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Tra forme di controllo e sublimazioni conflit tuali: gli anni Cinquanta

Lucchesia: origini e forme di un

2.  Tra forme di controllo e sublimazioni conflit tuali: gli anni Cinquanta

Nella cornice degli anni Cinquanta la situazione non diffe- riva troppo da quella del primo lustro postbellico. Da una par- te, le tutele costituzionali dei lavoratori restavano ancora fuori dai cancelli delle fabbriche; dall’altra, persistevano modalità di rivendicazionismo saltuarie e poco efficaci. Nel 1953, mentre il segretario della Federazione comunista lucchese Alvo Fontani invitava «tutti i compagni a rivolgere una cura particolare al raf- forzamento del partito nelle fabbriche» per «aiutare lo sviluppo delle organizzazioni democratiche di massa e dei sindacati»17, i

limiti imposti dalla congiuntura politica continuavano a relegare i quadri della Cgil all’esterno dei luoghi di lavoro. Le serrate, i licenziamenti seguiti alla vertenza sul conglobamento del 1954 e l’allontanamento dei soggetti più politicizzati erano veicolati da un paternalismo tangibile, riscontrabile – tra l’altro – nelle opere caritative che si rifacevano al neoassistenzialismo aziendalisti- co di matrice angloamericana: presieduta dallo scozzese James

16.  Cfr. L. Baldissara, 1969. Dalle storie separate alla storia della democrazia

italiana, in P. Causarano, L. Falossi, P. Giovannini (a cura di), Il 1969 e dintorni,

cit., pp. 71-78.

17.  AIsrec Lucca, Fondo Pci, Serie 1, Sezione I, b. 20, Intervista ad Alvo Fon-

Henderson, la Cucirini Cantoni Coats promosse la fondazione di uno Sporting Club e di nursery adiacenti all’azienda, istituendo premi di buon servizio legati a criteri disciplinari. Misure im- portanti e ben viste dalle maestranze, eppure – come ricordato in Consiglio comunale da Arturo Pacini, tra i leader della Cisl lucchese – distanti dalle «altre cose chieste in favore di quei di- pendenti»18.

Le emergenze sottolineate da Pacini erano due: quella sala- riale e quella relativa alla salute di fabbrica. La prima era emersa con forza dai risultati delle due Inchieste parlamentari sulla mise-

ria e sulla disoccupazione (1953-1954). Focalizzando l’attenzione

sull’industria tessile lucchese e sul divario tra introiti e salari, la relazione della Camera di commercio industria e agricoltura di Lucca aveva infatti ricostruito un perimetro socioeconomico che, ad un andamento produttivo positivo, continuava a contrappor- re manodopera a basso costo:

L’intero complesso produttivo del settore tessili è costituito […] da 60 stabilimenti, nei quali risultano mediamente occupate oltre 7.000 unità lavorative in massima parte di sesso femminile. Grande rilievo assumo- no gli stabilimenti per la filatura del cotone, di cui il principale è quello della S.A. Croce Piaggione e quelli per la produzione dei filati cucirini, di cui il più importante, anche in sede nazionale, è quello della Cucirini Cantoni Coats (4.179 operai). Quest’industria si è da tempo attrezzata secondo i più recenti progressi della tecnica e le più moderne esigen- ze produttive. Ha avuto, inoltre, la possibilità di un buono sviluppo in quanto ha potuto usufruire di condizioni vantaggiosissime per quanto attiene al costo di mano d’opera, abbondante sul posto e in prevalenza femminile, ma in questi ultimi anni il beneficio originario tende man mano a scomparire per il fenomeno dell’appiattimento dei salari e per vari oneri riflessi che accompagnano le retribuzioni operaie.19

18.  Archivio comunale di Lucca (ACLu), Registro dei verbali delle deliberazioni

del Consiglio comunale, 2 luglio 1953.

