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Una rimozione fiorentina

Gli avvenimenti, i conflitti e soprattutto i fenomeni di trasfor- mazione che anche a Firenze ruotano attorno al decennio ’60-’70 del secolo scorso, non hanno avuto un trattamento di maggior riguardo malgrado la loro rilevanza, quasi che una sorta di ri- mozione del lavoro industriale agisse sulla sensibilità pubblica della città rispetto agli ultimi decenni, precipitato di tutta la sto- ria precedente di un Ventesimo secolo comunque conflittuale e – evidentemente – da dimenticare. Tutto questo stupisce l’osser- vatore di oggi soprattutto se si pensa a quanto quel periodo sto- rico di transizione si sia sedimentato in termini di rinnovamento nell’approccio storico sociale al lavoro e quanto sia stato decisivo nell’affermazione del modello di sviluppo regionale e delle sue peculiarità14. Bisogna interrogarsi su questo fatto.

I non numerosi lavori rivolti alla città nel periodo a caval- lo dell’Autunno Caldo sono dedicati alle vicende sindacali e in qualche modo ai legami con la stagione dei movimenti o alle real- tà aziendali15. L’area urbana centrale – divenuta la maggiore con-

14.  Stefano Musso, Le lotte operaie e sindacali degli anni della conflittualità

(1969-1980), in “Sociologia del lavoro”, 2019, 41, 155, pp. 203-222. Per il carattere

decisivo del decennio a cavallo degli anni ’60 e ’70 nel mutamento regionale, cfr. IRPET, Lo sviluppo economico della Toscana, con particolare riguardo all’industria-

lizzazione leggera, a cura di Giacomo Becattini, Firenze, Guaraldi, 1975, e Franco

Bortolotti (a cura di), Il mosaico e il progetto. Lavoro, imprese, regolazione nei distretti

industriali della Toscana, Milano, FrancoAngeli, 1994.

15.  Senza pretesa di esaustività: Collettivo autonomia operaia aderente all’Assemblee autonome delle grandi fabbriche (a cura di), La ristrutturazione del-

le Officine Galileo di Firenze. Crisi, composizione di classe e progetto riformista, Firenze,

CLUSF, 1973; Angelo Varni, La Cgil regionale toscana. Nascita e sviluppo di una nuova

struttura del sindacato, Firenze, Centro studi e formazione sindacale Cgil Toscana,

1981; Zeffiro Ciuffoletti, Mario G. Rossi e Angelo Varni (a cura di), La Camera del

Lavoro di Firenze dalla Liberazione agli anni Settanta, Napoli, ESI, 1991; Leonardo

Baldini, Il “68” fiorentino. La Camera del Lavoro di Firenze nella vertenza sulle pensioni

e di fronte alle richieste di rinnovamento del movimento operaio e studentesco, Firenze,

CdLM Cgil Firenze, 1993; Luigi Falossi, Gianni Silei, “Qui STICE libera”. Cronache

centrazione industriale di grandi, medie e piccole imprese della Toscana, collegata al pistoiese e al pratese16 – è stata affrontata

soprattutto secondo un modello autoreferenziale di storia tra- dizionale del lavoro, attento alle sue istituzioni rappresentative (interessi, politica) e alla fabbrica (lavoro, relazioni industriali). Quello che stava intorno, la dimensione territoriale del conflitto ma anche altre forme del lavoro urbano o in via di urbanizzazio- ne e dei flussi ad esso connessi, restava per molti aspetti sullo sfondo, come una realtà informe, sia nella dimensione cittadina, sia nelle interazioni policentriche che si venivano definendo su scala metropolitana proprio a partire dagli anni ’60-’70 del secolo scorso17.

Le interviste e le storie di vita presentate alla fine del volume sui Metalmeccanici fiorentini del dopoguerra, curato da Gigi Falossi nel 2002, invece hanno il merito di segnalare con forza l’intera- zione della vicenda economica e sociale con questa dimensione territoriale, non solo per l’ampia differenziazione tipologica del- le imprese e della struttura di classe e professionale del lavoro di fabbrica e della sua mobilità fra piccole, medie e grandi aziende, ma anche per la persistente presenza dell’artigianato industriale (ad esempio nella lavorazione dei metalli preziosi) e di una forte componente di lavoratori – immigrati a corto raggio o pendolari – di provenienza campagnola e dai profondi legami con la realtà rurale o periferica18.

Le grandi fabbriche fiorentine e l’Autunno Caldo, tesi di laurea in storia economica,

relatore Domenico Preti, Università di Firenze, a.a. 1999-2000; Pietro Causarano,

La professionalità contesa. Cultura del lavoro e conflitto industriale al Nuovo Pignone di Firenze, Milano, FrancoAngeli, 2000; Luigi Falossi (a cura di), Metalmeccanici fiorentini del dopoguerra, Roma, Ediesse, 2002.

