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Aristocrazia e ceto medio

2.Marsilio da Padova e il Defensor pacis

5. Firenze: tra storia e politica

5.3 Aristocrazia e ceto medio

Tra il 1498 e il 1502 la Repubblica viene messa a dura prova a causa di questa nuova istituzione rappresentata dal Consiglio Grande con la nascita di questa assemblea anche il ceto medio comincia ad avere parte al governo della città. Questo comporta un certo attrito tra la componente aristocratica e quella popolare. Alcuni membri dell’aristocrazia sono dell’idea che il miglior governo per una città come Firenze sia quello amministrato da un piccolo consiglio al quale dovrebbero partecipare solo coloro che risultino già calati nelle questioni politiche. Le tensioni non si concretizzano pubblicamente fino al 1498 anno in cui muore Savonarola; forse proprio la presenza del frate a Firenze, la sua lotta con il pontefice, avevano contribuito a far sì che gli attriti

172 Ibid. p. 40

173 Ibid. p. 43

174 Ibid. p. 60

175 G. Garfagnini, Girolamo Savonarola, in Il contributo italiano alla storia del pensiero: Filosofia, 2012, https://www.treccani.it/enciclopedia/girolamo-savonarola_ p. 31-32

79 restassero celati nell’ombra. Agli inizi del 1500 i pericoli esterni sono assai numerosi per Firenze:

da una parte si teme una prossima discesa nella penisola di Luigi XII, dall’altra la presenza spagnola nel sud Italia rappresenta un serio problema. Oltre a questo vi sono le minacce di Cesare Borgia che brama la conquista di territori nel centro Italia per la costituzione di un suo personale ducato e la guerra contro Pisa che sembra non approdare ad una conclusione. E’ l’aristocrazia fiorentina che impegna le proprie finanze per tamponare i problemi economici della città e sono proprio i nobili che vengono designati per assolvere i difficili compiti dettati dalla diplomazia.

Questo crea malcontento negli ambienti aristocratici poiché ci si accorge delle scarse capacità possedute dai ceti popolari nel condurre le questione di politica. Si diffonde la voce secondo la quale gli aristocratici cerchino, attraverso il controllo del Consiglio dei Dieci, di instaurare un governo oligarchico al fine di tagliare fuori tutti gli altri ceti. Per questo motivo i più bassi decidono di intraprendere un’azione politica per sciogliere il Consiglio. Questo impedisce a Firenze di chiudere la questione con Pisa e suscita nell’aristocrazia una fervente protesta tanto da dichiarare di non versare più danaro per le finanze cittadine. Ben presto però, di fronte alle minacce lanciate da Cesare Borgia, si comprende che occorre trovare una maniera di collaborazione e si procede ad una riforma istituzionale che dovrebbe conferire maggiormente stabilità al governo ma dovrebbe anche contribuire all’instaurazione di un governo riservato ai soli aristocratici. Nel 1502 è stabilito che il gonfalonierato, che avrebbe assunto le funzioni del Consiglio Grande, diventi una carica ricoperta a vita, meglio se da un nobile: Pier Soderini è il primo gonfaloniere a vita ad essere eletto. Pur appartenendo a nobile famiglia, il Soderini invece di far affidamento sul ceto ottimatizio, preferisce appoggiarsi sui popolari, tra i quali si trova Niccolò Machiavelli che ricopre ruoli significativi. La caduta del Soderini è dovuta al legame che si instaura tra la Repubblica e la Francia tanto che Giulio II trama con il cardinale Giovanni dei Medici per il rientro a Firenze della medesima famiglia e quando i francesi lasciano la penisola, la Repubblica fiorentina viene rimpiazzata da un nuovo governo mediceo. Viene creata una Balia con pieni poteri per rimettere ordine, questo comporta il bando ai danni del Soderini e lo scioglimento dell’ordinanza, creatura del Machiavelli.

Momentaneamente al governo, Giuliano, coadiuvato da una cerchia di ottimati, ben presto si trasferisce a Roma e gli succede alla guida della città Lorenzo figlio di Piero. La riforma politica intrapresa dagli ottimati porta nel 1512 all’istaurazione del Senato le cui mansioni riguardano l’approvazione delle manovre fiscali e la nomina dei membri degli organi governativi ad eccezione del gonfaloniere che viene designato dal Consiglio Grande. I Medici riescono ad illudere i fiorentini dando vita ad un governo apparentemente repubblicano con le cariche e i ruoli politici di prestigio però ricoperti solamente dall’aristocrazia. Lorenzo sa di non potersi fidare di molte famiglie, memore del fatto che proprio alcune di loro avevano contribuito alla caduta di Piero e per questo