19.  Unione Italiana delle Camere di Commercio Industria e Agricoltura,

Il problema principale riguardava comunque le condizioni di lavoro. E il caso più indicativo, anche in questo campo, concerne- va la Cantoni: secondo i dati dell’Istituto nazionale per l’assicu- razione contro le malattie del 1953, su «4.039 dipendenti si erano avuti 4.216 casi di malattia, di cui 43 casi di squilibrio mentale, 103 casi di squilibrio del sistema nervoso e 1.953 dell’apparato respiratorio»20. Ancora più complesso si rivelava il piano su cui

operavano le multinazionali: le scelte strategiche che riguar- davano la Cucirini Coats, ad esempio, venivano prese lontano dalla provincia, protese a riflettere interessi estranei al funzio- namento del meccanismo produttivo zonale e alle sue esigenze di sviluppo21. Non stupiva perciò il modo in cui Aris Accornero

sceglieva di descrivere il presidente James Henderson, definen- dolo un «riformista in casa e un reazionario in colonia»22: in ma-

teria di investimenti le scelte operative che la Coats consentiva alla consociata Cucirini risultavano sì flessibili, a patto però che – considerata la doppia tassazione sull’utile – fossero in grado di assicurare una redditività minima più alta di quella richiesta in Gran Bretagna.

La partita si giocava su equilibri incerti. Attorno alle mani- fatture tessili si sviluppava gran parte del tessuto produttivo della Lucchesia: la circolazione monetaria garantita dalle picco- le-medie imprese non si rifletteva solo sui terzisti, ma alimentava anche un indotto economico che racchiudeva numerose attività legate al commercio e al terziario. Allo stesso tempo, la diminu- zione di forza lavoro che aveva coinvolto la Cucirini Cantoni Co- ats (tra il 1951 e il 1961 le maestranze erano passate da 4.600 a

compilate dalle Camere di Commercio Industria e Agricoltura per conto della Commis- sione parlamentare d’inchiesta sulla disoccupazione, Roma, Casa Editrice Macrì, 1953,

pp. 700-701.

20.  Oreste Marcelli, Per ogni operaia della Cucirini di Lucca il signor Henderson

guadagna 2700 lire, in “L’Unità”, 6 settembre 1955.

21.  Cfr. A. Cecchella, L’industria, cit., p. 17.

22.  Aris Accornero, La riscossa operaia arriva in Lucchesia, in “L’Unità”, 24 ottobre 1963.

3.500)23 non era affatto riconducibile a un ribasso degli introiti,

bensì all’introduzione di macchinari tecnologicamente avanzati per la produzione di nuove fibre sintetiche e artificiali; i prezzi contenuti e la maggiore duttilità di queste ultime le rendevano ormai le preferite dai consumatori, aprendo nuove frontiere sul Mercato europeo comune a un settore condizionato dalla stagna- zione delle fibre tradizionali24. Ben noti alle forze sindacali luc-

chesi, questi fattori contribuirono a segnare forme rivendicative più «economicistiche» che politiche, generando contrasti interni e limiti frazionistici che, come confermava il rapporto del IX Con- gresso della Federazione comunista della Versilia, erano emersi anche nell’altra metà della provincia25. Tre anni prima, terminate

in un fallimento le lotte per le retribuzioni dei cavatori di Pietra- santa e per la revisione dei cottimi negli stabilimenti tessili della Lucchesia, anche il segretario della Camera del lavoro di Lucca Sergio Gigli aveva osservato come la «burocrazia della Federa- zione non [avesse] ancora consentito di fare nulla verso le fab- briche» e quanto la «perdita di voti alla Cantoni [configurasse] il segno della mancanza di dirigenti sul posto e del sindacato»26.

