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Un’area a conflittualità ridotta

Lucchesia: origini e forme di un

1.  Un’area a conflittualità ridotta

Nel giugno 1955, proseguendo il suo Viaggio in Italia, Guido Piovene faceva tappa in Lucchesia. Lo sguardo del giornalista vicentino si era soffermato a lungo sulla natura produttiva della zona, fotografandola in questi termini:

Sebbene, computando il reddito, questa provincia non risulti tra le nostre più ricche, si ha un’impressione di equilibrio nell’economia e nella vita […]. Industrie alimentari nascono dalla tradizione agricola e, insieme, dalla raffinatezza dell’indole. […] Collegata all’agricoltu- ra è anche la manifattura dei tabacchi che, a Lucca, dà lavoro a quasi tremila operai. Importanti le industrie, specie nel campo tessile: lo stesso vocabolo di uno dei prodotti lucchesi, i “cucirini”, che sono i rocchetti di filo, si intona bene con il carattere della città. […]. Vo- lendo però cogliere il carattere della provincia anche nei suoi riflessi umani, si dovrebbe dire che esso è agricolo e commerciale. L’ambien- te agrario predomina a Lucca città e lo spirito commerciale vi è quasi di pari forza. D’indole tradizionalista, calma, fredda, il lucchese bada ai suoi affari e cerca di fare parte per se stesso. Il gusto dell’indipen-

4.  Per questo contributo ho utilizzato fonti archivistiche, memorie sindacali e materiale a stampa. Alcune di queste risorse, segnate da un’accentuata influen- za politica, sono state utilizzate con una duplice funzione: da un lato, per riflet- tere le posizioni della sinistra – sindacale e partitica – lucchese; dall’altro, come spunti di riflessione all’interno di un’analisi storico-critica.

denza si collega all’inclinazione al commercio; e i lucchesi hanno il genio del commercio, anche spicciolo, e ne hanno anche la previden- za. […] Il tono è dato in prevalenza dalla piccola e media borghesia commerciale, dagli agrari e dal clero. Frazionata la proprietà.5

Secondo il censimento del 1951, di fatto, la crescita del nu- mero di occupati nelle attività artigianali lucchesi (il 26,8% della forza lavoro) continuava ad essere controbilanciata da una signi- ficativa presenza di piccoli affittuari e coltivatori diretti (31,7%). Il secondario registrava invece 58.980 addetti (41,5%), l’81,47% dei quali impiegato nel settore manifatturiero (destinato a passa- re nell’arco di un decennio da 29.503 a 38.840 unità): era il tessile – nello specifico – ad assorbire le cifre più importanti con 7.600 assunti, 3.000 dei quali attivi nei reparti della Cucirini Cantoni Coats6.

La descrizione di Piovene, ad ogni modo, non aveva trascu- rato neanche i caratteri sociopolitici «dell’altra Toscana»7. A fron-

te di uno spostamento regionale assai marcato a sinistra, Lucca sembrava infatti ribadire un’anima conservatrice legata alla vo- cazione cattolica del territorio e alla funzione egemonica svolta dalla Chiesa romana:

In una Toscana rossa, quella di Lucca è l’unica provincia democristia- na. […] L’oasi democristiana si spinge in Garfagnana a nord e finisce a sud con i monti pisani. Un mutamento di carattere si ha già nell’alta Versilia, dove riaffiora lo spirito anarchico ed una certa animosità di passioni. Già in Garfagnana, ascoltando un “maggio” contadino, ab- biamo visto una pubblica funzione sacra, con fanciulle vestite da an- 5.  Guido Piovene, Viaggio in Italia, Milano, Bompiani, 2017 [1ª ed. 1957], pp. 400-401.

6.  Cfr. Aldo Cecchella, L’industria, in Lo sviluppo dell’economia lucchese dalla

fine del secondo conflitto mondiale, Pisa, Ed. Tecnico Scientifica, 1974, pp. 117-119.

Nel 31,7% delle categorie agricole appoderate devono essere considerati anche i mezzadri, la cui presenza era però decisamente ridotta.

geli e munite d’ali sugli scalini dell’altare all’aperto. Al centro di una plaga devota, Lucca è ancora oggi teatro di feste e cerimonie sacre. […] Lucca rimane un’isola.8