80 motivo a partire dal 1515 il suo governo diviene sempre più autoritario ed accentratore. Nel 1517 acquisisce il titolo di duca di Urbino. Colui che effettivamente controlla Firenze continua ad essere il cardinale Giulio dei Medici che dopo la morte di Lorenzo ne assume il controllo, dando alla sua politica uno stile liberale. Comanda utilizzando una maniera aperta al dialogo e al confronto, sotto di lui Machiavelli ritrova spazio. Purtroppo la congiura del 1522 a danno di Giulio inasprisce la situazione: uscito indenne il Cardinale tronca il discorso riguardante possibili riforme liberali e l’anno successivo, eletto papa, a Firenze il governo viene affidato temporaneamente al Passerini, vescovo di Cortona. Le direttive provenienti da Roma portano quest’ultimo a governare in modo intransigente tanto da suscitare la fervente opposizione dei nobili che non si vedono riconosciuti i loro diritti. Nel 1527 la discesa del Borbone a capo dei lanzichenecchi, spaventa i fiorentini e la città cade in preda al caos:

Scontri tra le truppe medicee e la popolazione erano all’ordine del giorno. Mentre il gonfaloniere della città Luigi Guicciardini, e Niccolò Capponi si rifiutavano di appoggiare il Passerini e perseveravano in un atteggiamento elusivo, essi in realtà preparavano l’armamento dei cittadini. Il 26 aprile, venerdì esplose la sommossa che va sotto il nome di tumulto del venerdì. Dopo che la mattina, sotto la pressione della piazza, era stata promessa la consegna delle armi per il pomeriggio, il Passerini e i due cardinali si allontanarono dalla città […]. A questa notizia la folla si raccolse nella piazza e al grido di “popolo e arme” occupò, senza incontrare resistenza, il palazzo della Signoria176.

Il Passerini ben presto riprende il controllo della situazione e il potere dei Medici è ristabilito ma il sacco di Roma li rende ancor più odiosi agli occhi dei fiorentini mentre i rapporti tra Firenze e Roma si interrompono. Il ritorno in Firenze di Filippo e Clarice Strozzi pone fine a questo odiato governo ed è nuovamente convocato il Consiglio Grande e distribuite le cariche: il gonfalonierato passa a Niccolò Capponi che resta in carica per un anno.

Il panorama politico di Firenze è piuttosto variegato: oltre ai sostenitori dei Medici, tornano a farsi sentire i Piagnoni insieme agli Arrabbiati che cercano di controllare il Consiglio per pilotarlo contro l’aristocrazia. Capponi prova ad intavolare nuove trattative con il papa Clemente VII per ostacolare il ramo filofrancese ma anche se Capponi viene eletto nuovamente gonfaloniere nel 1528, ben presto è deposto a causa delle relazioni instaurate con Roma.

Il nuovo gonfaloniere è Francesco Carducci che permette al ceto medio di ricoprire le magistrature anche se il suo modo di governare risulta autoritario ed anti aristocratico. Gravi problematiche intanto arrivano dall’estero quando Carlo V decide di dare inizio all’assedio di Firenze che viene completato nel maggio del 1530 con quello a danno di Empoli. L’opposizione arriva da parte di un capo militare della Repubblica fiorentina Francesco Ferrucci che, lasciata Pisa

176 R. von Albertini, op. cit., p. 105

81 e unitosi alle truppe del Baglioni, combatte a Gavinana. Purtroppo il Ferrucci rimane ucciso e lo sconforto porta a riconoscere la capitolazione. La città si sottomette all’autorità dell’imperatore il quale fa sapere che entro qualche mese sarebbe stata portata avanti una riforma costituzionale. La presenza dei lanzichenecchi viene meno e di lì a breve purtroppo rimane una forte, diffusa povertà che interessa tutti i ceti particolarmente quello degli ottimati che rientrati in città trovano i loro possedimenti distrutti e devastati. La disperata situazione economica accentua la dipendenza della città dalle sostanze del papa e dei Medici che risiedono a Firenze. L’odio che gli ottimati nutrono per i repubblicani li porta anche a macchiarsi di dure punizioni. Quest’odio tuttavia contribuisce ad avvicinare sempre più gli ottimati ai Medici escludendo così, a poco a poco, il ceto medio dal governo cittadino. Il 5 luglio del 1530 Alessandro de’ Medici, per volontà dell’imperatore, compie il suo ingresso a Firenze e viene dichiarato a capo di questa città anche se, in un primo momento, continua a sussistere la reggenza dello Schomberg. Il governo di Alessandro inizia nel 1532 e sin da subito mira ad attirare le simpatie dei ceti inferiori al fine di limitare notevolmente l’azione del ceto ottimatizio. Ben presto Alessandro assume degli atteggiamenti tipici di un tiranno infatti costituisce una guardia personale, porta avanti una vita assai dissoluta, giudica arbitrariamente e dà ordine di costruire la celebre fortezza. Con la morte di Clemente VII, il suo potere viene destabilizzato e per questo motivo decide di avvicinarsi a Carlo V sposandone la figlia Margherita d’Austria. Il rapporto tra Alessandro e l’aristocrazia rimane sempre conflittuale tanto che vengono confiscati i beni a Filippo Strozzi e le altre famiglie risentono della politica oppressiva del duca. Il 6 gennaio del 1537 Alessandro cade vittima di una congiura. Essendo incerta la successione, visto che Giulio figlio di Alessandro è ancora bambino, il Guicciardini e il Vettori propongono di offrire il governo di Firenze al figlio di Giovanni dalle Bande Nere, Cosimo che dal 1569 alla morte avvenuta nel 1574 ricoprirà il ruolo di primo Granduca di Toscana.

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