Eppure, mentre nel breve periodo queste difficoltà operative non consentirono di convogliare le problematiche salariali verso

23.  Cfr. Aldo Cecchella, Il declino industriale nelle province di Lucca, Pisa e Livorno, Pisa, Centro Studi Economico-Finanziari tra le Province di Livorno, 1995, p. 34. La forza lavoro in esubero convogliò verso i calzaturifici di Segromigno e le cartiere. Nel mentre, sempre più abitanti della Media Valle avevano iniziato a spostarsi verso Lucca in cerca di maggiori opportunità di guadagno: alla fine degli anni Cinquanta, la popolazione attiva in agricoltura era scesa dal 31,7% di inizio decennio al 20,7%.

24.  Cfr. Giovanni Luigi Fontana, Walter Panciera, Giorgio Riello, The Italian Tex-

tile Industry: technology, labour and innovation, 1650-2000, in Lex Heerma van Voss, Els

Hiemstra-Kuperus, Elise van Nederveen Meerkerk (eds.), The Ashgate Companion to

the History of Textile Workers, 1650-2000, Ashgate, Aldeshot, 2010, pp. 275-304.

25.  AIsrec, fond. Pci, ser. 1, sez. I, b. 1, Tesi IX Congresso. Rapporto di attività

del Comitato Federale della Federazione Comunista della Versilia, Viareggio, 23 no-

vembre 1959.

26.  Ivi, V Congresso della Federazione del Partito comunista di Lucca, Viareggio, 1-2 dicembre 1956.

forme di lotta più strutturate, l’emergere di nuovi fermenti so- ciali permise alla sinistra sindacale lucchese di trovare nel 1963 un punto di contatto con le maestranze. Certo, non si trattò di un fattore relegabile alla sola Lucchesia: nelle pieghe del biennio 1963-64 sono infatti individuabili tanto gli esiti quanto le radi- ci dei conflitti successivi, nonché la formulazione di spinte dal basso destinate a segnare il 1969 e a dialogare con le peculiarità politiche ed economiche del Paese. Stando a Lucca, non si trattò neppure di un avvicinamento ideologico: in termini più chiari, gli operai e le operaie trovarono nella Cgil una voce in grado di amplificare insufficienze retributive ormai ineludibili. Ad ogni modo, fu proprio il persistere di condizioni deficitarie ad alimen- tare il malcontento nei reparti, specialmente dopo i licenziamenti disciplinari che nella seconda metà degli anni Cinquanta coin- volsero la Smi di Fornaci di Barga, il Cotonificio Oliva e le Offi- cine Lenzi.

3. Le dinamiche di un 1963

Nel 1959, inviato come corrispondente de “l’Unità” alla Can- toni, Antonio Perria aveva cercato di intercettare gli umori dei turnisti sulla “scesa” della fabbrica: «vuol sapere come ci tratta- no?» – gli aveva risposto un giovane operaio; «è una vergogna. Cinque anni fa dovevo badare a 25 rocchetti e oggi me ne sono stati assegnati cinquanta. Quando lascio lo stabilimento non ho più voglia di muovermi, di pensare, di leggere, di andare al ci- nema». «Almeno ci pagassero con salari decenti» – aggiungeva una lavoratrice: «chi si sottopone al cottimo riesce a guadagnare qualche cosa di più, ma mai più di mille lire al giorno»27.

Le interviste del cronista risentivano di una narrazione forte- mente politicizzata; al contempo, fornivano però indicazioni pre-

27.  Antonio Perria, A colloquio con le tessili di Lucca dopo il grande sciopero

ziose sui cambiamenti in corso all’interno dello stabilimento. Gli interlocutori di Perria, di fatto, presentavano i tratti di una nuo- va generazione operaia che rifletteva squilibri sociali persistenti. Erano giovani arrivati da poco in fabbrica, giunti dalle campagne circostanti nella speranza di migliorare i propri standard di vita; erano donne divise tra lavoro di fabbrica e lavoro domestico, intenzionate a garantirsi una propria autonomia; talvolta erano anche operai più anziani, figli di una diversa tradizione politica ma ugualmente coinvolti nelle trasformazioni della società italia- na. Soggetti che rifiutavano sempre più la devozione al focolare domestico delle loro madri, iniziavano a desiderare il ballo, la gita domenicale, case con il frigorifero e la televisione, l’aumento del periodo di ferie per godere dei quindici giorni ai piedi delle Apuane o sul mare della Versilia28. A queste legittime aspirazioni

