solamente dalla distribuzione di proba- bilità dei rendimenti che sono stati originati tramite la simulazione. Da ciò deriva la circostanza che tale scenario futuro contenga tutte le peculiarità relative al sample period preso in considerazione.

Dopo aver illustrato queste prime considerazioni, si può proseguire con la stima del ReVaR, il cui procedimento è praticamente identico a quello del VaR, solo che dierisce per un particolare.

1. Si deve scegliere sia l'orizzonte temporale di riferimento (t), sia il livello di condenza (n) preferito;

2. Si deve possedere la dinamica dei pesi relativi al portafoglio dierenziale (wDif f) e

le serie storiche dei rendimenti, realmente realizzati, dei vari elementi di rischio, in relazione ad un particolare intervallo di tempo (RRischio, matrice con un numero di

righe pari all'intervallo di tempo scelto (t) e un numero di colonne pari alla quantità di fattori di rischio (fRischio));

3. Si devono generare un numero (pari a t) di rendimenti simulati relativi al portafoglio dierenziale presente, mediante il seguente prodotto matriciale:

RDif fsimulazione= RRischio× wDif f

4. Si devono ordinare i valori ottenuti nel punto precedente in modo crescente, dal valore di performance più negativo a quello più positivo;

5. Si deve, inne, stimare la massima perdita potenziale relativa (ReVaR) mediante l'identicazione del valore espresso dal percentile che si ricava in relazione al livello di condenza scelto nel punto 1., ovvero tramite la seguente espressione [100×(1−n)]. Questo approccio si caratterizza per il fatto che è semplice da comprendere e, allo stesso tempo, facile da applicare. Insieme a tali vantaggi, però, si devono aggiungere alcuni difetti che possono essere riassunti brevemente in un'unica considerazione, ossia, che tale approccio dipende completamente dal periodo di tempo considerato (c.d. sample period)8.

8Scendendo nei particolari, il primo elemento di debolezza di tale processo è relativo alla circostanza

che la serie storica generata attraverso la simulazione, non viene elaborata, poi, mediante alcuna manipo- lazione specica: a ogni singola osservazione viene attribuito lo stesso peso (pari a 1/t) e la stessa rilevanza sui percentili della distribuzione ottenuta. Questa circostanza inuisce in modo negativo sulla rapidità della reazione, anche nel caso in cui si manifestino situazioni critiche dei fattori di rischio, poiché ogni osservazione incide sulla stima allo stesso modo (avendo, appunto, lo stesso peso).

L'assunzione dell'ipotesi di osservazioni indipendenti e identicamente distribuite (c.d. i.i.d.), inoltre, com- porta l'impossibilità di discernere alcune specicità tipiche dei rendimenti dei fattori di rischio.

In ultima istanza, poiché la simulazione si fonda sulle rilevazioni ottenute in un determinato periodo di tem- po, la stima che risulterà non comprenderà gli eventuali scenari negativi che eccedono quelli già ricompresi nelle osservazioni rilevate.

Un secondo elemento di debolezza, invece, lo si identica nella lunghezza del periodo temporale preso in esame (t), poiché un periodo troppo breve non potrà generare in modo idoneo un numero suciente di rendimenti simulati, andando ad inciare la precisione della stima del ReVaR, dall'altra parte, un arco temporale troppo lungo inuisce negativamente sul grado di rilevanza delle osservazioni più attuali, le quali, andrebbero a pesare relativamente poco sulla stima nale del relative VaR.

Di fronte a questi limiti operativi, legati principalmente al fattore equal-weight (pesi uguali), sono stati elaborati alcuni aggiustamenti, ovvero, la possibilità di usufruire, in alternativa al primo, di una soluzione age weight, la quale pone maggiore rilevanza alle osservazioni più recenti, oppure di una soluzione volatility weight, la quale, invece, è nalizzata a porre l'accento sulla ponderazione dei rendimenti passati di ciascuna categoria di asset del benchmark in relazione alla dierenza tra la misura attuale della volatilità e quella storica. (BRAGA, 2008 [17])