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Machiavelli poeta e diplomatico

6 Niccolò Machiavelli: vita e opere minori

6.8 Machiavelli poeta e diplomatico

110 empi e giustificano l’intervento armato. Scrive Machiavelli al Vettori: “Se Borbone lo vuole, egli ha a fermare l’esercito: se lo muove è segno che non lo vuole; in modo che domani ha ad essere giudice delle cose nostre”283.

Machiavelli tra la fine del 26 e i primi mesi del 27 compie diversi spostamenti: il 22 aprile 1527 rientra a Firenze, il giorno 26 l’armata imperiale passa vicino a Firenze proseguendo verso Roma.

Come specifica il Guicciardini, non tanto le truppe imperiali ma le truppe collegate sono le responsabili degli oltraggi fatti alla città di Firenze. L’intervento del luogotenente Francesco Guicciardini rimette comunque ordine anche se nel maggio, Roma viene saccheggiata, il papa fugge ed a Firenze torna la Repubblica. A causa dei compromessi stabiliti con la famiglia Medici, Machiavelli è diffidato e come segretario viene imposto Francesco Tarugi.

Probabilmente questa ulteriore delusione contribuisce ad aggravare le sue condizioni di salute già cagionevoli che lo condurranno alla morte il 21 giugno 1527.

111 dolgo solo che, havendo ricordato tanti poeti, che m’habbi lasciato indreto come un cazo, et ch’egli ha facto ad me quello in sul suo Orlando, che io non farò a lui in sul mio Asino”285.

Il Segretario passa naturalmente da un registro all’altro: scrive di politica, si occupa di diplomazia, redige le Istorie e non si fa mancare qualche verso in rima. Da questo punto di vista vi è somiglianza tra Machiavelli e Bruno infatti anche quest’ultimo dal punto di vista letterario e teatrale, oltre a rendere maggiormente chiaro il proprio pensiero, ha influito sulla cultura moderna:

“Sono notevoli pensatori, ma sia l’uno che l’altro hanno scritto opere teatrali che hanno lasciato un segno profondo nella civiltà europea. Né per Machiavelli né per Bruno si trattava di esperienze lontane dal centro del loro lavoro, estranee o casuali; anzi erano il frutto diretto, oltre che di un unitario processo creativo, di una medesima riflessione”286. Il dedicarsi alla poesia e alla letteratura per entrambi non si identifica con un passatempo rilassante bensì con un modo alternativo di fare filosofia, un modo alternativo di esprimere il proprio pensiero che tende a catturare l’attenzione infatti alcune tra le loro tesi più importanti si rintracciano chiaramente nelle opere letterarie.

Dall’opera poetica emerge anche lo stato d’animo del Machiavelli che, a causa delle vicende subite, risulta molto spesso affranto e rassegnato tuttavia non è sempre facile scorgere i suoi sentimenti per via dell’impiego di un registro ironico. L’ironia è per Machiavelli un modo di approccio al reale che gli permette di marcarne comunque un distacco salutare:“Spirito faceto, intrattenitore di compagnie, inventore di beffe, frequentatore di osterie, amico del Riccio e della Riccia (una cortigiana che fu a lungo sua amante), poeta e canterino improvvisato”287. Se l’ironia sicuramente la si rintraccia nella sua poesia tuttavia essa emerge particolarmente nelle Lettere, molte delle quali hanno come protagonisti amici e donne, proprio coloro che nei momenti di sconforto e di crisi gli hanno trasmesso forza d’animo per andare avanti nonostante le avversità288. L’amarezza di essere stato sconfitto, di morire sconfitto non lo abbandona anzi aumenta a causa della sua lungimiranza;

egli vede in che direzione sta andando la sua vita, la politica di Firenze e dell’Italia ma non può opporsi al tristo destino. Ecco allora riemergere costantemente anche nella produzione letteraria e poetica la riflessione politica che in qualche modo rappresenta un filo di collegamento, rappresenta il centro dell’intera esistenza del Segretario. Sentimento e profezia si fondono insieme: il sentimento del tragico nella vita del Machiavelli si svela chiaramente, come scrive Roberto Ridolfi289, in alcune lettere inviate al Guicciardini dove l’afflizione personale è collegata inseparabilmente alla “tragedia d’Italia”. Non compare nella produzione machiavelliana alcun

285 N. Machiavelli, Lettere, in op. cit., p. 1194-95

286 M. Ciliberto, Per un ritratto. Machiavelli riformatore e utopista in N. Machiavelli, Tutte le opere secondo l’edizione di Mario Martelli, Bompiani, Milano 2018, p. 16