Dal punto di vista politico, il feudo democristiano che si esten- deva dalla Piana di Lucca alla Garfagnana era controbilanciato solo parzialmente dall’altra metà della provincia. Pur deboli in Lucche- sia, fin dal 1946 le liste di ispirazione marxista avevano conquistato la maggioranza in Versilia e in Valdinievole (passata sotto Pistoia nel 1929), aree contrassegnate da un diverso retaggio culturale e da un’importante presenza mezzadrile9. L’osservazione non è casuale,

dal momento che la grande diffusione della piccola proprietà nella Media Valle del Serchio e in parte della Lucchesia aveva configu- rato dai primi anni del Novecento uno dei maggiori ostacoli alla diffusione delle idee socialiste. Già nel 1923 i piccoli proprietari luc- chesi venivano considerati «tenaci oppositori di qualsiasi ideologia sovvertitrice, […] costretti da un’economia basata sulla mera sus- sistenza a un rapporto di totale dipendenza e passività verso i ceti localmente dominanti»10. Nella complessa fase di ricostruzione, fu

proprio questa manodopera a basso costo – estranea alle forme di conflittualità organizzata – a trovare impiego saltuario negli stabi- limenti per integrare col salario le proprie rendite, trasferendo in fabbrica «un’anima clericale e conservatrice, […] prevalentemente estranea al calore delle lotte politiche»11.

8.  Ivi, pp. 401-402; 406.

9.  Cfr. Archivio dell’Istituto storico della Resistenza e dell’Età Contempo- ranea di Lucca (AIsrec), fond. Sezione provinciale Pci di Lucca, b. 13, sez. II, Dati

elettorali 1946. Cfr. anche Marco Manfredi, Le prime elezioni dell’Italia libera. Le am- ministrative del 7 aprile, in Marco Manfredi, Pietro Finelli (a cura di), Lucca 1946. Ricostruzione e formazione di un’identità politica, Lucca, Città di Lucca, 2016, pp.

113-114.

10.  Paola Consolani et al., La formazione del Partito Comunista in Toscana

(1919-1923): elementi di ricerca, Firenze, Istituto Gramsci Toscano, 1981, pp. 68-69.

11.  Aldo Spinelli, Il socialismo a Lucca nel periodo della ricostruzione (1940-

È comunque doveroso puntualizzare che la difficoltà sindacale nel penetrare gli ambienti di fabbrica sottendeva anche le progressive deficienze organizzative delle sinistre lucchesi. Nel 1945, il primo Convegno provinciale del Partito comunista aveva messo in evidenza l’assenza di «quel legame necessario e vitale con le masse dei lavoratori»: a sottolinearlo era stato Antonio Roasio, allora membro della Direzione centrale del Pci, lapidario nel denunciare l’incapacità partitica di consolidare la propria presenza nelle campagne e nei luoghi di lavoro al di là della «composizione sociale della provincia e della tradizione religiosa della popolazione»12. Nonostante i continui cambi al

vertice, persisteva inoltre una distanza dalla componente più nu- merosa della manodopera cittadina: quella femminile. Quest’ul- tima, secondo l’ispettrice Dina Ermini, era stata la prima a tro- varsi vittima di una sottovalutazione da parte del partito se, tra le quasi 5.000 unità – in prevalenza donne – che popolavano i reparti della Manifattura Tabacchi e della Cucirini Cantoni, era- no state sottoscritte solo 200 tessere13.

Il quadro fin qui delineato, seppur orientativo, consegna alcu- ne indicazioni preziose per comprendere lo spazio (inteso come spazio di controllo e riferimento politico, dimensione «egemoni- ca»)14 di una città a conflittualità ridotta. In particolare, sembra

giustificare il perché Cardulli avesse cercato di cogliere nelle ver- tenze del 1968-69 i tratti di un «volto nuovo per la Lucchesia»15.

Storicizzare la dinamicità del 1969 nel processo di democratizza- zione, tuttavia, significa soprattutto distillarne le caratteristiche originarie negli anni precedenti, coglierne le peculiarità, com- prenderne gli intrecci all’interno dei mutamenti che ricondusse-

12.  Emmanuel Pesi, La nascita e i limiti del partito nuovo in Lucchesia (1943-

1948), in “Documenti e Studi”, 2013, 35, pp. 98-99.

13.  Ibidem.

14.  Cfr. Luca Baldissara, Lo “spazio” degli storici, in “Memoria e Ricerca”, 2006, 22, pp. 23-38.

ro nel confitto sociale il nesso tra fabbrica e territorio. Non solo: vuol dire anche uscire da una lettura meramente operaistica e sindacale, evidenziando parimenti il ruolo di imprenditori, poli- tici e delegati per corroborare l’analisi del rivendicazionismo con riferimenti di natura economica e occupazionale16. Di conseguen-

za, cercherò di valutare l’evoluzione di questi fattori muovendo dalle dinamiche di conflittualità che presero forma in Lucchesia tra la seconda metà degli anni Cinquanta e il 1963.

2. Tra forme di controllo e sublimazioni conflit-