16.  L’industrializzazione in Toscana dal 1951 al 1961, a cura di CSPE, Padova, CEDAM, 1966, pp. 41-53.

17.  Piero Barucci, Profilo economico della provincia di Firenze, Firenze, La Nuo- va Italia, 1964; Lando Bortolotti, Giuseppe De Luca, Come nasce un’area metropoli-

tana. Firenze-Prato-Pistoia: 1848-2000, Firenze, Alinea, 2000.

La storiografia sulla città e sui suoi mondi del lavoro, com- presi i contributi di chi scrive, paradossalmente non è riuscita a dar conto in forma piena e compiuta né di queste complessità né di come e di quanto rilevante e decisivo fosse stato il potenziale unitario e unificante – non solo dal punto di vista sindacale – di un movimento dei lavoratori così stratificato quale quello fio- rentino a cavallo dell’Autunno Caldo19. Di quanto cioè il lavoro

fosse immerso nel mutamento urbano, ben oltre una tradiziona- le lettura politica o sindacale dalle tardive ricadute sul governo cittadino. A Firenze il movimento operaio ha contato, sul piano politico e amministrativo, molto meno di quanto pesasse sul pia- no sociale, almeno fino alla metà degli anni ’70, alla soglia del suo ridimensionamento nella “grande trasformazione” di fine millennio20. I partiti espressione del movimento operaio e della

subcultura tipica della Toscana “rossa”, nel secondo dopoguer- ra – a Firenze e a differenza della cintura fiorentina – raramente sono riusciti ad esprimere con continuità un ruolo di governo21.

Un limite evidente rispetto alla comprensione del rapporto con

19.  Per opportunità e difficoltà dell’unità sindacale a Firenze fra 1969 e 1970: Francesca Taddei, L’unità sindacale nelle lotte e nell’organizzazione, in Z. Ciuffoletti, M.G. Rossi, A. Varni (a cura di), La Camera del Lavoro di Firenze, cit., pp. 252-257. In generale: Fabrizio Loreto, L’unità sindacale (1968-1972). Culture organizzative e

rivendicative a confronto, Roma. Ediesse, 2009.

20.  Lo stesso rapporto con il mutamento elettorale amministrativo del 1975 e con il ricambio generazionale degli amministratori di sinistra a volte appare un po’ meccanico, anche per la trasformazione di composizione sociale negli am- ministratori eletti; M. Talluri, Appunti per uno studio di un caso: la classe politica

municipale nell’area metropolitana fiorentina, in Gianfranco Bettin, Annick Magnier

(a cura di), Il consigliere comunale, Padova, CEDAM, 1989, pp. 257-305.

21.  Massimo Carrai, La “banlieue rouge” fiorentina, in “Ricerche storiche”, 2008, 38, 2, pp. 241-267. Il Pci a Firenze governa in coalizione con continuità solo nell’immediato secondo dopoguerra (amministrazione Fabiani) e poi con i socia- listi dalla metà degli anni ’70 agli anni ’80 (amministrazione Gabbuggiani). Il PSI è presente anche in governi di centro-sinistra negli anni ’60 e poi ’80. Dalla rifor- ma del sistema elettorale e di governo locale dei primi anni ‘90, Firenze è retta con continuità da amministrazioni di centro-sinistra ormai però sganciate dalla tradizione precedente di governo locale; Antonio Floridia, Una città (a lungo) con-

il territorio, non solo per le condizioni di lavoro ma anche per quelle di vita e per il sistema delle relazioni sociali e istituzionali più generale22.

Paradossalmente le ricerche dedicate alle grandi ristruttura- zioni del dopoguerra e alla stagione dei licenziamenti politici degli anni ’50 risultano per certi versi più attente all’articola- zione territoriale dei punti di vista e dei campi di indagine, non foss’altro perché corrispondono forse all’ultimo momento in cui a Firenze la dinamica difensiva locale – gestita da personaggi di spessore quali Giorgio La Pira – ha incrociato davvero l’ammini- strazione locale, le politiche economiche pubbliche e le strategie industriali espansive del paese, come nel caso del salvataggio del Pignone da parte dell’Eni di Enrico Mattei23.

Questi traumi e questi eventi post-bellici sono così rimasti impressi nella memoria del lavoro cittadino e del rapporto della città con le sue fabbriche, assai più di quanto poi avvenuto con eventi successivi. Si è affermata, in tono minore, quasi un’altra 101, pp. 13-52; Luigi Burroni et al. (a cura di), Città metropolitane e politiche urbane, Firenze, FUP, 2009, pp. 37-52.