subentravano poi motivazioni più concrete che facevano riferi- mento al persistere di sperequazioni salariali fra uomini e don- ne, impiegati e operai, di discriminazioni ormai percepite come inaccettabili. Dal 1961, la Fiot-Cgil iniziò così far proprie queste frizioni e a conseguire buoni risultati tra gli operai della multi- nazionale tessile, avanzando in piattaforma il raddoppio del pre- mio di presenza, un’equiparazione della paga a quella percepita dai “cucirini” lombardi e un’indennità di mancato cottimo a tutti i lavoratori che operavano in economia29. Rivendicazioni che alla

Cucirini Cantoni Coats trovarono il loro epicentro nella vertenza che si protrasse dalla primavera all’ottobre del 1963.

La lotta, orientata per la prima volta a strappare un contratto aziendale e sottosettoriale, si chiuse con un compromesso: oltre al reintegro degli undici addetti alle turbine sospesi nel mese di luglio (tutti iscritti alla Camera del lavoro), decretò un premio di buon servizio di 1.200 lire per la totalità delle maestranze e

28.  Cfr. Federico Creatini, «Dalla fabbrica alla città». Conflitto sociale e sindacato alla Cucirini Cantoni Coats di Lucca (1945-1972), Lucca, Maria Pacini Faz- zi Editore, 2019, pp. 70-71.

un altro una tantum di 30.000 lire da pagarsi in un’unica soluzio- ne. Nondimeno, sulla via dell’accordo emersero limiti evidenti: gli scioperi, pur partecipati, contarono su adesioni altalenanti e non sempre condivise. Anche la città aveva risposto tiepidamen- te alle richieste operaie, temendo che le sinistre potessero trarre un vantaggio elettorale dalla vertenza: all’indirizzo dei “cuciri- ni” così solo poche offerte esterne, mentre – durante i cortei – i negozianti serrarono sovente le saracinesche nel timore di atti vandalici.

Segnato dalle divisioni tra le principali organizzazioni sinda- cali, pertanto, il 1963 della Cantoni trascinò con sé gran parte del- le difficoltà operative precedentemente evidenziate. Sospinto sul piano conflittuale dalla Cgil e – in misura ridotta – dalla Cisnal di Alfredo Cesari, scontò inoltre un complesso tentativo di poli- ticizzazione relegabile allo sforzo del Pci di estendere il conflitto sociale verso gli obiettivi organici della sua strategia complessi- va. Fu in quest’ottica, ad esempio, che il viareggino Francesco Malfatti – segretario della Camera del lavoro di Lucca – lasciò la guida del sindacato ad Alfredo Bianchi in piena vertenza, eletto nelle file parlamentari comuniste nell’estate del 1963. Persisteva infine un’altra condizione, forse la più incisiva: l’impossibilità per le rappresentanze di sedersi al tavolo di discussione con i dirigenti. Il nodo concerneva due aspetti: uno politico-giuridico, l’altro politico-economico. Dal punto di vista costituzionale, l’e- quiparazione sociale legata all’art. 3 preludeva sia al riconosci- mento degli scopi individualistici dell’impresa privata (art. 41), sia all’autotutela degli interessi dei lavoratori attraverso gli artt. 39 (libertà sindacale) e 40 (diritto di sciopero). Tuttavia, come nel resto d’Italia, lo spazio istituzionale del conflitto sociale conti- nuava a restare fuori dalla dialettica aziendale: ciò non si con- cretizzava solo nelle serrate e nei licenziamenti contro i soggetti più facinorosi, ma anche nel rifiuto aziendale di riconoscere alle forze sindacali il ruolo di interlocutrici. In aree come la Lucche- sia, dove le maestranze mancavano di maturità conflittuale e i quadri scontavano evidenti difficoltà proselitistiche, queste di-