287 M. Viroli, Machiavelli, Principe delle osterie e del canto, in maurizioviroli.blogspot.com, 2017/8.

288 Niccolò Machiavelli a Giovanni Vernacci, S. Andrea in Percussina, 8 giugno 1517, in, Lettere, op. cit., p. 379-380.

289 R. Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli, Sansoni, Firenze 1969, vol. 1, pp. 342 – 43.

112 componimento che assomigli ad una tragedia poiché: “La poesia tragica non è ritenuta necessaria alla vita politica in quanto ne offrirebbe soltanto una rappresentazione di secondo grado, mentre la commedia ne rappresenta i vizi e risulta pertanto utile alla formazione della prudentia civile”, tuttavia è ben evidente come al di là dell’apparente comicità suscitata dalla Mandragola risuoni un tono cupo e tragico290. Il suo stile ironico torna anche nel Principe nel momento in cui parla dei principati ecclesiastici ed è assai chiaro in un passo dei Ritratti delle cose di Francia dove si legge:

“Il francese ruberia con l’alito, per mangiarselo e mandarlo a male, e goderselo con colui a chi ha rubato: natura contraria nello spagnuolo, che di quello che ti ha rubato mai ne vedi nulla”291.

Il metodo e il modo di scrivere riguardo a temi di politica Machiavelli lo mette a punto con gli scritti diplomatici ovvero le commisse e le legazioni che redige durante l’attività di Segretario. La sua attenzione alle cose del mondo, lo spingono a maturare uno spiccato senso critico, che implica innanzitutto l’interpretazione di quanto egli aveva visto o sentito durante le sue missioni. Di fronte alle questioni che la Signoria pone al Segretario, la dottrina tradizionale sembra non bastare, occorre di volta in volta trovare le adeguate soluzioni. E’ proprio questo che lo porta a revisionare i presupposti dai quali prendeva forma qualsiasi tipo di ragionamento politico.

Gli scritti di governo sono importanti anche per comprendere la lingua che verrà utilizzata in altre opere prima tra tutte il Principe. Le lettere diplomatiche seguono un preciso schema tipico della prassi cancelleresca: il titolo di solito è scritto in latino come del resto il nome del destinatario, il dispaccio comincia nel dare conferma della presa visione della lettera, ne segue la risposta alla questione proposta.

Nel De Principatibus, il rifiuto “di clausule ample o di parole ampullose” e magnifiche o di qualunque ornamento estrinseco, con li quali molti sogliono le loro cose descrivere e ornare, trova un precedente nel gergo secco della comunicazione diplomatica. Tale comunicazione, soggetta al tempo brevissimo degli avvenimenti, nasce inoltre da quello stesso impasto tra volgare d’uso e latino del lessico cancelleresco. Come è stato scritto:

Chi percorra con una qualche attenzione le missive con le quali il segretario della seconda cancelleria trasmetteva istruzioni e raccomandazioni per conto dei suoi superiori ai vari capitani, commissari e podestà impegnati nel dominio fiorentino, non avrà bisogno di ricorrere alla aulica letteratura de regimine principum per trovare gli antecedenti diretti e le prime prove machiavelliane di tale modulo espressivo, impiegato proprio (…) in funzione prescrittiva e generalizzante292.

290 D. Messina, L’arco tragico del Principe: Machiavelli e l’intrigo poetico, in Italian Studies, vol. 71 n. 3 2016, pp.

287-310

291 N. Machiavelli, Ritratti delle cose di Francia, in op. cit., p. 58.

292 L. Biasiori, Prefazione alle Legazioni, in N. Machiavelli, Tutte le opere secondo l’edizione di Mario Martelli, Bompiani, Milano 2018, p. 1140

113 Da quanto scritto, allora ritorna quanto sostenuto all’inizio del paragrafo ovvero che settorializzare la personalità del Machiavelli comporta una superficiale comprensione riguardo all’evoluzione nel suo modo di pensare e di scrivere. Negli scritti di governo l’autore getta le fondamenta del suo ragionare e del suo scrivere così come nelle opere di carattere letterario approfondisce i temi significativi e nel fare questo apre al lettore la stessa sua interiorità travagliata, spensierata, ironico – tragica.

Concludendo possiamo ribadire che gli Scritti di governo, oltre a costituire un vasto laboratorio di riflessione e di elaborazione storico-politica durato ben quindici anni, sono un banco di prova linguistico e stilistico di particolare importanza, in cui Machiavelli mette a punto tutta una serie di strategie narrative e argomentative.

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