22.  Renato Cecchi, Una finestra sul cortile. Testimonianza sul ruolo del sindaca-

to, in “Ricerche storiche”, 2008, 38, 2, pp. 289-291; Catia Sonetti, Le mobilitazioni operaie in Toscana nel 1969. Nuovi punti d’osservazione sull’Autunno Caldo, in “Tosca-

naNovecento. Portale di storia contemporanea”, www.toscananovecento.it; An- tonio Fanelli, A casa del popolo. Antropologia e storia dell’associazionismo ricreativo, Roma, Donzelli, 2014.

23.  In generale, oltre al già richiamato Metalmeccanici fiorentini del dopoguerra (in particolare i saggi di Alessandro Del Conte e Rossella degl’Innocenti), cfr. Do- natella Mezzani, La discriminazione politica e sindacale nelle fabbriche della provincia

di Firenze dal 1948 al 1966, Firenze, OGF, 1983. Per il Pignone, Francesca Taddei, Il Pignone di Firenze, 1944-1954, Firenze, La Nuova Italia, 1980. Sulle Officine Gali-

leo, sicuramente la fabbrica più studiata, cfr. Giovanni Contini, Memoria e storia.

Le Officine Galileo nel racconto degli operai, dei tecnici, dei manager (1944-1959), Mila-

no, FrancoAngeli, 1985; Valerio Cantafio, “Gali”, un anno di lotte alla Galileo (1958-

59), Firenze, CdLM Cgil Firenze, 1993; Rossella Degl’Innocenti, Una classe operaia e la sua identità. La Galileo di Firenze (1944-1953), in “Passato e presente”, 1999, 17,

48, pp. 113-32. Sul tempo libero, il reticolo associativo e il sindacato fra anni ’40 e ’50, cfr. il saggio di Fulvio Conti in Z. Ciuffoletti, M.G. Rossi, A. Varni (a cura di),

retorica cittadina. E questo è un bel problema storiografico, che si lega anche al permanere diffuso di un modo di leggere la cit- tà e la sua società condizionato dalla tradizione di alcune gran- di emergenze industriali storiche (soprattutto Nuovo Pignone, Officine Galileo, Fonderia delle Cure), che furono protagoniste della crisi degli anni ’50. Esse stesse, con altre e in modi molto diversi fra loro, furono poi coinvolte dalla “grande trasformazio- ne” a partire dagli anni ’80-’90, dalle delocalizzazioni e poi dal declino industriale, dalla deindustrializzazione e dalla ridefini- zione degli spazi urbani nelle dinamiche metropolitane, contri- buendo probabilmente a giustificare il disinteresse storiografico sul lavoro, almeno se messo a confronto con gli altri volti con cui si era presentata la città e con i quali, nella sua attuale latente decadenza, si preferisce ricordarla24.

All’inizio degli anni Duemila, grazie alla preziosa attività dell’Associazione Biondi Bartolini e soprattutto dell’infaticabi- le Gigi Falossi, cui questo libro sul 1969 è dedicato25, fu tentato

un percorso diverso, con l’idea di contrastare questo rischio di dispersione, un approccio attraverso il quale – andando oltre la rappresentazione politica o sindacale del lavoro e dei suoi con- flitti – c’era interesse a studiare le esperienze, le strategie e le pratiche discorsive dei lavoratori e della loro capacità di orga- nizzarsi attorno alle nuove forme consiliari della rappresentanza emerse dopo l’Autunno Caldo. L’intenzione, pur con tutti i limiti e le ingenuità, era quella del dialogo interdisciplinare fra scien- ze umane e sociali, fra tutti coloro che il lavoro lo studiavano a Firenze, nel tentativo di riattivare una strategia di memoria e di consapevolezza storica sul destino della città a partire dal suo reale passato recente nella misura in cui era stato anche e signi- ficativamente industriale. In questo approccio il territorio in cui

24.  Pietro Giorgieri (a cura di), Firenze: il progetto urbanistico. Scritti e contri-

buti, 1975-2010, Firenze, Alinea, 2010.

25.  Felice Bifulco (a cura di), Gigi racconta Falossi, Firenze, CdLM Cgil Fi- renze, 2013.

si collocavano il lavoro e le lavoratrici e i lavoratori da indagare storicamente, veniva visto non come mero luogo geografico di contesto, ma come costruzione sociale. I mondi del lavoro erano analizzati così in uno spettro di sfumature più ampio, seppure l’esperienza lavorativa e i contesti lavorativi rimanessero centra- li26. Ma come è possibile oggi ricordare cosa abbiano rappresen-

tato questi luoghi alla fine degli anni ’60 e ancora negli anni ’70 nel momento in cui – come ricordava Simonetta Soldani – hanno prodotto inevitabilmente «memorie a singhiozzo»27? Questa ri-

mozione ha contribuito e contribuisce paradossalmente a man- tenere un senso di estraneità rispetto alla città del lavoro e alla sua storia.