namiche risultarono ancora più marcate: nel corso della verten- za, nessun dirigente della Cucirini Cantoni Coats aveva voluto incontrare i membri della Commissione interna, limitandosi a trasmettere le proprie controproposte ai canali istituzionali dal- la sede amministrativa di Milano. Una differenza sostanziale se comparata con quanto avveniva in altre aree del Paese, special- mente – come avrebbe confermato anche una testimonianza di Alfredo Bianchi – per i dirigenti che già avevano avuto a che fare con realtà operaie più incisive:

Nel 1966, durante una vertenza allo Iutificio di Ponte a Moriano e al Cotonificio Oliva che, a quel tempo, pur essendo due società di- verse, erano dei Costa, riuscimmo, tramite i sindacati di Genova, a fissare un appuntamento con la Direzione di Genova. Riempimmo 7-8 pullman e facemmo un corteo a Genova, dove ci aspettavano i sindacalisti genovesi. Per noi fu una cosa nuova nel senso che era la prima volta che si andava a fare una manifestazione al di fuori di Lucca. Quando arrivammo al palazzo della Direzione notammo subi- to una mentalità diversa rispetto ai padroni lucchesi, perché ad aspet- tarci c’erano i dirigenti delle due società. Ci accolsero, ci salutarono, ci domandarono se si era fatto buon viaggio, se si aveva bisogno di niente! Non risolvemmo le cose, ma ci fu la trattativa; andammo su, si discusse civilmente.30

Invero, nel 1963 lo scozzese James Gordon Ruffel – ammi- nistratore delegato dell’azienda – era sceso per la prima volta a Lucca con l’intento di trovare una soluzione al problema: lo aveva fatto però incontrando solo il prefetto Carlo Ponzano e il sindaco democristiano della città, Italo Baccelli. Erano stati loro – assieme al presidente della provincia Ildo Barsanti – ad assu- mere le vesti di mediatori della vertenza, recandosi due volte in Lombardia per gestire una trattativa che la Cisl aveva posto an- che all’attenzione del ministro del Lavoro, Umberto delle Fave.

30.  Giovanni Lencioni, Luciano Franchi (a cura di), 40 anni di storia della Cgil

D’altronde, come riportava un resoconto della seduta del Consi- glio comunale di Lucca del 10 settembre 1963, la questione – pur nelle divergenze interpretative – aveva assunto un’importanza decisiva anche all’interno della Giunta:

In apertura di seduta, il segretario della Federazione Comunista, Sergio Dardini, chiedeva che «al di là delle diverse valutazioni sulla tattica sindacale e sui tempi della lotta, il Consiglio esprimesse chia- ramente la sua condanna per la Direzione della Cantoni, per la con- dizione intollerabile in cui tiene gli operai, la sua solidarietà verso le maestranze e l’auspicio che si arrivi al più presto ad una trattativa che porti ad una soluzione della vertenza favorevole per i lavoratori anche nell’interesse della economia cittadina danneggiata dal regime di bassi salari imposto alla Cucirini Cantoni Coats». Favorevolmen- te a questa proposta si pronunciava il socialista Spinelli, mentre la democristiana on. Martini, pur consentendo sulla valutazione della denuncia fatta dalle sinistre, tendeva a spostare la discussione sui metodi di lotta, ricalcando, in sostanza, la posizione della Cisl, che è quella di rinviare tutto alla lotta contrattuale.31

