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Le limitazioni del modello di calcolo del VaR

2.9 I pregi e le limitazionii attribuibili al Value at Risk

2.9.2 Le limitazioni del modello di calcolo del VaR

Dopo aver illustrato i vantaggi del modello di calcolo del Value at Risk, si proseguirà con l'individuare quelle che sono le limitazioni connesse a tale modello di misurazione, ossia:

• è una misura di rischio non subadditiva;

• è una misura che non tiene conto della dimensione delle perdite.

Per quanto concerne la prima limitazione, la misura del Value at Risk non possiede la proprietà della subadditività.

Una misura viene denita subadditiva quando la somma del rischio delle singole posizioni di un portafoglio risulta superiore al rischio complessivo del portafoglio formato dalle stesse singole posizioni:

rischio(x) + rischio(y) ≥ rischio(x + y)

Questa proprietà è condizionata dal fatto che solitamente qualsiasi portafoglio giova, in misura più o meno ampia, dell'eetto della diversicazione. Un portafoglio, infatti, pos- siede generalmente al suo interno un numero di titoli elevato e tra questi, vi sono alcuni che possiedono una correlazione molto bassa, se non negativa: ciò implica che nel caso un titolo, per determinati fattori, registra un rendimento negativo, il secondo titolo, che è correlato negativamente con il primo, registrerà invece, un rendimento positivo, così da

elidere la perdita prodotta dal primo titolo. Questa caratteristica permette, di conseguen- za, di ridurre il rischio complessivo del portafoglio.

Questa proprietà, quindi, aerma che operare seguendo una logica di diversicazione com- porta la riduzione del rischio dell'intero portafoglio: se si decide di aggiungere un titolo al portafoglio, secondo questa proprietà, il rischio del nuovo portafoglio non può essere più elevato della somma dei rischi dei singoli titoli (vecchi e nuovi) presenti in esso.

Tale assioma, nel momento in cui viene calcolato il Value at Risk, viene rispettato solo se sono rispettate determinate condizioni o ipotesi. Per esempio, sotto il presupposto che la distribuzione dei rendimenti sia ellittica, allora si evince tale relazione:

V aR(x) + V aR(y) ≥ V aR(x + y)

Relazione rispettata anche nel caso in cui il Value at Risk venga misurato attraverso l'ap- proccio parametrico, poiché, come già evidenziato nel sottoparagrafo2.1.1, esso sviluppa il calcolo sull'ipotesi che i rendimenti si distribuiscano in modo normale, e così tale presup- posto consente il rispetto della proprietà subadditiva, poiché il VaR viene calcolato come un semplice multiplo della volatilità.

Partendo dalla formula della varianza:

σx+y2 = σx2+ 2ρσxσy+ σy2

da cui si ricava, ponendo che vi sia l'eetto di diversicazione, ossia che ρ ≤ 1:

σ2x+y ≤ σx2+ σ2y

poiché il VaR è un multiplo |zα|della deviazione standard, si può scrivere:

|zαx+y ≤ |zαx+ |zα|σy

V aRx+y ≤ V aRx+ V aRy

Risulta evidente perciò, che tale proprietà viene rispettata dalla misura del VaR, ma solo se si vericano determinate condizioni: se la distribuzione dei rendimenti non assume una forma ellittica o non risulta simile ad una normale, non è possibile addottare un approccio parametrico per il suo calcolo e di conseguenza non è sempre possibile garantire un risultato subadditivo.

Ad eccezione di questi casi particolari, infatti, la relazione che solitamente si verica è la seguente:

V aR(x) + V aR(y) < V aR(x + y)

Essa si manifesta principalmente nel caso in cui la distribuzione congiunta di portafoglio sia caratterizzata da delle code molto spesse e quindi non possa essere associata ad una

distribuzione normale multivariata.

Si vuole proporre un'esemplicazione per far comprendere meglio come il VaR violi tale assunto.

Si prendano due titoli (x e y) la cui distribuzione dei valori futuri è rappresentata dalla tabella2.4, il cui valore corrente, per semplicità, viene fatto coincidere con il valore atteso della distribuzione dei rendimenti futuri, le cui variazioni di valore futuro sono invece riportate nella tabella 2.5, con il rispettivo valore del VaR calcolato con un livello di condenza del 99%.

Probabilità (%) Valore titolo x (e) Valore titolo y (e)

1% 50 50

4% 80 80

95% 110 110

Valore atteso 108,2 108,2

Tabella 2.4: Distribuzione dei valori futuri dei titoli x e y.

Probabilità (%) Variazioni titolo x (e) Variazioni titolo y (e)

1% -30 -30

4% -8,2 -8,2

95% 0,9 0,9

VaR 99% 8,2 8,2

Tabella 2.5: Variazioni future dei valori dei titoli x e y.

