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La “grande” Firenze industriale

Tra 1950 e 1970 la cintura fiorentina dei comuni contermini smise definitivamente di avere componenti rurali significative; i contadini e i mezzadri ancora molto presenti nel dopoguerra si volatilizzaro- no – in particolare a Bagno a Ripoli e Impruneta dove l’indice di ac- centramento residenziale esplose e raggiunse quello dei comuni più urbanizzati – all’interno di una crescita dirompente della popolazio- ne residente nell’area (+39% dal 1951 al 1977)40. Nell’area fiorentina

l’incidenza del settore primario fra la popolazione attiva in condi- zione professionale diminuì del 32% dal 1951 al 1961 e di un altro 57% dal 1961 al 1971; contemporaneamente negli stessi due decenni l’industria aumentò del 27% e poi del 7%, il terziario del 61% e poi del 21%. Ma se disaggreghiamo per comuni, vediamo che l’impatto della crescita industriale (e della deruralizzazione) fu particolarmente forte in quelli della piana ad ovest di Firenze: la popolazione attiva in condizione professionale nell’industria crebbe a Calenzano del 47% fra 1951 e 1961 e del 44% fra 1961 e 1971, del 50 e poi del 52% a Campi, del 77 e del 127% a Scandicci, del 24% e del 58% a Sesto, del 40 e del 18% a Signa. Nello stesso arco di tempo, una Firenze ormai matura – che ancora era in espansione negli anni ’50 sul piano industriale (del 22%) – vide decrescere di quasi il 10% la sua popolazione industriale nel decennio successivo, quello del boom economico41.

ad ovest Campi Bisenzio e a sud-ovest Lastra a Signa, Scandicci, Signa; nelle zone collinari a nord Fiesole, a est Bagno a Ripoli e a sud Impruneta.

40.  Con differenze a volte impressionanti: Firenze + 23%, Scandicci + 255%, Ca- lenzano + 48%, Campi + 95%, Sesto + 135%, Signa + 47%. La dinamica residenziale del capoluogo ormai era matura alla fine degli anni ’70, mentre l’area circostante continua- va ad espandersi assorbendo ulteriori quote di popolazione. Scandicci, che nel 1951 incideva solo per il 3% sulla popolazione residente dell’area fiorentina, nel 1977 per esempio è già quasi all’8%, Sesto passa dal 3,8 al 6,4%. Il saldo migratorio nel periodo 1946-75 è pari a +11,3% in tutta l’area fiorentina, +8,9% a Firenze, +9,4% a Calenzano, +15,3% a Campi Bisenzio, +32,6% a Scandicci, +24,6% a Sesto, +10,5% a Signa; P. Inno- centi, L’industria nell’area fiorentina, cit., pp. 255, 259, 270-271, 278.

A cavallo dell’Autunno Caldo, quando la questione operaia assurgeva a questione nazionale42, Firenze città dunque risultava

meno industriale e operaia di quanto non fosse nel lungo dopo- guerra, mentre questa diventava definitivamente la fisionomia della sua area, soprattutto nella piana a ovest, ponendo le basi per la separazione di percezione fra le due città (cfr. tab. 1).

Tab. 1 - Composizione della popolazione attiva in condizione professionale

(% in riga per anno)

Primario Secondario Terziario

1951 1961 1971 1951 1961 1971 1951 1961 1971 Firenze 4,2 2,8 1,4 38,0 41,2 34,4 57,8 56,0 64,2 Area fio- rentina43 11,5 7,0 2,8 39,8 45,1 44,1 48,7 47,9 53,0 Provin- cia FI44 29,3 16,5 6,8 38,2 49,0 49,6 32,5 34,5 43,6

Fonte: P. Innocenti, L’industria nell’area fiorentina cit., p. 297.

Infatti, se scomponiamo l’area fiorentina, di nuovo constatia- mo quanto le zone ad ovest del capoluogo, nella piana, vedano ancora un andamento accentuatamente orientato allo sviluppo industriale fino agli anni ’70, ben diverso dal capoluogo: la popo- lazione attiva nell’industria in condizione professionale a Calen- zano passò dal 44% del totale nel 1951 al 70% nel 1971, a Campi dal 51% al 65%, a Sesto dal 61% al 59% (dopo un picco del 65% nel 1961), a Scandicci dal 34% al 47% (dopo un picco del 49% nel 1961), a Signa dal 55% al 68%45.

42.  A. Sangiovanni, Tute blu, cit. 43.  Comprensiva di Firenze.

44.  All’epoca ancora comprensiva di Prato.

Sul piano delle caratteristiche produttive, la “retorica” della città artigiana come proiezione contemporanea del suo essere “città d’arte” – di antica matrice ottocentesca poi rilanciata col fa- scismo46 – fu ridimensionata con l’alluvione del novembre 1966,

pur restando nell’immagine proposta della città. Le devastazioni che colpirono soprattutto la parte centrale e meridionale della città storica a cavallo delle sponde dell’Arno – dove si concentra- vano le residue attività artigianali già segnate dagli interventi di redistribuzione urbana del fascismo, soprattutto a Santa Croce – selezionarono ulteriormente il panorama produttivo della città, innescando quel mutamento urbanistico, funzionale e socio-de- mografico che è oggi sotto gli occhi di tutti47. Le aree industriali

a nord-ovest, dove ormai si concentravano gli impianti storici dell’industria fiorentina e si collocava l’immaginario operaio più radicato della città, vennero sostanzialmente risparmiate dall’alluvione, a differenza delle zone meridionali di Scandicci e soprattutto delle Signe, ma ambedue diventarono aree di riloca- lizzazione e ridefinizione delle attività artigianali, soprattutto a carattere industriale48.