È qui che si colloca il secondo punto, quello di natura politico- economica. La politica della Democrazia cristiana lucchese rifletteva infatti una linea partitica tesa a mediare i conflitti di lavoro entro un orizzonte «genericamente conciliativo e praticamente privatistico»32, orientato a marginalizzare l’azione

delle sinistre. Un posizione che aveva assunto tratti di aperto contrasto: nel luglio 1963, temendo nuovi scioperi e «manifesta- zioni tese a turbare l’ordine pubblico», il Comune di Lucca aveva esemplificativamente negato la concessione delle aree antistanti allo stabilimento per eventuali comizi33. Vista l’importanza dello

stabilimento per la Lucchesia, dalle parole di Maria Eletta Marti-

31.  Incontro a Lucca per la Cantoni, in “L’Unità”, 11 settembre 1963.

32.  L. Baldissara, 1969. Dalle storie separate, cit. p. 74.

33.  ACLu, Registro dei verbali delle deliberazioni del Consiglio comunale, luglio 1963.

ni emergeva però anche un altro timore: quello del dislocamen- to aziendale più volte minacciato da Ruffel. La classe dirigente democristiana, impegnata a catalizzare interessi nazionali per lo sviluppo delle imprese, non poteva certo rischiare la rescissione di un legame imprescindibile per l’intera provincia; a dimostra- zione di quanto fosse esteso il raggio economico della Cantoni, basti pensare che alle trattative milanesi aveva partecipato anche Adolfo Lucchesi, primo cittadino di Capannori34.

Ciononostante, la memoria sindacale ha comunque attribui- to al 1963 i caratteri di vera e propria svolta: «se un giorno uno studente volesse fare una tesi di laurea sul movimento operaio lucchese, dovrebbe considerare questa lotta come un momento di rottura, un momento dal quale poi cambia qualcosa nella so- cietà lucchese», avrebbe ricordato Francesco Malfatti35. Ad essere

mutata, ha invece osservato Paolo Barsocchi, fu soprattutto la concezione dei rapporti sociali: «non ci furono grandi benefici economici, ma il cambiamento fu nella testa della gente che si rese conto che potevano essere delle “persone”, che potevano dire una loro idea, che potevano urlare anche ad uno che le trat- tava male, che anche in casa, e questo le donne, potevano contare di più»36. Parole riconducibili a quelle spese anche da un altro

sindacalista, Riccardo Fratino, tra i quadri più attivi alla Cantoni nella seconda metà degli anni Sessanta: «se quella dell’indimen- ticabile 1963 restò principalmente la lotta della fabbrica, senza quell’esperienza sarebbe stato impossibile far assumere a quella del 1968-1969 i connotati di lotta cittadina, di tutti»37.

Queste affermazioni ci consegnano una prospettiva impor- tante. La vertenza, di fatto, ispirò istanze rivendicative analoghe

34.  Cfr. Franco Salvetti, Cucirini Cantoni Coats: il settore tessile, in “Documen- ti e Studi”, 2007, 29, pp. 293-294.

35.  G. Lencioni, L. Franchi, 40 anni di storia, cit., p.19.

36.  Intervista a Paolo Barsocchi, Riccardo Fratino e Venanzio Pieruccini a cura dell’autore, Isrec Lucca, 7 gennaio 2015.

anche al Cotonificio Oliva, allo Iutificio di Ponte a Moriano e alle Officine Lenzi. Il supporto peraltro non arrivò solo dalle Federa- zioni giovanili socialiste e comuniste di Lucca, ma anche di alcu- ne aree circostanti: furono i mezzadri di Gragnano, Montecarlo e Altopascio ad inviare ai lavoratori della Cantoni un furgoncino carico di uova e latte in segno di solidarietà. E fu sempre in que- sta prospettiva, pur con scarsi risultati, che il sindacato cercò di promuovere nuove forme per legare le rivendicazione dei “cuci- rini” alla città, organizzando cortei per le vie di Lucca e conve- gni allo stadio Porta Elisa e al Teatro del Giglio: l’obiettivo, come riportava Liborio Guccione, era mostrare quanto «migliorare le condizioni economiche dei lavoratori della Cantoni significasse mettere in circolazione molti milioni che anziché restare nelle ta- sche degli azionisti» sarebbero andati in «quelle dei commercian- ti lucchesi, incrementando l’attività commerciale cittadina»38.