Il VaR dei due titoli è pari a 8,2e, quindi, se tale misura è coerente per il rischio11,

allora il VaR del portafoglio formato dal titolo x e dal titolo y dovrebbe essere minore o al massimo uguale al somma del VaR dei rispettivi titoli, ossia 16,4e.

Nella tabella2.6viene illustrata la distribuzione dei valori futuri del portafoglio complessivo (formato dal titolo x e dal titolo y).

Come si può osservare nella tabella 2.7, dove sono stati riordinati i risultati ottenuti nella precedente tabella (2.6), il valore del Value at Risk del portafoglio complessivo risulta essere pari a 29,1e, valore nettamente superiore a quello della somma del VaR dei due titoli singoli (16,4e).

Attraverso questo semplice esempio si è dimostrato come il VaR non possieda la proprietà della subadditività.

Passando alla seconda limitazione connessa al modello di calcolo del Value at Risk, essa riguarda il fatto che è una misura che non tiene conto della dimensione delle perdite. Il VaR denisce la massima perdita potenziale derivante dalla detenzione di una particolare

11Una misura si denisce coerente per il rischio se possiede quattro speciche proprietà, per la precisione,

l'invarianza alle traslazioni, l'omogeneità positiva di grado uno, la monotonicità e la subadditività. Per maggiori informazioni si veda ARTZNER, P., DELBAEN, F., EBER, J.M., HEATH, D. Coherent Measures of Risk, [7].

Titolo y -30 -8,2 0,9 Titolo x -30 -60 -38,2 -29,1 -8,2 -38,2 -16,4 -7,3 0,9 29,1 -7,3 1,8

Tabella 2.6: Distribuzione dei valori futuri del portafoglio formato dai titoli x e y.

Probabilità (%) Probabilità cumulata (%) Valore del portafoglio (e)

0,01% 0,01% -60 0,08% 0,09% -38,2 1,90% 1,99% 29,1 0,16% 2,15% 16,4 7,60% 9,75% -7,3 90,25% 100,00% 1,8

Tabella 2.7: Distribuzione ordinata dei valori futuri del portafoglio composto dai titoli x e y.

attività, in relazione ad un certo intervallo di condenza e ad un determinato orizzonte temporale futuro. Tale modello però, non fornisce alcuna informazione sulla perdita che potrebbe vericarsi nel restante intervallo di casi non presi in considerazione dal livello di condenza. È noto, per esempio, che nell'arco di 10 giorni, la massima perdita potenziale che si può subire detenendo un'attività è pari a 500e, con probabilità del 99%. Ma nel restante 1% dei casi, la perdita che si può subire, di che entità potrebbe essere? Il VaR non risponde a questa domanda. Da qui emerge il limite di questa misura, poiché, essendo denita su un quantile, cioè un punto esatto su una distribuzione di probabilità, non tiene in considerazione ciò che rimane nella parte di coda non considerata dall'intervallo di condenza. E questo è un problema estremamente signicativo. Si immagini di possedere un'attività del valore di 1000e, il cui VaR al 99% è pari a 100e. Nell'eventualità che si verichi quell'1% di probabilità non tenuta in considerazione dal VaR e la perdita subita è di 300e invece che 100e, tale circostanza può essere anche accettata, ma se nell'unica volta in cui si verica il rimanente 1% di casi sfavorevoli, la perdita si attesta a 10.000e, le cose cambiano.

Da questo esempio si comprende bene come sia importante avere informazioni anche sulla restante parte della coda delle distribuzioni di perdita. Nell'esempio, infatti, il VaR ha sempre funzionato, perché nel 99% dei casi la perdita non è mai stata superiore a 100e, il problema si registra nel caso in cui si manifesta il rimanente 1% di scenari negativi: in questa circostanza, poiché il VaR non fornisce alcuna informazione al riguardo, la perdita che si potrebbe manifestare in uno scenario futuro, potrebbe essere estremamente più

elevata dell'ammontare di capitale solitamente denito in termini prudenziali dal VaR. Il VaR, sempre in questo ambito, sore di un vizio logico: si prenda una posizione lunga su un derivato, con un dato prolo di rischio, caratterizzato dalla coda dei protti limitata e dalla coda delle perdite illimitata e poi si prenda una posizione corta sullo stesso derivato, il quale sarà simmetrico al primo, quindi avrà la coda dei protti illimitata, mentre la coda delle perdite sarà limitata.

Figura 2.3: Graco che illustra la perdita e il Value at Risk di due posizioni simmetriche. In questo caso, se si calcola il VaR per entrambe le posizioni, essendo identiche solo che simmetriche, esse presenteranno lo stesso valore di Value at Risk, ma come si nota dal graco2.3il rischio delle due posizioni è nettamente diverso: nel primo caso la perdita che si potrebbe subire è illimitata, mentre nel secondo caso è limitata ad una data quantità. Il VaR, essendo calcolato attraverso un quantile, non tiene conto di tutto il prolo di rischio di un'attività e ciò, in alcune circostanze, risulta estremamente rilevante.