Malgrado l’alluvione (o grazie ad essa) la presenza di artigia- nato industriale, costituito da piccole aziende spesso familiari, continuerà a rappresentare negli anni successivi comunque uno dei tratti caratteristici della città, spostandosi però dal centro del capoluogo sempre più verso le periferie produttive e la sua co-

46.  Anna Pellegrino, La città più artigiana d’Italia. Firenze, 1861-1929, Milano, FrancoAngeli, 2012.

47.  F. Paolini, Firenze, 1946-2005, cit., pp. 128-133, e Roberto Budini Gattai,

Le trasformazioni della città di Firenze dopo l’alluvione del 4 novembre 1966. Mezzo secolo dopo, in “Il Mulino”, versione online, 16 dicembre 2016, www.rivistailmu-

lino.it.

48.  Si vedano le cartine delle aree allagate della città e delle aree contermini, a cura dell’Autorità di Bacino del Fiume Arno, che mostrano il diaframma pro- tettivo costituito dall’asse ferroviario rispetto alle zone industriali a nord-ovest, mancante invece per la riva sinistra del fiume: https://geodata.appenninosetten- trionale.it/mapstore/#/viewer/openlayers/585.

nurbazione e integrandosi con i meccanismi di trasformazione in atto nel tessuto produttivo regionale, dando anche il segno della composizione della classe operaia fiorentina49. Nel 1971,

l’occupazione artigiana a carattere industriale (compresa quella collegata alle attività di trasformazione del settore primario) a Firenze città era pari al 34% di tutta l’occupazione industriale e altrettanto nell’area fiorentina (in provincia del 36,5%): gli arti- giani addetti ad attività industriali erano sopra la media d’area in particolare a Bagno a Ripoli, Campi Bisenzio, Lastra a Signa, Signa. La dimensione media delle imprese industriali nel perio- do 1951-71 non a caso oscillava attorno agli 8 addetti per unità locale in tutta l’area fiorentina e più o meno tale sarebbe rimasta anche successivamente. A Firenze città nel 1971 circa il 41% degli addetti all’industria lavorava in aziende con più di 50 dipenden- ti, un altro 26% con 10-49 addetti e un 33% con meno di 10, una distribuzione non molto diversa da quella dell’area. A Calenza- no, Sesto e Scandicci si riscontrava però già la maggiore concen- trazione di lavoratori in imprese più grandi (dal 45 al 56% del totale dell’industria) e la presenza minore nelle piccole aziende (fra il 14 e il 20%)50.

Ben prima che si innescassero i fenomeni generalizzati di decentramento degli anni ’70 e poi di deindustrializzazione evi- denti dalla fine degli anni ’80, il capoluogo – dopo un periodo di espansione del modello industriale – stava quindi già perdendo

49.  In un’inchiesta sull’alluvione, svolta a caldo fra i rappresentanti della società, della politica e della cultura fiorentine in merito al futuro economico e urbanistico della città, la situazione drammatica delle piccole imprese industriali e dell’artigianato è sottolineata a più riprese, anche se poi la capacità di gover- no dei fenomeni di decentramento spontanei sarà limitata; Firenze perché, in “Il Ponte”, 1966, 22, 11-12, pp. 1460-1556. In generale: F. Paolini, Firenze, 1946-2005, cit., pp. 131-162.

50.  P. Innocenti, L’industria nell’area fiorentina, cit., p. 124. Il rapporto fra im- piegati e operai nell’industria metalmeccanica, che era di uno a cinque nel 1961 e già di quasi uno a tre nel 1971, nel 1991 ormai era già quasi paritario; Franco Bortolotti, Metalmeccanici fiorentini: struttura territoriale e sociale dell’occupazione nel

l’abbrivio come centro motore del lavoro di fabbrica e della con- centrazione d’impresa a vantaggio della sua area, o almeno di una sua parte. Firenze città, che nel 1951 assommava su di sé il 46% di tutti gli addetti industriali della provincia (comprensiva di Prato all’epoca), nel 1961 era già scesa al 42% e nel 1971 era ormai solo al 30%, a tutto vantaggio dell’area fiorentina il cui peso relativo – senza Firenze – nello stesso periodo raddoppiava da circa il 10% fra 1951 e 1961 fino al 19% del 1971. Tutta l’area fiorentina, compreso il capoluogo, quindi pesava sulla provincia industriale per un 56% nel 1951, per un 52% nel 1961, ancora per un 49% nel 197151. Dagli anni ’70-‘80 i metalmeccanici si sareb-

bero concentrati sempre più nella piana, a Calenzano, Campi e Scandicci, diventando residuali a Firenze52.